Gli anni di piombo. Satira e tragedia in Dario Fo - Italianistica e ...

Gli anni di piombo. Satira e tragedia in Dario Fo
di Moro, con la richiesta della trattativa e dello scambio
di prigionieri, trasformano “quell’episodio tragico e
assurdo”, quella “catastrofe morale e simbolica”, in cui
era agevole immaginare Moro nel ruolo di “martire”, in
un fatto talmente inaspettato, da provocare il “rigetto
reciproco” fra Moro e “le persone del mondo di fuori”
(pp. 42-5).
Come drammatizzato in Fo, anche Sofri condivide
lo stesso giudizio di Moro sul tradimento, negando
che sia stato Moro a tradire o a tradirsi (“è stato tradito,
piuttosto”) e sottolineando l’assurda accusa di “non
essere un antico romano – da parte di romani recentissimi”
(p. 71). Rilievo già in Sciascia e in Fo, laddove
il personaggio di Moro nel contraddittorio con quello di
Andreotti nega che la moglie avesse rilasciato la
dichiarazione, attribuitale dalla stampa, di non trattare
con le Br (“L’importante era dare subito una immagine
gloriosa da eroica matrona romana... una Cornelia fierissima
e sacrificante” p. 188). Anche Sofri infine, suggestionato
dal come si sia dipanata la vicenda più tragica
di quegli anni, la delinea sotto forma di tragedia
esemplare e collettiva in un pezzo dal titolo eloquente:
La tragedia. Così ancora una volta, un evento personale
ma grandiosamente epocale acquista l’identità
mitica del tragico, richiamando alla memoria l’eroina
“di tutte le sconfitte”, Antigone:
Con Moro, la vera tragedia fa irruzione e spiazza
l’intero cast di primattori e generici. La tragedia è fatta
di pochi ingredienti essenziali: una grandezza abbattuta,
una catastrofe annunciata e dilazionata, centellinata,
un pubblico che conosce già l’esito funesto ma non
riesce fino all’ultimo a rinunziare alla speranza. Questo
è stato il caso Moro. Questo ne ha fatto una storia
diversa dalle altre. Moro, la sua figura dolente e stanca,
era il miglior candidato a quella parte (p. 91).
151 L’illuminista