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Gli anni di piombo. Satira e tragedia in Dario Fo - Italianistica e ...

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Beatrice Alfonzetti<br />

2. “MORTE ACCIDENTALE DI UN ANARCHICO”<br />

L’illum<strong>in</strong>ista 152<br />

In <strong>Dario</strong> <strong>Fo</strong> parla <strong>di</strong> <strong>Dario</strong> <strong>Fo</strong> (Lerici, 1977) si possono<br />

reperire varie def<strong>in</strong>izioni <strong>di</strong> satira <strong>in</strong> opposizione<br />

a una certa comicità. Mentre quest’ultima provoca una<br />

“risata meccanica”, suscitata abilmente dalle tecniche<br />

dell’attore comico e si limita all’autoreferenzialità, la<br />

prima punta alla “risata satirica” prodotta da un <strong>di</strong>retto<br />

rapporto fra pubblico, attore e realtà “che è scelta<br />

come tema <strong>di</strong> un’azione scenica” (p. 57). Quella realtà<br />

spesso è “tragica”, una “farsa tragica”, cui non servono<br />

l’oratoria funebre e catartica, ma l’allusività e il travestimento<br />

(la convenzione <strong>in</strong> base alla quale, rappresentando<br />

una vicenda simile, tutti sanno che si parla<br />

d’altro). Il passaggio dalla farsa della prima maniera <strong>di</strong><br />

<strong>Fo</strong> (prima della svolta del 1968) alla satira cioè da un<br />

“teatro – parabola” al “teatro – cronaca” è <strong>in</strong><strong>di</strong>cato <strong>in</strong><br />

Morte accidentale <strong>di</strong> un anarchico, rappresentata per<br />

la prima volta dal Collettivo teatrale “La Comune” nel<br />

<strong>di</strong>cembre del 1970 (pp. 102-4).<br />

Molti <strong>anni</strong> dopo, <strong>Fo</strong> traccia un bilancio del teatro<br />

contemporaneo, lamentando la carenza <strong>di</strong> autori e <strong>di</strong><br />

testi co<strong>in</strong>volti nel presente e controbattendo alle <strong>di</strong>ffuse<br />

valutazioni che oggi la cronaca televisiva renda<br />

impraticabile la trasformazione <strong>di</strong> un fatto <strong>di</strong> cronaca <strong>in</strong><br />

azione teatrale. Questa posizione significherebbe, portata<br />

all’estremo, che “il teatro civile” “da quando c’è la<br />

televisione è roba da buttare” (Manuale, cit., p. 170).<br />

Dietro quell’atteggiamento <strong>Fo</strong> <strong>in</strong><strong>di</strong>vidua, non a torto,<br />

una tentazione al conformismo, ad accettare senza<br />

alcun “piacere del contrario” una certa ricostruzione<br />

dei fatti, che <strong>in</strong>vece, rappresentati con “s<strong>in</strong>tesi e forme<br />

<strong>di</strong>verse”, f<strong>in</strong>iscono col rivelare “la brutalità grottesca e<br />

tragica al tempo stesso <strong>di</strong> una cronaca” (p. 169). <strong>Fo</strong> si<br />

riferisce al rapimento <strong>di</strong> Ciro Cirillo, del tutto re<strong>in</strong>ventato<br />

<strong>in</strong> Claxon trombette e pernacchi (1982), ma questi<br />

rilievi possono valere benissimo per del<strong>in</strong>eare la sua<br />

poetica teatrale. In particolare un’annotazione conclusiva<br />

<strong>di</strong> un certo <strong>in</strong>teresse per le nostre riflessioni, che

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