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Gli anni di piombo. Satira e tragedia in Dario Fo - Italianistica e ...

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<strong>Gli</strong> <strong>anni</strong> <strong>di</strong> <strong>piombo</strong>. <strong>Satira</strong> e trage<strong>di</strong>a <strong>in</strong> <strong>Dario</strong> <strong>Fo</strong><br />

cato tra<strong>di</strong>mento mascherato da sublime sacrificio? / In<br />

quella trage<strong>di</strong>a si mette <strong>in</strong> scena la storia <strong>di</strong> un capo<br />

illustre degli Achei / Filottete appunto, un tempo stimato<br />

e ascoltato eroe / colpito dalla sventura [...] / La trage<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> Moro può sembrare nuova a ogni sprovveduto<br />

/ ma a saperla guardare per un m<strong>in</strong>uto con attenzione<br />

è ancora e sempre la stessa canzone... (p. 174).<br />

Si entra nella seconda parte del prologo con una<br />

repent<strong>in</strong>a <strong>in</strong>versione stilistica: la prosa è più adeguata<br />

a presentare agli spettatori gli impassibili otto, annunziati<br />

con l’efficace ripetizione del deittico “Eccoli! Eccoli<br />

qua”. Secondo l’opposizione fra testo letterario e<br />

testo teatrale a più riprese sottol<strong>in</strong>eata da <strong>Fo</strong>, ora il<br />

testo enfatizza il Buffone che acquista una <strong>di</strong>namica<br />

corporale zoomorfa e si esprime con una voce modulata<br />

sugli sghignazzi. D’altronde è proprio lui, narratore<br />

popolare della storia nel prologo, a poterne smascherare<br />

le false verità, i falsi valori, sottoponendo a pubblico<br />

<strong>di</strong>leggio gli otto per <strong>in</strong>tanto privi <strong>di</strong> parola. Con l’autore<br />

il narratore Buffone <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver immag<strong>in</strong>ato l’<strong>in</strong>contro<br />

fra Moro, magicamente ancora <strong>in</strong> vita, e gli otto.<br />

Così, la voce <strong>in</strong> <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Moro, che ripete a viva voce<br />

le parole affidate alle lettere, darà al <strong>di</strong>alogo un andamento<br />

“... davvero tragico... quasi osceno. Osceno per<br />

il potere” (p. 175).<br />

Un altro stacco <strong>in</strong>troduce l’entrata <strong>in</strong> scena <strong>di</strong><br />

Moro personaggio, preceduto dal mutarsi improvviso<br />

del fare <strong>di</strong>alogante del Buffone. Nell’unica sequenza<br />

del testo improntata a uno stile alto, la sua voce recita<br />

un pezzo <strong>in</strong> versi allusivo nel mito <strong>di</strong> Prometeo, “l’addome<br />

squarciato, da lentissima morte crudele asse<strong>di</strong>ato<br />

/ all’irragionevole ragione <strong>di</strong> Stato immolato”, alla<br />

caduta vertig<strong>in</strong>osa <strong>di</strong> Moro e al suo tragico dest<strong>in</strong>o <strong>di</strong><br />

capro espiatorio. Inf<strong>in</strong>e Moro appare e prende avvio il<br />

drammatico confronto. Come enunciato dal Buffone, le<br />

battute <strong>di</strong> Moro procedono dalle lettere scritte dal ‘carcere’,<br />

anche se il lavorìo <strong>di</strong> adattamento alla struttura<br />

del <strong>di</strong>alogo e il <strong>di</strong>verso montaggio dei pezzi provocano<br />

145 L’illum<strong>in</strong>ista

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