NOZIONI DI METRICA ITALIANA La struttura di un verso1 e di una ...
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A. Car<strong>di</strong>llo<br />
e dall'obbligo schifoso A<br />
<strong>di</strong> legarsi a quel rosticcio. B<br />
Con quest'osso per la gola C<br />
si ficcò tra le lenzuola . C<br />
(G.Giusti, <strong>La</strong> scritta, Parte seconda,1-6).<br />
Si possono trovare anche le rime ABBAAB, come in Gozzano:<br />
Signorina Felicita, a quest'ora A<br />
scende la sera nel giar<strong>di</strong>no antico B<br />
della tua casa. Nel mio cuore amico B<br />
scende il ricordo. E ti rivedo ancora, A<br />
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora A<br />
e quel dolce paese che non <strong>di</strong>co. B<br />
(<strong>La</strong> Signorina Felicita, 1-6).<br />
Un antico schema, riproposto da Gozzano, prevedeva la rima ABABAB:<br />
Signorina Felicita, è il tuo giorno! A<br />
A quest'ora che fai? Tosti il caffè: B<br />
e il buon aroma si <strong>di</strong>ffonde intorno? A<br />
O cuci i lini e canti e pensi a me, B<br />
all'avvocato che non fa ritorno? A<br />
E l'avvocato è qui: che pensa a te. B<br />
(Idem, 7-12).<br />
Altre varianti <strong>di</strong> rima sono: ABBACC oppure AABCCB .<br />
L'ottava (ottava rima o stanza) è formata <strong>di</strong> otto endecasillabi, i primi sei in rima<br />
alternata e gli altri due in rima baciata (ABABABCC); tale è lo schema della cosiddetta<br />
ottava toscana:<br />
Piacciavi, generosa Erculea prole, A<br />
ornamento e splendor del secol nostro, B<br />
Ippolito, aggra<strong>di</strong>r questo che vuole A<br />
e darvi sol può l'umil servo vostro. B<br />
Quel ch'io vi debbo, posso <strong>di</strong> parole A<br />
pagare in parte, e d'opera d'inchiostro; B<br />
né che poco io vi <strong>di</strong>a da imputar sono; C<br />
ché quanto io posso dar, tutto vi dono. C<br />
(L.Ariosto, Orlando Furioso, I, 3).<br />
L'ottava siciliana, <strong>di</strong> epoca posteriore rispetto alla precedente, presenta rima<br />
alternata anche negli ultimi due versi (ABABABAB):<br />
Da poi che la speranza m'è mancata, A<br />
male aggia Amore e quando mai mi prese B<br />
la fé che a toe lusinghe hai' donata ! A<br />
Sia maledette le mie prime imprese B<br />
e tu che cruda me te si' mostrata! A<br />
Sia maledetta tua voglia scortese ! B<br />
Ma tristo quel che serve a donna ingrata, A<br />
ch'al fin si perde l'opere e le spese . B<br />
(Anonimo del XV sec., cit. da Spongano, p.357).<br />
Quando dopo l'ottavo verso vi è <strong>un</strong> nono che rima col sesto (e quin<strong>di</strong> col quarto e<br />
col secondo) si ha la nona rima, strofa molto rara nella nostra poesia (ABABABCCB):<br />
Come colui che naviga a seconda A