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I caratteri territoriali della modernità - Facoltà di Lettere e Filosofia

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26<br />

FABIO PARASCANDOLO<br />

mento <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>ritti, non accompagnato da alcun peso notevole, traevano un certo<br />

beneficio (legna, pascolo, grano), e che ebbero in cambio delle proprietà <strong>di</strong> scarso<br />

red<strong>di</strong>to sulle quali invece gravarono le imposte in misura elevata. Pertanto gran parte<br />

delle proprietà formatesi vennero espropriate per debito d’imposta o vendute a vil<br />

prezzo a profitto <strong>di</strong> pochi che in tal modo costituirono vasti beni terrieri mentre molti<br />

conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>vennero braccianti con misero e saltuario salario” 61 .<br />

Nei fatti, i concreti bisogni e gli antichi <strong>di</strong>ritti delle popolazioni rurali<br />

scomparivano <strong>di</strong> fronte alle esigenze istituzionali <strong>di</strong> “miglioramento agrario”.<br />

Non a caso, il primo consistente programma economico varato dal<br />

governo era consistito nel rilancio su vasta scala delle estrazioni minerarie<br />

nel Sulcis-Iglesiente, affidato a compagnie industriali straniere. Il favore<br />

tributato dalle classi <strong>di</strong>rigenti agli investimenti produttivi era con<strong>di</strong>zionato<br />

in primo luogo dall’entità dei proventi auspicati per le casse statali e per le<br />

imprese. I bassi costi <strong>di</strong> mercato delle materie prime sfruttate (tipico il caso<br />

delle foreste) costituirono così il fattore determinante <strong>di</strong> un assalto smodato<br />

e speculativo ai beni naturali, incurante del loro rapido e spesso irreversibile<br />

deperimento 62 . Questo modello produttivo va del resto inquadrato in una<br />

retorica del lavoro tipicamente ottocentesca, la quale esaltava l’operosità<br />

60 Merita <strong>di</strong> essere riportato un commento del Cugia sull’argomento: “Continuamente si<br />

è parlato e si parla dei boschi e <strong>della</strong> loro conservazione, ma in conclusione le cose hanno<br />

sempre peggiorato; e oggidì, che quasi non havvi più legna da opere si brucia quanto rimane<br />

e si fa cenere e carbone <strong>di</strong> cui evvi larga esportazione. Il più bello si è che, mentre il Governo<br />

mostrava <strong>di</strong> volersi interessare alla conservazione dei boschi, fu <strong>di</strong>scussa ed approvata<br />

apposita legge con la quale ingiungeasi ai comuni <strong>di</strong> alienare il lotto dei beni ademprivili<br />

loro assegnato ed esso vendea i suoi beni, che in generale erano quasi tutti boschivi [...], e<br />

non ignoravasi che si acquistavano per abbatterli. Contrad<strong>di</strong>zioni umane!”. P. Cugia (1892),<br />

Nuovo itinerario dell’isola <strong>di</strong> Sardegna, Ravenna, vol. 1, p. 196.<br />

61 A. Mori (1975), La Sardegna, Torino, UTET, p. 368; si veda anche Mira, op. cit.,<br />

pp. 657-59. Basandosi su una relazione del Pais Serra, Pirastu (op. cit., pp. 52-54) stima che<br />

tra il 1874 ed il 1894 oltre un terzo delle famiglie sarde sia stato colpito dalla confisca statale<br />

<strong>di</strong> terreni per ragioni <strong>di</strong> insolvenza fiscale. Nel suo romanzo a sfondo storico Paese<br />

d’ombre, G. Dessì (1972), Milano, Mondadori, pp. 273-274, scrive che a causa <strong>della</strong> frequente<br />

povertà delle famiglie e dello scarso valore economico dei lotti implicati,<br />

l’imposizione fiscale aveva assunto più che altro i <strong>caratteri</strong> <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> vendetta perpetrata<br />

contro gente inerme.<br />

62 E ciò benché non mancassero già in quei tempi vali<strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> riflessione sui rischi<br />

<strong>di</strong> uno sfruttamento eccessivo delle risorse. Tra le voci -comunque minoritarie- che si<br />

levarono contro le devastazioni commesse da uno sfrenato industrialismo, segnalo quella <strong>di</strong><br />

G.P. Marsh (1988), L’uomo e la natura, ossia la superficie terrestre mo<strong>di</strong>ficata per opera<br />

dell’uomo (a c. <strong>di</strong> F.O. Vallino), Milano, F. Angeli (trad. it. orig. Firenze, 1872). Fenomeni<br />

<strong>di</strong> questo tipo si sarebbero d’altronde ripetuti in tempi <strong>di</strong> sviluppo del “Terzo mondo”, le cui<br />

risorse naturali costituiscono a tutt’oggi oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione e sven<strong>di</strong>ta sul mercato internazionale.

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