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I caratteri territoriali della modernità - Facoltà di Lettere e Filosofia

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40<br />

FABIO PARASCANDOLO<br />

e sistemici <strong>di</strong> “gestione razionale delle risorse” finora prospettati e impiegati<br />

a fini <strong>di</strong> pianificazione restano il frutto più aggiornato <strong>della</strong> regionalizzazione<br />

convenzionale, quella che si fonda sulla “sud<strong>di</strong>visione del territorio<br />

in unità amministrative che corrispondono ad altrettante maglie <strong>della</strong><br />

rete del potere” 88 . L’attitu<strong>di</strong>ne modellizzante e progettuale è peraltro evidente<br />

espressione <strong>di</strong> quell’urbanesimo che ben corrisponde agli esiti <strong>territoriali</strong><br />

dell’ideologia sviluppista. Se è così, allora lo “sviluppo <strong>di</strong>ffuso”<br />

programmato dai legislatori non è che un’ulteriore applicazione al livello<br />

infraregionale <strong>di</strong> quel mimetismo metropolitano <strong>di</strong> cui ho già detto in precedenza.<br />

Ma in un territorio reticolare ed omogeneo che non accomuna più<br />

abitanti, bensì amministra utenti, i residenti rurali si ritrovano <strong>di</strong>sorientati<br />

dal tumultuoso proporsi <strong>di</strong> sempre nuovi bisogni ed esigenze <strong>di</strong> vita, e come<br />

e più dei “citta<strong>di</strong>ni” rischiano <strong>di</strong> ridursi a “passivi beneficiari <strong>di</strong> una<br />

provvidenza tecnologica le cui operazioni non possono né comprendere, né<br />

controllare” 89 . Le moderne geometrie dell’esperienza quoti<strong>di</strong>ana riducono<br />

così la residenza rurale ad uno sfortunato “essere fuori dal mondo”, fuori<br />

cioè da quei centri metropolitani “dove le cose accadono”. E’ un’autopercezione<br />

negativa che trova senz’altro riscontri oggettivi, e non<strong>di</strong>meno è<br />

in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> un paralizzante vittimismo. Soprattutto in un contesto globale che<br />

vive già una fase critica, questa attitu<strong>di</strong>ne non fa che perpetuare<br />

l’avvitamento delle periferie rurali nella spirale <strong>della</strong> subalternità economica<br />

e del declino culturale. Se ci si sente estranei e quasi risentiti nei confronti<br />

del proprio luogo <strong>di</strong> nascita e residenza (e ciò si verifica sovente tra<br />

le generazioni nate dopo gli anni ‘60), ciò vuol <strong>di</strong>re che le modalità del<br />

rapporto con il proprio territorio derivano in buona misura dalla cultura<br />

metropolitana inglobante. Questa si rappresenta l’ambiente rurale come un<br />

puro “décor” ricreativo e quello naturale come un’amenità tutto sommato<br />

secondaria. Di regola, gli elementi ambientali si impongono all’attenzione<br />

88 R. Brunet, La regionalizzazione: essenza o gestione dello spazio?, in Turco, Regione<br />

e regionalizzazione..., cit., pp. 47-65; citaz. p. 56.<br />

89 Leiss, op. cit., p. 71. Dice G. Olsson (1991), Linee senza ombra. La trage<strong>di</strong>a <strong>della</strong><br />

pianificazione, Roma, Theoria, p. 56, che “I politici ben intenzionati e gli ingegneri sociali<br />

stanno costruendo un mondo <strong>di</strong> efficienza in cui l’uomo ha accresciuto la sua <strong>di</strong>pendenza<br />

dalla società e <strong>di</strong>minuito il senso del Sé”. Per un’introduzione al tema dei rapporti intercorrenti<br />

tra collettività locali e società globale si veda inoltre C. Caldo (1983) Le culture locali<br />

delle comunità rurali e urbane tra <strong>di</strong>pendenza e autonomia, in A.GE.I., “Atti del XXIII<br />

Congresso Geografico Italiano”, Catania, Istituto <strong>di</strong> Geografia, Fac. <strong>di</strong> <strong>Lettere</strong> e <strong>Filosofia</strong>;<br />

Id. (1984) La città globale. Cultura “centrale” e comunità locali nella ripartizione dello<br />

spazio geografico, Palermo, Palumbo.

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