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I caratteri territoriali della modernità - Facoltà di Lettere e Filosofia

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I <strong>caratteri</strong> <strong>territoriali</strong> <strong>della</strong> <strong>modernità</strong><br />

umana quale insostituibile fonte <strong>di</strong> ricchezza e benessere per le società<br />

nazionali, ma solo in quanto “fattore <strong>di</strong> produzione”, quin<strong>di</strong> unicamente in<br />

forme aziendali, orientate agli scambi <strong>di</strong> mercato ed alla massimizzazione<br />

dei profitti.<br />

Di ben altra natura erano le esigenze sentite dalle comunità rurali:<br />

“Fra gli antichi conta<strong>di</strong>ni e pastori nell’ambiente paesano <strong>della</strong> Trexenta [era] molto<br />

vergognoso ed avvilente [...] il comporai pani <strong>di</strong> en<strong>di</strong>, comprare il pane dalle botteghe,<br />

pane <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta dunque, e cioè non tenni su trigu in domu, non avere la provvista<br />

del grano in casa per il pane quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> tutto l’anno” 63 .<br />

Ma le attività consuetu<strong>di</strong>narie -sia agrarie che domestiche- rivolte<br />

all’autosostentamento locale erano guardate con sospetto e fasti<strong>di</strong>o dalle<br />

élites del tempo. Poiché i campagnoli erano in grado <strong>di</strong> produrre e consumare<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dai mercati, il loro lavoro non era strettamente vincolato<br />

ad una produzione socialmente organizzata <strong>di</strong> eccedenze. Le loro pratiche<br />

ostacolavano perciò il “decollo” dell’economia commerciale e <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to.<br />

“Quando si pensa [...] che tutte le donne e spesso anche i fanciulli d’una famiglia<br />

sono occupati in null’altro che far del pane, è a desiderarsi che la legge del macinato<br />

abbia almeno in Sardegna questo vantaggio <strong>di</strong> far sparir la falsa e fatale industria<br />

dei mulini casalinghi” 64.<br />

Mentre i poteri governativi programmavano e gradualmente realizzavano<br />

il sistematico riorientamento delle produzioni agrarie e forestali secondo<br />

esigenze <strong>di</strong> efficienza commerciale (monetaria e <strong>di</strong> breve periodo) degli<br />

investimenti finanziari, le comunità <strong>di</strong> villaggio necessitavano in primo<br />

luogo <strong>della</strong> sicurezza alimentare (biologica e <strong>di</strong> lungo periodo) ottenibile<br />

dalle attività agrarie. E secondo la loro collaudata esperienza solo un regime<br />

agricolo autogovernato ed un uso conservazionista e non <strong>di</strong>struttivo<br />

degli ecosistemi locali avrebbero permesso <strong>di</strong> conseguire questo cruciale<br />

63 G. Cabiddu (1965), Usi costumi riti e tra<strong>di</strong>zioni popolari <strong>della</strong> Trexenta, Cagliari,<br />

Fossataro, p. 460.<br />

64 P. Mantegazza (1869), Profili e paesaggi <strong>della</strong> Sardegna, Milano, pp. 24-25 (corsivo<br />

mio). Probabilmente l’Autore intende <strong>di</strong>re che donne e fanciulli sarebbero stati più “produttivi”<br />

in qualità <strong>di</strong> salariati agricoli, o anche come operai in qualche fabbrica. Mi sembra che<br />

il confronto tra le sue parole e la precedente citazione faccia risaltare adeguatamente la<br />

contrapposizione <strong>di</strong> intenti che intercorreva tra i villici ed i notabili riformatori, tanto più se<br />

si tiene conto dei pesanti effetti che la tassa sul macinato avrebbe avuto per i ceti rurali in<br />

tutta la penisola, ed ovviamente anche in Sardegna.<br />

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