I caratteri territoriali della modernità - Facoltà di Lettere e Filosofia
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I <strong>caratteri</strong> <strong>territoriali</strong> <strong>della</strong> <strong>modernità</strong><br />
gici <strong>della</strong> <strong>modernità</strong> occidentale quanto quelle già pesantemente <strong>di</strong>sarticolate<br />
dalla solerte applicazione delle sue ricette economiche. In<strong>di</strong>pendentemente<br />
dalla loro genesi, tutte le <strong>di</strong>fferenze rispetto agli standard occidentali<br />
risultavano così ingannevolmente appiattite sotto le malevoli insegne<br />
dell’“ignoranza” e <strong>della</strong> “miseria”.<br />
Si può <strong>di</strong>re che fino ad anni assai recenti -fino cioè all’attuale fase critica<br />
del para<strong>di</strong>gma sviluppista- il mondo moderno si sia offerto senza mezzi<br />
termini allo sguardo dell’intera umanità come l’ambiente degli “eletti” che<br />
vivono nel “migliore dei mon<strong>di</strong> possibili”. E’ mia opinione che il mito autoreferenziale<br />
evocato dal moderno stile <strong>di</strong> vita abbia esercitato, in Occidente<br />
e altrove, un tale potere fascinativo da riprodurre, su un piano laico e<br />
secolarizzato, gli intenti missionari <strong>di</strong> salvezza spirituale storicamente elaborati<br />
dal cristianesimo istituzionale. Se questo è vero, allora i meto<strong>di</strong> e le<br />
finalità del processo modernizzatore potrebbero essere così definiti: umanizzare<br />
l’“oscena” e “caotica” natura, sostituendo ad essa le nitide e riproducibili<br />
creazioni dell’Uomo, fino ad e<strong>di</strong>ficare il Para<strong>di</strong>so in Terra me<strong>di</strong>ante<br />
la superiore razionalità tecnologica 13 .<br />
Il senso comune occidentale sostiene comunque la bontà <strong>di</strong> queste intenzioni<br />
(anche se potrebbe non ammetterle in modo esplicito), ma personalmente<br />
osserverei che esso non ha fatto i conti con un formidabile ed<br />
epocale problema: come risolvere i molteplici e laceranti effetti <strong>di</strong>ssipativi<br />
dovuti alla <strong>di</strong>ffusione planetaria del processo modernizzatore. Mi riferisco<br />
alle conseguenze indesiderate, forse non razionali ma pur sempre reali,<br />
<strong>della</strong> crescente integrazione tecno-economica mon<strong>di</strong>ale. Lo sgretolamento<br />
<strong>della</strong> coesione morale, l’inasprimento delle esclusioni sociali e <strong>di</strong> scontri e<br />
violenze civili e militari, l’intensificarsi del degrado ecologico e molti altri<br />
processi degenerativi che non sto qui ad elencare non sono indefinitamente<br />
riducibili a “<strong>di</strong>seconomie esterne”, né appaiono eliminabili me<strong>di</strong>ante pianificazioni<br />
impositive, non importa quanto serrate e rigorose. Il sempre più<br />
insi<strong>di</strong>oso pullulare <strong>di</strong> rischi, malesseri, conflitti e catastrofi <strong>di</strong> vario genere,<br />
con tutte le annesse retroazioni ed inter<strong>di</strong>pendenze, costituisce piuttosto un<br />
enorme e scarsamente governabile boomerang sistemico. Ed è stato<br />
quest’ultimo a scatenare la crisi strutturale (ed esistenziale) in cui è recen-<br />
13 Cfr. G. Dematteis, op. cit., pp. 45-49. Si vedano inoltre: W. Leiss (1972), Scienza e<br />
dominio, Milano, Longanesi; (e<strong>di</strong>z. orig. New York, 1972); C. Lasch (1993), Il para<strong>di</strong>so in<br />
terra. Il progresso e la sua critica, Milano, Feltrinelli; S. Latouche (1992), Il pianeta dei<br />
naufraghi. Saggio sul dopo-sviluppo, Torino, Bollati Boringhieri.<br />
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