Pier Paolo Pasolini - Arcipelago Itaca
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Su Curve di livello<br />
[…] Una cosmicità del poetare che non annulla i riferimenti spazio-temporali; il Mediterraneo sognato e posseduto assume una dimensione di<br />
metafisica vitalità, è Creta, ma anche una Roma insolita. I luoghi si narrano attraverso le visioni, sono cantati dagli occhi attenti dei vari<br />
protagonisti odierni, talvolta senza un’identità precisa, personaggi virtuali e corali; è un Mediterraneo solcato perciò anche dai novelli Ulisse dei<br />
conflitti etnici, religiosi e della globalizzazione, ma ad ogni buon conto parte di una geografia spirituale, non un semplice transito. […]<br />
Maria Grazia Lenisa, in “Punto d’Incontro”, n.3/4, sett-dic.2006<br />
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[…] …perché i segni realizzino il processo di traghettare il tempo, quindi continuare a determinare la storia, a segnare il percorso, a non<br />
arrendersi di fronte alla storia dicendola impossibile o finita, occorre che la parola poetica recuperi questo suo compito e questa sua<br />
realizzazione, attraverso la componente mitica. In due accezioni: il confronto con il mito e quindi con le parole consegnate al mito che ci<br />
provengono dalla nostra civiltà occidentale; e occorre d’altra parte, per problematico che sia questo suo tentativo, che la poesia non smetta<br />
una sua tensione anche utopica a farsi mitopoiesi, cioè a costruire il mito, a isolare cioè le figure che tratta, i personaggi che schiude, le<br />
dimensioni che rappresenta, a presentarcele con quel nitore, quella dimensione definita, che è propria del mito, come figure che in qualche<br />
modo si presentano per essere consegnate alla nostra memoria. E questa mitopoiesi, con tutto ciò che la mitopoiesi significa su un piano<br />
culturale come attraversamento e confronto con le culture, con la tradizione, è un tratto distintivo della poesia di Annamaria Ferramosca. […]<br />
Marcello Carlino, dalla presentazione svoltasi presso la Libreria Bibli, Roma, 28 novembre 2006<br />
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Le Curve di livello di Annamaria Ferramosca sono scarti di rotta, improvvisi cambi di direzione e di linguaggio, che vira dal dettato stregonesco<br />
all'esattezza meticolosa della scienza. Sotto queste poesie balugina e canta la terra di Puglia con le sue tarante e il suo vino, le sue pietre e i suoi<br />
ulivi, un sangue che mescola ribollendo i mari, le sabbie desertiche e le maiuscole, sebbene il periodo nuovo segua a un periodo concluso senza<br />
punto. L'autrice infatti è sempre in transito e sempre in punto di ricominciare da una lettera adulta, è la viaggiatrice che saluta per sempre la<br />
sua valle nell'Ottava elegia di Rilke (quella che parla dell'Aperto che gli animali vedono e che gli amanti per un soffio sono vicini a intendere ma<br />
l'altro ahimé è una figurazione invadente del mondo e il mondo sempre li prevale con la sua legge d'incessante commiato) e per questo ne<br />
elenca dapprima nello sguardo gli elementi terracquei, gli animali che abitano la movimentata fonderia dell'Occidente salita fino all'onda<br />
d'Irlanda. […] Tutto, a partire da un nucleo caldo di dentro, ha a che fare col mondo che chiama da fuori, con la sua guerra e la sua sventura<br />
umana e naturale. […] C'è una saggezza femminile che ha molto a che vedere con la natura e che viene continuamente nominata di sguincio,<br />
senza enfasi, con l'umiltà di chi più nulla ha da dimostrare e poco scandalo da dichiarare… […] Chiudiamo il libro avendo attraversato la densità<br />
di un'esperienza certamente adulta, pagine nelle quali si assume su di sé il tempo e il suo portato di scenari con energia e leggerezza e che<br />
hanno dietro l'eco della grande poesia, da Leopardi a Saffo al già citato Rilke. L'animale-poesia di queste pagine volge spesso l'espressione del<br />
muso a una onnivora ironia, quando adopera un linguaggio da marketing poche pagine prima della lirica levissima di Sandro Penna, come a dire<br />
che il mondo è tutto commestibile per chi lavora a tradurlo e a restituirlo combinato in parole nell'ampolla di un libro.<br />
Maria Grazia Calandrone, in “La Mosca di Milano”, n.15, dicembre 2006<br />
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[…] L’impronta più tipica della poetessa pugliese è forse proprio questa sua capacità, o forse sarebbe più esatto dire necessità, di scavo, di<br />
analisi quasi scientifica di ciò che sente dentro e percepisce attorno. Il tutto senza smarrire quel senso di urgenza, e neppure quella radice<br />
irriducibilmente<br />
Annamaria<br />
Ferramosca<br />
118<br />
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