Pier Paolo Pasolini - Arcipelago Itaca
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Su Curve di livello<br />
irriducibilmente irrazionale che costituisce l’essenza tenace e genuina della passione. Un ossimoro complesso in grado di produrre frutti di<br />
gusto e colore particolare. Abbina, la Ferramosca, una minuzia paziente, attenta, assiduamente documentaria, con quell’attimo di perdita<br />
(volontaria o ineluttabile che sia) della bussola, del metro, del compasso. […]<br />
Annamaria Ferramosca ha saputo proporre con questa sua nuova, convincente opera poetica, uno scandaglio ampio e incisivo del mondo, il suo<br />
e quello che osserva con occhio mai banale, mai cattivo, mai sdolcinato, mai retoricamente vuoto. Ha saputo oscillare con moto isocrono tra la<br />
concretezza dei dati di fatto dell’essere e quell’aspirazione, ugualmente solida, a crearsi una “mitologia del quotidiano”. I luoghi d’elezione, gli<br />
incontri, le presenze, le assenze, la comprensione dell’incomprensibile. L’attimo breve che dà senso, o speranza di senso, al tutto. Questo libro<br />
è un utile e ispirato “manuale di volo” da leggere prima, dopo e durante i tentativi di decollo e di atterraggio sui suoli sassosi del nostro tempo.<br />
Insegna l’arte del «planare alle umili latitudini / a fari spenti», quando è necessario. Ma anche, grazie ad una capacità di stupore abbinata ad un<br />
amore ugualmente possente per il dettaglio e per la prospettiva, invita a «spartirsi / in piccoli grani la sorpresa / poi sollevarsi in volo / da tenui<br />
animali avvezzi alle alte cime / seguire la direzione dello stormo / cuneo orientato verso l’ignoto».<br />
Ivano Mugnaini, in “Vicoacitillo-poetrywave” (www.vicoacitillo.it), 2006 e in www.literary.it (2006)<br />
* * *<br />
[…] Appassionata negli accenti è questa "salina" raccolta di Annamaria Ferramosca. Il mare, infatti, con il suo portato mitico, il fascino degli<br />
spazi aperti, il richiamo alla riflessione e alla contemplazione segna decisamente la prima parte del libro e gli conferisce un afflato liricodiscorsivo,<br />
un ambito di raccoglimento e di silenzio interiore popolato dai miti della grande civiltà mediterranea, dai suoi colori, suoni, odori che<br />
scorrono quasi in un poema-fiume per le prime 40 pagine. Poi l'Io si muove, si orienta, sussulta, si dis-orienta fra il fragore delle cronache,<br />
l'irrealtà del reale intasato da odio, violenza, distruzione, frenesia di potere. Infine ritorna come un'onda a depotenziarsi sulla spiaggia del<br />
proprio privato-specchio-del-mondo, dell'oggidiano che vuole redimersi dall'insignificanza cercando un senso nel rito del vivere per mezzo della<br />
poesia, con tenacia, con metodo, perché altra via di "salvezza" non è possibile. Il vagare e il tornare, l'immobilità e lo scatto, il movimento<br />
dell'Io da un "dentro" a un "fuori" e viceversa, costituiscono pertanto un'odissea, una felice dissipazione che si ubriaca di spazi chiari e squillanti<br />
dove l'Io cerca e trova le sue corrispondenze, ma anche di ombre fresche e di riposo, dove la materia dell'esistenza viene indagata con l'occhio<br />
di una sensibilità attenta. […]<br />
Gianmario Lucini, in www.poiein.it, 2006<br />
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[…] La Ferramosca restituisce centralità alla parola poetica come elemento insopprimibile di comunicazione ed incontro con l’altro. Emerge una<br />
componente mediterranea sentita non solo come ricerca delle proprie origini, ma come scoperta di archetipi, di paradigmi attraverso cui<br />
vedere il ripetersi della storia collettiva come quella delle emozioni personali. Questo rimbalzare tra il canto del mondo ancestrale e<br />
mediterraneo delle proprie origini e la complessità del villaggio globale contemporaneo rende questa poesia corale, profondamente nostra,<br />
situata in una geografia spirituale e reale in cui tutti possiamo riconoscerci. […]<br />
Luca Benassi, in “Noi donne”, marzo 2007<br />
Annamaria<br />
Ferramosca<br />
119<br />
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