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Il corpo muto: dinamiche psichiche e relazionali della coppia sterile

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prese e i propri interventi, il bisogno di guarire quando per la <strong>coppia</strong> è più<br />

facile cambiare medico che non se stessa, le guarigioni miracolose o le<br />

rivendicazioni rabbiose di pazienti deluse ancor prima di concludere il<br />

primo colloquio, testimoniano di una riduttività dell‟intervento<br />

esclusivamente tecnico e potrebbero costituire il terreno di una valida<br />

collaborazione tra discipline diverse.<br />

L‟integrazione di competenze mediche e psicologiche, però, presuppone<br />

la necessità di riconoscere e superare aspettative e pregiudizi reciproci.<br />

Come ricordano Kentenich e Siedentopf (2002), infatti, i medici pensano<br />

sovente che un eventuale intervento psicologico possa essere d‟aiuto per la<br />

riduzione dello stress, quindi per la preparazione di pazienti docili, con i<br />

quali è più facile affrontare le complicazioni del percorso, prendere<br />

decisioni difficili e rischiose, contenere gli insuccessi. È ovviamente un<br />

modo manipolatorio di considerare il supporto psicologico, che richiama<br />

modalità infantili anali di relazione con l‟oggetto e che dovrebbe<br />

tranquillizzare gli specialisti perché sposterebbe l‟assunzione di<br />

responsabilità sui colleghi e eviterebbe le rivendicazioni dei pazienti. Anche<br />

gli psicologi da parte loro hanno una serie di aspettative: le osservazioni su<br />

singoli casi vengono troppo spesso facilmente generalizzate, considerando<br />

le coppie patologiche, il loro desiderio eccessivo e sopravvalutando i casi di<br />

gravidanze “miracolose”.<br />

La possibilità di una collaborazione è quindi ancora tutta da trovare sul<br />

campo. 29 <strong>Il</strong> medico ne trarrebbe giovamento perché potrebbe con il tempo<br />

rifiutare il ruolo che gli è assegnato dalla nevrosi dei pazienti o dalla propria<br />

e iniziare a riflettere sulla natura <strong>della</strong> domanda, senza prenderla alla lettera,<br />

a temporizzare certe false urgenze e a evitare la proliferazione di cure<br />

mediche inutili, infine a prendere coscienza dei propri affetti. Tutto questo,<br />

29 M. Bydlowski (1997) riporta le modalità applicate durante la sua personale esperienza in reparto.<br />

Esse consistono nel contatto con l‟equipe (solitamente ridotto a colloqui di corridoio per contenere<br />

l‟angoscia degli operatori) e nel binomio di ricerca, una visita congiunta medico-psicoanalista,<br />

presentato come un collaboratore (la presenza di un terzo, studente o infermiere, è di solito abituale).<br />

La stessa Autrice sottolinea che si tratta di una condizione eccezionale e difficilmente replicabile, per<br />

quanto auspicata dalle varie legislazioni, perché prevede un reparto ben disposto e operatori motivati.<br />

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