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Il corpo muto: dinamiche psichiche e relazionali della coppia sterile

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che la filiazione, in quanto simbolica, è irriducibile alla sua dimensione<br />

biologica. Contemporaneamente, sottolinea la sovra-determinazione dei<br />

desideri inconsci (e quindi ambivalenti) presenti in ogni nascita e valorizza<br />

il senso del limite (in altre parole l‟esperienza <strong>della</strong> castrazione), che passa<br />

attraverso la rinuncia, quale pre-condizione fondamentale per esistere nella<br />

propria irripetibile individualità, fatta di desiderio (che si nutre di<br />

mancanza) 30 e del tempo dell‟attesa 31 (indispensabile all‟elaborazione<br />

psichica). Ovviamente, non è possibile annullare le componenti<br />

immaginarie che interferiscono e condizionano il rapporto di cura perché il<br />

medico è comunque oggetto di transfert 32 da parte dei pazienti, 33 anche se<br />

non è formato a riconoscerlo e a farne strumento di lavoro. 34 Se la tecnica<br />

tende a presentarsi anonima e impersonale e quindi necessaria e<br />

indiscutibile (auto-fondazione), per l‟inconscio ogni gesto ha senso, per cui<br />

bisogna spostare il focus alla relazione (Vegetti Finzi, 1994). Così, i<br />

protagonisti <strong>della</strong> cura, pur se in posizioni non simmetriche, potrebbero<br />

comprendersi sulla base del reciproco vissuto passionale e <strong>della</strong> comune<br />

esperienza originaria di identificazione alla madre: solo laddove il medico<br />

accolga empaticamente il dolore <strong>della</strong> <strong>coppia</strong> <strong>sterile</strong>, non è solo un tecnico<br />

veterinario.<br />

Per Ciambelli (1999) c‟è uno slittamento dal registro del desiderio a<br />

30 “… il desiderio è «desiderio di desiderio»‖, scrive M.-M. Chatel (1993, p. 67).<br />

31 Ricorda Fiumanò (1996, p. 31) che il tempo è la contropartita <strong>della</strong> morte e passione e pazienza<br />

hanno la stessa radice latina, nell‟etimo <strong>della</strong> sofferenza (patire).<br />

32 <strong>Il</strong> ricorso alla psicoanalisi è inevitabile perché l‟inconscio del paziente come quello del medico, è<br />

comunque all‟opera: se ignorarlo è una conseguenza del taglio epistemologico <strong>della</strong> medicina e una<br />

necessità delle procedure scelte, pensare che non esista finisce per apparire un dogma riduttivo (Del<br />

Volgo, 2003). Freud (1904), ad esempio, scrive “noi medici non possiamo rinunciare alla<br />

psicoterapia per la semplice ragione che l‘altra parte coinvolta nel processo di guarigione – e cioè il<br />

malato - non ha l‘intenzione di rinunciarvi. […] Vi è un fattore dipendente dalla disposizione psichica<br />

dei malati che interviene, senza intenzione da parte nostra, nell‘effetto di ogni procedimento<br />

terapeutico avviato dal medico, nella maggior parte dei casi in senso favorevole, ma spesso in senso<br />

inibitorio...” (ibid., p. 430). Quindi la psicoterapia è sempre coinvolta nell‟atto medico e si può solo<br />

farla bene o male. Non si può non farla, scrive Chiozza (2001), consapevole del fatto che si può<br />

vedere solo ciò che si conosce: non bisogna vedere per credere ma anche credere per vedere e ciò in<br />

cui l‟uomo moderno crede è un mondo logico e razionale che ha separato religione e scienza, scienza<br />

che ragiona secondo i concetti di spazio, tempo, materia, e soprattutto causa e effetto.<br />

33 Per effetto di un transfert positivo sul ginecologo, ad esempio, può succedere che una <strong>coppia</strong> <strong>sterile</strong><br />

riesca a concepire (Vegetti Finzi, 1997; Chatel, 1993, pp. 87-89).<br />

34 Anzi, “è molto più difficile che un medico, oggi, diventi psicoanalista: le categorie su cui si fonda<br />

l‘esercizio <strong>della</strong> psicoanalisi sono proprio quelle che la medicina contemporanea è tesa ad annullare:<br />

l‘impotenza e l‘impossibilità (Lebrun, 1997).” (Fiumanò, 2000, p. 22).<br />

38<br />

Desiderio o<br />

bisogno?

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