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ELENA, la BELLEZZA della PAROLA, ovvero dal MITO alla ...

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che intercorre tra <strong>la</strong> prescrizione 47 dei farmaci e <strong>la</strong> natura dei corpi 48 .In effetti,<br />

come dei farmaci 49 alcuni espellono <strong>dal</strong> corpo alcuni umori, altri altri umori, e<br />

alcuni pongono termine al<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia, altri al<strong>la</strong> vita, così dei discorsi alcuni<br />

provocano negli ascoltatori dolore, altri diletto, altri paura, altri istil<strong>la</strong>no<br />

coraggio 50 , altri ancora, con dosi di persuasione negativa, avvelenano e<br />

stregano l’anima 51 .<br />

15. Dunque, risulta dimostrato che Elena, se è stata persuasa <strong>dal</strong> discorso, non<br />

ha commesso ingiustizia, ma è stata vittima di sventura; voglio ora prendere in<br />

esame <strong>la</strong> quarta causa facendo ricorso al quarto tipo di ragionamento. Se<br />

infatti è stato amore a compiere tutto questo, non le sarà difficile sfuggire<br />

all’accusa del<strong>la</strong> colpa che si ritiene commessa, perché le cose che vediamo<br />

hanno una natura non secondo <strong>la</strong> nostra volontà ma quale è data a ciascuna; e<br />

mediante <strong>la</strong> vista l’anima viene model<strong>la</strong>ta anche nel carattere. 16. Per<br />

47 Il testo gioca sul<strong>la</strong> duplice valenza di tãjiw: come <strong>la</strong> dÊnamiw delle parole agisce sul<strong>la</strong> tãjiw<br />

dell’anima, così <strong>la</strong> tãjiw dei farmaci agisce sul<strong>la</strong> fÊsiw dei corpi. Il termine (cfr. tãssv) vale<br />

innanzi tutto “ordine, disposizione ordinata, ordinamento”); nel secondo caso, come indica<br />

<strong>la</strong> nota in app. di Diels (tãjiw] das ist §pitagÆ), sembra designare l’azione di ordinare<br />

(prescrivere) i farmaci.<br />

48 Il rapporto retorica-medicina trova formu<strong>la</strong>zione esplicita in una notizia su Antifonte di<br />

Ramnunte, contemporaneo ed emulo di Socrate: «Mentre si dedicava al<strong>la</strong> poesia, Antifonte<br />

compose altresì una “arte del non soffrire” (t°xnh élupivaw), vale a dire una cura come quel<strong>la</strong><br />

che i medici prescrivono agli amma<strong>la</strong>ti; aperto un ambu<strong>la</strong>torio a Corinto nei pressi<br />

dell’agorà, proc<strong>la</strong>mò di essere in grado di curare gli afflitti con le parole e di conso<strong>la</strong>re i<br />

sofferenti. Ma ritenendo poi quest’arte indegna del<strong>la</strong> propria persona, si volse al<strong>la</strong> retorica»<br />

(Plut. Vita X Orat. 1 = Antiph. A6 D-K).<br />

49 fãrmakon è vox media, in quanto può designare sia “rimedio” sia “veleno” (vd. per es. Od.<br />

4, 230, dove si dice che <strong>la</strong> terra d’Egitto produce favrmaka, pol<strong>la</strong>; me;n ejçq<strong>la</strong>; memigmevna, pol<strong>la</strong>; de;<br />

lugrav). Va segna<strong>la</strong>to che l’uso metaforico del termine, nel<strong>la</strong> cultura greca, è entrato in più<br />

occasioni a contatto con <strong>la</strong> sfera del<strong>la</strong> scrittura: in Eur. fr. 578 Nauck 2 i grãmmata son detti ta;<br />

th'w lÆyhw fãrmaka («rimedi contro <strong>la</strong> dimenticanza»); in P<strong>la</strong>t. Phaedr. 274e - 275a<br />

l’invenzione del<strong>la</strong> scrittura, da Theuth definita mnÆmhw te ka‹ sof aw fãrmakon, viene criticata da<br />

re Thamus oÈk mnÆmhw él<strong>la</strong>; ÍpomnÆsevw fãrmakon («farmaco non del<strong>la</strong> memoria, ma del richiamo<br />

al<strong>la</strong> memoria», perché <strong>la</strong> scrittura del<strong>la</strong> sapienza offre soltanto l’immagine apparente, dÒja,<br />

non <strong>la</strong> verità).<br />

50 Sulle capacità di suscitare passioni da parte dei sofisti, si veda quanto a Fedro Socrate<br />

dice del sofista Trasimaco di Calcedonia: tw'n ge mh;n oijktrogovwn ejpi; gh'raç kai; penivan<br />

eJlkomevnwn lovgwn kekrathkevnai tevcnh/ moi faivnetai to; tou' Calkhdonivou çqevnoç, ojrgivçai te au\<br />

pollou;ç a{ma deino;ç aJnh;r gevgonen, kai; pavlin wjrgiçmevnoiç ejpav/dwn<br />

khlei'n, wJç e[fh (P<strong>la</strong>t. Phaedr.<br />

267c: «Quanto alle tirate strappa-<strong>la</strong>crime su vecchiaia e povertà, mi pare che abbia il<br />

sopravvento su tutti, per arte, <strong>la</strong> forza del Calcedonio, uomo abilissimo nel suscitare <strong>la</strong><br />

collera nel<strong>la</strong> fol<strong>la</strong> e poi, una volta eccitata, capace di p<strong>la</strong>car<strong>la</strong> incantando<strong>la</strong>, come era solito<br />

dire»).<br />

51 Contro l’uso perverso dell’abilità retorica si pronuncia Euripide, che mette in bocca a<br />

Medea questo severo giudizio: «Per me, chi è ingiusto ma abile nel par<strong>la</strong>re (sofÒw l°gein)<br />

merita <strong>la</strong> condanna più dura, perché chi si vanta di ce<strong>la</strong>re l’ingiustizia con l’abilità del<strong>la</strong><br />

lingua, è capace di qualunque misfatto: ma in fin dei conti non è poi così abile (sofÒw)!»<br />

(Eur. Medea 580-583).<br />

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