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Oltre la Istituzione. Crisi E Riforma Della Psichiatria (Davide Lasagno).

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18 OLTRE L’ISTITUZIONE. CRISI E RIFORMA DELL’ASSISTENZA PSICHIATRICA A TORINO E IN ITALIA<br />

Adriano, fuggito di casa all’età di ventun’anni, immediatamente ritrovato<br />

dal padre e quindi condotto a Collegno: «e poi voleva che tornassi<br />

a casa. Il giorno dopo mi ha detto: “se vuoi tornare a casa va bene”…<br />

“No, io a casa non ci torno: sto bene qui”… uno prima ti porta a Collegno<br />

e poi ti dice “se vuoi torna a casa?”… Eh no, scusa!» 2 . La vicenda di<br />

Riccardo vede invece come protagonisti entrambi i genitori: «loro mi<br />

hanno messo qua dentro e mi dice: “vai là a Collegno, stai un po’ di<br />

tempo…”. Io sono un ingenuo, ci sono cascato. Così loro se ne sono<br />

andati per loro conto, e io rimango qui e sono qui così, capisci? Eh, non<br />

c’è nessuno… eh, non so… chi è che si interessa di me» 3 .<br />

In altri casi, il ricordo appare decisamente più sfocato, le ragioni e le<br />

modalità del ricovero risultano del tutto incomprensibili, non solo a<br />

noi ma anche ai diretti interessati: «Mah… diventavo che perdevo i sensi<br />

– ha raccontato Giuseppina – cioè, come se svenivo […]. Non me lo<br />

ricordo neanche con che sistema mi ci hanno portato perché… io mi<br />

sono ritrovata lì eh… cioè, non so se mi hanno fatto qualche puntura<br />

per addormentarmi» 4 . Anche Giacomo non ha saputo dire perché fosse<br />

stato internato in manicomio: «non posso saperlo, non mi hanno detto<br />

niente. Non l’ho chiesto perché non mi sono ricordato, mi mettevo a<br />

piangere quando mi hanno portato lì dentro… e ho perso <strong>la</strong> memoria,<br />

ma non riuscivo a spiegarmi… […]. Mi hanno portato così senza motivo…<br />

non so perché… magari non stavo bene» 5 .<br />

Non è dato di sapere, naturalmente, sino a che punto i fatti riportati<br />

in quelle interviste corrispondessero al<strong>la</strong> realtà. Diverse variabili potrebbero<br />

aver contribuito a deformare in un modo o nell’altro il racconto:<br />

innanzitutto il lunghissimo tempo trascorso dal momento del<br />

ricovero; ma, più ancora del<strong>la</strong> distanza temporale, c’è da considerare lo<br />

stress emotivo procurato da un avvenimento – il ricovero appunto – che<br />

i futuri degenti, già presumibilmente destabilizzati dal<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia, non<br />

potevano non percepire fin da subito come drammatico, sia perché in<br />

genere era imposto da altri, sia per le modalità poliziesche con cui di<br />

solito esso avveniva.<br />

Ad ogni modo, al di là delle singole vicende personali, sempre diverse tra<br />

loro, le procedure d’ammissione previste dal<strong>la</strong> legge erano soltanto due:<br />

quel<strong>la</strong> ordinaria doveva necessariamente prendere avvio da una richiesta,<br />

che chiunque poteva inoltrare «nell’interesse degli infermi e del<strong>la</strong> società»<br />

e che spettava al pretore autorizzare in via provvisoria «sul<strong>la</strong> presentazione<br />

di un certificato medico e di un atto di notorietà» 6 . In partico<strong>la</strong>ri con-<br />

2 A. Cañedo Cervera, S. Collina, Ero pazzo, scusa, ero pazzo davvero cit, p. 186.<br />

3 Ivi, p. 187.<br />

4 Ivi, p. 171.<br />

5 Ivi, p. 172.<br />

6 Legge 14 febbraio 1904 , n. 36 “sui manicomi e sugli alienati”, art. 2, comma 2. In<br />

base alle disposizioni del successivo rego<strong>la</strong>mento, approvato con il Regio Decreto 16

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