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Oltre la Istituzione. Crisi E Riforma Della Psichiatria (Davide Lasagno).

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24 OLTRE L’ISTITUZIONE. CRISI E RIFORMA DELL’ASSISTENZA PSICHIATRICA A TORINO E IN ITALIA<br />

nazioni come ma<strong>la</strong>ttie sostanzialmente incurabili e che di conseguenza<br />

nei primi ospedali riservati ai folli l’attività del medico, quando prevista,<br />

si limitava spesso al<strong>la</strong> cura del<strong>la</strong> salute generale dei ricoverati.<br />

A Torino, il medico dello “spedale” rimase a lungo in una posizione<br />

subordinata; poteva partecipare alle sedute più importanti del<strong>la</strong> confraternita,<br />

era chiamato ad esprimersi sui casi di ammissione e di dimissione<br />

nonché sullo stato di salute dei ricoverati ma fu soltanto negli anni<br />

successivi al<strong>la</strong> dominazione napoleonica, grazie anche al progressivo<br />

diffondersi in Italia del nascente pensiero psichiatrico francese, che incominciò<br />

a manifestarsi <strong>la</strong> necessità di un intervento terapeutico sistematico<br />

e specificamente mirato al<strong>la</strong> cura del<strong>la</strong> follia e che al personale<br />

sanitario venne quindi riconosciuto, sebbene in modo graduale e non<br />

privo di forti contraddizioni, un ruolo sempre più decisivo nell’organizzazione<br />

del<strong>la</strong> vita istituzionale. Nel 1828, dopo che per circa un secolo<br />

l’assistenza sanitaria era stata affidata a medici esterni, si giunse finalmente,<br />

a seguito di un concorso pubblico diretto «ad accertare le conoscenze<br />

scientifiche dei candidati» 19 , all’assunzione di un medico primario<br />

e all’attivazione di un servizio sanitario «interno e ininterrotto» 20 di<br />

cui furono chiamati a far parte, due anni dopo, anche un chirurgo, un<br />

assistente e un flebotomo.<br />

L’affermarsi di un approccio terapeutico sempre più definito nei suoi<br />

presupposti scientifici e culturali contribuì d’altra parte ad accentuare<br />

un insieme di problemi che si erano trascinati in forme più o meno gravi<br />

per alcuni decenni ma che a quel punto sembravano essersi trasformati<br />

in un ostacolo insormontabile all’applicazione delle nuove teorie mediche.<br />

In partico<strong>la</strong>re, già nel 1827 le carenze strutturali e l’assenza di spazio<br />

nei locali del vecchio “spedale” avevano indotto <strong>la</strong> regia amministrazione<br />

a chiedere al sovrano il permesso per <strong>la</strong> costruzione di un edificio di<br />

dimensioni maggiori, ove fosse possibile attuare una netta separazione<br />

tra i sessi e una suddivisione dei ma<strong>la</strong>ti secondo criteri clinici.<br />

Dai primi progetti del 1828 al<strong>la</strong> conclusione definitiva dei <strong>la</strong>vori dovette<br />

tuttavia passare più di un lustro. Il nuovo manicomio venne infatti<br />

inaugurato ufficialmente soltanto il 13 maggio del 1834: esso sorgeva<br />

sopra un terreno di circa sei giornate a forma di quadri<strong>la</strong>tero, ubicato ai<br />

margini di quel<strong>la</strong> che allora era <strong>la</strong> parte edificata del<strong>la</strong> città e delimitato<br />

da via del<strong>la</strong> Conso<strong>la</strong>ta, da via Valdocco, da via San Massimo (l’attuale<br />

corso Regina Margherita) e da via delle Ghiacciaie (oggi via Giulio).<br />

19 M. Gillio, Per una storia del manicomio a Torino e Collegno dall’età carloalbertina al<strong>la</strong><br />

prima guerra mondiale, Tesi di Laurea in Storia del Risorgimento, Università degli Studi<br />

di Torino, Anno Accademico 2005/2006, p. 14.<br />

20 G. Ajani, B. Maffiodo, La struttura e il bisogno: organizzazione interna ed evoluzione<br />

dell’istituzione manicomiale torinese nei secoli XVII e XIX, in A. De Bernardi (a cura di),<br />

Follia, <strong>Psichiatria</strong> e Società, Franco Angeli, Mi<strong>la</strong>no 1982, p. 48.

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