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AA.VV. - Appendici del futuro 8 - ctsbasilicata

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quell’individuo parla», pensò istantaneamente, «se osa parlare, mi metterò ad urlare<br />

finché il cuore non mi si fermerà.»<br />

Avvicinò il ricevitore all’orecchio: — Pronto?<br />

— Signorina Elva? Qui è la signorina Finch che parla.<br />

I suoi occhi si chiusero e dalle labbra le uscì un sospiro.<br />

— Sì? — rispose.<br />

— È per quelle telefonate che dite di aver ricevuto.<br />

— Sì? — La sua mente aveva captato le parole <strong>del</strong>la signorina Finch: «Quelle<br />

telefonate che dite di aver ricevuto».<br />

— Abbiamo mandato un uomo per tentare di scoprire il mistero — continuò la<br />

signorina Finch. — Ho qui il rapporto.<br />

La signorina Keene riprese fiato. — E allora?<br />

— Non è riuscito a trovare niente.<br />

Elva Keene non parlò. La testa grigia giaceva immobile sul cuscino, il ricevitore<br />

premuto contro l’orecchio.<br />

— L’operaio dice di aver rintracciato il... il guasto. Si tratta di un cavo spezzato<br />

che è caduto per terra, appena fuori città.<br />

— Spezzato... un cavo?<br />

— Sì, signorina Elva. — La voce <strong>del</strong>la signorina Finch era quasi addolorata.<br />

— Volete forse insinuare che non ho sentito niente?<br />

La voce <strong>del</strong>la signorina Finch rimase silenziosa mentre le dita <strong>del</strong>la signorina<br />

Keene stringevano convulsamente la cornetta.<br />

— Dev’esserci un telefono laggiù — insistette. — Dev’esserci qualcosa che ha<br />

permesso a quell’uomo di chiamarmi.<br />

— Signorina Elva, il cavo è caduto per terra. — Ci fu una pausa. — Domani i<br />

nostri operai lo rimetteranno a posto così non sarete più...<br />

— Laggiù deve esserci qualcosa che ha permesso a quell’uomo di chiamarmi.<br />

— Signorina Elva, laggiù non può esserci nessuno.<br />

— Laggiù dove? Dove?<br />

La centralinista disse: — Signorina Elva, quello è il cimitero.<br />

Nel silenzio buio <strong>del</strong>la sua camera da letto una donna anziana e storpia giace in<br />

attesa. La sua infermiera non aveva voluto fermarsi per la notte; la sua infermiera<br />

l’aveva consolata, l’aveva rimproverata, l’aveva ignorata.<br />

E lei era rimasta sola, ad aspettare una telefonata. Avrebbe potuto staccare il<br />

ricevitore, ma non ne era capace. Giaceva là immobile, ad aspettare, a pensare.<br />

Ai lunghi silenzi, ai primi suoni indistinti che le sue orecchie avevano appena<br />

percepito, intuito, e che poi via via s’erano precisati in mormorii, gorgoglii. Ai primi<br />

incerti tentativi udì qualcuno che non parlava... da quanto tempo? Poi ai primi<br />

«Pronto? pronto?»: il primo saluto di uno che tace da molto tempo. Ai «Dove siete?»,<br />

allo scatto metallico <strong>del</strong> telefono (che l’aveva lasciata rigida, come paralizzata)<br />

quando la centralinista aveva detto il suo indirizzo al...<br />

Il telefono cominciò a suonare.<br />

Una pausa. Poi ancora uno squillo. Il fruscio di una camicia da notte nel buio.<br />

Il suono cessò.<br />

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