AA.VV. - Appendici del futuro 8 - ctsbasilicata
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Candido mosse i piedi, inquieto. — Non mi piace passarci vicino quando entro.<br />
Pare che mi guardino.<br />
— Tu non entri — gli disse Occhio di Gufo. — Vado da solo. Sono io quello che<br />
ci vede al buio. Tu aspetti qui, vicino al furgone, e tieni le orecchie tese, in caso<br />
sentissi il rumore di qualcuno che ci ha seguito su per il viale. Mi dài una voce, se<br />
capita.<br />
S’infilò un paio di guanti di gomma da chirurgo, e intanto stirava la bocca da rana<br />
in un largo sorriso rivolto a Candido. Ecco qua un cittadino ben vestito, senza dubbio,<br />
ma Occhio di Gufo, con i suoi blue-jeans sporchi e una vecchia giacca dì tela, si<br />
illudeva di valere il doppio di Candido. Tutto Candido era venuto perché il signor<br />
Frewin, il ricettatore di Winston-Salem, gli aveva ordinato di venire, mentre Occhio<br />
di Gufo era lì perché voleva esserci, perché l’idea era sua. Si mise in spalla una sacca<br />
di tela grezza.<br />
— Riempirò fino all’orlo questo sacco, spero — disse. Poi si chinò e dallo<br />
scomparto sotto il cruscotto tirò fuori una torcia elettrica.<br />
— Mi pareva avessi detto che avresti fatto tutto al buio — gli ricordò Candido.<br />
— Ho intenzione di fare così, ma può darsi che mi capiti sott’occhio qualche buon<br />
libro e mi venga voglia di leggerlo — disse Occhio di Gufo, sorridendo più<br />
apertamente. — Adesso aspettami qua fuori, come ti ho detto. Se non sono di ritorno<br />
prima che la luna piena diventi una luna nuova, puoi esprimere un desiderio.<br />
Candido disse qualcosa di sconcio, con una specie di gemito d’infelicità. Occhio di<br />
Gufo si girò e s’incamminò silenzioso sulle suole di gomma. per un sentiero<br />
pavimentato di lastre d’ardesia. Salì sotto il vasto portico <strong>del</strong>la casa e si fermò davanti<br />
alla porta.<br />
Era una porta massiccia, di quercia all’aspetto, tenuta insieme da grosse sbarre<br />
orizzontali di ferro battuto. Aveva un buco <strong>del</strong>la serratura, e in genere un buco <strong>del</strong>la<br />
serratura era sufficiente perché Occhio di Gufo riuscisse a entrare. Tentò la maniglia<br />
con la mano guantata. Toh, non doveva scassinare la porta: era aperta.<br />
— Il signore e la signora Cope non dovrebbero fidarsi tanto dei loro vicini —<br />
disse, girando la testa verso Candido, mentre spingeva il battente ed entrava<br />
nell’ingresso. Chiuse la porta dietro di sé e rimase un momento immobile ad<br />
ascoltare.<br />
Non si sentiva il minimo bisbiglio. I muri <strong>del</strong>l’ingresso erano rivestiti di pannelli di<br />
legno scuro, e Occhio di Gufo, sempre in silenzio, serrò gli occhi per allargare al<br />
massimo le pupille. Quando li riaprì, gli fu più facile andare avanti fin dentro una<br />
gigantesca stanza che dava sul davanti e che sembrava occupare metà <strong>del</strong> pianterreno.<br />
Due ampie finestre lasciavano entrare la luce <strong>del</strong>la luna. Le pareti, in contrasto con<br />
quelle <strong>del</strong>l’ingresso, erano qui intonacate di un bianco-giallo non molto diverso da<br />
quello <strong>del</strong> bel vestito di Tutto Candido Van Doren. Il colore chiaro catturava la luce<br />
dall’esterno, permettendo di vedere molto bene l’interno.<br />
Occhio di Gufo riusciva a distinguere con sufficiente chiarezza i principali pezzi<br />
<strong>del</strong>l’arredamento.<br />
A un’estremità <strong>del</strong>la stanza erano sistemati alti scaffali di libri, all’altra si<br />
spalancava un ampio camino di mattoni con un mucchio di oggetti disposti sulla larga<br />
mensola. In fondo, c’era una porta semiaperta. Vari quadri erano appesi qua e là alle<br />
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