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AA.VV. - Appendici del futuro 8 - ctsbasilicata

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Gli occhi le si aprivano, il viso le si volgeva in direzione <strong>del</strong>la finestra, e lei non<br />

riusciva a distogliere lo sguardo dal temporale che s’allontanava sulle sue zampe di<br />

saette. «Chissà perché non riesco a prendere sonno» pensava, esasperata. «Per quale<br />

ragione devo restare inchiodata a un letto senza riuscire a chiudere occhio?»<br />

Ma non era difficile trovare una risposta a questi interrogativi. In una vita<br />

monotona come la sua, anche l’imprevisto meno importante diventa fonte di<br />

eccitazione e di curiosità. E la vita <strong>del</strong>la signorina Keene ormai era ridotta a quello<br />

starsene a letto inattiva, sdraiata su cento cuscini, a leggere i libri che la signora<br />

Phillips le portava dalla biblioteca civica: mangiava, si riposava, la medicavano,<br />

ascoltava la radiolina, e aspettava, aspettava che capitasse qualche cosa d’imprevisto.<br />

Come quella telefonata, che poi in realtà non si poteva neppure chiamare una<br />

telefonata.<br />

Infatti non aveva nemmeno sentito il “click” di quando la cornetta viene<br />

riagganciata. La signorina Keene non riusciva a capire. Perché mai l’avevano<br />

chiamata per poi restare ad ascoltarla in silenzio mentre lei continuava a rispondere<br />

«Pronto»? Ma poi, era proprio sicura che qualcuno le avesse telefonato?<br />

La cosa migliore, pensò, sarebbe stato di restare in ascolto finché quello<br />

sconsiderato si fosse stancato <strong>del</strong>lo scherzo e avesse riattaccato; oppure sarebbe stato<br />

meglio dirgli senza tanti complimenti quanto fosse di cattivo gusto fare uno scherzo a<br />

una signora sola e paralitica, nel cuore di una notte temporalesca. Così, se c’era<br />

veramente qualcuno in ascolto, si sarebbe sentito quel che si meritava, e...<br />

— No, ma che stupida!<br />

Lo disse a voce alta nel buio, scandendo le parole in tono di sollievo e insieme di<br />

compatimento. Che stupida! Il telefono era guasto. Qualcuno aveva cercato di<br />

mettersi in comunicazione con lei, forse la signora Phillips che voleva sapere se tutto<br />

andava bene. Ma all’altro capo <strong>del</strong>la linea doveva esserci un guasto, e così il telefono<br />

aveva suonato senza che lei riuscisse a sentire la voce. Le cose dovevano per forza<br />

stare così.<br />

La signorina Keene abbassò il mento sul petto, e richiuse dolcemente gli occhi.<br />

«Ora debbo dormire» pensò. In lontananza il temporale si raschiò la gola cupamente.<br />

Elva Keene pensò «Speriamo che nessuno stia in pena per me».<br />

E subito dopo il telefono suonò un’altra volta.<br />

«Ecco» pensò lei. «Riprovano a mettersi in contatto con me». Allungò una mano<br />

nel buio, tastò qua e là finché trovò l’apparecchio e portò la cornetta all’orecchio.<br />

— Pronto? — disse.<br />

Silenzio.<br />

La gola le si contrasse. Adesso sapeva che c’era un guasto, ma la cosa non le<br />

piaceva lo stesso, non le piaceva per niente.<br />

— Pronto? — ripeté a titolo di prova prima di convincersi definitivamente che<br />

stava sprecando il fiato.<br />

Nessuna risposta. Aspettò un istante, poi con voce stridula che tradiva impazienza,<br />

e che rintronò nella stanza buia come un grido, ripeté per la terza volta — Pronto?<br />

Niente. La signorina Keene ebbe la tentazione improvvisa di gettare via il<br />

ricevitore, ma riuscì a controllarsi. No, doveva aspettare, aspettare e stare in ascolto<br />

per sentire se qualcuno interrompeva la comunicazione all’altro capo <strong>del</strong>la linea.<br />

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