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AA.VV. - Appendici del futuro 8 - ctsbasilicata

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profilo. Con una certa malinconia, forse? Era davvero molto bella. Il suo saio nero e<br />

informe, di una lana un po’ puzzolente e senz’altro pesante e ruvida, non riusciva a<br />

nascondere <strong>del</strong> tutto la sua esile figura di fanciulla; il suo viso era pallido,<br />

<strong>del</strong>icatamente mo<strong>del</strong>lato, con due grandi occhi. Mi chiesi per quale ragione, anche<br />

considerando l’epoca in cui viveva, avesse preso i voti.<br />

La stanza in cui ci trovavamo era ampia e lunga, rivestita di pannelli di quercia<br />

intagliati, il soffitto sostenuto da robuste travi di legno. In un bel camino di pietra<br />

scoppiettava un fuoco di ceppi odorosi, che spandeva più calore di quanto ci si<br />

sarebbe aspettati; proprio come le can<strong>del</strong>e appese alle pareti mandavano più luce.<br />

L’arredamento era composto da piccoli tavoli con sedie rigide, qualche poltrona<br />

isolata, un grande tavolo centrale circondato da panche l’ideale per stare in<br />

compagnia. Lungo le pareti vi erano libri, quadri e oggetti provenienti da posti<br />

lontani. A un’estremità <strong>del</strong>la stanza, dietro il bancone dove la padrona stava tra i<br />

rubinetti <strong>del</strong>la birra e le file di bottiglie e bicchieri, la luce <strong>del</strong>le can<strong>del</strong>e svaniva oltre<br />

la soglia di una porta aperta. Ma io sapevo che c’era una scala, che portava a un certo<br />

numero di camerette modeste ma pulite dove, volendo, si poteva trascorrere la notte.<br />

(Lo si faceva di rado, però: la compagnia è troppo simpatica, e le ore troppo<br />

preziose.) Le finestre sono sempre chiuse, per il semplice fatto, immagino, che non si<br />

aprirebbero su nessuno dei mondi sui quali si apre la porta d’ingresso, ma su<br />

qualcos’altro di molto particolare. Questo pensiero fa sembrare l’interno <strong>del</strong>la taverna<br />

ancora più accogliente.<br />

— No — sospirò Leonardo. — Credo che anch’io diventerei molto cauto.<br />

Eppure... c’è una cosa che non capisco. Se siamo qui soprattutto per conversare, in<br />

modo che Messer l’Albergatore possa godersi la nostra vista e le nostre storie, perché<br />

porre dei limiti ai nostri discorsi? Io, per esempio, vi assicuro che non ho paura che<br />

mi diciate la data e il modo <strong>del</strong>la mia morte, se li conoscete. Dio mi chiamerà nel<br />

momento da Lui prescelto.<br />

— Questa è una profonda verità — dissi io. — Perché io posso anche non<br />

provenire dal vostro <strong>futuro</strong>. Per quello che ne sappiamo, potrei essere nato nel <strong>futuro</strong><br />

di un altro Leonardo da Vinci, il cui destino è, o era, diverso dal vostro. Per cui<br />

sarebbe solo inutile e sgradevole discutere di certi argomenti.<br />

— Ma cosa mi dite <strong>del</strong> resto? — protestò, lui con foga. — Mi avete predetto<br />

macchine volanti, automi, elisir iniettati nella carne per prevenire le malattie,<br />

meraviglie senza fine! Perché potete parlarne soltanto per allusioni?<br />

— Messere — gli risposi, — il vostro intelletto ne comprende senz’altro il motivo.<br />

Se vi dessi troppe conoscenze e anticipazioni, cosa ne potrebbe conseguire?<br />

Manchiamo di saggezza e di senso <strong>del</strong>la misura, noi mortali. Il nostro Taverniere ha...<br />

una licenza?, per ospitare alcuni di noi. Ma si deve trattare solo di ospitalità e di<br />

svago. Niente di decisivo può avvenire in questo luogo. Ci incontriamo e ci<br />

separiamo come nei sogni, nella Taverna <strong>del</strong>la Vecchia Fenice.<br />

— Che cosa possiamo fare, allora? — chiese lui.<br />

— Oh, gli argomenti sono infiniti! Tutte le arti, le storie vere e immaginarie, gli<br />

eterni enigmi <strong>del</strong>la nostra natura, <strong>del</strong> nostro scopo e <strong>del</strong> nostro significato! E poi ci<br />

sono le canzoni, le facezie, e il semplice fatto di essere insieme... Ma sono davvero<br />

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