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biblioteca di studi di filologia moderna – 17 - Firenze University Press

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miti uniVersali e memoria PeruViana<br />

più giovani, e i cambiamenti nell’economia <strong>di</strong> Puquio provocavano profonde mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

anche nella cultura e nelle tra<strong>di</strong>zioni.<br />

7 risulterà certamente utile riportare per esteso alcune considerazioni <strong>di</strong> Vargas<br />

llosa contenute nel prologo al libro: J.m. ossio acuña, Las paradojas del Perú oficial,<br />

Pontificia universidad católica del Perú, lima 1994. commentando le tesi <strong>di</strong> ossio,<br />

Vargas llosa osserva: «la sua tesi è a favore <strong>di</strong> una futura società in cui, secondo le<br />

teorie multiculturali <strong>di</strong> moda, i quechua e gli aymara del Perù potranno modernizzarsi<br />

senza rinunciare alla loro identità culturale <strong>–</strong> le loro lingue, le loro credenze, i<br />

loro costumi, le loro istituzioni <strong>–</strong>, e ricevere tutti i vantaggi della tecnica, la scienza e<br />

l’economia contemporanee, in parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni con i peruviani occidentalizzati.<br />

È questo possibile? Juan ossio crede appassionatamente <strong>di</strong> sì, come lo credeva José<br />

maría arguedas, il quale scrisse anche pagine molto belle su quest’aspirazione, e io<br />

vorrei poter con<strong>di</strong>videre questa nobile convinzione. ma, molto mio malgrado, devo<br />

confessare il mio scetticismo assoluto al riguardo. francamente, non vedo come potrebbe<br />

sussistere una cultura magico-religiosa con la prassi quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> una società<br />

industriale <strong>moderna</strong>. la sopravvivenza del Quechua è senz’altro possibile e magari<br />

venisse generalizzata l’educazione bilingue [...] ma se la società an<strong>di</strong>na si modernizza<br />

<strong>–</strong> anche se continua a parlare il Quechua <strong>–</strong>, quell’identità culturale conservata<br />

fino a oggi grazie al semi-immobilismo storico in cui sfruttamento ed emarginazione<br />

hanno isolato il popolo in<strong>di</strong>ano, cambierà inevitabilmente fondo e forma e<br />

acquisterà quei tratti comuni che sono, in ogni luogo, quelli della modernità» (pp.<br />

16-<strong>17</strong>). una riflessione più ampia su questi temi, e sull’opera e il pensiero <strong>di</strong> José<br />

maría arguedas, si trova in m. Vargas llosa, La utopía arcaica. José María Arguedas<br />

y las ficciones del in<strong>di</strong>genismo, alfaguara, madrid 1996.<br />

8 molto ricco <strong>di</strong> informazioni su questo ‘vampiro’ succhia grasso è il testo: n.<br />

Wachtel, Dèi e vampiri, einau<strong>di</strong>, torino 1993 (ed. orig., Dieux et vampires. Retour a Chipaya,<br />

é<strong>di</strong>tions du seuil, Paris 1992), che riporta anche le varianti regionali del termine<br />

con cui viene nominato: kharisiri, nakaq e pishtaco. etimologicamente derivano, nello<br />

stesso or<strong>di</strong>ne, dai termini kharina: «tagliare qualcosa con uno strumento affilato»; nakay:<br />

«tagliare la gola»; pishtay: «fare a pezzi, tagliare la gola». secondo Wachtel questi termini<br />

sono da associare al termine lik’i, che significa «grasso animale». l’etimologia rimanda<br />

dunque ad una figura che ‘prende per il collo’ e la cui specialità è ‘succhiare il grasso’ dal<br />

corpo umano, stabilendo così l’associazione tra grasso e sangue, che nella cultura an<strong>di</strong>na<br />

sembra essere implicita nello stesso nome del <strong>di</strong>o Viracocha, cui si deve nel mito la creazione<br />

dell’or<strong>di</strong>ne del mondo. i termini wira e qocha in quechua, e wila e qota in aymara,<br />

si possono tradurre come ‘mare <strong>di</strong> grasso’ o ‘mare <strong>di</strong> sangue’. il principio creatore, con<br />

la sua connotazione <strong>di</strong> ‘riserva <strong>di</strong> sostanza vitale’ è associato sia al sangue che al grasso,<br />

che sono in effetti anche gli elementi principali dei sacrifici e delle offerte destinate alle<br />

potenze sacre. le caratteristiche con cui il pishtaco appare nella letteratura etnografica<br />

corrispondono esattamente a quelle che gli attribuisce Vargas llosa nel romanzo: aspetto<br />

<strong>di</strong> uomo bianco o meticcio, carnagione rubiconda (l’albino), uso <strong>di</strong> polveri magiche fatte<br />

<strong>di</strong> ossa triturate, isolamento nelle grotte e appostamento nei cammini solitari. anche i<br />

sintomi nelle vittime, stanchezza, prosciugamento, anemia e amnesia, e l’uso del grasso,<br />

per fondere campane o fabbricare me<strong>di</strong>camenti, sono presi da Vargas llosa dalla stessa<br />

tra<strong>di</strong>zione. in effetti il personaggio del pishtaco ha una lunga storia. non è una invenzione<br />

letteraria, bensì una credenza popolare ben ra<strong>di</strong>cata tra gli abitanti delle ande, che<br />

negli ultimi decenni del secolo scorso ha conosciuto un grande revival anche nella capitale,<br />

acquistando nuovi caratteri più adeguati alla modernità. il tema del pishtaco appare,<br />

chiaramente identificabile a partire dalla seconda metà del XVi secolo. il cronista cristóbal<br />

de molina evoca la grande paura che si <strong>di</strong>ffuse tra gli in<strong>di</strong>geni delle ande centrali<br />

nella seconda metà del cinquecento, causata da voci secondo le quali gli spagnoli erano<br />

alla ricerca <strong>di</strong> grasso umano da utilizzare come me<strong>di</strong>camento per certe malattie; poi, nel<br />

corso del tempo, l’identificazione del pishtaco con lo spagnolo si è rafforzata. negli anni<br />

cinquanta del novecento, José maría arguedas e efraín morote best raccolgono sva-<br />

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