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Il manuale dell'allevatore - Granlatte

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2<br />

<strong>Il</strong> <strong>manuale</strong><br />

dell’allevatore<br />

per il benessere della Lola<br />

Come prendersi cura della Lola<br />

per produrre<br />

latte di alta qualità:<br />

la struttura,<br />

la gestione<br />

e l’alimentazione<br />

ualità<br />

Q<br />

per la produzione di latte certificato alta qualità e biologico<br />

Alta Manuale


2<br />

Alta<br />

ualità QManuale per la produzione di latte certificato alta qualità e biologico<br />

<strong>Il</strong> <strong>manuale</strong><br />

<strong>dell'allevatore</strong><br />

per il benessere della Lola


I n d i c e<br />

Alta Qualità<br />

Prefazione 5<br />

Introduzione 6<br />

FRANCO SANGIORGI<br />

Fabbricati e impianti per l’allevamento dei bovini da latte<br />

1 - Premessa 9<br />

2 - Generalità 13<br />

3 - Strutture e attrezzature per le diverse categorie di bovini 26<br />

4 - <strong>Il</strong> costo della stalla 51<br />

Allegato A 54<br />

Allegato B 60<br />

Allegato C 71<br />

Allegato D 73<br />

Allegato E 75<br />

MAURO CODELUPPI<br />

Gestione allevamento vacche da latte<br />

Premessa 81<br />

1.0 - Le razze vacche da latte 81<br />

2.0 - <strong>Il</strong> benessere 83<br />

3.0 - La gestione dell’allevamento 84<br />

4.0 - L’autocontrollo 84<br />

5.0 - Organizzazione aziendale i compiti del personale 85<br />

Prima parte 86<br />

1.0 - <strong>Il</strong> ciclo biologico 86<br />

2.0 - Fecondazione 86<br />

3.0 - L’inseminazione 87<br />

4.0 - <strong>Il</strong> calore 87<br />

5.0 - La gravidanza 88<br />

6.0 - L’asciutta 89<br />

7.0 - <strong>Il</strong> parto 89<br />

8.0 - La vitella 90<br />

9.0 - Organizzazione aziendale 92<br />

Seconda parte 93<br />

1.0 - Le patologie podali 93<br />

2.0 - Body Condition Score (BCS) negli allevamenti<br />

di vacche da latte 94<br />

3.0 - I dati negli allevamenti di vacche da latte 95<br />

4.0 - I dati produttivi 97<br />

5.0 - I dati delle cellule individuali 97<br />

6.0 - I dati riproduttivi 98


Alta Qualità<br />

PAOLO PEZZI<br />

L’alimentazione delle bovine e la qualità del latte<br />

Introduzione 105<br />

Parte prima - Gli alimenti 105<br />

Parte seconda - La gestione dell’alimentazione 113<br />

Parte terza - Alcuni consigli 118<br />

ANDREA BORSARI<br />

Granarolo e la passione per l’alta qualità<br />

Profilo del Gruppo Granarolo S.p.a. 125<br />

La Mission di Granarolo 126<br />

Politica della Qualità del latte 127<br />

Politiche di qualità e sistemi di gestione certificati 127<br />

Filiera controllata e rintracciabilità di filiera 129<br />

Ricerca e Sviluppo e Innovazioni tecnologiche 130<br />

Principali riferimenti bibliografici 133<br />

“Parole chiave” 135


Prefazione<br />

Alta Qualità<br />

Sui testi di zootecnia si afferma che:<br />

Ambiente,<br />

Genetica<br />

Alimentazione<br />

sono i fattori che condizionano le performance produttive dei nostri allevamenti.<br />

Condividiamo naturalmente questa impostazione, ma, il risultato che ottiene l’allevatore,<br />

è dato soprattutto dalla capacità e dalla sensibilità che dimostra, nel saper gestire la combinazione<br />

di questi tre fattori.<br />

I temi affrontati in questa pubblicazione, si pongono l’obiettivo di essere esposti in maniera<br />

comprensibile alla vasta platea degli allevatori e tecnici, ed anche di suggerire modalità<br />

pratiche e semplici di organizzazione del lavoro.<br />

La condizione di benessere, per le vacche da latte, non deve essere perseguita solo per motivi<br />

di etica, ma perché influisce in modo determinante sulla durata della sua carriera produttiva.<br />

Siamo sempre più consapevoli che sui costi di produzione e sul reddito netto dell’allevatore<br />

influisce sempre più il costo della “rimonta”, tanto più quanto si riduce anche il valore<br />

della vacca così detta a “fine carriera”.<br />

Ci auguriamo che questa pubblicazione aiuti ad aumentare anche la longevità produttiva<br />

della Lola, con soddisfazione della stessa Lola, ma anche del suo allevatore.<br />

Ringraziamo:<br />

- Andrea Formigoni Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria Teramo<br />

- Franco Sangiorgi dell’Istituto di Ingegneria Agraria Facoltà di Agraria Milano<br />

- Giacomo Pirlo Direttore Sezione operativa vacche da latte CR, nonché Direttore incaricato<br />

dell’Istituto Sperimentale per la Zootecnia Tor Mancina Roma<br />

- Paolo Pezzi, Dipartimento di Morfofisiologia e Produzioni Animali della Facoltà di<br />

Medicina Veterinaria Bologna<br />

- Andrea Borsari, Direttore Ricerca e Sviluppo Assicurazione Qualità di Granarolo s.p.a.<br />

e naturalmente gli instancabili ed entusiasti Mauro Codeluppi, zootecnico di grande<br />

esperienza, ed Eugenio Melotti per l’impegno nella stesura e coordinamento profuso per la<br />

realizzazione di questa pubblicazione.<br />

p. <strong>Granlatte</strong> Consorzio Cooperativo<br />

L’Amministratore Delegato<br />

Dott. Valerio Orlandini<br />

5


Introduzione<br />

Alta Qualità<br />

Nella nostra attività professionale tutti i giorni tesa al miglioramento della qualità del<br />

latte e sempre più viva per l’applicazione della filiera controllata che <strong>Granlatte</strong> gestisce quotidianamente<br />

assieme ai suoi produttori associati, ci siamo resi conto che sia i tecnici, che gli<br />

allevatori sono sempre più trascinati dalle nuove tecnologie, e dalle tendenze del mercato, per<br />

identificare gli elementi e le strategie per risolvere problemi alla mancata qualità del latte<br />

prodotto in allevamento.<br />

Molte di queste tecniche sono prive di base scientifica e non applicabili in tutte le realtà<br />

aziendali.<br />

In molti casi sono soluzioni costose, antieconomiche e portano a scarsi risultati.<br />

Abbiamo quindi pensato che era necessario elaborare un <strong>manuale</strong> che fosse capace<br />

di fornire in maniera semplice ed agile a tutti gli allevatori, e ai tecnici che li assistono,<br />

semplici indicazioni pratiche, comprovate da sperimentazioni scientifiche, applicabili nelle<br />

diverse realtà del nostro paese dove abbiamo disseminati i nostri associati.<br />

Alcuni argomenti e indicazioni, possono essere interpretate come generiche.<br />

E’ stato fatto appositamente, per creare le condizioni, agli allevatori e ai tecnici, di poter<br />

discutere le problematiche e le esigenze di ogni singola azienda con veri professionisti esperti.<br />

E’ risaputo, che per produrre latte di qualità, le vacche devono vivere nelle migliori condizioni<br />

di benessere.<br />

Abbiamo identificato, tra i fattori, che intervengono a limitare lo stress alle vacche da latte<br />

sia per latte di alta qualità che biologico, le strutture, i locali e le attrezzature di stalla, le<br />

modalità di gestione della mandria e i sistemi e modalità di alimentazioni con alcuni consigli<br />

e accorgimenti.<br />

L’argomento strutture stalla si è voluto affrontare, in quanto sono frequenti grossi investimenti<br />

per soluzioni di strutture inadeguate alle vacche da latte, con la conseguente scarsa<br />

qualità del latte.<br />

Mentre le problematiche gestionali, come le modalità di alimentazione, sono aspetti dove<br />

l’allevatore può intervenire, senza grossi investimenti, e, in breve tempo può migliorare la<br />

qualità del latte.<br />

Produrre latte diventa sempre più difficile, dobbiamo evitare le scelte tecniche inadeguate<br />

e investimenti errati.<br />

Responsabile Qualità <strong>Granlatte</strong><br />

Dottor Eugenio Melotti<br />

7


1 – Premessa<br />

Fabbricati e impianti<br />

per l’allevamento dei bovini<br />

da latte<br />

L’allevamento bovino è da sempre stato<br />

considerato come un vero e proprio<br />

sistema per convertire foraggi non altrimenti<br />

utilizzabili in alimenti ad alto valore<br />

biologico, principalmente latte e carne.<br />

E’ soprattutto la produzione di latte che<br />

ha caratterizzato lo sviluppo della zootecnia<br />

nel corso dei secoli essendo, in passato,<br />

marginale il consumo della carne per<br />

l’alimentazione umana. Produrre latte<br />

oggi non ha, però, più lo stesso significato<br />

che aveva in passato perché è cambiato il<br />

contesto nel quale avviene il processo produttivo.<br />

Basti pensare al semplice fatto<br />

che, un tempo, la produzione di latte<br />

bovino veniva essenzialmente dedicata alla<br />

trasformazione in formaggio mentre il<br />

consumo di latte crudo era marginale.<br />

FRANCO SANGIORGI<br />

Istituto di Ingegneria Agraria, Facoltà Agraria, Milano<br />

Alta Qualità<br />

Formaggio e latte rimanevano, comunque,<br />

in un ambito di commercializzazione<br />

assolutamente circoscritto (l’azienda, il<br />

piccolo paese) causa le difficoltà di conservazione<br />

(Figura 1).<br />

Quel contesto è andato, soprattutto<br />

nel corso dell’ultimo secolo, modificandosi<br />

radicalmente e oggi si tende a produrre<br />

un latte con caratteristiche standard, buono<br />

per essere destinato a qualunque tipo<br />

di produzione e lavorato anche a grande o<br />

grandissima distanza dal luogo di produzione.<br />

Se da una parte ciò ha comportato un<br />

ampliamento del mercato, con positivi<br />

benefici per il produttore, dall’altra ha<br />

esposto il produttore stesso alla concorrenza<br />

nazionale e internazionale facendogli<br />

mutare anche il rapporto con il contesto<br />

agricolo di riferimento.<br />

Figura 1 – Tipica cascina lombarda con allevamento vacche per la produzione di latte<br />

9


Tutto questo ha comportato, a sua volta,<br />

la necessità di ridurre i costi di produzione,<br />

attraverso l’incremento della produzione<br />

per capo, la riduzione del fabbisogno<br />

di manodopera, l’aumento della<br />

consistenza dell’allevamento, ma ha anche<br />

comportato danni all’ambiente per l’alterazione<br />

del rapporto fra superficie agricola<br />

e capi allevati.<br />

In questo contesto si inserisce anche il<br />

problema della sicurezza per gli addetti e<br />

la salubrità dell’ambiente di lavoro.<br />

Si comprende, pertanto, che oggi non<br />

ha più senso settorializzare l’intervento,<br />

preoccupandosi di uno o dell’altro fattore<br />

suindicato, ma occorre considerare la produzione<br />

di latte come un insieme indivisibile<br />

in cui la variazione di ciascun elemento<br />

influenza positivamente o negativamente<br />

gli altri elementi che entrano nel<br />

processo produttivo.<br />

Ridurre i costi di produzione significa<br />

ottimizzare l’impiego dei mezzi tecnici<br />

immessi nel processo produttivo e quindi<br />

scegliere macchine, attrezzature e impianti<br />

ma anche mangimi ecc. idonei per il contesto<br />

in cui opera l’azienda. Significa anche<br />

ottimizzare l’impiego della manodopera<br />

assegnando agli addetti un carico di lavoro<br />

sopportabile, tale da non creare conflittualità<br />

fra le mansioni loro assegnate.<br />

10<br />

Alta Qualità<br />

Nella definizione di quote di ammortamento<br />

sostenibili un ruolo importante è<br />

giocato dalle modalità di realizzazione<br />

degli impianti e dei fabbricati in cui devono<br />

essere inseriti.<br />

Se, da una parte, per tener basse le<br />

quote si deve spendere il meno possibile,<br />

dall’altra occorre fare i conti con la manutenzione<br />

che, se eccessiva, può risultare<br />

effettivamente fastidiosa, e con l’apprezzamento<br />

per “l’ambiente” in cui si lavora.<br />

Spesso si è detto che una sala di mungitura<br />

deve essere progettata per durare circa<br />

10 anni, tuttavia l’esperienza dimostra che<br />

se questo è già poco probabile per gli<br />

impianti lo è ancor meno per la parte edificata.<br />

Allora la sfida per i progettisti è<br />

quella di creare edifici facilmente alterabili<br />

e altrettanto facilmente arredabili in<br />

relazione alle mutate esigenze della produzione.<br />

Gli sforzi finora fatti di realizzare<br />

delle vere e proprie “scatole” modulari<br />

prefabbricate non hanno avuto l’impatto<br />

desiderato per la incompletezza, in termini<br />

di flessibilità, del sistema proposto<br />

(anche dal punto di vista impiantistico).<br />

Sempre in questo ambito va considerato<br />

anche il fatto che il sistema produttivo<br />

va ottimizzato rispetto alle condizioni<br />

dell’azienda (non si può intervenire su un<br />

solo componente) e dell’area (la disponi-<br />

Figura 2 – <strong>Il</strong> robot di mungitura determina nuovi scenari di produzione e di progettazione degli allevamenti


ilità di manodopera, di acqua, di energia<br />

elettrica, di rete fognante, di strade ecc.)<br />

sono tutti elementi che influenzano direttamente<br />

le scelte da effettuare.<br />

Ridurre il fabbisogno di manodopera<br />

significa studiare il processo produttivo e<br />

cercare di semplificarlo nella misura massima<br />

possibile (si pensi, a esempio, al<br />

risparmio di tempo connesso con l’introduzione<br />

dell’unifeed che rappresenta una<br />

semplificazione della alimentazione sia dal<br />

punto di vista dei componenti sia da quello<br />

della preparazione e somministrazione<br />

della razione) oppure al processo di mungitura<br />

in impianti dotati di dispositivi di<br />

stacco automatico ecc.<br />

Naturalmente esiste anche una ulteriore<br />

strada da percorrere ed è quella della<br />

robotizzazione, ovvero della sostituzione<br />

della manodopera con opportune macchine.<br />

Si tratta di una strada, al di là degli<br />

aspetti economici, da intraprendere con<br />

cautela perché richiede all’allevatore un<br />

diverso tipo di preparazione. (Figura 2).<br />

Aumentare le produzioni per capo, è<br />

sicuramente il mezzo più immediato per<br />

comprimere a livelli ragionevoli l’incidenza<br />

dei costi di produzione sul litro di latte<br />

prodotto. Senza entrare nel merito della<br />

formulazione della razione alimentare e in<br />

quello della gestione della riproduzione,<br />

occorre considerare l’influenza che edifici,<br />

impianti e gestione hanno su questo<br />

aspetto. L’edificio, infatti, oltre a proteggere<br />

le bovine in modo adeguato dal sole<br />

e dalle alte temperature e, in certe aree,<br />

dal vento, deve anche essere concepito in<br />

modo da consentire un livello minimo di<br />

controllo igienico, facilitando l’allontanamento<br />

delle deiezioni (pavimento fessurato,<br />

ruspette ecc.) o il loro mascheramento<br />

(lettiere ecc.).<br />

Ma la stalla deve essere concepita in<br />

modo tale da facilitare anche il movimento<br />

degli animali e da garantire loro l’accesso<br />

alle aree di alimentazione e abbeverata.<br />

Una stalla moderna che si propone di<br />

aumentare o mantenere al massimo livello<br />

(ovvero consentire a tutte le bovine di<br />

esprimere il massimo potenziale produttivo)<br />

la produzione di latte, non può fare a<br />

meno di dotarsi di un opportuno sistema<br />

di sensori che raccolga dati provenienti,<br />

oltre ché dalla sala di mungitura, anche<br />

dall’ambiente di allevamento (temperatu-<br />

Alta Qualità<br />

Figura 3 – <strong>Il</strong> computer sta assumendo un ruolo sempre<br />

maggiore nella gestione della stalla da latte (da<br />

Westfalia, 1997)<br />

ra e umidità dell’aria, velocità del vento) e<br />

li invii a un elaboratore dotato di idoneo<br />

software, in grado di riformulare continuamente<br />

la razione fornendo indicazioni<br />

sia alle macchine (unifeed, autoalimentatori)<br />

sia agli addetti (gestione giornaliera<br />

dell’allevamento) (Figura 3).<br />

Accanto al problema dell’aumento della<br />

produzione vi è quello della necessità di<br />

raggiungere obiettivi qualitativi minimi<br />

basati sul contenuto di grassi e proteine<br />

ma anche su indicatori dello stato sanitario<br />

delle mammelle (cellule) o della gestione<br />

igienica (carica batterica). Si tratta di condizioni<br />

non facilmente raggiungibili se<br />

non si tiene sotto stretto controllo tutto il<br />

sistema allevamento. Peraltro, l’abbassamento<br />

della conta cellulare può essere<br />

effettuato sia agendo sulla rimonta (eliminazione<br />

animali con carica elevata) sia<br />

soprattutto operando a livello di mungitura<br />

e di gestione dell’allevamento.<br />

Non è pensabile riuscire ad abbassare<br />

la conta cellulare senza drastici interventi<br />

a livello gestionale ma questi interventi<br />

presuppongono la presenza di efficienti<br />

servizi di assistenza tecnica o una idonea<br />

formazione dell’allevatore.<br />

Ridurre i danni all’ambiente è diventato,<br />

assieme all’obiettivo di produrre più<br />

latte al costo minore un ulteriore elemento<br />

di sfida per l’allevatore. Ciò in quanto<br />

la tendenza a sovradimensionare la mandria<br />

rispetto alla capacità di mantenimento<br />

dell’azienda, fa sì che si producano<br />

quantità di reflui eccedenti il fabbisogno<br />

delle colture con la conseguenza che parte<br />

di essi, se mal gestiti, va ad inquinare le<br />

acque superficiali e parte, anche se minore,<br />

le acque di falda. Una corretta gestione<br />

11


dei reflui dovrebbe limitare fortemente i<br />

danni ma ciò presuppone l’esistenza di<br />

idonee strutture di stoccaggio e distribuzione<br />

e lascerebbe comunque aperto il<br />

problema delle eccedenze che andrebbero<br />

“esportate” in altre aziende prive di allevamento.<br />

Le aziende che producono latte<br />

hanno anche il problema dello smaltimento<br />

delle cosiddette acque derivanti dal<br />

dilavamento delle aree scoperte o paddock<br />

e di quelle provenienti dal lavaggio delle<br />

sale di mungitura. Queste acque presentano<br />

un carico inquinante decisamente<br />

meno elevato rispetto ai liquami zootecnici<br />

ma pur sempre 10-20 volte superiore a<br />

quello di un normale refluo urbano: ciò<br />

significa che non è possibile scaricarli<br />

direttamente nelle acque superficiali. Le<br />

alternative possibili sono due: immettere<br />

queste acque nelle vasche dei liquami,<br />

comportando, così, la diluizione di questi<br />

ultimi e facendo aumentare i costi di distribuzione,<br />

oppure trattarle separatamente<br />

in appositi impianti estesi o compatti. In<br />

quest’ultimo caso è ovvio che l’obiettivo<br />

non può che essere quello di rispettare i<br />

limiti di accettabilità contenuti nel<br />

D.L.vo 152/99.<br />

Anche per una corretta gestione dei<br />

reflui zootecnici è necessaria idonea preparazione<br />

per poter programmare, sulla<br />

base dell’andamento meteo, del tipo di<br />

suolo e del grado di sviluppo delle colture,<br />

l’ammontare di reflui da spandere in<br />

ogni momento dell’anno.<br />

La sicurezza, infine, è l’ultima o, forse,<br />

la prima delle sfide che deve affrontare<br />

l’allevatore. Lavorare e far lavorare in sicurezza<br />

la manodopera in un ambiente salubre<br />

e ben progettato, non solo facilita l’esecuzione<br />

corretta dei compiti assegnati<br />

agli addetti ma permette anche di ridurre<br />

gli errori. Del pacchetto sicurezza oltre ai<br />

problemi luce, energia, elettrica, umidità,<br />

temperatura, rumore, scivolosità ecc.fa<br />

parte anche la gestione dell’orario di lavoro,<br />

dei riposi e del numero di operazioni<br />

richieste agli addetti. Inoltre, un aspetto<br />

particolare è legato alla trasmissione di<br />

malattie dagli animali all’uomo (zoonosi)<br />

e ai traumi derivanti dalla necessità di<br />

entrare in stretto contatto con l’animale<br />

(zampate, schiacciamento di piedi ecc.).<br />

<strong>Il</strong> datore di lavoro deve rilevare i pericoli<br />

presenti nell’allevamento e definirne<br />

12<br />

Alta Qualità<br />

il livello di rischio, informando gli addetti,<br />

allo scopo di ridurre la probabilità di<br />

avere incidenti o di creare le premesse per<br />

la comparsa di malattie professionali.<br />

Occorre considerare che, molto spesso,<br />

la manodopera che lavora in ambito<br />

zootecnico è poco qualificata o proviene<br />

da culture in cui il rispetto per il lavoratore<br />

viene ancora considerato elemento di<br />

disturbo per una “sana” produttività del<br />

lavoro.<br />

Riassumendo, l’allevamento delle<br />

bovine ha come scopo la produzione di<br />

latte o di carne. <strong>Il</strong> prodotto principale,<br />

anche in relazione alle successive attività<br />

di trasformazione, è però il latte.<br />

La produzione di latte, in termini qualitativi<br />

e quantitativi, dipende in larga<br />

misura, oltre ché dall’alimentazione, dalla<br />

genetica ecc. dall’ambiente, in senso lato,<br />

che si viene a creare all’interno della stalla.<br />

Gli aspetti da considerare riguardano:<br />

– l’igiene;<br />

– l’ambiente fisico;<br />

– l’etologia e il benessere animale;<br />

– l’organizzazione del lavoro.<br />

Bovine e stalla sono mezzi fisici destinati<br />

a interagire per raggiungere gli obiettivi<br />

di produzione prefissati. Ma mentre le<br />

bovine vengono progressivamente sostituite,<br />

la stalla rimane e qualsiasi difetto a<br />

livello progettuale e realizzativo si ripercuote<br />

nel tempo sugli animali, sulla produzione<br />

e, in definitiva, sulla gestione<br />

(Figura 4).<br />

Occorre, pertanto, avere ben chiari gli<br />

elementi progettuali da adottare in fase di<br />

realizzazione e successiva gestione della<br />

stalla.<br />

La produzione di latte è soggetta a<br />

regolamentazione. La normativa di riferi-<br />

Figura 4 – I difetti nella costruzione della stalla, in<br />

questo caso relativi alla ventilazione, si ripercuotono<br />

sugli animali e sulla gestione quotidiana


mento è il DPR 54 del 14/1/97: regolamento<br />

di attuazione delle direttive 92/46<br />

e 92/47 CEE in materia di produzione e<br />

immissione sul mercato di latte e prodotti<br />

a base di latte.<br />

<strong>Il</strong> decreto ha lo scopo di garantire l’uniformità<br />

dei controlli alla produzione e<br />

alla trasformazione prevedendo requisiti<br />

strutturali e igienico-sanitari comuni,<br />

definititi tramite la registrazione delle stalle<br />

e il riconoscimento degli stabilimenti.<br />

Ai produttori è lasciata la responsabilità<br />

primaria del rispetto delle norme,<br />

estendendo così il principio dell’autocontrollo<br />

anche alla filiera latte.<br />

2 – GENERALITÀ<br />

2.1 - Scelta del sito<br />

<strong>Il</strong> luogo su cui deve sorgere la stalla<br />

deve essere idoneo. Sembra una frase<br />

scontata ma basta guardarsi attorno per<br />

TABELLA 1<br />

Elementi da considerare per la scelta del sito<br />

Elemento da considerare Valutazione<br />

SI NO<br />

Acqua<br />

• qualità acqua<br />

• quantità acqua<br />

(almeno 100 l/capo◊giorno)<br />

Evacuazione acque<br />

- - - - - - - -<br />

• pendenza - - - - - - - -<br />

• orizzonte sottosuperficiale - - - - - - - -<br />

• profondità falda - - - - - - - -<br />

• presenza zone critiche (pozzi,<br />

corsi d’acqua naturali) - - - - - - - -<br />

Fabbisogno di spazio stalla<br />

• zona di riposo - - - - - - - -<br />

• zona di mungitura - - - - - - - -<br />

• accesso del trasportatore latte - - - - - - - -<br />

• movimento bovine - - - - - - - -<br />

• trattamento acque luride - - - - - - - -<br />

• silo per foraggi - - - - - - - -<br />

• ricovero fieno e paglia - - - - - - - -<br />

• ricovero macchine - - - - - - - -<br />

• sili per cereali - - - - - - - -<br />

• bestiame da rimonta - - - - - - - -<br />

• stoccaggio reflui - - - - - - - -<br />

• distanze antincendio - - - - - - - -<br />

• traffico veicoli aziendali - - - - - - - -<br />

• parcheggio veicoli - - - - - - - -<br />

Fattori extra-aziendali<br />

• leggi e regolamenti edilizi - - - - - - - -<br />

• requisiti PRG e PSA - - - - - - - -<br />

• distanze da abitazioni, strade,<br />

corsi d’acqua - - - - - - - -<br />

• requisiti anti inquinamento - - - - - - - -<br />

• isolamento - - - - - - - -<br />

• zone di protezione pozzi - - - - - - - -<br />

Alta Qualità<br />

capire che non lo è. L’obiettivo che ci si<br />

deve porre è pensare al futuro, non replicare<br />

il passato. Occorre, cioè, pensare se si<br />

desidera ingrandirsi e rinnovarsi o se si<br />

deve sostituire un edificio ormai decadente.<br />

Non bisogna aver paura di realizzare la<br />

stalla dei sogni o di puntare il più possibile<br />

ad essa. <strong>Il</strong> futuro prossimo è rappresentabile<br />

attraverso lo studio dell’evoluzione<br />

avvenuta negli allevamenti nel corso degli<br />

ultimi 15 anni. Si ricordano, a questo<br />

proposito, alcuni elementi chiave:<br />

– passaggio dall’alimentazione tradizionale,<br />

con foraggio verde, a unifeed;<br />

– incremento di oltre il 30% nella produttività<br />

media delle bovine (oggi, di<br />

fatto, vicina a 9.000 kg/anno-capo);<br />

– introduzione di sistemi di monitoraggio<br />

elettronici della produzione delle bovine,<br />

della loro attività e della gestione dell’alimentazione<br />

individuale o per gruppi;<br />

– legislazione sulla zootecnia biologica e,<br />

Elemento da considerare Valutazione<br />

SI NO<br />

Reti di servizio<br />

• distanze da rete idrica, gas,<br />

elettricità, fognante, telefonica<br />

e strada principale - - - - - - - -<br />

• modalità di collegamento<br />

- fuori terra - - - - - - - -<br />

- interrate - - - - - - - -<br />

• prevenzione e protezione incendi - - - - - - - -<br />

• sicurezza per personale ed estranei - - - - - - - -<br />

• protezione da intrusioni esterne - - - - - - - -<br />

Clima<br />

• venti prevalenti per la ventilazione - - - - - - - -<br />

• formazione cumuli di neve<br />

e loro rimozione - - - - - - - -<br />

• problemi da piogge torrenziali - - - - - - - -<br />

• orientamento della stalla - - - - - - - -<br />

Reflui<br />

• leggi sulla protezione<br />

dall’inquinamento delle acque<br />

e dell’aria - - - - - - - -<br />

• ubicazione e drenaggio della<br />

letamaia - - - - - - - -<br />

• area di stoccaggio - - - - - - - -<br />

• valutazione dei suoli in relazione<br />

allo stoccaggio - - - - - - - -<br />

• direzione prevalente dei venti in<br />

relazione alla diffusione di odori - - - - - - - -<br />

Ubicazione<br />

• rapporto con edifici esistenti<br />

in relazione alle possibilità<br />

di espansione - - - - - - - -<br />

• distanze che devono essere<br />

percorse dalle bovine - - - - - - - -<br />

13


incombente, sul benessere animale;<br />

– gestione e mercato delle quote latte;<br />

difficoltà di reperimento manodopera...<br />

Va valutata, inoltre, la possibilità di<br />

espansione dei centri abitati vicini o l’esistenza<br />

di proposte di modifica del piano<br />

regolatore ecc.<br />

Nel considerare le possibilità di espansione<br />

occorre tener presente la necessità di<br />

separare il nuovo edificio , da quelli esistenti,<br />

di almeno 30 m.<br />

14<br />

Alta Qualità<br />

Figura 5 a – Situazione attuale dell’azienda, possibili aree di sviluppo e utilizzazione delle terre confinanti<br />

(rielaborata da Penn State, 1998)<br />

Figura 5 b – Proposta di ubicazione della nuova stalla in relazione all’azienda esistente e previsione di futura<br />

espansione (rielaborata da Penn State, 1998)<br />

La documentazione necessaria per la<br />

corretta scelta del sito è costituita da:<br />

– mappa catastale;<br />

– piano regolatore;<br />

– piano di settore;<br />

– CTR e ortofocarta;<br />

– mappa dei suoli.<br />

Nella fase preliminare della progettazione<br />

vanno coinvolte persone esterne<br />

esperte, incluso il veterinario aziendale,<br />

che possono fornire suggerimenti preziosi.


Una volta definito in prima approssimazione<br />

il luogo, occorre verificare:<br />

– la disponibilità di acqua;<br />

– le possibilità di drenaggio delle acque<br />

piovane;<br />

– la superficie globale interessata dalla<br />

nuova stalla, includendo anche le strade<br />

di accesso;<br />

– i fattori extraaziendali (normative sulla<br />

gestione dei reflui, IPCC ecc.);<br />

– l’accesso e il collegamento con la viabilità<br />

principale;<br />

– la distanza da rete idrica, elettrica, del<br />

gas, telefonica;<br />

– il rapporto con gli edifici esistenti,<br />

anche in termini architettonici.<br />

<strong>Il</strong> clima della zona, inclusa la ventosità,<br />

costituisce, invece, informazione di<br />

primaria importanza per definire la struttura<br />

della futura stalla.<br />

Procedere, quindi, gradualmente,<br />

seguendo la tabella 1, a definire la possibile<br />

collocazione del fabbricato in relazione<br />

ai vari elementi e l’esempio di figura 5.<br />

2.2 - Aspetti costruttivi<br />

Per la progettazione della stalla occorre<br />

stabilire quali sono i carichi a cui è sottoposto<br />

l’edificio (vento e neve) e il tipo di<br />

fondazione da realizzare. Va valutata, in<br />

particolare, la capacità portante del suolo<br />

su cui sorgerà la stalla, che può differire da<br />

quello di fabbricati non lontani, soprattutto<br />

in aree alluvionali.<br />

Per le opere da eseguire si può far riferimento<br />

alla lista contenuta in tabella 2.<br />

2.3 - La futura stalla<br />

Alta Qualità<br />

Al momento di progettare la nuova<br />

stalla occorre decidere che tipo di ambiente<br />

si desidera ottenere, in inverno, al suo<br />

interno:<br />

– freddo (ovvero simile all’ambiente esterno);<br />

– modificato (ovvero si adottano sistemi<br />

per modificare la velocità dell’aria);<br />

– caldo (ovvero più caldo, rispetto all’esterno).<br />

Nel passato vi era la tendenza, causa<br />

del tipo di stabulazione (fissa alla posta), a<br />

realizzare ambienti caldi all’interno dei<br />

quali potevano convivere anche gli uomini<br />

addetti alla stalla.<br />

In una stalla moderna a stabulazione<br />

libera l’addetto spende la maggior parte<br />

del tempo in sala di mungitura e, quindi,<br />

è quella la zona in cui occorre eventualmente<br />

intervenire con il riscaldamento.<br />

La stalla fredda: comincia ora a diffondersi<br />

in modo significativo anche nel<br />

nostro paese, anche se mancano indicazioni<br />

progettuali puntuali per i nostri<br />

ambienti (figura 6).<br />

Una stalla fredda presenta un tetto<br />

TABELLA 2<br />

Fattori di scelta relativi alle principali componenti edilizie da confrontare con i regolamenti edilizi attuali<br />

Componente Elementi da considerare<br />

Fondazione Tipo di suolo e capacità di carico<br />

Drenaggio<br />

Pareti laterali Altezza<br />

Materiale ancorato ai pilastri<br />

su fondazione propria<br />

Pavimentazione Piena o fessurata raschiatori<br />

flushing<br />

Tetto Materiale di copertura<br />

Isolamento<br />

Pendenza<br />

Non isolato<br />

Leggermente isolato<br />

Isolato<br />

Porte e portoni Materiali<br />

Senso di apertura<br />

Uscite di emergenza<br />

Strutture speciali Serramenti<br />

Camini o cupolini di scarico<br />

Avvolgitori di teli esterni<br />

15


non isolato o, al massimo, dotato di un<br />

sottile strato isolante posto sotto il manto<br />

di copertura (in coppi, marsigliesi, fibrocemento,<br />

lamiera ondulata ecc.). Nelle<br />

zone ventose le pareti possono essere chiuse<br />

da cortine semipermeabili o impermeabili<br />

in plastica. In cima al tetto è sempre<br />

presente il cupolino, o dei camini, di scarico<br />

dell’aria calda e umida.<br />

Con –10°C all’esterno, all’interno vi<br />

possono essere temperature comprese fra<br />

–5 e 0°C e ciò significa dover riscaldare gli<br />

abbeveratoi, interrare le condutture (o isolarle<br />

adeguatamente) e rimuovere frequentemente<br />

i liquami per impedire la<br />

formazione di ghiaccio.<br />

I principali problemi che si incontrano<br />

in una stalla fredda sono:<br />

– possibile ingresso di pioggia o neve dal<br />

colmo del tetto (eliminabile con la<br />

copertura del cupolino);<br />

– frequente formazione di condensa nei<br />

periodi freddi (con isolamento ridotto o<br />

nullo in inverno è essenziale mantenere<br />

relativamente elevati livelli di portata<br />

d’aria);<br />

– possibile presenza di correnti d’aria;<br />

– zona di lavoro non confortevole per<br />

l’addetto.<br />

La formazione di umidità, peraltro, è<br />

particolarmente dannosa per le componenti<br />

metalliche che possono arrugginire<br />

velocemente.<br />

La stalla ad ambiente modificato: il tetto<br />

è isolato con 3-5 cm di polistirolo o<br />

poliuretano protetti da un foglio plastico<br />

rigido. Ciò significa un extra costo di oltre<br />

150 euro per capo, ma vengono eliminati<br />

i problemi di formazione di ghiaccio<br />

all’interno della stalla, e la formazione di<br />

condensa. La temperatura è di poco superiore<br />

a 0°C. La ventilazione è controllata<br />

agendo sulla apertura delle finestrature.<br />

16<br />

Alta Qualità<br />

Figura 6 – Moderno allevamento da latte progettato<br />

con lo scopo di favorire la ventilazione naturale<br />

Figura 7 – La ristrutturazione di una stalla può essere<br />

accettabile solo se non si creano situazioni sfavorevoli<br />

per gli animali e la manodopera<br />

Le stalle calde: Tetto e pareti vengono<br />

isolati. <strong>Il</strong> maggior costo è di oltre 500<br />

euro/capo. Una stalla calda mantiene una<br />

temperatura interna di 8-10 °C nei periodi<br />

più freddi. Questo tipo di stalla è più<br />

idonea per le zone in cui si pratica la sola<br />

stabulazione invernale e il pascolo estivo<br />

(es. zone di montagna).<br />

2.4 - La trasformazione di edifici<br />

esistenti<br />

In molti casi l’allevatore non può procedere<br />

alla costruzione di un nuovo edificio<br />

e si deve orientare sulla ristrutturazione<br />

di un edificio esistente. Non sempre si<br />

tratta della scelta migliore e per evitare<br />

problemi è opportuno (fin dall’inizio)<br />

coinvolgere nel progetto più esperti (Figura<br />

7).<br />

Nella fase di progetto occorre considerare<br />

il movimento delle bovine da e per l’edificio,<br />

la mungitura, la gestione dei reflui,<br />

la ventilazione estiva ed invernale, il fabbisogno<br />

di manodopera, la somministrazione<br />

degli alimenti, l’abbeverata, l’accesso di<br />

macchine e attrezzi e il benessere animale.<br />

Se risulta impossibile trovare una soluzione<br />

anche per uno solo degli aspetti citati ,<br />

allora è meglio non procedere alla ristrutturazione.<br />

Compromessi sono accettabili<br />

solo se l’uso del fabbricato ristrutturato si<br />

protrae per pochissimi anni.<br />

<strong>Il</strong> costo di una corretta ristrutturazione<br />

non deve superare i 2/3 di quello di un<br />

nuovo impianto. Superando la soglia del<br />

50% occorre fare molta attenzione.<br />

Vi sono però molti esempi di trasformazione<br />

efficace:<br />

– vecchie stalle a stabulazione fissa trasformate<br />

in sala di mungitura;<br />

– vecchie stalle o fienili o depositi macchine<br />

con pareti laterali alte > 3,5 m tra-


sformati in stalle a cuccette o lettiera<br />

permanente;<br />

– vecchie stalle con fienile sovrastante cui<br />

è stata tolta la soletta intermedia e<br />

aggiunto un capolino di scarico per<br />

consentire la realizzazione di una struttura<br />

con ventilazione naturale.<br />

2.5 - <strong>Il</strong> benessere delle bovine<br />

Nel trattare il tema del benessere,<br />

occorre partire dal concetto di ambiente<br />

in senso lato. Esso è la somma di tutte le<br />

condizioni esterne (fisiche, sociali ed etologiche,<br />

climatiche) che agiscono sull’animale<br />

(Figura 8).<br />

Se l’ambiente non è idoneo si manifestano<br />

segni di stress. Stress significa pressione,<br />

azione…. Ma Hans Selye lo ha<br />

definito “risultato prodotto in un organismo<br />

a causa di un altro agente”.<br />

Lo stress è uno stato manifestato da<br />

una sindrome conosciuta come “sindrome<br />

generale di adattamento”, composta da tre<br />

stadi, allarme, resistenza, esaurimento.<br />

Allarme: aumenta la frequenza cardiaca,<br />

il respiro diventa affannoso, il sangue<br />

va verso muscoli e cervello, la milza rilascia<br />

i globuli rossi, il fegato immette vitamine<br />

(b e c) e saccarosio, viene immesso<br />

HCl nello stomaco, aumenta la tensione<br />

muscolare….; resistenza: l’organismo è<br />

mobilitato per combattere l’agente stres-<br />

Figura 9 – Influenza dell’ambiente sulla produttività<br />

delle bovine<br />

Alta Qualità<br />

sante; esaurimento: è la conseguenza di<br />

una fase di resistenza troppo prolungata, il<br />

corpo non è più in grado di difendersi.<br />

Le strutture di stabulazione devono<br />

soddisfare alle esigenze sia dell’allevatore<br />

sia dell’animale.<br />

L’attuale sistema di allevamento intensivo,<br />

dipende dal ruolo svolto dall’uomo,<br />

che attraverso il controllo degli animali, la<br />

realizzazione di idonee strutture e una<br />

adeguata gestione, consente di ottenere il<br />

massimo delle potenzialità produttive e<br />

riproduttive dalle bovine.<br />

Le strutture di stabulazione dovrebbero<br />

tenere in considerazione le caratteristiche<br />

biologiche degli animali, compresi gli<br />

aspetti comportamentali. Dal punto di<br />

vista del benessere, vanno valutate le possibilità<br />

di adattamento degli animali e la<br />

loro possibilità di usufruire delle cosiddette<br />

“cinque libertà che sono: 1) libertà dalla<br />

fame; 2) da disagio fisico e termico; 3)<br />

da traumi e malattie; 4) da paura e stress;<br />

5) dall’annullamento del comportamento<br />

“normale”.<br />

In alcune nazioni i codici di buona<br />

pratica forniscono una serie di norme per<br />

l’allevamento intensivo, riguardanti le<br />

strutture di stabulazione, le precauzioni<br />

da prendere per evitare danni accidentali<br />

agli animali, i sistemi di ventilazione e di<br />

condizionamento ambientale, di distribuzione<br />

dell’alimento e dell’acqua; lo spazio<br />

da fornire ai soggetti, e infine i principi da<br />

applicare per la gestione, ma ciò ancora<br />

non esiste a livello nazionale.<br />

<strong>Il</strong> confinamento degli animali in<br />

ambienti protetti presenta, quindi, lati<br />

positivi e negativi. Positiva è la possibilità<br />

di ottenere un maggior controllo dell’alimento<br />

ingerito, di ridurre le spese di energia<br />

per il movimento degli animali. Negativo<br />

è, invece, il ridurre al minimo gli spazi<br />

concessi a ciascun capo che si viene così<br />

a trovare in un ambiente chiuso e a stretto<br />

contatto con gli altri simili.<br />

Situazioni di stabulazione eccessivamente<br />

costrittive impediscono agli animali<br />

lo svolgimento delle cinque funzioni<br />

considerate dagli etologi come fondamentali:<br />

stare in posizione eretta (1) o sdraiata<br />

(2), girarsi (3), pulirsi (4) e “stirare” o distendere<br />

muscoli (5).<br />

<strong>Il</strong> confinamento, in genere, accresce il<br />

rischio di propagazione di malattie infetti-<br />

17


ve e, soprattutto, di quelle a carico dell’apparato<br />

respiratorio e favorisce, se non<br />

ben realizzato, l’aggressione da parte di<br />

microrganismi opportunisti che trovano,<br />

in un organismo debilitato da condizioni<br />

di stabulazione stressanti, comodo terreno<br />

di sviluppo.<br />

Animali che non possono evitare l’aggressività<br />

di altri animali non possono<br />

mettere in atto la risposta adeguata e ciò<br />

porta a malattie, dipendenza da farmaci a<br />

interventi chirurgici (decornificazione).<br />

Igiene e farmaci possono prevenire malattie<br />

da stress ma l’agente stressante rimane<br />

(Figura 9). Perciò l’assenza di malattie cliniche<br />

non è indice di benessere.<br />

L’uomo ha operato una selezione molto<br />

orientata alla valorizzazione di certe attitudini<br />

produttive che introducono ulteriori<br />

vincoli per il progettista. Infatti, le vacche<br />

che producono molto latte sono ipertiroidee<br />

e, pertanto, hanno maggior bisogno<br />

di ossigeno e, quindi, abbisognano di<br />

ambienti ventilati. Per esse occorre evitare<br />

la stabulazione fissa per tutto l’anno.<br />

Un sistema di allevamento idoneo<br />

dovrebbe garantire (secondo la Convenzione<br />

Europea sulla Protezione degli Animali<br />

negli Allevamenti del 1992) che ha<br />

recepito le indicazioni prima esposte:<br />

– libertà di effettuare movimenti fisici<br />

naturali;<br />

– libertà da paura e stress;<br />

– libertà da ferite e malattie;<br />

– possibilità di vivere insieme ad animali<br />

della stessa specie;<br />

– condizioni ambientali idonee;<br />

– adeguati spazi per riposare, dormire e<br />

cura del corpo;<br />

– disponibilità di alimenti e acqua;<br />

– possibilità di effettuare le attività naturali;<br />

– possibilità di “giocare”.<br />

Le esigenze dell’uomo spesso sono<br />

conflittuali con quelle degli animali.<br />

La Commissione Europea ha indicato<br />

nel miglioramento delle condizioni di<br />

benessere il maggiore degli obiettivi da<br />

raggiungere per i 700 milioni di animali<br />

allevati all’interno dell’Unione.<br />

La legislazione non è conosciuta dal<br />

grande pubblico che, peraltro, ignora il<br />

funzionamento dei sistemi di produzione<br />

attuali. Non esistono ancora normative<br />

specifiche per i bovini da latte anche se si<br />

18<br />

Alta Qualità<br />

Figura 10 – Meccanismi di risposta alle situazioni<br />

competitive e alla densità<br />

può far riferimento alle direttive sulla produzione<br />

biologica.<br />

Benessere è, quindi, realizzare strutture<br />

idonee e, soprattutto, sottoporre gli animali<br />

a un trattamento adeguato da parte di<br />

persone responsabili con carattere paziente,<br />

metodico e coscienti delle necessità<br />

degli animali stessi, considerando anche la<br />

possibilità di effettuare interventi preventivi<br />

per limitare la loro aggressività.<br />

Per ottenere buone vacche occorre<br />

allevare adeguatamente le manze. A esempio<br />

il vizio di succhiare la mammella di<br />

un’altra bovina può essere ridotto se i<br />

vitelli vengono allevati in gabbiette individuali.<br />

2.6 – Terminologia<br />

Esiste una terminologia propria di<br />

questo specifico settore produttivo.<br />

Vitello o vitelle: età < 6 mesi (regolamento<br />

UE: peso fino a 220 kg, senza denti<br />

da adulto; paesi extra UE: peso fino a<br />

80 kg); Manzette: 6-12 mesi; Manze: 12-<br />

20 mesi; Giovenche: prima gravidanza;<br />

Vacche: dopo il parto; Scottone: giovenche<br />

di 22-36 mesi non gravide che vengono<br />

ingrassate;. Torelli: 6-18 mesi; Tori: > 18<br />

mesi; Vitello da latte: maschio o femmina<br />

di 3-4 mesi, alimentato con latte, peso<br />

180-200 kg, a carne bianca; Vitellone precocissimo:<br />

maschio intero di 8-11 mesi,<br />

peso 300-350 kg, a carne rosa; Vitellone


precoce: 11-14 mesi, peso 400-450 kg, a<br />

carne rossa; Vitellone: 14-16 mesi, peso<br />

450-500 kg; Manzo: vitellone castrato;<br />

Bue grasso: maschio castrato, 30-36 mesi,<br />

700-800 kg.<br />

2.7 – I parametri di allevamento<br />

Obiettivo dell’allevamento è quello di<br />

far partorire una vacca con una cadenza di<br />

poco superiore all’anno (0,95 parti/anno<br />

costituiscono il valore ottimale) per ottenere<br />

la massima produzione di latte con il<br />

minor consumo di alimenti.<br />

La vacca viene di nuovo coperta dopo<br />

60 gg dal parto. <strong>Il</strong> tasso di rilevamento dei<br />

calori va dal 40 al 45%. La lattazione dura<br />

circa 300 gg. <strong>Il</strong> periodo di asciutta, che<br />

precede il parto successivo, dura da 45 a<br />

Figura 10 – Distanza raggiunta dalla bocca (da Hoepli,<br />

1997)<br />

Figura 11 – Principali movimenti compiuti dagli animali (da Hoepli, 1997)<br />

Alta Qualità<br />

60-80 gg. <strong>Il</strong> parto avviene all’età di 2,2-<br />

2,4 anni e la carriera dura 5-6 parti. La<br />

rimonta (tasso di sostituzione degli animali)<br />

va dal 20 al 30% in relazione alle condizioni<br />

sanitarie, selettive ecc..<br />

Al vitello appena nato viene somministrato<br />

il colostro per 3-4 giorni. Esso viene<br />

poi allattato con latte naturale o rigenerato,<br />

e svezzato a 5-12 settimane in funzione<br />

della destinazione (se da ingrasso o da<br />

rimonta).<br />

<strong>Il</strong> toro inizia l’attività a 18 mesi e viene<br />

scartato a 7-8 anni.<br />

2.8 - Dimensione degli animali<br />

E’ essenziale conoscere le dimensioni<br />

animali e i loro requisiti di spazio per evitare<br />

problemi con poste, cuccette, gabbie<br />

ecc. Sono importanti sia le dimensioni statiche<br />

sia quelle degli animali in movimento.<br />

Le dimensioni statiche degli animali<br />

(altezza, lunghezza, larghezza) sono in<br />

relazione a età, sesso, peso e razza (Tabella<br />

3). Le dimensioni dinamiche si riferiscono<br />

al movimento per sdraiarsi, alzarsi, mangiare,<br />

defecare e per la deambulazione<br />

(Figure 10 e 11). Dato che le dimensioni<br />

degli animali variano in relazione alla razza<br />

e alla selezione, è evidente che le attrezzature<br />

andranno scelte partendo proprio<br />

dalla valutazione della loro compatibilità<br />

con le dimensioni degli animali. Va però<br />

19


fatto notare che, per le condizioni dinamiche,<br />

esiste la possibilità di adattamento<br />

del movimento naturale a quello imposto<br />

dalla particolare struttura. Ciò non significa<br />

che l’attrezzatura è buona ma che l’animale<br />

si adatta, e ciò può essere fonte di<br />

stress.<br />

2.9 - Requisiti ambientali<br />

I requisiti ambientali per bovini variano<br />

in relazione all’età degli animali e allo<br />

20<br />

Alta Qualità<br />

TABELLA 3<br />

Caratteristiche dimensionali dei bovini<br />

Età Peso Dimensioni (cm)<br />

(kg) L1 L2 L3 l 1 l 2 H<br />

0-14 giorni 40 76 105 22 77<br />

50 85 118 25 81<br />

14 gg-3 mesi 85 91 128 29 87<br />

120 95 132 32 89<br />

3-6 mesi 135 106 148 38 96<br />

160 113 158 39 108<br />

180 117 165 40 103<br />

220 124 173 44 107<br />

6 mesi-1 anno 250 129 183 190 47 80 111<br />

300 135 190 200 50 80 116<br />

350 143 200 210 53 80 120<br />

400 151 210 215 59 80 125<br />

1-2 anni 450 156 215 220 62 100 128<br />

500 158 220 225 63 105 131<br />

Peso Dimensioni (cm)<br />

(kg) L1 L2 L3 l 1 l 2 H H 1<br />

500 158 220 225 63 105 131 135<br />

550 160 225 225 64 110 135 138<br />

600 163 230 230 65 110 138 140<br />

650 165 235 235 67 115 142 143<br />

700 168 240 240 70 120 144 146<br />

stato produttivo (Tabella 4). Un vitello<br />

neonato esprime le migliori prestazioni a<br />

temperature comprese fra +15 e +20°C, se<br />

tenuto in una gabbietta dotata di pavimento<br />

fessurato e di recinzione in tubolare<br />

d’acciaio o di legno ma è sufficiente<br />

mettere una lettiera di paglia per far<br />

abbassare a –5° la temperatura minima<br />

alla quale si manifestano segni di stress<br />

termico.<br />

I bovini adulti soffrono meno le basse<br />

temperature (-5, -10 °C) rispetto alle alte


TABELLA 4<br />

Fabbisogni ambientali per i bovini<br />

temperature, purché l’aria sia asciutta e<br />

non vi siano correnti d’aria. In generale, le<br />

bovine non amano l’esposizione al sole in<br />

estate.<br />

In definitiva, le vacche hanno ottima<br />

capacità di adattamento all’ambiente e al<br />

regime alimentare ma occorre garantire un<br />

ambiente:<br />

– asciutto;<br />

– pulito;<br />

– fresco;<br />

– non fangoso.<br />

Le superfici su cui debbono camminare<br />

le bovine non devono essere scivolose.<br />

<strong>Il</strong> concetto di ambiente tocca anche<br />

altri aspetti, essendo, per l’animale, la<br />

somma di tutte le condizioni esterne che<br />

influenzano i suo sviluppo, le sue reazioni,<br />

la sua crescita. <strong>Il</strong> termine “ambiente” può<br />

comprendere il tipo di pavimento, il tipo<br />

di attrezzature di sconfinamento. Normalmente<br />

l’ambiente viene suddiviso nei<br />

diversi fattori caratterizzanti: fisici e climatici<br />

(spazio disponibile, luce, radiazione,<br />

suono, pressione, attrezzature, numero<br />

di animali per gabbia o recinto, gerarchia<br />

sociale, dieta, regime alimentare,<br />

sistema di svezzamento ecc.. Se l’ambiente<br />

non è confortevole, nell’animale subentra<br />

uno stato di stress.<br />

Non c’è bisogno che le condizioni di<br />

stress siano evidenti: un animale può sembrare<br />

tranquillo, ma vi può essere ugual-<br />

Alta Qualità<br />

Parametro considerato Categoria Condizione Temperatura (°C)<br />

- Vitelli neonati Alla nascita: +10° +15°; successivamente scende<br />

gradualmente; >30° e


Con temperature medie ambientali<br />

elevate (oltre 26-28°C) la vacca da latte di<br />

alta produzione non può mantenere<br />

costante il valore della sua temperatura<br />

corporea ed entra in uno stato di stress da<br />

caldo. In questa situazione la temperatura<br />

22<br />

Alta Qualità<br />

TABELLA 5<br />

Principali gas tossici presenti nell’ambiente di allevamento e relativo effetto fisiologico.<br />

Gas Odore e Concentrazione Massima Valori Effetto fisiologico<br />

caratteristiche minima per concentrazione rilevati a diverse<br />

dei gas sentirne l’odore ammissibile* (p.p.m.) concentrazioni**<br />

(p.p.m.) (p.p.m.) (p.p.m.)<br />

Ammoniaca NH3 Forte, pungente, 5,3 50 (10) 170 100-800: irritazione gola e occhi<br />

irritante 1700: tosse e catarro<br />

3000: asfissiante<br />

5000: può essere letale<br />

Anidride Nessuno, - 5000 (3500) 2000 30000: aumenta ritmo<br />

carbonica CO2 asfissiante respiratorio<br />

60000: respiro pesante<br />

250000: può essere letale<br />

per poche ore di esposizione<br />

Acido solfidrico Uova marce, 0,7 10 (5) 0,3-800 20-150: irritazione occhi e naso<br />

H2S nauseante 200: mal di testa<br />

velenoso 500: nausea<br />

700-1000: può essere letale<br />

per pochi secondi di esposizione<br />

*: concentrazione massima ammessa per un uomo che lavora 8 h; per gli animali il valore deve essere inferiore perché<br />

permangono nell’ambiente. Fra parentesi sono indicati i valori accettabili per permanenza illimitata;<br />

**: questi valori si riferiscono a persone o animali adulti di circa 70 kg di peso; gli animali più leggeri subiscono<br />

gli effetti negativi a più basse concentrazioni, perciò vitelli, suinetti e pollame sono maggiormente esposti.<br />

p.p.m.: parti per milione (da: Manuale di agricoltura, Hoepli)<br />

TABELLA 6<br />

Effetto dell’ombra e della radiazione solare sulle bovine da latte<br />

Parametro Ombra Radiazione solare<br />

Temperatura del corpo nero (°C) 28,4 36,7<br />

Temperatura rettale (°C) 38,8 40,0<br />

Respirazione (cicli/min) 77 114<br />

Produzione di latte (kg/giorno) 16,6 15,0<br />

Concepimenti (%) 44 25<br />

Mastiti cliniche (%) 9 19<br />

Figura 12 – Spesso nelle stalle vengono inseriti ventilatori<br />

per consentire la circolazione dell’aria in periodo<br />

estivo<br />

rettale aumenta di 1-1,5°C sopra il livello<br />

normale (38-38,5°C) e peggiorano gli<br />

indici di produzione e fertilità (Tabella 6).<br />

L’effetto del calore sulle bovine è proporzionale<br />

al livello di produzione: le vacche<br />

con più elevata produzione sono più sensibili<br />

di quelle con bassa produzione.<br />

<strong>Il</strong> fattore più importante che influenza<br />

le prestazioni delle bovine a più elevata<br />

produzione è la radiazione solare diretta,<br />

per cui il semplice ombreggiamento fornisce<br />

un grande aiuto. Nelle zone asciutte<br />

(con umidità relativa inferiore al 50%) si<br />

possono utilizzare sistemi evaporativi per<br />

raffrescare il bestiame. Questi sistemi vengono<br />

fatti operare ogni 2-3 ore. <strong>Il</strong> sistema<br />

di gran lunga più diffuso è, però, quello di<br />

installare ventilatori dentro le stalle (Figura<br />

12).<br />

La ventilazione, naturale, se ben eseguita,<br />

o quella artificiale, aiuta il bestiame<br />

a dissipare calore ma l’evaporazione del-


l’acqua sulla pelle porta a un aumento<br />

fino a cinque volte della quantità di calore<br />

dissipata.<br />

Fra le tante soluzioni sperimentate<br />

quella che sembra dare i migliori risultati<br />

prevede la combinazione di ventilatori<br />

con doccette poste sulla corsia di alimentazione<br />

che bagnano gli animali: dopo<br />

alcuni minuti entrano in funzione i ventilatori<br />

che asciugano le bovine rinfrescandole.<br />

I ventilatori sono di tipo assiale, a<br />

bassa prevalenza e in grado di spostare<br />

grande volumi di aria. Generalmente questi<br />

ventilatori non sono intubati. La verifica<br />

del successo della soluzione adottata<br />

va fatta osservando dapprima la quantità<br />

di sostanza secca ingerita e poi il livello di<br />

produzione di latte.<br />

2.10 - Tipologie costruttive<br />

Le tipologie costruttive dipendono in<br />

parte dall’ambiente (clima) in cui vengono<br />

allevate le bovine; dal tipo di produzione<br />

(biologica o meno), dalla disponibilità<br />

di foraggio nei diversi periodi dell’anno;<br />

dalle modalità di gestione dei reflui,<br />

dal costo della manodopera; dal regime<br />

fondiario, ecc. Questo fa sì che a parità di<br />

condizioni climatiche si possano riscontrare<br />

soluzioni costruttive diverse e con<br />

diverso grado di sofisticazione a livello<br />

impiantistico (figura 13).<br />

Così, in regioni a clima mite, le bovine<br />

possono essere stabulate sotto tettoie<br />

aperte con pareti ridotte al minimo; in<br />

altre regioni le stalle devono essere chiuse<br />

per conservare il calore e proteggere gli<br />

animali oltre ché il sistema di abbeveraggio<br />

e di mungitura ecc.<br />

In tutti i tipi di allevamento si possono<br />

riscontrare (l’elenco può essere ampliato)<br />

le seguenti strutture:<br />

– recinzioni permanenti (zone temperatocalde<br />

in cui le vacche pascolano per tutto<br />

il corso dell’anno; vi può essere al<br />

massimo la somministrazione aggiuntiva<br />

di concentrato e fieno in luogo dedicato);<br />

– recinzioni permanenti e tettoie (zone<br />

calde; foraggio e concentrati vengono<br />

portati agli animali);<br />

– recinzioni temporanee di limitazione<br />

del pascolo (zone a clima temperato e<br />

pascolo intensivo);<br />

Alta Qualità<br />

Figura 13 – Tipologie costruttive in relazione alle tecniche<br />

di allevamento (da Hoepli, 1997)<br />

– recinzioni di confinamento temporaneo<br />

degli animali (zone calde; alpeggi; gli<br />

animali vengono rinchiusi di notte e<br />

portati al pascolo di giorno);<br />

– stalle a stabulazione libera permanente<br />

(zone a clima temperato; tutto l’alimento<br />

viene portato agli animali);<br />

– stalle a stabulazione libera temporanea<br />

(zone a clima temperato; gli animali<br />

vengono tenuti nelle stalle solo in inverno<br />

in allevamenti di montagna o allevamenti<br />

biologici);<br />

– stalle a stabulazione fissa permanente<br />

(piccoli allevamenti delle zone a clima<br />

temperato-freddo; tutto l’alimento viene<br />

portato agli animali tutto l’anno);<br />

– stalle a stabulazione fissa temporanea<br />

(zone a clima temperato; gli animali<br />

vengono rinchiusi o per la stagione fredda<br />

o per una parte del giorno in stalle).<br />

Inoltre vi sono le seguenti strutture<br />

complementari:<br />

– sale di mungitura e locali latte;<br />

23


– strutture per trattamento sanitario e isolamento<br />

animali;<br />

– tettoie per deposito fieno e paglia;<br />

– sili per foraggi e cereali;<br />

– deposito alimenti concentrati.<br />

2.11 - Orientamento dei fabbricati<br />

In aree rurali, l’orientamento riveste<br />

un ruolo molto importante nel determinare<br />

le condizioni ambientali delle stalle.<br />

Da orientamento, forma e scelta dei<br />

materiali, dipendono anche le condizioni<br />

di illuminazione e temperatura all’interno<br />

dell’edificio nell’arco della giornata o dell’anno.<br />

<strong>Il</strong> sole, nelle diverse stagioni illumina<br />

solo parte dell’edificio. Nel periodo<br />

invernale, in particolare, il sole può essere<br />

ricevuto solo dalle pareti comprese nel<br />

quadrante Sud.<br />

Infine, le variazioni della temperatura<br />

24<br />

Alta Qualità<br />

Figura 14 – Orientamento di un edificio con lato<br />

completamente aperto che dà sulla corsia di alimentazione<br />

(da Hoepli, 1997)<br />

Figura 15 – Orientamento di un edificio chiuso con<br />

corsia di alimentazione centrale<br />

dell’aria nell’arco della giornata e dell’anno,<br />

dipendono dall’energia solare incidente.<br />

L’orientamento dell’edificio deve tener<br />

conto dei seguenti elementi: protezione<br />

contro i venti dominanti, soleggiamento<br />

ottimale dell’edificio, posizione in relazione<br />

agli altri edifici esistenti e agli ostacoli<br />

naturali che potrebbero creare correnti<br />

d’aria (effetto corridoio).<br />

Nel caso di edifici aperti su un lato, il<br />

lato chiuso va posto in direzione Nord per<br />

consentire al lato aperto di poter usufruire<br />

dell’irraggiamento solare (Figura 14).<br />

A causa della direzione dei venti dominanti<br />

potrà essere prevista una rotazione<br />

dell’asse principale verso Est (Figura 15).<br />

Se l’edificio è chiuso, l’orientamento è<br />

meno importante. L’asse principale orientato<br />

perpendicolarmente ai venti dominanti<br />

permetterà una migliore ventilazione<br />

dell’edificio sfruttando l’effetto vento.<br />

Se l’edificio è molto grande si potrà<br />

ugualmente orientare una testata contro<br />

vento a condizione che questo sia chiuso<br />

con una rete frangivento o con un telo<br />

plastico ad apertura regolabile.<br />

2.12 - Recinzioni per bovini al<br />

pascolo<br />

Sono costituite da: pali posti a distanza<br />

2-3 m infilati per > 0,6 m (meglio 1 m)<br />

in terra e alti 1,5 m, spesso in legno. Se in<br />

ferro, occorre realizzare un plinto per l’ancoraggio.<br />

Fra i pali vengono posti fili spinati o<br />

lisci (preferibili per la parti basse per evitare<br />

lacerazioni e ferite agli animali). I fili<br />

vanno posti a una distanza di 50 cm per le<br />

vacche è (3 fili sul recinto); per animali<br />

giovani, la distanza scende a 40 cm (4 fili<br />

sul recinto). La migliore barriera ha 5 fili<br />

(2 lisci e 3 spinati) ed è alta 1,35 m. Ogni<br />

300-400 m va interrotta la continuità del<br />

recinto, inserendo pali di rinforzo. I cancelli<br />

sono larghi > 4 m e dotati di passaggi<br />

per uomo. I fili metallici vanno collegati<br />

a terra ogni 50-100 m per evitare problemi<br />

dovuti a fulmini.<br />

Le recinzioni elettriche vengono<br />

impiegate per suddividere i campi destinati<br />

al pascolo intensivo degli animali.<br />

Sviluppo lineare massimo del recinto elettrico<br />

è di 3-4.000 m. La recinzione non<br />

deve risultare resistente alla spinta degli


animali, è la corrente elettrica che costituisce<br />

la vera barriera. Per questo occorre<br />

un minimo addestramento all’uso.<br />

Le recinzioni a induzione: si tratta di<br />

recinzioni senza picchetti, dette anche<br />

recinzioni magnetiche, costituite da un<br />

filo in rame, rivestito da una guaina chiara,<br />

che viene posto a terra in modo che<br />

risulti visibile (ma può anche essere interrato).<br />

Grazie a un generatore si crea una<br />

debole corrente che genera un campo<br />

magnetico. Al collare delle bovine viene<br />

applicato un transponder sensibile a detto<br />

campo magnetico. Quando una bovina si<br />

avvicina a meno di 1,5 m dal collare, parte<br />

un segnale sonoro. Se si avvicina ulteriormente,<br />

dal collare parte una breve scarica<br />

elettrica. La scarica non è automatica<br />

ma dipende dal comportamento dell’animale<br />

che è registrato nel microprocessore<br />

inserito nel collare.<br />

<strong>Il</strong> generatore è alimentato da una batteria<br />

o da pannelli foto-voltaici. <strong>Il</strong> collare<br />

è alimentato da batterie che durano per<br />

tutta la stagione di pascolamento.<br />

2.13 - Impianti elettrici<br />

Gli impianti elettrici devono essere<br />

accuratamente realizzati (rispettando la L.<br />

46/90) con collegamenti equipotenziali<br />

(verificare tutti gli anni l’integrità delle<br />

connessioni) e opportune messe a terra<br />

per evitare che ci possano essere “correnti<br />

vaganti”. Vanno previste protezioni contro<br />

sovraccarichi e cortocircuiti, adatti alla<br />

sezione dei conduttori e alle caratteristiche<br />

dei motori. (Figura 16)<br />

Un bovino sottoposto a una corrente<br />

di 10 milli-ampères presenta contrazioni<br />

muscolari involontarie; a 75 milli-ampères<br />

crolla per arresto cardiaco.<br />

In ogni caso è opportuno mettere a<br />

terra tutte le parti metalliche dell’edificio<br />

una messa a terra unica (con una resistenza<br />

inferiore a 30 Ohms) perché le onde<br />

magnetiche che esse emettono possono<br />

creare condizioni poco confortevoli per gli<br />

animali.<br />

All’esterno, poi, gli edifici dovrebbero<br />

essere protetti dai fulmini a mezzo di una<br />

serie di cavi o piattabande in modo da<br />

costituire una grande rete, la cosiddetta<br />

“gabbia di Faraday” (Figura 17).<br />

La potenza installata, e il conseguente<br />

Alta Qualità<br />

Figura 16 – <strong>Il</strong> collegamento equipotenziale evita possibili<br />

problemi dovuti a correnti vaganti (da Promotelec,<br />

1983)<br />

fabbisogno energetico, di una generica<br />

stalla a stabulazione libera, sono riportati<br />

in tabella 7.<br />

<strong>Il</strong> pulsante T (test) dell’interruttore differenziale<br />

va periodicamente attivato per<br />

verificare la funzionalità della protezione.<br />

Se vi è un rischio imminente di temporale,<br />

malgrado la presenza di parafulmine,<br />

è consigliabile staccare tutte le apparecchiature<br />

elettriche.<br />

Ricordare di staccare imperativamente<br />

lo spingivacche elettrico in quanto è spesso<br />

fonte di problemi indiretti per la mungitura<br />

e può interrompere il funzionamento<br />

dei dispositivi elettronici.<br />

E’ prudente dotare la stalla di un generatore<br />

in grado di far funzionare la macchina<br />

mungitrice e il serbatoio refrigerante<br />

oltre a garantire l’illuminazione dei locali.<br />

Figura 17 – La “gabbia di Faraday” protegge stalla e<br />

impianti dai fulmini<br />

25


<strong>Il</strong> sistema migliore è quello di acquistare<br />

un generatore da 10-20 kVA, mosso<br />

dalla presa di potenza del trattore, che va<br />

fatto funzionare, in ogni caso, un paio di<br />

volte all’anno allo scopo di verificarne la<br />

operatività.<br />

2.14 – <strong>Il</strong>luminazione<br />

L’illuminazione dei vari ambienti della<br />

stalla non presenta particolari problemi.<br />

La potenza installata va da 10 a 20<br />

W/capo nelle stalle a posta fissa e da 8 a<br />

15 W/capo in quelle a stabulazione libera.<br />

Anche se la produzione di latte sembra<br />

dipendere dal fotoperiodo tuttavia non<br />

sono mai state tentate applicazioni di<br />

sistemi di illuminazione programmata<br />

che, per ovvie ragioni e per analogia con<br />

quanto viene fatto negli allevamenti avicoli,<br />

richiederebbero il confinamento permanente<br />

degli animali per poterne verificare<br />

l’effetto (figura 18).<br />

3 - STRUTTURE<br />

E ATTREZZATURE<br />

PER LE DIVERSE CATEGORIE<br />

DI BOVINI<br />

3.1 – La stabulazione dei vitelli<br />

Locali o gabbiette per vitelli: i vitelli<br />

neonati rimangono vicino alla madre per i<br />

primi giorni di vita per assumere direttamente<br />

il colostro oppure vengono separati<br />

immediatamente e posti in gabbiette<br />

individuali per 3-4 settimane. Queste<br />

devono trovarsi possibilmente vicino alla<br />

sala di mungitura per facilitare il lavoro<br />

26<br />

Alta Qualità<br />

Figura 18 – L’impianto di illuminazione deve garantire<br />

una quantità di luce sufficiente nelle diverse parti<br />

della stalla (da Promotelec, 1971)<br />

dell’addetto (trasferimento del latte) e per<br />

maggior controllo: ciò per ridurre la mortalità<br />

neonatale.<br />

L’alimentazione può essere a base di<br />

latte intero o rigenerato. Costituisce il<br />

maggior impegno per la manodopera. In<br />

una giornata un uomo può governare<br />

100-150 vitelli, se alimentati con i secchi,<br />

e 300-500 se alimentati con carrello distributore<br />

(Tabella 8).<br />

Le vitellaie specializzate, non vengono,<br />

ora, più consigliate per ragioni igieniche.<br />

Le gabbiette individuali amovibili,<br />

aperte su un lato, dotate di tettuccio e<br />

protette su tre lati (Figura 19), e con pavimento<br />

fessurato su cui deve essere posta<br />

paglia, vanno ubicate in zone sopraelevate.<br />

Dopo le prime 3-4 settimane i vitelli<br />

vengono tolti dalle gabbiette e messi in<br />

gruppo, in unico recinto per i successivi<br />

3-6 mesi.<br />

Gli impianti automatici di dosaggio e<br />

somministrazione del latte rigenerato con-<br />

Figura 19 – Gabbietta individuale per vitelli, aperta<br />

su uno dei due lati, per vitelli allevati in climi temperati<br />

Figura 20 – L’allevamento di vitelli in recinti multipli<br />

offre notevoli vantaggi in termini di risparmio di<br />

manodopera


TABELLA 7<br />

Fabbisogno energetico per una generica stalla a stabulazione libera.<br />

Questi dati possono essere utilizzati per il dimensionamento dei conduttori.<br />

Alta Qualità<br />

Utenza Forza motrice Riscaldamento <strong>Il</strong>luminazione<br />

Sala di mungitura<br />

kW kW e altri comp. W/m2<br />

Pompa per vuoto 0,5-8,0<br />

Ventilazione 0,3-0,5<br />

Riscaldamento (radiatori per protezione antigelo)<br />

<strong>Il</strong>luminazione con tubi fluorescenti (200 lux<br />

2-6<br />

nella fossa dei mungitore e 70 lux nelle altre zone) 12-18<br />

Pulsatori elettrici o elettronici e stacchi automatici<br />

Sala del latte<br />

3-5A, 220 V<br />

Serbatoio refrigerante (3 kW/t-giorno) 1-12<br />

Pompa per circolazione acqua di lavaggio<br />

Riscaldamento acqua di lavaggio impianto<br />

0,5-1,5<br />

di mungitura 5-6<br />

<strong>Il</strong>luminazione (150 lux) 9-14<br />

Prese di corrente 2p + T<br />

Riscaldamento (protezione antigelo)<br />

Altri locali<br />

2-3 (10/16 A)<br />

Apparecchiature mobili (1 presa trifase) 3P + N + T (16 A)<br />

Apparecchiature portatili (2 prese) 2P + T (10-16 A)<br />

<strong>Il</strong>luminazione locali annessi (70 lux) 5-7<br />

TABELLA 8<br />

Tempi orientativi di lavoro per l’allevamento dei vitelli<br />

Operazioni Tempi di lavoro (min/capo x giorno)<br />

Lavori giornalieri - alimentazione 0,1-1,5<br />

- lavaggio secchi 0,1-0,2<br />

- distribuzione paglia 0,5<br />

- pulizia 0,2-0,3<br />

- controllo sanitario 0,2-0,5<br />

Totale 1,4-3,0<br />

Lavori periodici - pulizia 0,1-0,3<br />

- asportazione paglia 0,2<br />

- disinfezione 0,1<br />

- altri 0,1<br />

Totale 0,5-0,7<br />

TABELLA 9<br />

Superfici a disposizione nella zona di stabulazione<br />

Età (mesi) Superficie totale (m2/capo) Superficie minima a lettiera<br />

0-12 5 2,5<br />

12-18 6 3<br />

18-24 8 4<br />

> 24 10 5<br />

TABELLA 10<br />

Sviluppo lineare della mangiatoia per singolo capo<br />

Età (mesi) Sviluppo lineare (cm/capo) Altezza (cm)<br />

Barriera inferiore Barriera superiore Abbeveratoio<br />

6-12 50-55 45 90 55<br />

12-18 55-60 50 100 60<br />

18-24 65-75 55 115 65<br />

>24 65-75 60 120 70<br />

27


sentono di effettuare una gestione di<br />

gruppo anche per i vitelli neonati, con<br />

notevoli risparmi di manodopera anche se<br />

vanno considerati i vizi indotti dal sistema<br />

(Figura 20).<br />

3.2 - La stabulazione delle manze<br />

Le manzette che hanno superato il sesto<br />

mese di vita vanno alloggiate in un idoneo<br />

ambiente (Tabella 9) che garantisca:<br />

– un posto alla mangiatoia per evitare<br />

competizione (Tabella 10);<br />

– un sistema di cattura comodo per permettere<br />

l’inseminazione e la profilassi;<br />

– una grande facilità di accesso e di sorveglianza.<br />

3.2.1 - Recinti con lettiera<br />

integrale<br />

Si tratta della soluzione costruttiva più<br />

economica perché non necessita né di particolari<br />

pavimentazioni né di letamaia (se<br />

28<br />

Alta Qualità<br />

Figura 21 – Sezione di recinto per manze a lettiera<br />

integrale. Si tratta di una soluzione costruttiva semplice<br />

ricavabile anche in edifici ristrutturati<br />

Figura 22 – Sezione di recinto per manze con corsia<br />

di alimentazione pavimentata e lettiera. Si tratta di<br />

una soluzione che facilita la cattura degli animali<br />

il materiale viene asportato oltre i 90 giorni)<br />

(Figura 21).<br />

Gli inconvenienti sono, tuttavia, i<br />

seguenti:<br />

– l’area coperta con paglia si sporca rapidamente<br />

se le manze non sono alimentate<br />

con solo fieno (il fabbisogno di<br />

paglia diventa di 5-7 kg/capo/giorno e il<br />

rinnovo deve essere frequente);<br />

– l’isolamento delle manze è difficile, specie<br />

al momento del rinnovo della lettiera.<br />

3.2.2 - Recinti con lettiera<br />

e corridoio autopulente<br />

E’ una variante della lettiera integrale e<br />

non necessita di letamaia (se la lettiera viene<br />

asportata oltre i 90 giorni). <strong>Il</strong> corridoio<br />

è largo 1,6-1,8 m in base all’età delle manze;<br />

è sopraelevato di 0,4-0,5 m e presenta<br />

una pendenza del 3% verso l’area coperta<br />

con lettiera (Figura 22).<br />

<strong>Il</strong> consumo di paglia è di 4-6 kg/capogiorno.<br />

Si può asportare il letame mantenendo<br />

le manze sul corridoio. Quando l’alimentazione<br />

non è a base di fieno, la parte con<br />

paglia, situata immediatamente adiacente<br />

al corridoio, si sporca e rende necessario<br />

un intervento di pulizia più frequente e,<br />

quindi, la realizzazione di una letamaia.<br />

Se vi sono rastrelliere autocatturanti,<br />

se il dislivello è massimo, il veterinario o<br />

l’inseminatore si vengono a trovare in<br />

posizione poco confortevole o pericolosa.<br />

3.2.3 - Recinti con lettiera piana<br />

o inclinata e area di esercizio/alimentazione<br />

raschiata<br />

Si tratta di una soluzione che presenta<br />

un buon livello di confort per le bovine e<br />

una facile gestione.<br />

Si distinguono due zone che danno<br />

luogo a diversi tipi di deiezioni:<br />

– area di riposo con paglia, che dà luogo a<br />

letame;<br />

– area di esercizio/alimentazione in pavimento<br />

pieno o fessurato con convogliamento<br />

del liquame a mezzo ruspetta o<br />

per caduta in cisterna sottostante e successivo<br />

pompaggio in vasca.<br />

Vantaggio di questa soluzione è di<br />

ridurre a soli 3-5 kg/capo-giorno il consumo<br />

di paglia (Figura 23). L’area di esercizio/alimentazione<br />

va pulita almeno 1 volta<br />

al giorno.


Lo spostamento dei cancelli al<br />

momento della pulizia è rapido ed è rapida<br />

la sostituzione della lettiera.<br />

Gli abbeveratoi vanno posti sul confine<br />

con l’area a lettiera.<br />

Una variante è rappresentata dalla realizzazione<br />

di una zona di riposo con pendenza<br />

del 5-8%. <strong>Il</strong> tratto in pendenza termina<br />

con un gradino di 15-20 cm per<br />

facilitare la discesa della lettiera. <strong>Il</strong> calpestamento<br />

da parte degli animali fa scendere<br />

il letame verso la zona di esercizio/alimentazione<br />

da cui viene raschiato fino<br />

alla letamaia. Non è, quindi, necessaria la<br />

sostituzione della paglia.<br />

<strong>Il</strong> consumo di paglia è di 3-5 kg/capogiorno<br />

e la distribuzione deve essere fatta<br />

con idoneo dispositivo. Le barriere fra i<br />

recinti devono consentire di trattenere le<br />

manze nella zona a lettiera durante la pulizia<br />

del corridoio di esercizio/alimentazione.<br />

Questo sistema è molto adatto per animali<br />

da carne ma meno per le manze.<br />

3.2.4 - Cuccette<br />

Per le manze di oltre 12 mesi si possono<br />

adottare le cuccette. Ciò serve anche<br />

ad abituarle al tipo di stalla che troveran-<br />

Figura 23 – Sezione di recinto per manze con lettiera<br />

inclinata. Questa soluzione costruttiva permette di<br />

ottenere un liquame paglioso<br />

Figura 24 – Le cuccette per le manze pur avendo<br />

dimensioni ridotte non sono sempre adatte alla taglia<br />

degli animali. Consentono, però, di abituarli al tipo<br />

di stabulazione che incontreranno da adulti<br />

Alta Qualità<br />

no successivamente (Figura 24).<br />

L’eterogeneità della taglia dei soggetti<br />

fa sì che sia più difficile definire una<br />

dimensione di cuccetta conveniente per i<br />

soggetti più giovani (Tabella 11).<br />

<strong>Il</strong> consumo di paglia è ridotto e così<br />

TABELLA 11<br />

Dimensioni consigliate delle cuccette per le manze<br />

Età (mesi) Lunghezza (m) Larghezza (m)<br />

6-12 1,6-1,8 0,8-0,9<br />

12-18 2,0 1,1<br />

18-24 2,3 1,1<br />

anche il fabbisogno di manodopera. Distribuzione<br />

di paglia e pulizia corridoi possono<br />

essere fatti 2 volte per settimana.<br />

3.2.5 - Contenimento delle manze<br />

E’ indispensabile prevedere la realizzazione<br />

di un sistema di contenimento efficace<br />

per la sicurezza delle operazioni di<br />

profilassi, di inseminazione e per le cure<br />

generiche.<br />

<strong>Il</strong> contenimento potrà avvenire:<br />

– alla mangiatoia, se l’accesso agli animali<br />

è facile e vi è rastrelliera autocatturante;<br />

– in un corridoio di contenimento (Figura<br />

25).<br />

3.3 - Sistemi di stabulazione per<br />

vacche<br />

Oltre che a ragioni ambientali, la scelta<br />

del sistema di stabulazione è legata a<br />

dimensione della mandria e al livello di<br />

meccanizzazione richiesto. Si distinguono<br />

due grandi sistemi: quello a stabulazione<br />

fissa e quello a stabulazione libera. <strong>Il</strong> primo<br />

è ormai riservato ai piccoli allevamenti o a<br />

quelli di montagna, mentre il secondo è<br />

quello adottato dai grandi allevamenti.<br />

Figura 25 – Sistema per catturare le manze in occasione<br />

dei controlli veterinari (da Hoepli, 1997)<br />

29


3.3.1 - Stabulazione fissa<br />

In termini numerici, la stabulazione<br />

fissa è la soluzione più diffusa in Italia. <strong>Il</strong><br />

lavoro è, però, difficoltoso sia per la mungitura<br />

sia per l’alimentazione; si riscontrano<br />

bassa produttività del lavoro e problemi<br />

sanitari. Può essere giustificabile solo se il<br />

clima è molto rigido e per limitati periodi<br />

di tempo. Si hanno soluzioni a una o a due<br />

file con disposizione groppa a groppa o<br />

testa a testa. Stalla a una fila: gli animali<br />

sono rivolti a Nord; da una parte vi è la<br />

piattaforma letame e dall’altra il locale latte.<br />

Se non vi è corsia di alimentazione<br />

(occorrono più di 20 capi per giustificarla),<br />

il foraggio viene immesso in mangiatoia<br />

passando tra le vacche. La stalla che ne<br />

risulta è stretta e adatta per zone di montagna<br />

(larghezza stalla 4,5 m circa). La ventilazione<br />

naturale è resa difficoltosa a causa<br />

delle basse cubature. La larghezza della corsia<br />

di alimentazione (oltre 20-22 capi) è ≥<br />

1,2 m in relazione al mezzo di distribuzione<br />

utilizzato. Con numero di capi limitato,<br />

fieno e paglia sono posti sopra la stalla<br />

(soluzione oggi sconsigliata per problemi<br />

di sicurezza). Stalla a due file: per più di 20<br />

vacche, soluzioni groppa a groppa; la larghezza<br />

dell’edificio è > 12,5 m, con corsie<br />

di alimentazione, è > 8,3 m, senza. La disposizione<br />

testa a testa permette di ottenere<br />

un edificio più compatto (10,9 m). La distribuzione<br />

degli alimenti avviene da unico<br />

corridoio centrale. L’asse principale è<br />

orientato Nord-Sud (Figura 26).<br />

Figura 26 – Pianta orientativa di stalla a posta fissa<br />

“testa a testa”. A=corsia di alimentazione (larghezza<br />

variabile); B= mangiatoia; C=abbeveratoi; D=posta;<br />

E=cunetta; F=corsia di servizio; G=impianto di<br />

mungitura; H=locale ricevimento latte; I= locale<br />

motori, L=locale vitelli; M=nastro trasportatore;<br />

N=concimaia a piattaforma (da Hoepli, 1997)<br />

30<br />

Alta Qualità<br />

Particolari costruttivi<br />

E’ necessario un buon livello di isolamento<br />

di soffitti e pareti per eliminare la<br />

condensa e un buon controllo della ventilazione.<br />

La corsia di alimentazione è sopraelevata<br />

di 20-40 cm rispetto al livello stalla<br />

per facilitare l’accesso agli alimenti.<br />

<strong>Il</strong> bordo mangiatoia verso la posta<br />

deve essere il più basso possibile (10-15<br />

cm). <strong>Il</strong> fondo è sopraelevato di 5-15 cm<br />

rispetto al piano della posta e al tipo di<br />

attacco.<br />

La tabella 12 riporta i valori da rispettare<br />

per non causare danni agli animali.<br />

La soluzione a posta corta deve contenere<br />

il corpo dell’animale riducendo al<br />

minimo lo spazio libero per evitare che si<br />

sporchi la mammella (si vedano figura 27<br />

e tabella 13).<br />

<strong>Il</strong> pavimento è in calcestruzzo di<br />

cemento o, meno frequentemente, è<br />

coperto con tappetini in gomma. Se si utilizza<br />

lettiera di paglia, qualsiasi rivestimento<br />

è buono. <strong>Il</strong> piano deve essere orizzontale.<br />

<strong>Il</strong> bordo verso la cunetta leggermente<br />

arrotondato.<br />

3.3.1.1 - Alimentazione<br />

L’alimentazione delle bovine può avvenire<br />

con sistemi completamente automatici<br />

(Figura 28) con sistemi parzialmente<br />

meccanizzati, in cui si utilizzano carri<br />

miscelatori di capacità anche limitata,<br />

manualmente (caso dei micro allevamenti).<br />

Nel primo caso, non è necessario realizzare<br />

una vera e propria corsia di alimentazione<br />

in quanto vi è una tramoggia che<br />

scorre su un binario sospeso, nel secondo<br />

caso, invece, la dimensione della corsia<br />

dipenderà dal mezzo scelto per portare il<br />

Figura 27 – Sezione orientativa di posta corta con<br />

lettiera. La collocazione e il tipo di attrezzature complementari<br />

(attacchi, abbeveratoi) vanno di volta in<br />

volta adattati al materiale disponibile in commercio<br />

(da Hoepli, 1997)


TABELLA 12<br />

Altezze suggerite per le rastrelliere della mangiatoia<br />

h (cm) H (cm)<br />

Bestiame giovane 35-40 95-105<br />

Manze e torelli 45 115<br />

Vacche da latte e tori da carne<br />

L = 17,5 cm<br />

45-60 105-125<br />

TABELLA 13<br />

Dimensioni della posta in relazione al peso della bovina<br />

Peso vivo (kg) Larghezza (m) Lunghezza (cm)<br />

400 100 140<br />

500 110 150<br />

600 115 165<br />

700 120 175<br />

800<br />

L = lunghezza del tronco della bovina<br />

125 180<br />

foraggio alle mangiatoie. Nel terzo caso<br />

(al di sotto dei 20 capi) la corsia può addirittura<br />

non essere presente.<br />

I concentrati vengono somministrati<br />

manualmente nella mangiatoia o automaticamente<br />

in apposite tazze. La somministrazione<br />

può essere comandata da computer<br />

(figura 29).<br />

3.3.1.2 – Mungitura<br />

La mungitura alla posta è la più diffusa<br />

numericamente. Le stalle in stabulazione<br />

fissa ospitano da 2-3 a 40-50 capi (non<br />

infrequenti numeri superiori).<br />

In queste stalle, indipendentemente<br />

dal tipo di macchina mungitrice, sono<br />

richiesti all’addetto continui movimenti<br />

per alzarsi e inginocchiarsi: un uomo che<br />

munge 40 capi si piega, mediamente, per<br />

200 volte e si accoscia per oltre 80 volte<br />

ogni mungitura.<br />

Gli impianti a secchio e a carrello sono<br />

adatti per i piccoli allevamenti e per le<br />

infermerie e le zone parto dei grandi allevamenti.<br />

Nel caso degli impianti a secchio,<br />

la pompa per vuoto e la conduttura risultano<br />

fisse; con il carrello, invece, tutto il<br />

complesso viene portato nella stalla. Le<br />

guaine di protezione dei cavi di alimentazione<br />

dei carrelli spesso si rompono e possono<br />

creare problemi di elettrocuzione.<br />

Inoltre, anche con gli impianti a lattodotto,<br />

l’operatore entra in diretto contatto<br />

con l’animale facilitando la trasmissione<br />

di patogeni e allergeni. In generale, un<br />

addetto può mungere con 2-3 secchi o<br />

con 3-4 gruppi da lattodotto (figura 30).<br />

La produttività del lavoro è molto<br />

Alta Qualità<br />

Figura 28 – Distributore automatico di foraggi e concentrati<br />

nelle mangiatoie di stalle a stabulazione fissa<br />

(da Alfa Laval Agri, 1994)<br />

Figura 29 – La somministrazione di concentrati nelle<br />

stalle a posta fissa può avvenire in apposite vaschette<br />

riempite manualmente o automaticamente (da Alfa<br />

Laval Agri, 1994)<br />

31


assa, 10-30 capi munti per ora e per<br />

uomo, causa l’elevato numero di interventi<br />

richiesti alla manodopera ma date le<br />

caratteristiche di questi allevamenti<br />

(famigliari, part-time ecc.) e del limitato<br />

numero di capi da mungere, ciò non<br />

costituisce elemento prioritario di scelta.<br />

La potenza installata è di 0,2-0,4<br />

kW/gruppo cui corrisponde un consumo<br />

energetico di 60-100 Wh/giorno per<br />

capo.<br />

<strong>Il</strong> locale latte deve contenere macchinari<br />

e attrezzature per mungitura, il serbatoio<br />

del latte o i bidoni. Pavimento e pareti<br />

devono risultare lavabili con getto d’acqua<br />

e pertanto va provvisto di drenaggio.<br />

3.3.1.3 – Asportazione delle<br />

deiezioni<br />

Le deiezioni solide e liquide miste a<br />

paglia vengono asportate giornalmente<br />

32<br />

Alta Qualità<br />

Figura 30 – La mungitura in stalla a stabulazione<br />

fissa è indubbiamente faticosa (da Alfa Laval Agri,<br />

1997)<br />

dalle stalle a posta fissa e vengono normalmente<br />

accumulate in strutture all’aperto<br />

ove si verifica, nel tempo, la maturazione<br />

e la trasformazione in letame.<br />

L’operazione di asportazione avviene<br />

spostando con idoneo strumento lettiera e<br />

materiale fecale nella cunetta da dove vengono<br />

convogliati a mezzo di raschiatori<br />

(Tabella 14).<br />

Gli evacuatori sono, in genere, di tipo<br />

operante nella cunetta con azionamento<br />

meccanico a movimento continuo o alternativo<br />

(catene raschianti).<br />

Le catene raschianti possono essere:<br />

– a movimento continuo (figura 31)<br />

imposto a una catena senza fine alle cui<br />

maglie vengono applicate barrette trasversali<br />

ad intervalli di 45±60 cm. Esse<br />

strisciano sul fondo della zanella – di<br />

sezione rettangolare con larghezza > 50<br />

cm – con velocità di avanzamento di<br />

0,10±0,15 m/s. <strong>Il</strong> comando è assicurato<br />

mediante motore elettrico (30±50 W<br />

per m di percorso) accoppiato a opportuni<br />

riduttori che azionano una ruota<br />

dentata che fa presa sulle maglie della<br />

catena. <strong>Il</strong> tutto esce all’esterno della stalla,<br />

può assumere inclinazioni sino a 45°<br />

e scarica poi il prodotto nella letamaia;<br />

– a bracci oscillanti (figura 32) incernierati<br />

su una barra longitudinale dotata, a<br />

sua volta, di movimento rettilineo alternativo.<br />

In fase di andata i bracci sono<br />

aperti, assicurando in tal modo il trasporto<br />

del letame. In fase di ritorno si<br />

ripiegano su loro stessi per riaprirsi, poi,<br />

all’alternarsi del movimento. Tali bracci<br />

presentano lunghezza massima dell’ordine<br />

di 50 cm e sono posti a intervalli di<br />

1,00±1,20 m. La velocità media di<br />

avanzamento è di 0,10±0,15 m/s; la<br />

TABELLA 14<br />

Macchine e impianti impiegati per l’asportazione e il trattamento delle deiezioni bovine<br />

Tipo di deiezione Asportazione Movimentazione o trattamento<br />

Letame Trattore con pala Caricatori a benna mordente<br />

Raschiatori:<br />

- a movimento continuo<br />

- a bracci oscillanti<br />

Nastri trasportatori<br />

Liquame Tracimazione continua: Pompe<br />

- pompe Miscelatori<br />

- agitatoti Ossigenatori<br />

Raschiatori a farfalla Pompe agitatrici-trituratrici<br />

Sistemi a ricircolo:<br />

- pompe<br />

- ossigenatori<br />

Vagli


Figura 31 – Trasportatore a catena in stalla a stabulazione fissa con inserito separatore di urine<br />

potenza assorbita è 30±40 W/m di percorso.<br />

<strong>Il</strong> tutto viene comandato da un<br />

motore elettrico che aziona un sistema a<br />

cremagliera o un manovellismo di spinta<br />

con l’impiego di pistone idrostatico.<br />

<strong>Il</strong> limite di questa soluzione – robusta e<br />

semplice, ma richiedente frequente<br />

manutenzione essendo facilmente soggetta<br />

a usure e corrosioni – è da ricercarsi<br />

nel fatto che: può effettuare solo<br />

trasporti rettilinei; abbisogna di trasportatori<br />

finali a movimento continuo o di<br />

trattori appositamente equipaggiati per<br />

la ripresa e il trasporto alla letamaia.<br />

La capacità di lavoro di queste macchine<br />

viene normalmente rapportata al<br />

numero di capi serviti nell’unità di tempo.<br />

La produttività del lavoro risulta compresa<br />

fra 50 e 70 capi/addetto-ora, compresa<br />

la pulizia <strong>manuale</strong> della posta, mentre nei<br />

sistemi manuali è di circa 1/3.<br />

La cunetta ha una profondità di 15-25<br />

cm lato vacca; 10-20 cm lato corridoio.<br />

Larghezza minima = 45 cm. Non è necessaria<br />

pendenza longitudinale.<br />

La cunetta grigliata elimina lettiera e<br />

attrezzatura di asportazione delle deiezioni.<br />

La cunetta è più larga e viene coperta<br />

con opportuna griglia. Le deiezioni vengono<br />

raccolte in fossa sottostante la griglia ed<br />

evacuate con sistema continuo (stramazzo<br />

all’estremità della fossa) o, preferibilmente,<br />

con asportazione per ricircolo di liquame.<br />

Dimensioni della cunetta grigliata: larghezza<br />

0,7-1,0 m; profondità 0,7-1,0 m.<br />

La corsia di servizio, larga 1,2-1,5 m,<br />

serve al passaggio degli animali e degli<br />

addetti a pulizia, sorveglianza e mungitura.<br />

Le porte sono larghe 1,2 m e alte 2,1<br />

m. Le porte delle corsie centrali di<br />

alimentazione devono essere larghe quanto<br />

le corsie.<br />

Alta Qualità<br />

Figura 32 – Trasportatore di letame a bracci oscillanti:<br />

1–barra di comando; 2–zanella; 3-palette incernierate<br />

(da Pellizzi, 1996)<br />

Gli attacchi sono di diverso tipo.<br />

Importante è la loro posizione, dovendo<br />

risultare più o meno inclinati per facilitare<br />

il movimento che fanno gli animali per<br />

alzarsi e il buon sfruttamento della mangiatoia.<br />

I battifianchi, lunghi almeno 0,6 m,<br />

servono a mantenere l’animale in asse con<br />

la posta. E’ sufficiente una separazione<br />

ogni 2 capi.<br />

Gli abbeveratoi a tazza sono posti ogni<br />

due capi verso la mangiatoia (in relazione<br />

al tipo di attacco), a una altezza di 0,45-<br />

0,60 m.<br />

3.3.2 - Stabulazione libera<br />

Si tratta del sistema più efficiente, e<br />

rispettoso delle normative, per allevare le<br />

bovine da latte.<br />

Le vacche sono tenute in aree recintate<br />

con zona coperta su paglia o in cuccette<br />

e vengono munte in ambienti (le sale di<br />

mungitura) caratterizzate da migliori condizioni<br />

igienico-sanitarie; il lavoro di<br />

mungitura è facilitato; il lavoro di pulizia<br />

è ridotto al minimo o automatizzato.<br />

La stabulazione libera è adatta a ogni<br />

categoria di bovini. La tipologia dei fabbricati<br />

dipende dalle condizioni climati-<br />

33


34<br />

Alta Qualità<br />

Figura 33 – Stalla a stabulazione libera, a corpo unico,<br />

a lettiera permanente (A) o cuccette (B) (da Hoepli,<br />

1997)<br />

Figura 34 – Stalla a stabulazione libera, a corpi separati,<br />

a lettiera permanente (C) o cuccette (D) (da<br />

Hoepli, 1997)<br />

Figura 35 – Stalla a cuccette testa a testa. (CA=corsia<br />

di alimentazione; ZA=zona di alimentazione;<br />

ZR=zona di riposo; ZE=zona di esercizio; VL=vasca<br />

liquami) (da Hoepli, 1997)<br />

che e dalla piovosità che gioca un ruolo<br />

determinante sia sulla qualità della paglia<br />

consumata sia sullo spandimento del<br />

liquame. La pulizia degli animali è importante<br />

per facilitare la mungitura e l’igiene<br />

del latte. La stalla può essere a corpo unico<br />

o a corpi separati (figure 33, 34, 35)<br />

ma importante è assicurare idonee condizioni<br />

ambientali.<br />

Nei grandi allevamenti occorre dividere<br />

la mandria in gruppi (minimo 50-100<br />

capi) per permettere migliore controllo e<br />

alimentazione differenziata.<br />

3.3.2.1 - La stalla a lettiera permanente<br />

In genere è adatta per edifici aperti su<br />

almeno uno dei lati. Prevede una zona di<br />

riposo e una zona di esercizio. La zona di<br />

riposo può essere vicina a quella di alimentazione<br />

o separata da questa dalla<br />

zona di esercizio.<br />

Nella zona di riposo viene apportata<br />

paglia in ragione di 4-6 kg/giorno capo.<br />

La superficie può variare fra 4-5 m2/capo,<br />

per stabulazione solo invernale a, ottimale,<br />

6-8 m2/capo; una minore superficie<br />

comporta un maggiore consumo di<br />

paglia.<br />

Vi sono molti modi per formare la lettiera:<br />

all’inizio si costituisce una base di<br />

paglia (1/3 del consumo previsto in un<br />

ciclo di pulizia) e poi si apporta lettiera<br />

fresca giornalmente. <strong>Il</strong> materiale così ottenuto,<br />

dopo 5-6 mesi, è già idoneo per la<br />

Figura 36 – L’area a lettiera deve essere raggiungibile<br />

da un’ampia superficie per limitare il calpestio dei<br />

capezzoli, mantenere più pulite le mammelle e facilitare<br />

il lavoro di gestione della lettiera


utilizzazione agronomica diretta. Oppure<br />

si accumula lettiera, apportandola giornalmente,<br />

per 2-3 mesi e poi la si porta a<br />

maturare in letamaia.<br />

L’accesso all’area coperta dalla lettiera<br />

deve essere il più ampio possibile per consentire<br />

alle bovine il massimo sfruttamento<br />

della lettiera stessa (Figura 36).<br />

Per mantenere più pulita la lettiera e<br />

ridurre il consumo di paglia (3-5 kg/giorno<br />

per capo) è possibile realizzare un pavimento<br />

con pendenza del 6-8%. In questo<br />

caso la larghezza della zona destinata a lettiera<br />

non deve superare 6-7 m. In ogni<br />

caso la pulizia frequente del corridoio<br />

mantiene più pulita la lettiera. <strong>Il</strong> sistema<br />

è, però, poco idoneo per le vacche.<br />

3.3.2.2 - La stalla a cuccette<br />

Combina i vantaggi della lettiera con<br />

quelli della posta fissa. Si hanno: vacche<br />

più pulite e tranquille; economia di lettiera<br />

(da 0 a 1 kg/giorno capo); minor<br />

impiego di manodopera, minori inconvenienti<br />

sanitari. La zona di riposo a cuccette<br />

può essere disposta secondo due schemi:<br />

a cuccette separate (groppa a groppa)<br />

o contrapposte (testa a testa). Inoltre, in<br />

relazione alla zona di alimentazione, queste<br />

possono essere direttamente confinanti<br />

o separate dall’area di esercizio, come<br />

già indicato nel caso della lettiera.<br />

La soluzione a “cuccette contrapposte”<br />

o “testa a testa” non prevede la realizzazione<br />

di pareti e prevede invece l’uso della<br />

paglia (1-3 kg/giorno per capo).<br />

<strong>Il</strong> pavimento delle cuccette ha sottofondo<br />

in terra asciutta o calcestruzzo<br />

magro con finitura superficiale in altro<br />

materiale. Fra questi: calcestruzzo: 1:2:4,<br />

spesso 75 mm su base in sabbia posta<br />

sopra il magrone. Consigliabile un foglio<br />

di politene a tenuta fra sabbia e calcestruzzo.<br />

<strong>Il</strong> pavimento ha una pendenza verso il<br />

corridoio, fino al 3,5% (Figura 37).<br />

Nella cuccetta viene posta la lettiera: la<br />

paglia è il materiale ideale, ma si possono<br />

utilizzare sabbia, torba, cruschello, segatura,<br />

carta macinata o deiezioni disidratate.<br />

Molto apprezzati i tappetini in gomma<br />

rigida o “materassi” riempiti di ritagli di<br />

materiale elastomerico e con segatura<br />

posta sopra. La sabbia sarebbe un materiale<br />

ideale perché non fa crescere i batteri,<br />

assorbe l’umidità, fornisce un discreto<br />

Alta Qualità<br />

Figura 37 – Posizione orientativa dei divisori delle<br />

cuccette. Per tipo e dimensione dei battifianchi considerare<br />

quanto proposto in commercio<br />

appoggio e un altrettanto discreto attrito<br />

rendendo i pavimenti meno scivolosi.<br />

Purtroppo ne occorrono da 20 a 30<br />

kg/giorno per stallo e pone problemi per<br />

la gestione dei reflui. Per limitare le perdite<br />

di sabbia si può applicare al cordolo<br />

una paretina di gomma. Anche la paglia è<br />

ottima ma presenta un costo di acquisto,<br />

stoccaggio e movimentazione troppo elevato.<br />

Gradino posteriore della cuccetta<br />

(impedisce che il liquame asportato dal<br />

corridoio tracimi) è costituito da un cordolo<br />

in calcestruzzo largo 10 cm e alto 20-<br />

25 cm. Se il corridoio ha pavimento fessurato,<br />

il cordolo posteriore può essere<br />

alto 5-10 cm. In quest’ultimo caso però<br />

non si riesce ad impedire agli animali di<br />

entrare nella cuccetta all’indietro. Larghezza<br />

minima del corridoio è di 2,5 m e<br />

l’intervallo (o passaggio) con la fila successiva<br />

(ogni 30 cuccette) è di 3,6 m. In ogni<br />

passaggio va posto l’abbeveratoio (accessibile<br />

ad almeno 30 capi). L’abbeveratoio ha<br />

uno sviluppo lineare di 7,5 cm/capo.<br />

In questo modo una stalla con 4 file di<br />

cuccette è larga circa 30 m.<br />

Le dimensioni delle cuccette sono<br />

riportate in tabella 15.<br />

I divisori o battifianchi sono il componente<br />

che più caratterizza la cuccetta e<br />

vengono generalmente costruiti in tubolare<br />

metallico di 50 mm di diametro (ma<br />

anche con tavole di legno, con robuste<br />

corde e piantane metalliche ecc.). L’altezza<br />

dei battifianchi varia fra 1,05-1,2 m e<br />

sono arretrati di 15-30 cm rispetto al cordolo<br />

posteriore. <strong>Il</strong> tubo orizzontale mediano<br />

è posto a 40-50 cm da terra.<br />

La stalla a cuccette richiede una attenta<br />

osservazione del comportamento delle<br />

35


ovine, che devono sdraiarsi regolarmente<br />

e non mostrare tracce di ferite o contusioni.<br />

La vacca che sta in piedi ha problemi,<br />

ma più vacche in piedi denotano problemi<br />

alle cuccette (almeno il 90% delle vacche<br />

dovrebbe star sdraiato nelle cuccette).<br />

Le deiezioni devono cadere nel corridoio<br />

e a questo provvede un tubo trasversale,<br />

detto anche allenatore o allineatore,<br />

posto a 30-45 cm dal muro, o a 1,65 m<br />

dal cordolo, sulla parte alta in cima ai battifianchi,<br />

che fa arretrare gli animali.<br />

3.3.2.3 - Gli abbeveratoi<br />

Consentono di fornire alle bovine l’acqua<br />

di cui abbisognano.<br />

L’acqua serve, infatti, per:<br />

– la digestione dei cibi, il metabolismo e il<br />

trasporto di sostanze nutritive nel corpo;<br />

– la regolazione della temperatura corporea;<br />

– impedire la disidratazione nel caso di<br />

attacchi di dissenteria.<br />

La quantità di acqua necessaria dipende<br />

da:<br />

– tipo di foraggio (contenuto di sostanza<br />

secca) e sua quantità;<br />

– temperatura dell’acqua di abbeverata;<br />

– temperatura ambiente;<br />

– età, peso e razza delle bovine.<br />

I fabbisogni orientativi sono riportati<br />

nelle tabelle 16 e 17.<br />

Gli abbeveratoi sono di tipo collettivo<br />

a vasca a livello costante (Figura 38) o<br />

36<br />

Alta Qualità<br />

TABELLA 15<br />

Dimensioni medie consigliate per le cuccette<br />

Peso medio vacche (kg) Lunghezza (m) Larghezza (m)<br />

700 3,3-2,4 1,15-1,22<br />

400-650 2,3 1,15<br />

400 1,9 1,00<br />

Figura 38 – Abbeveratoio collettivo<br />

composti da tazze singole (1 ogni 25-30<br />

capi). La temperatura ideale dell’acqua è<br />

di 12-15 °C; occorre proteggere gli abbeveratoi<br />

contro il gelo. Gli abbeveratoi vengono<br />

posti nei passaggi fra le file di cuccette<br />

a una altezza da terra di 40-50 cm.<br />

Quelli singoli non vanno messi negli<br />

angoli per impedire concorrenza fra gli<br />

animali. L’area pavimentata attorno all’abbeveratoio<br />

deve avere discreta pendenza o<br />

essere realizzata in pavimento fessurato (le<br />

bovine in piena lattazione possono presentare,<br />

in estate, consumi d’acqua giornalieri<br />

superiori ai 100 litri).<br />

Gli abbeveratoi veri e propri vengono<br />

prodotti con forme e materiali diversi e<br />

possono essere distinti in relazione tipo di<br />

stabulazione. Vengono adottati, i modelli:<br />

– a bacinella con valvola di pressione;<br />

– a bacinella con molla di acciaio;<br />

– a vasca libera con galleggiante;<br />

– a vasca chiusa con valvole flottanti di<br />

tipo sferico.<br />

I modelli del primo tipo sono caratterizzati<br />

da una bacinella, generalmente in<br />

ghisa smaltata, installabili sia a muro sia<br />

su tubo in relazione al tipo di stabulazione<br />

e/o di stalla.<br />

3.3.2.4 - L’alimentazione delle<br />

bovine<br />

Avviene in apposita area specializzata<br />

suddivisa in zona di alimentazione, destinata<br />

agli animali e corsia di alimentazione<br />

destinata al passaggio delle macchine e<br />

dell’uomo. La zona di alimentazione ha<br />

larghezza minima di 4,3 m e pavimento<br />

pieno o fessurato. Si tratta dell’area nella<br />

quale cade la maggior parte (40-50%) delle<br />

deiezioni. Gli animali si affacciano su<br />

una mangiatoia le cui dimensioni vanno<br />

determinate in base alle dimensioni degli<br />

animali. Generalmente si considerano<br />

0,75 m di sviluppo lineare per capo. La<br />

rastrelliera va inclinata in avanti per favorire<br />

l’accesso alla mangiatoia. E’ sulla zona<br />

di alimentazione che vanno posti i ventilatori<br />

per il raffrescamento estivo (se la


ventilazione naturale non dovesse risultare<br />

sufficiente). La mangiatoia può essere<br />

dotata di rastrelliera autocatturante o<br />

meno: la scelta dipende dai criteri adottati<br />

per il trattamento dei capi infermi. La<br />

corsia di alimentazione è larga da un<br />

minimo di 2,5 a un massimo di 7,0 m in<br />

relazione alle dimensioni dell’allevamento<br />

e alle tecniche di alimentazione adottate.<br />

Con la tecnica del piatto unico è sufficiente<br />

una larghezza di 5,5 m (Figura 39).<br />

Gli elementi strutturali trasversali devono<br />

essere posti a una altezza minima di 3,8 m<br />

per consentire il passaggio dei mezzi.<br />

3.3.2.5 - La zona di esercizio<br />

E’ in realtà una zona di riposo scoperta<br />

che permette al sole di esercitare la sua<br />

azione benefica, e ciò è anche causa di problemi<br />

per le bovine che vi si sdraiano. Essa<br />

è anche l’area di deambulazione delle bovine<br />

nelle stalle chiuse. La sua estensione<br />

dipende da scelte progettuali oltre che da<br />

fattori quali: normative sul benessere animale,<br />

tipo di produzione (biologica o no),<br />

possibilità di accesso ai pascoli ecc. Per<br />

ragioni legate alla facilità di pulizia vengono<br />

preferite le aree pavimentate con calce-<br />

Alta Qualità<br />

TABELLA 16<br />

Fabbisogno d’acqua per vacche asciutte, manze e tori stabulati a diverse temperature e con peso variabile.<br />

Peso vivo (kg) Fabbisogno a temperatura Fabbisogno a temperatura Fabbisogno a temperatura<br />

da +7°C a +10°C (litri) da +10°C a +21°C (litri) da +21°C a +27°C (litri)<br />

100 9 10 14<br />

150 13 15 20<br />

200 17 19 26<br />

250 20 23 31<br />

300 23 27 36<br />

350 25 30 40<br />

400 28 32 44<br />

450 29 34 46<br />

500 30 35 47<br />

550 31 36 48<br />

600 32 37 50<br />

TABELLA 17<br />

Fabbisogno d’acqua per vacche in lattazione stabulate a diverse temperature<br />

Peso vivo (kg) Produzione giornaliera A temperatura fino a 21°C A temperatura > 21 °C<br />

di latte (kg) (litri/giorno) (litri/giorno)<br />

400 10 36 41<br />

500 10 39 44<br />

600 10 40 46<br />

400 20 45 50<br />

500 20 48 53<br />

600 20 49 54<br />

400 30 54 59<br />

500 30 56 62<br />

600 30 58 63<br />

struzzo (8 m2/capo). Tuttavia è bene<br />

affiancare ad esse, per i periodi non piovosi,<br />

dei recinti in terra (privi di sassi) cui le<br />

bovine possano accedere a loro piacimento.<br />

Quest’area ha una superficie > 12<br />

m2/capo ed è caratterizzata da forte pendenza<br />

per favorire il drenaggio. Le acque<br />

raccolte nelle aree di esercizio, anche se<br />

poco ricche in sostanza organica, vanno<br />

pompate nella vasca liquami in attesa del-<br />

Figura 39 – Le modalità di somministrazione degli<br />

alimenti hanno influenza sulle dimensioni della stalla<br />

37


lo spandimento in campo e ciò scoraggia la<br />

realizzazione di tali aree. Le pendenze della<br />

pavimentazione saranno tali da assicurare<br />

una buona evacuazione delle acque luride<br />

verso gli impianti di stoccaggio.<br />

L’area di esercizio è spesso collegata<br />

alla sala di mungitura, raccogliendo le<br />

bovine da mungere.<br />

Nel caso di stalle a corpi separati, fra<br />

zona di alimentazione e zona di riposo, l’area<br />

di deambulazione deve essere superiore<br />

a 4 m, ciò per permettere a due vacche di<br />

incrociarsi passando dietro a una bovina<br />

che sta mangiando, senza disturbarla.<br />

La forma da preferire è quella rettangolare<br />

per favorire sia il passaggio del trattore,<br />

senza far manovre, sia la installazione<br />

di un raschiatore automatico.<br />

Abbeveratoi e rastrelliere verranno<br />

posizionati in modo da non ostacolare l’asportazione<br />

delle deiezioni.<br />

Per evitare problemi di zoppie, al<br />

momento della messa in attività di una<br />

nuova stalla, il calcestruzzo nuovo deve<br />

essere neutralizzato con acido acetico o<br />

aceto (5 litri di aceto per 50 litri d’acqua<br />

ogni 100 m2 di area cementata) e sciacquato<br />

con abbondante acqua, o con liquame,<br />

almeno un mese prima dell’ingresso<br />

del bestiame.<br />

Le aree con pavimento pieno vengono<br />

realizzate in calcestruzzo battuto. Per evitare<br />

scivolosità è opportuno creare scanalature<br />

a sezione triangolare, larghe 15 mm<br />

e profonde altrettanto e distanziate fra<br />

loro di 10 cm.<br />

<strong>Il</strong> calcestruzzo va confezionato, se possibile,<br />

con ghiaia di fiume per non ferire<br />

gli unghioni delle bovine.<br />

3.3.2.6 - Area di esercizio coperta<br />

(o area di deambulazione)<br />

E’ costituita, in realtà, dai corridoi di<br />

accesso alle cuccette e la si riscontra nelle<br />

stalle del Nord Europa in cui si pratica la<br />

stabulazione invernale e il pascolo estivo.<br />

La sua estensione dipende da scelte progettuali<br />

oltre che da fattori quali: normative<br />

sul benessere animale, tipo di produzione<br />

(biologica o no) ecc.<br />

Malgrado la copertura, quest’area deve<br />

ricevere sufficiente luce e risultare ben<br />

ventilata.<br />

Le deiezioni raccolte da questa superficie<br />

dipenderanno, per quantità e qualità,<br />

38<br />

Alta Qualità<br />

dalla presenza o meno di lettiera o dal tipo<br />

di pavimentazione.<br />

L’area di deambulazione può essere realizzata<br />

su pavimento fessurato per ottenere<br />

liquame poco diluito ed evitare il raschiamento<br />

quotidiano delle deiezioni. <strong>Il</strong> fessurato<br />

è costituito da elementi in calcestruzzo<br />

armato, capaci di sopportare un carico<br />

concentrato di almeno 400 kg, ulteriormente<br />

rinforzato nel caso di passaggio di<br />

trattori (2 t/asse). Questo tipo di pavimentazione<br />

consente di ridurre in modo<br />

apprezzabile il fabbisogno di manodopera<br />

e lascia asciutti i piedi dei bovini. Inoltre,<br />

la fossa dei liquami (adottabile solo nel<br />

caso di stalle completamente aperte) posta<br />

sotto fessurato non ha impatto sul paesaggio<br />

anche se crea problemi di emissioni di<br />

NH3.<br />

<strong>Il</strong> modello più comune è del tipo a fessure<br />

longitudinali con travetto largo 12,5<br />

cm e intervallo dei travetti di 30 mm.<br />

Questo tipo di pavimentazione può generare<br />

problemi alle articolazioni delle bovine.<br />

I fessurati a fori conici sono scivolosi e<br />

più facilmente otturabili ma più confortevoli.<br />

Sono adatti per recinti pagliati con<br />

fosse sottostanti o a sistemi di sgocciolamento<br />

della lettiera senza passaggio di<br />

animali.<br />

Affinché il liquame scenda bene nella<br />

fossa occorre un calpestamento continuo<br />

e pertanto la superficie dell’area di esercizio<br />

non potrà superare i 3,5 m2/capo.<br />

La ventilazione dovrà essere particolarmente<br />

curata per limitare la diffusione di<br />

cattivi odori e gas nocivi.<br />

Un edificio con pavimentazione di<br />

questo tipo è molto specializzato e difficilmente<br />

trasformabile.<br />

Per evitare problemi di otturazione<br />

eccessiva del fessurato non è possibile utilizzare<br />

paglia lunga. Le aree di deambulazione<br />

su fessurato si trovano spesso in stalle<br />

a cuccette dotate di materassini in gomma<br />

coperti con segatura o paglia trinciata.<br />

3.3.2.7- La circolazione delle<br />

bovine<br />

Le varie aree funzionali della stalla<br />

vanno collegate in maniera tale che le<br />

bovine seguano il seguente percorso: area<br />

di esercizio ➔ area di mungitura ➔ area<br />

di alimentazione (Figura 40). E’ importante<br />

mantenere questo tipo di circolazio-


Figura 40 – Al momento della progettazione occorre<br />

riflettere molto bene sulla circolazione delle bovine<br />

all’interno della stalla che deve prevedere il passaggio<br />

dal paddock alla sala di mungitura e da questa alla<br />

zona di alimentazione<br />

ne perché le bovine, al termine della<br />

mungitura, devono rimanere in piedi in<br />

quanto il canale di deflusso del latte non<br />

è ancora sigillato. Diventa quindi più<br />

facile la sua colonizzazione nel caso di<br />

bovine che si sdraiano su superfici contaminate.<br />

Per ogni gruppo di bovine vanno previsti<br />

almeno due passaggi per accedere e<br />

tornare dalla corsia di alimentazione e<br />

non creare strozzature. Nell’organizzare la<br />

divisione per gruppi occorre ricordare che<br />

le corsie a fondo cieco, anche se ottenute<br />

con cancelli, non sono gradite dalle bovine.<br />

3.3.2.8 - <strong>Il</strong> locale mungitura<br />

Una sala di mungitura lavora 2-7<br />

h/giorno e più per 365 gg. Si tratta di un<br />

complesso specializzato con forme diverse<br />

per meglio adattarsi alle dimensioni dell’allevamento.<br />

Le vacche vanno all’operatore<br />

o alla macchina per essere munte, tutte<br />

le attrezzature sono riunite e si riduco-<br />

Alta Qualità<br />

no i movimenti dell’uomo che lavora in<br />

piedi. Gli impianti attuali hanno un gruppo<br />

di mungitura per stallo ma è possibile<br />

ottenere ottime prestazioni anche adottando<br />

impianti con un gruppo di mungitura<br />

ogni 2 stalli. La dimensione della sala<br />

dipende dal numero dei capi presenti: dalla<br />

disponibilità di manodopera; dal tempo,<br />

che viene prefissato, per completare<br />

l’operazione (2 h/munta). Un gruppo di<br />

mungitura nei diversi allevamenti munge<br />

da 4 a 7 capi/h. <strong>Il</strong> numero di gruppi che<br />

un addetto può controllare dipende da:<br />

quantità di latte prodotta dagli animali;<br />

tempo dedicato a ciascun animale, detto<br />

routine, a sua volta legato al grado di<br />

automazione scelto (tabella 18).<br />

<strong>Il</strong> sistema (edificio + impianti), nel suo<br />

insieme, deve risultare: semplice, efficiente,<br />

accessibile e facile da pulire. In particolare,<br />

la sala di mungitura deve essere<br />

ubicata in modo da facilitare l’accesso<br />

all’autocisterna senza creare problemi di<br />

carattere igienico-sanitario.<br />

L’ubicazione deve essere tale da facilitare<br />

l’allacciamento all’acqua e all’energia<br />

elettrica. Deve essere possibile garantire la<br />

evacuazione delle acque reflue e consentire<br />

l’accesso, per tutto l’anno, ai veicoli per<br />

la raccolta del latte e la fornitura dei concentrati<br />

(se vengono somministrati) senza<br />

incrociare i percorsi delle bovine e dei<br />

trattori.<br />

Particolare attenzione va posta alla<br />

protezione della sala di attesa contro il<br />

vento, soprattutto in periodo invernale,<br />

perché molto fastidioso per gli animali.<br />

La sala di mungitura nel suo complesso<br />

è formata da una zona di attesa, dalla<br />

zona di mungitura vera e propria, da un<br />

locale latte, da un locale motori, da un<br />

ufficio e dai servizi igienici (Figura 41).<br />

La zona di attesa può essere circolare<br />

(più adatta per allevamenti di grandi<br />

dimensioni) o rettangolare. <strong>Il</strong> tipo rettangolare<br />

è maggiormente diffuso da noi,<br />

TABELLA 18<br />

Produttività orientativa del lavoro in sale di mungitura diverse operanti con un solo addetto<br />

Tipo di sala Tandem Spina di pesce Pettine<br />

B A B A B A<br />

Gruppi di mungitura (n°) 3-4 4-6 6-8 8-16 12-16 16-24<br />

Produttività (n° capi munti/h per uomo)<br />

B = basso livello di automazione<br />

A = alto livello di automazione<br />

21-28 36-48 30-40 40-64 48-64 64-96<br />

39


essenzialmente per ragioni climatiche. Le<br />

sue dimensioni (1,4 m2/capo) devono<br />

essere tali da consentire il raggruppamento<br />

di un numero di animali uguale a quello<br />

che si può mungere in un’ora circa.<br />

Questo per evitare eccessivo stress agli animali<br />

in attesa (vento, calore, acqua, alimento<br />

ecc.). Deve essere realizzata in<br />

modo da favorire il passaggio alla zona di<br />

mungitura senza particolari restrizioni,<br />

specie se mancano gli spingivacche.<br />

Le vacche in attesa di entrare in zona<br />

di mungitura si comportano in modo<br />

diverso se devono ricevere il concentrato o<br />

meno. Infatti in presenza di concentrato<br />

le vacche tendono ad affollarsi all’entrata<br />

nella zona di mungitura e, il mungitore<br />

dovrà obbligare i capi eccedenti a retrocedere<br />

con ovvie perdite di tempo. Se non<br />

devono ricevere il concentrato le vacche<br />

sembrano più calme ed entrano in sala<br />

quando vedono quelle munte allontanarsi.<br />

In questo caso può, giocare un ruolo<br />

importante, sia la possibilità di vedere ciò<br />

che accade in zona di mungitura (presenza<br />

o meno di parete divisoria con la zona<br />

di attesa), sia la presenza di un pavimento<br />

inclinato (la pendenza della sala di attesa<br />

40<br />

Alta Qualità<br />

Figura 41 – <strong>Il</strong> complesso che costituisce la sala di<br />

mungitura (da Hoepli, 1997)<br />

può raggiungere il 10%) giacché le vacche<br />

tendono spontaneamente a orientarsi verso<br />

la parte più elevata. Per favorire il passaggio<br />

degli animali vanno evitati gradini<br />

e se ciò non è possibile occorre porli lontano<br />

dall’ingresso e realizzarli con alzata<br />

non superiore ai 12 cm.<br />

La zona di mungitura dovrebbe essere<br />

accessibile senza attraversare porte. Se ciò<br />

non è possibile, occorre far sì che le porte<br />

si trovino esattamente sulla direttrice del<br />

corridoio che dovrà essere percorso dagli<br />

animali.<br />

L’uscita degli animali può avvenire per<br />

una o due porte poste su un lato o sulla<br />

stessa direttrice del corridoio di mungitura.<br />

In realtà l’ingresso e l’uscita degli animali<br />

rappresentano i fattori più critici di<br />

un impianto in sala e, fra i due, l’ingresso<br />

è il più importante. Le guide tubolari che<br />

facilitano l’ingresso delle vacche devono<br />

avere dimensioni tali da consentire il passaggio<br />

di una sola vacca per volta.<br />

Per facilitare l’uscita degli animali nei<br />

grandi impianti sono stati sviluppati dispositivi<br />

che consentono il ribaltamento<br />

totale della gabbia di contenimento. In<br />

pratica, grazie a dette attrezzature è possibile<br />

far uscire un numero qualsivoglia di<br />

capi in 15-20 secondi. Lo svantaggio<br />

maggiore è rappresentato dalla maggior<br />

larghezza richiesta per il locale (> 12 m<br />

contro i 5-6 di una sala normale).<br />

Le dimensioni della zona di mungitura<br />

dipendono dalle attrezzature (gabbie e<br />

impianto di mungitura) che vengono fornite<br />

dalle diverse ditte. Spesso le dimensioni<br />

delle attrezzature di contenimento<br />

non tengono conto delle dimensioni degli<br />

animali e della loro evoluzione per cui<br />

risultano poco confortevoli.<br />

Nella scelta delle attrezzature occorre,<br />

però, ricordare che la distanza massima<br />

del capezzolo anteriore, nelle sale a spina e<br />

a pettine, non dovrebbe superare i 45 centimetri<br />

dal cordolo che separata il mungitore.<br />

Nel classico impianto a spina di pesce,<br />

gli animali si dispongono con un angolo<br />

di 25° e la larghezza della zona interessata<br />

dalle vacche sarà di 1,25 m mentre la<br />

distanza fra le vacche è di 1,15 m.<br />

La fossa del mungitore è lunga quanto<br />

il numero dei gruppi di mungitura, moltiplicato<br />

per 0,8 o 1,15 m più 1,5 m a


seconda dell’angolo e dal tipo di impianto<br />

di mungitura (se con vaso terminale nella<br />

fossa stessa ecc.). La larghezza minima,<br />

come si è detto, è di 1,5 m, ma solo per<br />

impianti di mungitura a lattodotto, basso<br />

o alto, e di 2,2 m per impianti con vaso<br />

misuratore non ubicato sotto il piano di<br />

calpestio degli animali.<br />

L’accesso alla fossa è meglio avvenga a<br />

mezzo di scala in metallo, a norma, da<br />

realizzare dopo aver inserito l’impianto di<br />

mungitura.<br />

<strong>Il</strong> drenaggio delle acque di lavaggio è<br />

meglio se naturale con frapposto sifone<br />

idraulico; se ciò non è possibile, occorre<br />

collocare una pompa per l’estrazione dell’acqua.<br />

<strong>Il</strong> posizionamento del vaso terminale,<br />

che comprende anche la pompa per il latte,<br />

è meglio se effettuato nella fossa per<br />

ragioni di controllo.<br />

Allo scopo di recuperare il latte che<br />

proviene dal tratto verticale di conduttura,<br />

occorre realizzare, sotto al vaso terminale,<br />

un apposito pozzetto.<br />

<strong>Il</strong> cordolo di protezione, che separa la<br />

corsia degli animali dalla fossa del mungitore,<br />

assolve a una doppia funzione, evitare<br />

che la fossa del mungitore si sporchi e<br />

proteggere gli animali, per evitare cadute<br />

nella fossa (e lo stesso impianto di mungitura<br />

da possibili danni causati dai piedi<br />

della vacche). Questo cordolo alto 6-8<br />

cm, può essere realizzato in calcestruzzo,<br />

in lamiera d’acciaio, in legno o essere<br />

costituito da un semplice tubo.<br />

Le gabbie di contenimento degli animali<br />

vanno realizzate tenendo conto di<br />

evitare il più possibile i montanti verticali<br />

di ancoraggio. La barriera posteriore può<br />

essere diritta o a zig-zag. Un solo tubo è<br />

sufficiente; tuttavia se ne possono installare<br />

anche due, purché si rispetti l’altezza<br />

minima di 0,5 m.<br />

Questo tubo, così come la fossa del<br />

mungitore, dovrebbe prolungarsi per 3,5<br />

m dopo l’ultima vacca - nel caso di zona<br />

di attesa incorporata in quella di mungitura<br />

- per permettere all’addetto di incitare<br />

e indirizzare le vacche verso la zona di<br />

mungitura senza bisogno di uscire dalla<br />

fossa stessa. I supporti del tubo posteriore<br />

si collocano ogni 3 m (uno viene posto<br />

all’inizio, uno alla fine e un altro alla prima<br />

posta di mungitura). <strong>Il</strong> tubo anteriore,<br />

Alta Qualità<br />

se diritto, è soggetto a maggiori sollecitazioni<br />

da parte degli animali; conseguentemente,<br />

i suoi supporti vanno collocati<br />

ogni 1,5 m. Se tubo anteriore e posteriore<br />

sono diritti, l’angolo di posizionamento<br />

degli animali viene determinato dal cancello<br />

anteriore di uscita.<br />

La larghezza libera fra tubo di contenimento<br />

anteriore e posteriore deve essere di<br />

75-85 cm.<br />

<strong>Il</strong> cancello posteriore deve possibilmente<br />

aprirsi verticalmente ma una semplice<br />

catena risponde allo scopo.<br />

Con più di 6 poste è consigliabile<br />

introdurre un sistema pneumatico di<br />

apertura e chiusura dei cancelli (minori<br />

percorsi per l’operatore).<br />

La corretta pendenza del pavimento<br />

favorisce l’evacuazione delle acque di<br />

lavaggio e delle deiezioni. La figura 42<br />

mostra quale deve essere l’andamento delle<br />

pendenze.<br />

I tipi di sala di mungitura più diffusi<br />

sono i seguenti: a tandem; a spina di<br />

pesce; a pettine; rotativi (Figura 43).<br />

Sala a tandem. Un addetto controlla<br />

tre (se non vi è particolare automazione),<br />

sei stalli. Ingresso e uscita degli animali<br />

dipendono dalla apertura dei cancelli<br />

comandata dall’operatore.<br />

Dimensioni stallo: lunghezza circa 2,5<br />

m, larghezza corridoio di passaggio: 0,85-<br />

0,9 m. Corridoio dove opera il mungitore<br />

largo 2 m. La zona dell’operatore è parzialmente<br />

infossata per evitare scale o<br />

Figura 42 – Pendenza dei pavimenti in sala di mungitura<br />

(da Hoepli, 1997)<br />

Figura 43 – Sale di mungitura a tandem (A), spina<br />

di pesce (B) e a pettine (C) e relative dimensioni<br />

orientative (da Hoepli, 1997)<br />

41


ampe di pendenza eccessiva agli animali.<br />

Sala a spina di pesce, consente maggior<br />

produttività: un addetto può controllare<br />

6-16 gruppi di mungitura. Gli animali<br />

sono posti con angolo di 25-33° rispetto<br />

alla zona del mungitore. La zona delle<br />

bovine è coperta in parte con griglia in<br />

ferro zincato per drenaggio dei liquidi di<br />

lavaggio e deiezioni. Dimensioni tipiche:<br />

larghezza piano vacche, 1,25-1,40 m (in<br />

relazione all’angolo con cui sono posti gli<br />

animali).<br />

La larghezza del corridoio mungitore è<br />

circa 2,0 m.<br />

Lunghezza piano vacche 1,0-1,15 m<br />

per stallo cui vanno aggiunti 1,20 m per<br />

tener conto del fatto che gli animali sono<br />

disposti ad angolo.<br />

Ingresso e uscita degli animali vanno<br />

curati particolarmente per aumentare la<br />

produttività. È il modello più diffuso<br />

(Figura 44).<br />

Sala a pettine, è una variante della classica<br />

sala a spina di pesce con gli animali<br />

disposti con un angolo di 90° rispetto alla<br />

fossa del mungitore. Le bovine vengono<br />

munte da dietro.<br />

<strong>Il</strong> numero dei gruppi controllabili da<br />

un addetto può arrivare a 20-24 grazie alla<br />

maggior compattezza dell’impianto (vacche<br />

distanti 0,70-0,75 m). La sola differenza<br />

dimensionale è costituita dalla maggior<br />

larghezza (~ 10 m contro i 6 m della<br />

42<br />

Alta Qualità<br />

Figura 44 – Dimensionamento orientativo di sale di<br />

mungitura a spina di pesce con angolo degli animali a<br />

25°. Alto: pianta; basso: sezione – A=condutture aria<br />

per ventilazione estiva e invernale (da Hoepli, 1997)<br />

spina di pesce) richiesta all’edificio per<br />

facilitare l’uscita rapida delle vacche munte.<br />

Per evitare questo problema si dispongono<br />

gli animali con un angolo di 60-70°.<br />

Sala di mungitura rotativa: consente a<br />

un addetto di controllare oltre 18 gruppi<br />

di mungitura. Consiste in una piattaforma<br />

(metallica circolare) su cui le bovine possono<br />

assumere diverse posizioni, a seconda<br />

dei modelli, che ruota in continuazione o<br />

ad intermittenza. Le vacche salgono individualmente<br />

e l’operatore compie tutte le<br />

operazioni di routine stando fermo. <strong>Il</strong><br />

principale tipo oggi proposto è quello a<br />

raggi (ovvero sala a pettine rotativa).<br />

Sistema robotizzato: comporta il completo<br />

cambiamento dello schema distributivo<br />

della stalla, allo scopo di controllare i<br />

percorsi delle bovine e la realizzazione di<br />

gabbie di mungitura (tipo tandem) in cui<br />

le bovine stesse vengono munte 2-5 volte<br />

al giorno. Importante è la possibilità di<br />

controllare l’alimentazione a mezzo di<br />

sistemi di distribuzione automatica. <strong>Il</strong><br />

sistema sembra adatto per operare al<br />

meglio con moduli di circa 50 - 60 capi,<br />

con produzione giornaliera complessiva di<br />

1800 – 2200 kg di latte, serviti da un<br />

robot di mungitura (Figura 45).<br />

All’uscita della sala di mungitura vengono<br />

posti i recinti per l’isolamento degli<br />

animali, che devono essere dotati di cancello<br />

comandato a distanza dalla fossa dell’operatore<br />

e vanno dimensionati sulla<br />

base di 1 ogni 20 capi presenti, e per un<br />

minimo di 3 capi. La superficie è di 2,0-<br />

2,5 m2/capo. La recinzione è costituita da<br />

tubi zincati, diametro 50 o 75 mm, e alta<br />

1,5 m. <strong>Il</strong> pediluvio, posto sui corridoi di<br />

ritorno degli animali, può essere costituito<br />

da una semplice vasca profonda 15 cm,<br />

lunga 1,5-2,5 m e larga 0,8 m. Per evitare<br />

problemi di inquinamento, è opportuno<br />

collocare, invece dell’acqua, un materassino<br />

di spugna imbevuto di soluzione disinfettante.<br />

All’uscita della sala di mungitura va<br />

posto un abbeveratoio a vaschetta di<br />

almeno 0,6 m per consentire alle bovine<br />

di bere dopo la lunga attesa prima della<br />

mungitura.<br />

Specifiche relative alle varie componenti delle<br />

sale di mungitura<br />

Indipendentemente dal tipo di sala


occorre considerare gli elementi di seguito<br />

descritti.<br />

La scelta dei materiali di finitura<br />

richiede elevata attenzione perché per la<br />

produzione di latte è necessario mantenere<br />

un elevato standard igienico. Non verranno<br />

considerati quei materiali che per<br />

loro natura (es.: quadrotti di porfido, piastrelle<br />

ecc.) non richiedono specifiche<br />

avvertenze per la posa in opera.<br />

<strong>Il</strong> calcestruzzo (e la malta di cemento)<br />

è il più importante dei materiali di finitura<br />

ma è anche il meno curato. <strong>Il</strong> calcestruzzo<br />

per pavimenti si realizza in quadri<br />

con dimensione massima di 5 x 5 m e viene<br />

livellato con una tavola di legno.<br />

Una finitura superficiale buona si<br />

ottiene con uno strato di 25 mm di malta,<br />

di sabbia e cemento, che va posta entro<br />

6 ore dalla gettata del calcestruzzo ordinario.<br />

<strong>Il</strong> suo contenuto in cemento non deve<br />

essere superiore al 10% di quello ordinario<br />

per mantenere coefficienti di dilatazione<br />

simili.<br />

Sulla superficie viene passata una spatola<br />

in legno.<br />

Le pareti vanno rifinite fino a 1,8 m di<br />

altezza con materiale che garantisce la<br />

massima igiene. L’intonaco di cemento è<br />

costituito da una parte di cemento, 1 parte<br />

di calce e 1 parte di sabbia. Calce e sabbia<br />

si miscelano all’inizio mentre il<br />

cemento viene aggregato solo al momento<br />

dell’intonacatura. La lisciatura viene fatta<br />

con spatola di legno.<br />

Nel caso di intonaci soggetti a sfregamenti<br />

da parte degli animali si usa una<br />

miscela composta da una parte di cemen-<br />

Alta Qualità<br />

to, tre parti di sabbia e 1/2 parte di sabbia<br />

e 1/2 parte di calce e si liscia con spatola<br />

di ferro.<br />

Per proteggere le pareti dagli animali è<br />

opportuno porre un tubo zincato, diametro<br />

35 mm, sporgente 25 mm a 90 cm di<br />

altezza.<br />

Intonaci e pavimenti di calcestruzzo<br />

possono essere ricoperti con opportune<br />

vernici per renderli più resistenti all’usura<br />

e all’aggressione chimica.<br />

<strong>Il</strong> soffitto va adeguatamente isolato<br />

con barriera di vapore e ventilato.<br />

Le vernici sono da preferire alle comuni<br />

piastrelle o mattonelle perché non<br />

richiedono la applicazione di uno strato di<br />

malta di supporto (minori spessori di<br />

pareti e pavimenti), sono più resistenti al<br />

gelo e all’usura meccanica, ai lavaggi ad<br />

alta pressione ecc. <strong>Il</strong> principale ostacolo<br />

posto alla diffusione di questi materiali è<br />

rappresentato dal costo iniziale che è<br />

generalmente superiore del 30-50%<br />

rispetto ai materiali tradizionali. Tuttavia,<br />

nel lungo periodo la maggior tenuta ripaga<br />

ampiamente la maggior spesa.<br />

Le vernici per i pavimenti devono possedere<br />

alta resistenza meccanica e chimica,<br />

essere antisdrucciolevoli, lavabili, non tossiche.<br />

La scelta del tipo di vertice più<br />

appropriato si basa sui requisiti della<br />

tabella 19.<br />

L’illuminazione delle sale di mungitura,<br />

richiede circa 200 lm/m? cui corrisponde<br />

una potenza installata di 6 W/ m?<br />

nel caso di tubi fluorescenti.<br />

La ventilazione della sala di mungitura<br />

nel periodo invernale è di 10 ricambi/h di<br />

Figura 45 -<br />

Stalla robotizzata<br />

(da PR, 2000)<br />

43


aria. Nel periodo estivo la ventilazione<br />

sale fino a 40 ricambi/h.<br />

<strong>Il</strong> riscaldamento della sala di mungitura<br />

dovrebbe avvenire a mezzo di aria calda<br />

soffiata dal basso per migliorare il comfort<br />

dell’operatore. La potenza termica installata<br />

varia fra 15 e 20 kW.<br />

<strong>Il</strong> pavimento può essere rivestito con<br />

resine epossidiche, piastrelle, lastre di porfido,<br />

gomma pesante per facilitare la pulizia<br />

(figura 46).<br />

Le gabbie di contenimento vengono<br />

realizzate in acciaio zincato, tubolare o<br />

scatolato.<br />

<strong>Il</strong> locale latte deve possedere le seguenti<br />

caratteristiche: superficie minima 20<br />

44<br />

Alta Qualità<br />

TABELLA 19<br />

Caratteristiche comparative di alcune vernici<br />

Proprietà Resina<br />

Gomma<br />

di lattice<br />

Epossidica Uretanica Vinilica Acrilica Alchidica<br />

Resistenza agli alcali E E O E R S<br />

Resistenza agli acidi O O O O R S<br />

Proprietà meccaniche R E E R O O<br />

Durezza e resistenza all’abrasione R O O R O R<br />

Essiccazione < 24 h E O O E E E<br />

Applicabilità > 10°C R R R R O E<br />

Applicabilità < 10°C O O O O O E<br />

Facilità di manutenzione E R R E O E<br />

Costo M A A M M B<br />

E = eccellente; O = buono; R = regolare; S = scarso; A = alto; M = medio; B = basso<br />

Figura 46 – <strong>Il</strong> pavimento in porfido è molto apprezzato<br />

dagli allevatori (da 1Z1, 2000)<br />

m2 (meglio 30); pavimento antisdrucciolevole<br />

e lavabile e con pendenza del 2%,<br />

orientata verso un sifone ubicato vicino<br />

alla porta e/o alla presa del latte nel caso<br />

sia presente un serbatoio refrigerante. Porta<br />

di accesso con larghezza minima di 2 m<br />

(Tabella 20 e figura 47).<br />

In questo ambiente deve essere evitata<br />

la installazione di motori (da porre in un<br />

locale adiacente o all’esterno, sotto una<br />

tettoia), o di qualsiasi fonte di calore.<br />

La porta di accesso ha larghezza di 2<br />

m. Sono opportune aperture per facilitare<br />

l’aerazione del gruppo frigorifero se applicato<br />

al serbatoio. <strong>Il</strong> locale va dotato di<br />

lavelli per lavaggio utensili e impianto. Va<br />

limitato l’inquinamento dovuto a motori<br />

e polveri di mangime. Se vi è un serbatoio<br />

(refrigerato o non) lasciare > 60 cm liberi<br />

attorno ad esso e 1,10 m dove è situato il<br />

rubinetto di scarico. Per inserire il serbatoio<br />

nel locale occorre porta doppia dotata<br />

di serramento amovibile. I servizi devono<br />

aprirsi in altro locale.<br />

I drenaggi vanno posti sia sotto il<br />

lavandino sia a 60 cm dal rubinetto di scarico<br />

del serbatoio del latte. Pendenza consigliabile<br />

del pavimento 1-2%.<br />

<strong>Il</strong> locale motori può essere costituito<br />

da una capannina posta all’esterno ed<br />

esposto preferibilmente a nord. La super-<br />

TABELLA 20<br />

Locale latte: dimensione del locale serbatoio e del locale motori in base alla quota latte<br />

Quota latte (t/anno) Superficie del locale Larghezza minima Lunghezza minima Superficie minima<br />

serbatoio (m2/100 t) (m) (m) Locale macchine (m2)<br />

fino a 300 5,0 3,5 2,30 10<br />

300-500 4,5 3,75 2,50 12<br />

500-700 4,0 4,00 2,60 13<br />

oltre 700 3,5 4,00 2,85 14<br />

La superficie minima per il locale latte e il locale motori è di 20 m2


Figura 47 – Caratteristiche del locale latte (da PR,<br />

2000)<br />

ficie minima è di circa 3 m2(meglio 8-10<br />

m2) <strong>Il</strong> locale deve risultare ben ventilato e<br />

facilmente accessibile e contenere le pompe<br />

per il vuoto; il gruppo motore-condensatore;<br />

il compressore. I motori possono<br />

essere posti in capannina adiacente.<br />

<strong>Il</strong> deposito materiali deve essere possibilmente<br />

fresco e buio, per meglio conservare<br />

medicinali e prodotti in gomma. Un<br />

ambiente di 2-3 m2 esposto a nord<br />

risponde allo scopo.<br />

I servizi igienici sono costituiti da due<br />

locali con vaso, doccia e lavandino, nei<br />

quali trova posto anche lo spogliatoio per<br />

gli addetti.<br />

L’ufficio (superficie minima 8m2) è<br />

particolarmente utile nel caso di mandrie<br />

con oltre 100-150 capi e per ospitare<br />

computer o altri dispositivi di controllo.<br />

I consumi energetici: in sala di mungitura<br />

la potenza installata varia da 0,5 a 1,0<br />

kW/gruppo di mungitura cui corrisponde<br />

una spesa energetica di 150-250 Wh/capo<br />

per giorno.<br />

3.3.2.9 - Lavaggio dei locali<br />

Dopo ogni mungitura lavare i locali<br />

Alta Qualità<br />

con cura insistendo particolarmente su:<br />

– le strutture metalliche (anteriormente e<br />

posteriormente);<br />

– i muri e i corridoi o le corsie;<br />

– la fossa del mungitore, attorno al vaso<br />

terminale, sulle scalette metalliche ecc.<br />

L’acqua in sala di mungitura serve a:<br />

lavare l’impianto di mungitura, il serbatoio<br />

refrigerante e i bidoni; lavare le mammelle;<br />

lavare pareti e pavimenti: refrigerare<br />

il latte; e per uso sanitario del personale.<br />

Per il lavaggio locali e attrezzature si<br />

utilizzano spazzole o idranti o lavatrici ad<br />

alta pressione.<br />

<strong>Il</strong> fabbisogno complessivo di acqua di<br />

lavaggio è di 30-130 l/capo e per giorno di<br />

cui 2/3 per lavaggio locali; riducibili a 10-<br />

15 l/capo◊giorno con attenta gestione<br />

dell’operazione di pulizia e con il recupero<br />

delle acque di risciacquo.<br />

Una buona realizzazione della sala di<br />

mungitura e una presa d’acqua ben sistemata<br />

facilitano queste operazioni. Almeno<br />

3-4 volte all’anno va effettuato un lavaggio<br />

con idropulitrice ad alta pressione,<br />

con un prodotto detergente (anche disinfettante)<br />

adatto per mantenere il locale in<br />

perfetto stato di pulizia.<br />

Per i lavaggi della sala di mungitura si<br />

possono considerare circa 60-65 l/capo<br />

giorno, con un minimo di 30-35 l/capo.<br />

giorno. Per il lavaggio della mammella<br />

sono necessari 10 l/capo. giorno di acqua<br />

a 35-45°C e per quello dell’impianto di<br />

mungitura 10 l/gruppo a temperatura ><br />

70°C.<br />

Per lavaggio impianti occorrono le<br />

seguenti quantità di acqua fredda o calda a<br />

40-60 °C (litri per gruppo di mungitura):<br />

sala di mungitura: con vasi 35; senza vasi<br />

45-65; lattodotto in stalla: 45-65 (+ 65<br />

litri ogni 30 m di lattodotto); serbatoio<br />

latte: lavaggio automatico 95-135 (><br />

1.800 l di capacità); 160-230 (> 1.800 I di<br />

capacità). Lavaggio <strong>manuale</strong> 25-70 litri.<br />

In un allevamento da 100 capi è necessario<br />

disporre di una caldaia da almeno<br />

200 l. Dato che l’intervallo fra le mungiture<br />

è di 12 h non sono necessarie grandi<br />

potenze installate.<br />

Considerando situazioni di punta si<br />

dovrebbe considerare, per un impianto<br />

nuovo, una disponibilità di acqua di 200<br />

l/capo. giorno (inclusa l’acqua necessaria<br />

per l’ abbeverata).<br />

45


Per il lavaggio delle sale di mungitura e<br />

attesa occorre una manichetta lunga almeno<br />

10-12 m e con un diametro interno di<br />

circa 37 mm. Sono necessarie 2 prese da<br />

25 mm poste una nella sala di attesa e l’altra<br />

al termine della zona di mungitura,<br />

vicino al locale latte. La portata della pompa<br />

deve essere di circa 7.000 1/h con una<br />

pressione di 1,2-2,5 kg/cm2 (1,2-2,5 bar).<br />

Nel caso in cui i pozzi non consentano<br />

di ottenere queste portate, si disporrà<br />

sopra il tetto, o a fianco dell’edificio, un<br />

serbatoio di 2-3 m3 che verrà riempito<br />

durante l’intervallo fra le mungiture Per il<br />

lavaggio dei locali è possibile impiegare<br />

l’acqua recuperata dal lavaggio dell’impianto<br />

di mungitura.<br />

Bagnare pavimento e pareti prima della<br />

mungitura favorisce la conservazione<br />

delle superfici in cemento e facilita la successiva<br />

pulizia.<br />

3.3.2.10 – La disinfezione dei piedi<br />

delle bovine<br />

Le caratteristiche del piede delle bovine<br />

mal si sposano con i sistemi di stabulazione<br />

attuali nei quali, causa il permanere<br />

delle deiezioni sulla pavimentazione, gli<br />

unghioni restano sempre a mollo in un<br />

ambiente altamente settico.<br />

46<br />

Alta Qualità<br />

Figura 48 – Trattamento disinfettante dei piedi delle<br />

bovine durante l’attesa mungitura (da Kovex Foam<br />

System, 2002)<br />

Per questo occorre o pulire frequentemente<br />

le aree di stabulazione per ridurre il<br />

materiale fecale che giace sul pavimento, o<br />

effettuare interventi di prevenzione disinfettando<br />

frequentemente i piedi degli animali<br />

e procedendo a regolare mascalcia.<br />

Per ottenere una frequente pulizia<br />

occorre disporre di un idoneo sistema<br />

automatico di asportazione che rimane<br />

praticamente in funzione per tutto l’arco<br />

della giornata.<br />

A livello di disinfezione, abbandonato<br />

da tempo, il bagno podale in sala di attesa,<br />

viene proposta ora, l’immersione dei<br />

piedi stessi in un materassino di schiuma,<br />

a base di acido peracetico (Figura 48).<br />

Le schiume staccano lo sporco presente<br />

sui piedi degli animali sanitizzando sia i<br />

piedi stessi sia il pavimento.<br />

I prodotti, per agire hanno bisogno di<br />

tempo, da 5 a 30, e ciò significa sfruttare<br />

i tempi concessi dall’attesa mungitura.<br />

Per trattamento collettivo della dermatite<br />

digitale (malattia di Mortellaro)<br />

occorrono almeno 22 settimane sulla base<br />

di un opportuno protocollo (es.: fase di<br />

stabilizzazione: 8 settimane – 1 settimana<br />

di trattamento ogni 2; fase di mantenimento:<br />

14 settimane – i primi 3 giorni di<br />

ogni quindicina). Ciò consente di ottenere<br />

un tasso di guarigione di oltre il 90% e<br />

di ridurre a meno del 10% il tasso di nuove<br />

infezioni.<br />

<strong>Il</strong> successo di questo concetto deriva<br />

dalla combinazione dei seguenti vantaggi:<br />

– la schiuma consistente rimane attaccata<br />

ai piedi dei bovini;<br />

– il tempo di azione in sala di attesa è sufficiente<br />

a garantire efficacia all’azione<br />

del prodotto;<br />

– la semplicità del trattamento ne consente<br />

un regolare impiego;<br />

– lo smorzamento dei rumori.<br />

E’ evidente che l’uso di un simile sistema<br />

è possibile solo in sale di attesa con<br />

pavimento piano e pieno. Oppure è possibile<br />

realizzare una sala di pre-attesa piana<br />

seguita da una sala di attesa inclinata.<br />

3.3.2.11 - I locali accessori<br />

Sono indispensabili per consentire una<br />

corretta gestione della mandria. La loro<br />

collocazione ideale è nei pressi della sala di<br />

mungitura.<br />

<strong>Il</strong> recinto parto: l’igiene dell’ambiente


in cui avviene il parto condiziona la capacità<br />

di resistenza del vitello, la sua ulteriore<br />

crescita e la salute della bovina.<br />

Un locale o recinto per il parto ogni 25<br />

capi è necessario per accogliere le vacche<br />

prossime al parto. E’ meglio prevedere più<br />

recinti nel caso di parti sincronizzati.<br />

Ciascun recinto deve avere una superficie<br />

sufficiente (minimo 20 m2) e nessun<br />

lato di dimensione inferiore a 3,5 m per<br />

facilitare gli interventi sulle bovine. Per<br />

evitare rischi di scivolamento delle bovine,<br />

il pavimento non deve essere liscio ma va<br />

coperto con sufficiente paglia. <strong>Il</strong> recinto<br />

parto sarà separato dall’area di riposo delle<br />

vacche da recinti metallici e non da<br />

muri pieni. Ciò per diminuire lo stress<br />

degli animali, mantenendo un contatto<br />

visuale e olfattivo con i loro congeneri.<br />

Esso deve comprendere le attrezzature<br />

necessarie al confort degli animali e alla<br />

sicurezza del personale che deve intervenire<br />

(allevatore, veterinario ecc.): mangiatoia,<br />

rastrelliera, anello d’aggancio, paranco<br />

di sollevamento, sistema di contenimento,<br />

abbeveratoio, materiali per il parto,<br />

uno dei lati deve essere completamente<br />

apribile e accessibile al trattore.<br />

Dopo ciascun parto il recinto verrà<br />

svuotato, lavato e disinfettato.<br />

Un recinto per inseminazione verrà<br />

posto di preferenza all’uscita della sala di<br />

mungitura per separare le vacche in calore<br />

con un accesso specifico per l’inseminatore.<br />

L’infermeria: è destinata agli animali<br />

malati, è un locale molto specifico che<br />

deve essere diverso dalla zona parto.<br />

Anch’esso va posto non lontano dalla sala<br />

di mungitura al fine di poter mungere gli<br />

animali malati, sia al momento dell’ultimo<br />

passaggio in sala di mungitura, sia nello<br />

stesso locale infermeria, installandovi<br />

una conduttura del vuoto.<br />

<strong>Il</strong> locale dovrà essere imperativamente<br />

pulito e disinfettato dal momento dell’uscita<br />

dell’animale ed è caratterizzato da<br />

pavimento in calcestruzzo, muri pieni,<br />

accesso verso l’esterno per evacuare facilmente<br />

il letame e isolare l’animale malato<br />

dagli altri.<br />

3.3.2.12 - Asportazione delle<br />

deiezioni<br />

<strong>Il</strong> liquame, che proviene da:<br />

– area di esercizio confinante con un’area<br />

Alta Qualità<br />

a lettiera delimitata da cordolo;<br />

– area di esercizio esterna;<br />

– corridoio di accesso alle cuccette con<br />

basso consumo di paglia o con materassini,<br />

– può cadere in fossa sottostante il pavimento<br />

fessurato, oppure può essere<br />

raschiato da pavimenti pieni e spinto in<br />

una fossa da cui potrà essere pompato<br />

alle vasche di stoccaggio.<br />

Trasferimento del liquame verso le opere<br />

di stoccaggio: sarà tanto più facile quanto<br />

minore è la presenza di paglia e può avvenire:<br />

– per gravità nelle condutture, idonea fino<br />

a distanze di 50 m in tubi di grande diametro<br />

preferibilmente in PVC (∆ 300 o<br />

400 mm, con pendenza superiore al<br />

3%). E’ preferibile, in queste condutture,<br />

inserire acque poco inquinate per<br />

favorire lo spostamento del materiale;<br />

– per canaletta con liquame flottante che<br />

permette lo spostamento autonomo. <strong>Il</strong><br />

liquame galleggia e avanza sulla parte<br />

liquida delle deiezioni. Una soglia posta<br />

sulla testata della canaletta consente di<br />

mantenere uno strato liquido minimo<br />

di 30 cm (Figura 49);<br />

– per pompa di trasferimento: permette<br />

l’omogeneizzazione e il trasferimento<br />

del liquame da una prefossa al bacino di<br />

stoccaggio di maggiori dimensioni. La<br />

scelta del tipo di pompa dovrà essere<br />

studiata attentamente considerando i<br />

seguenti parametri:<br />

– viscosità dei liquami e presenza di<br />

paglia;<br />

– altezza di innalzamento, lunghezza della<br />

conduttura e perdite di carico;<br />

– diametro della conduttura;<br />

– portata e frequenza del trasferimento;<br />

– fonte di energia per l’azionamento della<br />

pompa (motore elettrico o trattore).<br />

Figura 49 – Sistema di cunettoni per l’evacuazione<br />

dai reflui<br />

47


<strong>Il</strong> liquame paglioso, o liqui-letame o<br />

letame fluido, deriva dalla raschiatura della<br />

zona di alimentazione o dal corridoio di<br />

accesso a cuccette con basso consumo di<br />

paglia. Questo materiale, accumulato su<br />

platea, non raggiunge 1 m di altezza e ha<br />

la tendenza ad adagiarsi. Si tratta di un<br />

prodotto difficile da gestire così com’è e si<br />

dovrà operare per ottenere un letame più<br />

compatto o un liquame, utilizzando pratiche<br />

diverse di gestione della lettiera o<br />

attraverso la separazione della frazione<br />

solida delle deiezioni.<br />

Evacuazione del liquame a mezzo di<br />

raschiatori: le forze che si esercitano sui<br />

raschiatori sono meno forti rispetto al letame.<br />

I raschiatori a cavo, a catena, a barra o<br />

semoventi possono essere utilizzati senza<br />

difficoltà. Più i corridoi sono lunghi e<br />

maggiore dovrà essere la frequenza con cui<br />

azionare i raschiatori per evitare tracimazioni<br />

dentro le cuccette (figura 50).<br />

I liquami poco pagliosi hanno la tendenza<br />

a cavalcare i raschiatori o a passare<br />

sotto di essi. Le pale del raschiatore<br />

48<br />

Alta Qualità<br />

Figura 50 – Fossa di ricevimento dello stallatico e del<br />

liquame paglioso<br />

Figura 51 – Modalità per la movimentazione del<br />

letame (da BTPL, 2001)<br />

dovranno essere sovente controllate e le<br />

canalizzazioni dovranno favorire l’invio<br />

delle deiezioni verso le strutture di stoccaggio.<br />

<strong>Il</strong> movimento alternativo del raschiatore<br />

fa convogliare e scaricare le deiezioni<br />

in una canaletta sottostante che le porta,<br />

poi, a una vasca di raccolta. Questa soluzione<br />

– richiede 30±40 W/m di lunghezza<br />

di trasporto e si muove a velocità di<br />

0,1±0,2 m/s – necessita di attenta manutenzione<br />

anche se ridotta al minimo. La<br />

produttività di lavoro sale a 50±60<br />

capi/addetto per ora, inclusa la pulizia<br />

della parte posteriore delle cuccette.<br />

Separazione delle fasi e ripresa del materiale:<br />

come accennato, per consentire una<br />

buona gestione di questi prodotti è necessaria<br />

la separazione delle fasi solida e liquida<br />

possibilmente prima del trasferimento<br />

verso le strutture di stoccaggio.<br />

La separazione può essere fatta al<br />

momento della raschiatura, per sgocciolamento<br />

su area con pavimento fessurato o<br />

per spremitura meccanica (es. con pistone).<br />

Le opere per lo stoccaggio: se non può<br />

essere realizzata la separazione fra le fasi<br />

liquide e solide, la soluzione più adatta è la<br />

realizzazione di una idonea fossa. Le deiezioni<br />

solide e liquide vengono spinte nella<br />

stessa fossa e ciò creerà problemi al<br />

momento della ripresa e dello spandimento.<br />

Questa soluzione può convenire a chi<br />

utilizza forconi o benne per sollevare il<br />

letame. E’ preferibile non vuotare mai<br />

completamente la fase liquida. Questo<br />

permette alla fase solida di galleggiare e di<br />

distribuirsi meglio su tutta la superficie<br />

della fossa. Per la stessa ragione è preferibile<br />

riempire la fossa da pareti verticali e<br />

non da un piano inclinato (figura 51).<br />

Questo tipo di fossa riceve e trattiene<br />

le acque di pioggia e presenta un rapporto<br />

sfavorevole fra volume utile e volume<br />

totale. Esso presenta ugualmente delle difficoltà<br />

di realizzazione pratica e di tenuta<br />

nel caso di volumi elevati.<br />

<strong>Il</strong> letame paglioso è quello che, posto<br />

su letamaia, può essere impilato senza<br />

problemi fino a oltre 2 m di altezza. Questi<br />

letami possono provenire: da stalle a<br />

stabulazione fissa con paglia, da stalle a<br />

stabulazione libera con lettiera permanente,<br />

da aree a lettiera inclinata per manze o


per bovini da carne; dall’area confinante<br />

fra lettiera e zona di esercizio; dalla corsia<br />

di accesso di cuccette groppa a groppa con<br />

paglia (oltre 3 kg/giorno di paglia per cuccetta);<br />

dalla corsia di cuccette testa a testa,<br />

se le deiezioni vengono separate prima<br />

dello stoccaggio. Tutti i letami producono<br />

liquidi di sgrondo, colaticci, che devono<br />

essere stoccati in apposita cisterna separata<br />

(figura 52).<br />

Evacuazione del letame: l’evacuazione<br />

dalle aree di riposo e di esercizio si effettua<br />

utilizzando caricatori frontali o lame spingitrici<br />

(queste ultime montate anteriormente<br />

o posteriormente) accoppiabili a<br />

trattori. Nel caso delle aree di riposo, tuttavia,<br />

tale operazione viene svolta con frequenza<br />

molto rarefatta. L’impegno di<br />

lavoro relativo (ogni qualche settimana o<br />

anche ogni qualche mese), risulta dell’ordine<br />

di 1,0, 1,5 ore-uomo/capo-anno.<br />

<strong>Il</strong> trattore, munito di raschiatore, viene<br />

dedicato a questa funzione per ragioni<br />

igieniche e per evitare le manovre di montaggio/smontaggio<br />

del raschiatore. Malgrado<br />

il maggior investimento iniziale, i<br />

raschiatori automatici, ruspette, sono da<br />

preferire perché permettono di effettuare<br />

più interventi giornalieri senza spostare<br />

cancelli e senza disturbare gli animali.<br />

Questi raschiatori necessitano, tuttavia, di<br />

regolare controllo e manutenzione. <strong>Il</strong> letame<br />

paglioso esercita resistenze rilevanti e<br />

asimmetriche sui bracci del raschiatore. E’<br />

dunque meglio scegliere un sistema con<br />

asta a moto alternato, mosso da circuito<br />

idraulico.<br />

La scelta si orienterà su un raschiatore<br />

a V o su un raschiatore a U con braccio<br />

perpendicolare diritto, pesante e con all’estremità<br />

alette incernierate. Con questo<br />

tipo di letame diventa problematica l’utilizzazione<br />

dei raschiatori in tratti di edificio<br />

di lunghezza superiore a 80 m.<br />

I raschiatori hanno tendenza a lisciare<br />

il pavimento e a renderlo scivoloso. E’<br />

consigliabile rigare le aree pavimentate<br />

prima della messa in funzione dell’edificio<br />

(Figura 53).<br />

Trasferimento verso le aree di accumulo:<br />

si possono adottare diversi sistemi per<br />

trasferimento: diretto o per ripresa meccanica.<br />

<strong>Il</strong> trasferimento diretto in letamaia<br />

posta allo stesso livello del corridoio<br />

raschiato necessita una ripresa, con benna<br />

Alta Qualità<br />

montata su trattore, almeno una o due<br />

volte alla settimana per accumulare correttamente<br />

il letame.<br />

La caduta su una letamaia sottostante,<br />

se lo permette la orografia del terreno,<br />

presenta il vantaggio di una miglior separazione<br />

della frazione liquida dalla fase<br />

solida. Essa necessita di interventi di<br />

ripresa meno frequenti nella letamaia.<br />

I sistemi di ripresa a mezzo di piccoli<br />

raschiatori o catene, sono complessi,<br />

costosi da mantenere, sensibili al gelo e<br />

non esimono dall’intervento periodico in<br />

letamaia con il trattore. Essi però permettono<br />

il trasferimento automatico del letame<br />

raschiato quando la letamaia non può<br />

essere situata sul prolungamento della<br />

stalla.<br />

I sistemi a pressione con pistone sono<br />

meno delicati di quelli a catena e non<br />

sono sensibili al gelo. <strong>Il</strong> letame è spinto da<br />

Figura 52 – Modalità di riempimento della fossa<br />

Figura 53 – Pavimento con rigature per limitare lo<br />

scivolamento delle bovine<br />

49


un pistone idraulico in una conduttura<br />

sotterranea, che può essere lunga oltre 50<br />

m, che arriva in centro alla letamaia. Questa<br />

installazione lascia una grande libertà<br />

di collocazione delle piattaforme di stoccaggio<br />

e libertà di circolazione attorno ad<br />

esse. La condotta interrata permette anche<br />

l’attraversamento di strade (figura 54).<br />

Flushing: sistema idraulico di evacuazione<br />

che consiste nell’invio periodico di<br />

forti flussi di acqua sul pavimento con<br />

conseguente elevata diluizione delle deiezioni.<br />

Ciò comporta sovradimensionamenti<br />

delle vasche di stoccaggio. E’ poco<br />

utilizzato perché va adottato solo su edifici<br />

appositamente progettati (figura 55). <strong>Il</strong><br />

sistema, nel caso di problemi sanitari, può<br />

favorire la diffusione di germi patogeni.<br />

Fessurato: permette di affrancarsi dal<br />

vincolo del raschiamento ma necessita di<br />

fosse più costose sotto le quali va realizzato<br />

un sistema di canalette che fa spostare<br />

il materiale solido per flottazione (figura<br />

56).<br />

I sistemi a ricircolo (figura 57) di parte<br />

dei liquami a mezzo di apposite pompe<br />

con portate di 50±60 l/s consentono di<br />

ottenere liquami più concentrati anche se<br />

presentano spesso problemi di intasamento.<br />

Soluzioni più complete, in merito,<br />

prevedono:<br />

– un dispositivo ossigenatore sommerso<br />

nella vasca esterna di accumulo, avente<br />

il compito di facilitare il processo di<br />

degradazione della sostanza organica<br />

(maturazione) con conseguente deodorizzazione<br />

del liquame;<br />

50<br />

Alta Qualità<br />

Figura 54 – Lo stallatico (liquame paglioso o letame<br />

fluido) può essere agevolmente pompato verso le opere<br />

di stoccaggio, facilitando il lavoro (da BTPL, 2001)<br />

– una pompa di prelievo del liquame parte<br />

del quale viene riciclato nella cunetta<br />

disposta sotto il pavimento della stalla,<br />

provvedendo così all’asportazione di un<br />

materiale più o meno concentrato.<br />

<strong>Il</strong> tutto richiede l’installazione di<br />

potenze di 10±15 W/m3 di vasca. Soluzioni<br />

analoghe possono essere utilizzate<br />

anche su pavimenti pieni.<br />

Vasche di stoccaggio: possono avere<br />

Figura 56 – <strong>Il</strong> flushing, molto diffuso negli USA,<br />

richiede una progettazione specifica della stalla<br />

Figura 57 – Percorso del liquame sotto il pavimento<br />

fessurato (da BTPL, 2001)<br />

Figura 58 – <strong>Il</strong> ricircolo dei liquami è stato più volte<br />

proposto come mezzo per la veicolazione delle deiezioni,<br />

ma presenta problemi manutentivi ancora irrisolti<br />

(da Pellizzi, 1996)<br />

Figura 59 – L’agitazione del liquame dovrà protrarsi<br />

per periodi più o meno lunghi in relazione alla forma<br />

della vasca


forma diversa (a pianta circolare, ellittica,<br />

quadrata, rettangolare, trapezoidale) per<br />

ragioni aziendali ma occorre considerare<br />

che al momento della agitazione del liquame,<br />

per omogeneizzare il prodotto da<br />

spandere, l’operazione potrà protrarsi per<br />

un tempo più o meno lungo in relazione<br />

alla forma della vasca stessa (Figura 59).<br />

3.3.2.13 –La disinfezione delle<br />

superfici di allevamento<br />

Le superfici a contatto con gli animali<br />

o con i loro escrementi o fluidi organici<br />

vanno periodicamente disinfettati per<br />

ridurre la presenza di microrganismi<br />

potenzialmente patogeni. I prodotti<br />

potenzialmente impiegabili sono molti e<br />

va posta molta attenzione al loro uso<br />

(tabella 21)<br />

4 - IL COSTO DELLA STALLA<br />

4.1 – Premessa<br />

L’investimento in edifici strumentali,<br />

per alcuni tipi di aziende a indirizzo zoo-<br />

Alta Qualità<br />

tecnico, esclusi i cosiddetti allevamenti<br />

senza terra, risulta compreso tra il 30% e<br />

il 50% del valore del terreno agrario. Inoltre,<br />

stalle e fabbricati a esse connessi condizionano<br />

il bilancio aziendale per l’influenza<br />

che hanno su:<br />

– quantità e qualità della produzione;<br />

– indice di trasformazione degli alimenti;<br />

– produttività del lavoro di macchine e<br />

impianti;<br />

– consumi energetici;<br />

– costi fissi di produzione.<br />

La possibilità di risparmiare in modo<br />

significativo solo sul costo delle stalle è,<br />

forse, poco realistica e occorre fare attenzione<br />

che strutture edilizie inadeguate,<br />

portano a gravi ripercussioni sul bilancio<br />

globale dell’azienda. Infatti, vengono<br />

indirettamente interessati i costi dell’alimentazione<br />

per la riduzione dell’indice di<br />

conversione, i costi della manodopera e<br />

delle macchine, per il loro impiego irrazionale,<br />

il valore della produzione, per le<br />

precarie condizioni igieniche e sanitarie e<br />

per il calo della produzione.<br />

Ne deriva che il costo per unità di pro-<br />

TABELLA. 21<br />

Basi razionali e metodi d’impiego dei disinfettanti nella lotta contro le malattie trasmissibili (Cancellotti , 1986).<br />

CONDIZIONE O LUOGO<br />

STALLA VUOTA<br />

PRODOTTI CONSIDERATI Concentrazione<br />

d’uso<br />

Impiego<br />

- Disinfezione di base - Derivati fenolici e cresolici<br />

- Derivati aldeidici: soluzione acquosa<br />

4% Pavimenti<br />

saponosa di formalina 2% Pareti<br />

- Clorexidina in soluzione acquosa 1%<br />

- Disinfezione dopo malattia - Composti dell’ammonio quaternario:<br />

benzoxomio cloruro in soluzione acquosa 1%<br />

- Insetticidi a scopo<br />

C.s.<br />

- Composti a base di esteri fosforici<br />

C.s. C.s.<br />

profilattico<br />

ANIMALI PRESENTI<br />

0,5-1% Tutte le superfici<br />

- Disinfezione in caso di - Iodofori 1% Tutte le superfici 1 o 2<br />

pericolo d’infezione volte per settimana<br />

- Lavaggio animali - Sali quaternari d’ammonio 2-4% Mammella prima del parto<br />

- Disinfezione mangiatoie e<br />

2% Ogni giorno<br />

abbeveratoi<br />

- Pulizia e disinfezione<br />

- Sali quaternari d’ammonio 1%<br />

attrezzature di stalla - Iodofori 0,5-1% Una volta per settimana<br />

Tutte le superfici<br />

- Lotta contro ectoparassiti<br />

ULTERIORI MISURE<br />

- Esteri fosforici se necessario<br />

- Lotta ai funghi nei sili Iodofori 2% Superficie interna dei sili<br />

ogni 6-8 settimane<br />

- Mezzi di trasporto<br />

- Vasche di disinfezione<br />

Derivati aldeidici 2% Dopo ogni viaggio<br />

all’ingresso della stalla Derivati fenolici e cresolici 4% Cambiare ogni 3-6 giorni<br />

51


dotto può aumentare, ai limiti estremi,<br />

del 30%.<br />

Occorre ricordare che, per quanto<br />

attiene il rapporto fra edificio e ambiente,<br />

nei bovini da latte, l’indice di trasformazione<br />

cala dell’1% per ogni grado di<br />

abbassamento della temperatura al di sotto<br />

di quella critica inferiore (che è, però,<br />

nelle nostre zone, abbastanza bassa da non<br />

creare problemi) e al di sopra di quella critica<br />

superiore.<br />

Considerando che il costo dell’alimentazione<br />

può rappresentare fino al 50% del<br />

costo totale di produzione, risulta chiaro<br />

che variazioni nel coefficiente di trasformazione<br />

come quelle indicate possono<br />

avere rilevanti conseguenze sul bilancio<br />

aziendale. Va, però, considerata la durata<br />

massima del periodo sfavorevole.<br />

Una voce del costo di produzione sulla<br />

quale i ricoveri hanno diretta influenza<br />

é quella relativa all’impiego di manodopera.<br />

Infatti, si ha una enorme variazione del<br />

modulo zootecnico (numero di capi<br />

dominabili da un uomo) considerando<br />

ricoveri più o meno sofisticati.<br />

“Capitale sostitutivo” la quantità di<br />

capitale (rappresentato da macchine,<br />

attrezzi e impianti) la cui quota annua di<br />

ammortamento é pari a quella della<br />

manodopera risparmiata. Si tratta cioè,<br />

della cifra massima che si può convenientemente<br />

investire, una volta capitalizzata,<br />

in edifici e attrezzature per risparmiare<br />

una certa quantità di lavoro.<br />

I ricoveri incidono direttamente sul<br />

bilancio aziendale attraverso la loro quota<br />

di ammortamento.<br />

<strong>Il</strong> costo d’uso della stalla per vacche da<br />

latte (ammortamento + manodopera +<br />

energia + manutenzione), incide sul costo<br />

di produzione per l’8-12%.<br />

Orientativamente il costo iniziale della<br />

stalla deve essere ripagato con la produzione<br />

ottenibile in 8-12 mesi. Perciò più<br />

costa la stalla e maggiore deve essere l’ammontare<br />

della produzione .<br />

Costruire una stalla rappresenta un<br />

investimento importante per un allevamento<br />

da latte. L’incidenza della stalla sul<br />

costo del litro di latte è di 15-40 centesimi<br />

per la durata del periodo di ammortamento<br />

(10 e 15 anni ).<br />

E’ dunque importante stimare fin dall’inizio<br />

l’ordine di grandezza del costo del-<br />

52<br />

Alta Qualità<br />

la stalla per definire la capacità massima di<br />

indebitamento dell’allevatore e orientare<br />

la riflessione verso soluzioni accettabili sul<br />

piano finanziario.<br />

4.2 - Tempi di lavoro<br />

In relazione al tipo di stabulazione e al<br />

livello di meccanizzazione, passano da 25<br />

a 10 min/capo/giorno (e meno). Ciò<br />

significa dominare da 15 a 40 capi/giorno<br />

per unità lavorativa. <strong>Il</strong> 50-80% del tempo<br />

è destinato alla mungitura. <strong>Il</strong> 10-20% al<br />

governo degli animali e asportazione deiezioni<br />

e 20-40% all’alimentazione.<br />

I tempi di lavoro e i conseguenti fabbisogni<br />

di manodopera possono essere<br />

disaggregati in relazione alle attività che si<br />

svolgono nell’allevamento. Tempi medi di<br />

lavoro indicativi, riferiti ai diversi tipi di<br />

stalla, sono riportati nella tabella 22.<br />

4.3 - <strong>Il</strong> costo della stalla nuova<br />

<strong>Il</strong> costo di una stalla nuova, chiavi in<br />

mano, può variare fra 2.500 e 5.000 euro<br />

per vacca, compresi i sili e le opere per lo<br />

stoccaggio delle deiezioni. <strong>Il</strong> prezzo dipenderà<br />

dal tipo di edificio, dalla sua localizzazione,<br />

dalle scelte tecniche, dai costi di<br />

sistemazione dei terreni (eventuali terrazzamenti,<br />

allacciamento alla rete idrica,<br />

elettrica ecc.).<br />

I valori per capo su cui orientarsi sono<br />

i seguenti:<br />

– sala di mungitura: 1.800-2.500 euro<br />

per stallo (considerare che la mungitura<br />

dovrebbe durare fra 1,5 e 2,0 ore e che<br />

normalmente vi sono da 10 a 12 capi<br />

per gruppo di mungitura);<br />

– edificio per la mungitura da 1.800 a<br />

2.500 euro per stallo;<br />

– stabulazione animali da 900 a 1.600<br />

euro per capo;<br />

– silo da silomais, 30 euro per metro cubo<br />

insilato;<br />

– silo concentrati da 300 a 450 euro per<br />

capo;<br />

– cuccette: oltre 250 euro per vacca;<br />

– fosse sotto fessurato: circa 300 euro per<br />

vacca;<br />

– raschiatore liquami: circa 250 euro per<br />

vacca;<br />

– stoccaggio reflui (liquami): da 300 a<br />

600 euro per vacca.


TABELLA 22<br />

Tempi medi di lavoro per differenti tipi di stalle.<br />

Alta Qualità<br />

Stalla Modalità di esecuzione operazioni Tempo<br />

tot. medio<br />

N. capi Tipo e disposizione Alimentazione Pulizia e governo Mungitura (min/capogiorno)<br />

10 Fissa, in fila unica, con Manuale Manuale con carriola Con carrello mobile 28-32<br />

corsia di alimentazione a un secchio<br />

Fissa, groppa a groppa, Manuale Manuale con carriola Manuale 34-40<br />

con corsia unica<br />

centrale<br />

20 Fissa, in fila unica, con Meccanica, Meccanica, Con carrello mobile 22-26<br />

corsia di alimentazione con trasportatore con trasportatore a un secchio<br />

Fissa, groppa a groppa, Manuale Meccanica, Con carrello mobile 30-34<br />

con corsia unica con trasportatore a un secchio<br />

centrale<br />

40 Fissa, testa a testa, Meccanica, con carro Meccanica, Con carrello mobile 16-20<br />

con corsia di autoscaricante con trasportatore a due secchi<br />

alimentazione o trasportatore<br />

Fissa, testa a testa, Meccanica, con carro Asportazione Con carrello mobile 14-18<br />

senza lettiera e autoscaricante idraulica a due secchi<br />

pavimento fessurato o trasportatore<br />

Libera con lettiera Alla posta, con carro Trattore con pala Con sala a 4 poste 10-12<br />

permanente autoscaricante frontale a tandem<br />

o trasportatore<br />

80 Fissa, testa a testa, con Meccanica, con carro Meccanica, con Fissa alla posta con 12-16<br />

corsia di alimentazione autoscaricante trasportatore 4 gruppi<br />

o trasportatore<br />

Fissa, testa a testa, Meccanica, con carro Asportazione Sala a spina di pesce 10-12<br />

senza lettiera e autoscaricante idraulica a 8 poste<br />

pavimento fessurato o trasportatore<br />

Libera con lettiera Autoalimentazione Trattore con pala Sala a spina di pesce 6-8<br />

permanente pascolo frontale a 8 poste<br />

53


Allegati<br />

Allegato A<br />

La ventilazione delle stalle<br />

A.1 – <strong>Il</strong> fabbricato<br />

<strong>Il</strong> fabbricato all’interno del quale vengono sistemate le bovine (su lettiera o in cuccette)<br />

deve garantire buone condizioni ambientali, soprattutto per quanto attiene<br />

alla ventilazione invernale ed estiva, alla luce, alla evacuazione delle deiezioni, al<br />

movimento degli animali ecc. In realtà le diverse componenti dei fabbricati devono<br />

essere fra loro armoniosamente correlate per evitare che un singolo fattore possa<br />

compromettere il funzionamento dell’intero sistema.<br />

Per la definizione planimetrica della stalla, occorre ricordare che per favorire la circolazione<br />

dell’aria non si devono mettere troppe file di cuccette: meglio 4 file invece<br />

che 6 o più. L’effetto della ventilazione di fa sentire sulla frequenza respiratoria:<br />

67 cicli/min (con 4 file); 72 cicli/min (con 6 file), e ciò sta a significare una minore<br />

presenza di ossigeno nell’aria e, quindi la necessità di incrementare la ventilazione.<br />

In generale, l’edificio deve risultare il più possibile aperto per favorire la circolazione<br />

dell’aria. Quindi, niente pareti laterali (o semplici o muretti di arresto per le bovine).<br />

Solo il lato nord può essere parzialmente chiuso. Le pareti laterali devono essere<br />

alte oltre 5 m e aperte per almeno 3,5 m. <strong>Il</strong> tetto deve avere una pendenza superiore<br />

al 33%, ovvero deve elevarsi di 1 m ogni 3 m. <strong>Il</strong> che significa, per una stalla a<br />

6 file di cuccette larga circa 38 m, una altezza al colmo di oltre 12 m. Peraltro le stalle<br />

tradizionali presentano tetti con pendenze decisamente più elevate e, dove possibile,<br />

si deve far riferimento ad esse.<br />

Lo scarico dell’aria al colmo avviene lungo una apertura continua che occupa l’1,7%<br />

della superficie coperta. In caso di eccesso di ventosità, le pareti laterali possono<br />

essere protette sia con teli avvolgibili in plastica, sia con reti permeabili (la percentuale<br />

di apertura va rapportata in modo inverso alla velocità del vento).<br />

In pratica, durante l’estate, occorre assicurare 40-60 ricambi all’ora che possono<br />

scendere a 4 nei periodi più freddi.<br />

Per favorire la ventilazione estiva per effetto camino occorre che l’aria venga riscaldata<br />

anche con il contributo del sole e, pertanto, è opportuno evitare l’isolamento<br />

del tetto, ma ciò può portare a problemi di condensa nel periodo invernale.<br />

Migliori condizioni ambientali comportano una maggior ingestione di sostanza secca:<br />

ciò si traduce in una maggiore produttività.<br />

A.2 - La ventilazione della stalla<br />

Serve a modificare il rapporto fra i costituenti dell’aria (problema invernale) e a sottrarre<br />

calore agli animali (problema estivo).<br />

La ventilazione può essere:<br />

– naturale (se sfrutta il vento o le differenze di temperatura);<br />

– meccanica (se utilizza ventilatori).<br />

Una vacca di 650 kg in inverno elimina oltre 12 litri di acqua al giorno sotto forma<br />

di vapore acqueo, ovvero l’equivalente di 1 mm di pioggia tutti i giorni all’interno dell’edificio<br />

che deve assolutamente essere evacuata per evitare un invecchiamento<br />

accelerato dell’edificio.<br />

Vi sono, inoltre, potenziali gravi conseguenze igienico-sanitarie dovute a:<br />

– sviluppo di microrganismi, favorito dall’umidità, che originano mastiti, metriti e<br />

zoppie;<br />

– problemi respiratori dovuti a una eccessiva concentrazione di ammoniaca (i bovini<br />

sono molto sensibili alle affezioni polmonari).<br />

E’ possibile ottenere una buona ventilazione naturale dell’edificio se si rispettano i<br />

seguenti principi:<br />

– evacuazione dell’aria calda e umida dal cupolino del tetto;<br />

– ingresso dell’aria lungo le pareti e le testate;<br />

– corretto orientamento dell’edificio in relazione ai venti dominanti.<br />

A.2.1 - La ventilazione per effetto camino<br />

Si basa sul principio che l’aria fredda esterna, entrando nell’edificio, si riscalda al<br />

contatto con gli animali e la lettiera che emana calore. L’aria diminuisce la sua densità<br />

(espandendosi) e si sposta verso l’alto caricandosi di umidità, gas e polveri e li<br />

sposta fuori dall’edificio. La portata d’aria (m3 evacuati/h) è favorita da:<br />

– differenza di temperatura e umidità fra interno ed esterno dell’edificio;<br />

– differenza di altezza fra ingresso e uscita dell’aria;<br />

54


– rapporto fra le superfici di ingresso e di uscita dell’aria;<br />

– influenza dei venti dominanti che investono l’edificio.<br />

Per il calcolo della portata si utilizza la seguente formula semplificata:<br />

(m3/h)<br />

Allegati<br />

dove: Ka = dipende dal rapporto fra le superfici di ingresso e uscita (da figura A.1);<br />

Ai = superficie della apertura di ingresso, m2;<br />

h = differenza di quota fra ingresso e uscita aria, m;<br />

Dt = differenza di temperatura fra interno ed esterno.<br />

A.2.2 – La ventilazione per effetto vento<br />

Sfrutta particolari condizioni locali (vicinanza a laghi o mare o aree fondovallive).<br />

La ventilazione sarà soprattutto assicurata dal vento che soffia sull’edificio attraverso<br />

elementi permeabili o fessure regolabili (possibilmente in modo automatico)<br />

per limitare i rischi di correnti d’aria.<br />

A.2.3 - La ventilazione meccanica<br />

Richiede il calcolo delle portate attraverso conoscenze di psicrometria<br />

e di fisiologia animale, per quanto attiene al vapore acqueo e al calore prodotto<br />

dagli animali in condizioni estive e invernali. Si tratta di dati ricavati da prove in<br />

camere metaboliche in cui gli animali sono tenuti isolati. Per riportare i valori tabellati<br />

alle condizioni pratiche di allevamento, occorre moltiplicare tali dati con opportuni<br />

coefficienti.<br />

Ventilazione meccanica invernale: il calcolo richiede la conoscenza della umidità<br />

emessa dagli animali.<br />

Ventilazione estiva: si presuppone che l’aria si riscaldi nel lambire gli animali. Pertanto,<br />

è necessario introdurre un Dt compreso fra 1 e 10 °C come dato di progetto.<br />

Tabella A.1 - Calore e umidità prodotti dai bovini in condizioni invernali ed estive<br />

Categoria Età Peso vivo Temperatura Calore Umidità<br />

(kg) critica sensibile emessa per<br />

interna prodotto respirazione<br />

Vitelli nascita 12 45 16 120 95<br />

settimane 90 200 150<br />

135 250 192<br />

180 375 (290) 155 (221)<br />

226 390 (310) 163 (237)<br />

Manze 272 2 425 (330) 176 (251)<br />

317 435 (350) 180 (269)<br />

363 445 (370) 185 (279)<br />

Vacche 500 2 900 (633)* 185 (521)<br />

* I numeri tra parentesi si riferiscono a rilevamenti effettuati a temperature di 16°C<br />

Tabella A.2 – Calore prodotto dai bovini in condizioni estive<br />

Categoria Età Peso vivo Calore sensibile prodotto<br />

(kg) in estate (21°C) (W)<br />

Vitelli nascita 12 45 110<br />

settimane 90 170<br />

210<br />

180 250<br />

270<br />

Manze 272 280<br />

300<br />

363 320<br />

Vacche 500 530<br />

55


Allegati<br />

N.B.: per trasformare i kg/h in m3/h si possono utilizzare i valori del volume specifico<br />

dell’aria contenuti nel diagramma psicrometrico, figura A.2, (circa 0,75 m3/kg<br />

per le basse temperature invernali e 0,87 m3/kg per le elevate temperature estive).<br />

A.2.4 - L’ingresso dell’aria<br />

L’ingresso d’aria: in periodo invernale, in presenza di finestrature o pareti fessurate,<br />

deve avvenire ad almeno 2 m al di sopra dell’area di stabulazione degli animali.<br />

Nel caso di lettiera accumulata, si considera come quota di riferimento il livello massimo<br />

raggiunto dalla lettiera. Gli ingressi d’aria saranno posti sulle pareti e sulle<br />

testate. Esse devono preferibilmente essere ripartite su tutta la lunghezza dell’edificio<br />

piuttosto che limitarle a certe zone.<br />

<strong>Il</strong> calcolo delle superfici di ingresso è basato sui dati della tabella A.3.<br />

Tabella A.3 - Superfici di ingresso in condizioni invernali in aree potenzialmente<br />

ventilate (prossime al mare) (da BTPL, 2001)<br />

Categoria animale Ae (m2/capo) Au (m2/capo)<br />

Vacca da latte > 7000 kg/anno 0,3 0,15<br />

Vacca da latte fra 5000 e 7000 kg/anno 0,3 0,15<br />

Vacca allattante con vitello 0,24 0,12<br />

Torelli di peso max 600 kg<br />

Manza da 400 kg<br />

0,24 0,12<br />

Vacca asciutta<br />

Maschio di peso max 350 kg<br />

Manza da 200 kg<br />

Vitello di allevamento da 150 kg<br />

0,16 0,08<br />

in edificio specializzato<br />

Vitello da carne bianca di 150 kg<br />

0,08 0,04<br />

Vitello da ristallo da 50 kg 0,04 0,02<br />

Al fine di evitare le correnti d’aria le aperture saranno dotate di reti antivento per<br />

ridurre la velocità dell’aria in ingresso. Ciascuna rete frangivento è caratterizzata da<br />

due coefficienti tecnici (Tabella A.4):<br />

E, efficacia, coefficiente di riduzione della velocità del vento;<br />

CM, coefficiente moltiplicatore, che permette di calcolare la superficie dei frangivento<br />

in relazione alla superficie di ingresso richiesta.<br />

Tabella A.4 – Coefficienti tecnici e caratteristiche delle reti frangivento (da BTPL,<br />

2001)<br />

Efficacia (riduzione della velocità del vento)<br />

Coefficiente moltiplicatore CM<br />

50-95%<br />

(equivalente a 1 m2 di ingresso libero)<br />

Caratteristiche delle reti frangivento<br />

1,5-7,0<br />

Protezione contro la pioggia Cattiva<br />

Isolamento termico e acustico Cattivo<br />

Luminosità Buona<br />

Longevità Buona se ben messa in opera<br />

Vantaggi Facilità d’impiego<br />

Possibilità di essere amovibile<br />

Inconvenienti Pessimo isolante termico e acustico<br />

Si sporca facilmente<br />

Costo indicativo (Euro/m2) 3-10 (15-50 se amovibile)<br />

Esempio, 1 m2 di apertura libera corrisponde a 2,6 m2 di rete frangivento con un CM<br />

di 2,6.<br />

Esiste in commercio una gamma di prodotti la cui efficacia varia da 0,5 a 0,95 e il<br />

coefficiente moltiplicatore da 1,5 a 9,0.<br />

In estate, nelle regioni calde, queste entrate d’aria sono a volte insufficienti. E’ allo-<br />

56


Allegati<br />

ra necessario utilizzare dei serramenti amovibili o pannelli smontabili o reti frangivento<br />

che si possono arrotolare.<br />

A.2.5 – Le uscite dell’aria<br />

Per assicurare una ventilazione corretta è indispensabile dotare il cupolino di paravento.<br />

Esso va sempre previsto nelle nuove costruzioni (Figura A.3).<br />

La larghezza minima dell’apertura, per essere efficace, deve essere di 15 cm. La sua<br />

dimensione esatta è funzione del numero di animali e della larghezza dell’edificio (a<br />

titolo indicativo, contare da 1 a 10 cm per metro di larghezza).<br />

<strong>Il</strong> cupolino con para-vento ben installato riduce fortemente l’entrata di pioggia nell’edificio<br />

ma non l’entrata di neve. Le strutture in legno devono essere protette dall’umidità.<br />

Ristrutturando, nei casi in cui non sia possibile aprire un cupolino, occorre individuare<br />

altre modalità per fare uscire l’aria:<br />

– l’eliminazione delle lastre del tetto dal lato dei venti dominanti e loro sostituzione<br />

con lastre perforate;<br />

– lastre di copertura sollevate e bloccate con tasselli;<br />

– feritoie nel senso di ondulazione delle lastre;<br />

– la ventilazione con ventilatori, nel caso in cui non sia possibile trovare altre soluzioni.<br />

Criteri generali di progettazione per la ventilazione: per poter sfruttare l’effetto<br />

vento o l’effetto camino e, più in generale, per poter creare le migliori condizioni<br />

ambientali occorre conoscere, innanzi tutto, come si caratterizza, da un punto di<br />

vista climatico, l’area su cui sorgerà la stalla, tenendo conto del sistema di allevamento<br />

prescelto (stabulazione per tutto l’anno o stabulazione limitata ai soli periodi<br />

invernali).<br />

Per la Lombardia, sono stati raccolti i dati climatici delle principali aree di produzione<br />

lattiera in zone di pianura (Figura A.4).<br />

Confrontando tali dati con le esigenze ambientali dei bovini si può osservare (Figura<br />

A.5) come:<br />

– non esistano località e periodi in cui le vacche possano essere considerate in condizioni<br />

di stress da freddo;<br />

Figura A.1 – Valori di Ka e Kv per il calcolo delle<br />

portate sfruttando l’effetto vento (Kv) o l’effetto camino<br />

(Ka) in relazione al rapporto fra aree di ingresso e<br />

uscita (da Hoepli, 1997)<br />

Figura A.2 – Diagramma psicrometrico di Carrier<br />

che consente di ricavare i principali parametri dell’aria<br />

conoscendo le temperature a bulbo asciutto e a<br />

bulbo umido<br />

Figura A.3 – Cupolino idoneo per aree ventose (da<br />

Arntjen System, 2002)<br />

Figura A.4 – Andamento annuale temperature minime<br />

e massime a Soresina (da ERSAL, 1997)<br />

57


Allegati<br />

– piuttosto rilevante è, invece, il periodo in cui si superano i valori limite superiori<br />

che fanno entrare l’animale in condizioni di stress da caldo;<br />

– la ventosità è piuttosto scarsa e rilevante solo durante fasi temporalesche.<br />

Conseguenza di quanto sopra è che, almeno in pianura lombarda, non è necessario<br />

progettare edifici per la difesa dal freddo ma deve essere data priorità alla difesa<br />

dal caldo.<br />

Dato che non si può contare sull’effetto vento, la progettazione deve basarsi solo<br />

sull’effetto camino.<br />

La formula semplificata, prima esposta, sull’effetto camino mostra chiaramente<br />

come il massimo beneficio si ottenga ampliando al massimo le aperture d’ingresso<br />

dell’aria. Ciò sta a significare che le pareti devono essere il più possibile alte e libere<br />

da serramenti per poter far entrare la massima quantità di aria alla minore velocità.<br />

E’ evidente che, in inverno, aumentando la superficie di ingresso e, conseguentemente,<br />

la quantità di aria che lambisce l’animale, si otterranno delle differenze di<br />

temperatura (Dt) piuttosto limitate. E ciò è vantaggioso perché la conseguente velocità<br />

dell’aria è ridotta e, quindi, non fastidiosa per gli animali. In estate, invece, c’è<br />

bisogno di far circolare aria e<br />

occorre favorire l’aumento della<br />

ventilazione. Ma ciò crea problemi<br />

in quanto molto spesso l’aria<br />

esterna è addirittura più calda di<br />

quella interna. Ecco, pertanto, la<br />

necessità di sfruttare l’effetto<br />

sole. Infatti, in un edificio concepito<br />

come quello riportato in figura<br />

A.6, occorre realizzare tetti non<br />

isolati che assorbono l’energia<br />

solare e, riscaldandosi, trasmettono<br />

parte della energia all’aria sottostante,<br />

facendo aumentare considerevolmente<br />

la temperatura e,<br />

Figura A.5 – Andamento annuale temperature minime e massime<br />

a Soresina e zona di indifferenza termica delle bovine da<br />

latte (da ERSAL, 1997)<br />

Figura A.6 – Stalla progettata per favorire la ventilazione per effetto camino<br />

58<br />

quindi, innescando la circolazione<br />

per effetto camino.<br />

Analizzando singolarmente le conseguenze<br />

dovute agli effetti della


Allegati<br />

geometria delle aperture di ingresso e di uscita e delle differenze di temperatura,<br />

come riportato nelle figure A7, A8, A9, A10 si può ribadire l’importanza di realizzare<br />

strutture leggere, semplici ma dalla corretta geometria per ottenere condizioni<br />

ambientali ideali.<br />

Va fatto rilevare che le bovine non rispondono repentinamente a condizioni<br />

ambientali sfavorevoli, sul piano teorico. Infatti, un conto è superare i 30°C nel<br />

mese di maggio e un conto è il farlo nel mese di luglio. La differenza fra le due condizioni<br />

risiede principalmente nell’escursione della temperatura fra giorno e notte<br />

(alta in maggio e bassa in luglio e con forte valore dell’UR dell’aria) e dal fatto che<br />

proprio la presenza degli animali fa aumentare di alcuni gradi la temperatura interna<br />

rispetto a quella esterna. Ma ciò significa registrare condizioni di stress da caldo<br />

per tutto l’arco delle 24 ore. E’, infatti, in questi periodi che si registrano i maggiori<br />

cali nella produzione di latte (Figura A.11).<br />

Figura A.7 – Soluzioni costruttive confrontate per<br />

determinare la portata d’aria nel caso di ventilazione<br />

naturale<br />

Figura A.8 – Effetto del variare del rapporto fra ingresso<br />

e uscita aria nel caso dei due edifici di figura A.7<br />

Figura A.9 – Effetto del variare della dimensione della<br />

superficie di uscita sulla portata d’aria<br />

Figura A.10 – Effetto del variare di Dt sulla portata<br />

d’aria<br />

Figura A.11 – Considerando un incremento di 5°C<br />

della temperatura interna rispetto all’esterno, si può<br />

individuare un periodo in cui le bovine sono in condizioni<br />

di stress termico per tutte le 24 ore, con conseguente<br />

caduta di produzione<br />

59


Allegati<br />

Allegato B<br />

La gestione dei reflui da allevamento<br />

B.1 – Generalità<br />

Obiettivo è quello di restituire alle colture, attraverso una gestione agronomicamente<br />

corretta, i macro nutrienti (N, P, K) presenti nelle deiezioni animali. Pertanto<br />

all’allevamento andrà sempre associata una certa superficie di terreno (di proprietà,<br />

in affitto o in comodato).<br />

Per calcolare l’ammontare della superficie necessaria per un allevamento o, viceversa,<br />

si possono scegliere due strade, basando la distribuzione:<br />

sull’N disponibile e accettare un eccesso di concimazione fosfatica e potassica;<br />

sul P e provvedere ad una integrazione di N chimico.<br />

Nel primo caso, pur con le limitazioni imposte dalle normative vigenti (170 kg/ha<br />

nelle aree vulnerabili e 340 kg/ha nelle altre), le superfici di spandimento risultano<br />

inferiori a quelle calcolabili nel secondo caso.<br />

B.2 - Composizione dei liquami<br />

Gli elementi che costituiscono gli effluenti zootecnici sono:<br />

– feci, più o meno consistenti in funzione della specie e del tipo di alimentazione;<br />

– urine, prodotte in quantità variabili in funzione dell’alimentazione, della possibilità<br />

di accedere agli abbeveratoi, del tipo di allevamento e della stagione;<br />

– lettiera, utilizzata in alcune tipologie di allevamento per migliorare il comfort e l’igiene<br />

degli animali (i prodotti generalmente utilizzati sono: la paglia, gli stocchi di<br />

mais, la segatura, le foglie, la torba ecc.), ha la funzione di assorbire la frazione<br />

più liquida delle deiezioni;<br />

– scarti degli alimenti, la loro presenza dipende dal tipo di stabulazione e dal sistema<br />

di distribuzione;<br />

– acque di diluizione, costituite dalle acque di veicolazione dei liquami, da quelle per<br />

il lavaggio dei locali, da quelle dovute alle perdite degli abbeveratoi automatici e<br />

da quelle meteoriche dirette o indirette.<br />

<strong>Il</strong> prodotto finale può quindi presentare concentrazione e composizione variabili in<br />

relazione a: tipologia di stabulazione; modalità di conduzione dell’allevamento;<br />

modalità di trattamento e conservazione delle deiezioni; peso e razza; alimentazione<br />

(natura e digeribilità dei foraggi e dei mangimi); additivi: acqua, paglia, residui di<br />

foraggio; stato di fermentazione. Valori esatti vanno rilevati analiticamente. Nella<br />

tabella B.1 sono riportati valori orientativi, fonte ASAE, di produzione per capo e<br />

relativa composizione.<br />

Le deiezioni animali possono essere classificate nel modo che segue.<br />

Stallatico: miscuglio di feci, urina e paglia, palabile.<br />

– Letame: miscuglio solido di feci, urina e paglia (maturato 3-4 mesi), palabile.<br />

– Colaticcio: parte liquida separata dal letame.<br />

– Liquame fresco: deiezioni solide e liquide che non hanno subìto fermentazioni<br />

(meno di 2 gg). Pompabile in condutture, diventa palabile quando il contenuto di<br />

acqua è inferiore all’85%.<br />

– Liquame liquido: liquame con aggiunta di > 20% di acqua.<br />

– Liquame paglioso: liquame mescolato a una piccola quantità di paglia o di residui<br />

di foraggio.<br />

B.3 - La gestione delle deiezioni animali<br />

Tutti gli scarti dell’allevamento zootecnico possono essere reimpiegati nella produzione<br />

agricola ma, se in eccesso, vanno portati in altre aziende per evitare accumuli<br />

di sostanze nutritive e conseguenti rischi di ruscellamento e lisciviazione. Se nell’azienda<br />

non entrano prodotti è evidente che tutto quanto rimane della produzione<br />

deve essere riutilizzato. Solo il quantitativo di nutrienti corrispondente alla produzione<br />

venduta e agli elementi volatilizzati (NH3, N2O, NO2, ecc.) andrà reintegrata.<br />

I reflui zootecnici, più o meno diluiti, per ragioni igieniche ed agronomiche non possono<br />

essere scaricati continuamente e direttamente sul suolo, ma devono essere<br />

stoccati per un periodo più o meno lungo e subire un trattamento di stabilizzazione<br />

(aerobica o anaerobica) eventualmente preceduto dalla separazione solido/liquido.<br />

I trattamenti di depurazione totale pur ammessi dalla legge, per motivi economici<br />

e pratici, dovrebbero essere limitati alle sole acque provenienti dalle sale di<br />

mungitura.<br />

60


Allegati<br />

Tabella B.1 - Produzione e caratteristiche delle deiezioni zootecniche fresche<br />

prodotte da 1000 kg di peso vivo e per giorno (da ASAE, 1999)<br />

Parametro Unità di misura* Tipo di animali<br />

Vacche Bovini Vitelli<br />

Carne<br />

Deiezioni totali ++ kg media § 86 58 62<br />

d. s. 17 17 24<br />

Urine kg media 26 18 **<br />

d.s. 4,3 4,2 **<br />

Densità kg/m3 media 990 1000 1000<br />

d.s. 63 75 **<br />

Solidi totali kg media 12 8,5 5,2<br />

d.s. 2,7 2,6 2,1<br />

Solidi vol. kg media 10 7,2 2,3<br />

d.s. 0,79 0,57 **<br />

BOD5 kg media 1,6 1,6 1,7<br />

d.s. 0,48 0,75 **<br />

DOC kg media 11 7,8 5,3<br />

d. s. 2,4 2,7 **<br />

pH media 7,0 7,0 8,1<br />

d.s. 0,45 0,34 **<br />

Azoto kg media 0,45 0,34 0,27<br />

Kjeldal ° d.s. 0,096 0,073 0,045<br />

Azoto kg media 0,079 0,086 0,12<br />

ammoniacale d.s. 0,083 0,052 0,016<br />

Fosforo totale kg media 0,094 0,092 0,066<br />

d.s. 0,024 0,027 0,011<br />

Ortofosfato kg media 0,061 0,030 **<br />

d.s. 0,0058 ** **<br />

Potassio kg media 0,29 0,21 0,28<br />

d.s. 0,094 0,061 0,10<br />

Calcio kg media 0,16 0,14 0,059<br />

d.s. 0,059 0,11 0,049<br />

Magnesio kg media 0,071 0,049 0,033<br />

d.s. 0,016 0,015 0,023<br />

Zolfo kg media 0,051 0,045 **<br />

d.s. 0,010 0,0052 **<br />

Sodio kg media 0,052 0,030 0,086<br />

d.s. 0,026 0,023 0,063<br />

Ferro ° g media 12 7,8 0,33<br />

d.s. 6,6 5,9 **<br />

Zinco ° g media 1,8 1,1 13<br />

d.s. 0,65 0,43 **<br />

Rame ° g media 0,45 0,31 0,048<br />

d.s. 0,14 0,12 **<br />

* Tutti i valori sono al lordo dell’umidità<br />

+ Esistono differenze all’interno delle specie in base al tipo di allevamento ma non<br />

sono stati trovati sufficienti dati per giustificare una differenziazione. Le tipiche<br />

masse di peso vivo considerate sono: vacche 640 kg; bovini da carne 360 kg;<br />

vitelli a carne bianca 91 kg<br />

++ Feci e urine appena prodotte (o al piede dell’animale)<br />

§ I parametri medi all’interno di ciascuna specie allevata sono costituiti da varie<br />

popolazioni di dati. <strong>Il</strong> massimo numero di dati puntuali per ciascuna specie è:<br />

vacche 85; bovini da carne 50; vitelli a carne bianca 5<br />

° Tutti i valori relativi ai nutrienti sono dati in forma elementare<br />

** Dati non disponibili.<br />

61


Allegati<br />

B.3.1 - Strutture e impianti necessari per la gestione dei reflui zootecnici<br />

Sono necessarie le seguenti attrezzature:<br />

– per la separazione solido/liquido: vasca di bilanciamento, separatore, platea per<br />

accumulo e maturazione del solido separato, condutture per il pompaggio dei<br />

liquidi;<br />

– per la stabilizzazione: vasche e lagoni, in grado di contenere il liquame per almeno<br />

120-180 giorni e più, dotati di pompe per aerazione o omogeneizzazione ed<br />

eventualmente coperti con manti per il recupero del biogas prodotto, e platee;<br />

– per lo spandimento in campo: impianti fissi o mobili o macchine.<br />

Per la depurazione (processi aerobici e anaerobici);<br />

Altre considerazioni possono essere effettuate con riferimento:<br />

– al tempo di permanenza all’interno dell’edificio (le deiezioni possono essere<br />

asportate frequentemente e accumulate su platee o in vasche poste all’esterno,<br />

oppure permanere all’interno dell’edificio per tutto il tempo necessario per consentire<br />

lo spandimento, > 120 giorni);<br />

– alla consistenza dei reflui che possono essere a basso (letame) o alto (liquame)<br />

contenuto di acqua e che vengono rispettivamente accumulati su platee o in vasche;<br />

– alle modalità di evacuazione che possono essere: meccaniche (uso di ruspette) atte<br />

per reflui a basso contenuto di acqua; idrauliche (uso di acqua o degli stessi<br />

reflui stabilizzati per veicolare i liquami freschi).<br />

B.3.2 - Separazione dei solidi<br />

Consente di rimuovere fisicamente i solidi grossolani dai liquami, una buona parte<br />

di nutrienti e gran parte della carica microbica potenzialmente patogena. Si ottiene,<br />

così, un prodotto palabile facilmente vendibile (dopo maturazione o compostaggio)<br />

in caso di eccedenza di nutrienti rispetto ai fabbisogni delle colture. La<br />

separazione può essere di tipo: meccanico, fisico, chimico.<br />

L’operazione di separazione può precedere quella di accumulo (meglio) o seguire<br />

immediatamente ad essa.Un impianto di separazione prevede: una fossa di bilanciamento<br />

del liquame in arrivo (per consentire alle macchine di operare in continuo);<br />

le macchine per la separazione; una platea, possibilmente coperta, per l’accumulo<br />

e la maturazione aerobica del solido separato; una conduttura di convogliamento<br />

dei liquidi di sgrondo alla vasca di accumulo (Figura B.1).<br />

Per il dimensionamento della fossa di bilanciamento occorre conoscere la portata<br />

di liquami in uscita dall’allevamento nel corso delle 24 ore e suddividerla per 3 (8 h<br />

di accumulo) o 4 (6 h di accumulo).<br />

Le macchine per la separazione delle parti solide, possono essere costituite da semplici<br />

vagli fissi, rotativi, a spazzola o vibranti.<br />

Le portate variano da 10 a 25 m3/h. L’assorbimento di energia è di 1,5-4 Wh/kg di<br />

solidi separati.<br />

Le macchine per la separazione delle parti solide possono essere costituite da semplici<br />

vagli fissi, rotativi o vibranti. I modelli rotativi funzionano sul principio di una<br />

superficie cilindrica filtrante, in metallo, che lascia passare la frazione liquida, trattenendo<br />

all’esterno quella solida (Figure B.2, B.3).<br />

Si tratta di attrezzature semplici che, da un lato, forniscono un prodotto ancora ricco<br />

di umidità (45÷60%) lasciando, dall’altro, un fluido con s.s. £ 3∏4%. La capacità<br />

teorica di lavoro è 6 - 8 l/s per m2 di<br />

superficie filtrante; l’assorbimento di<br />

energia è di 80∏90 Wh/kg di solidi separati.<br />

Macchine più complesse, sfruttano il<br />

principio della reazione centrifuga per<br />

effetto della veloce rotazione di un cilindro<br />

presentante la superficie esterna<br />

perforata. La parte solida ricade verso il<br />

basso e viene poi recuperata. L’efficacia<br />

è, in questo caso, maggiore di quella dei<br />

vagli; al contrario, la spesa di energia<br />

raggiunge i 15-100 Wh/kg di solidi separati<br />

per portate di 5-6 m3/h.<br />

Le prestazioni dei separatori, in termini<br />

Figura B.1 – Schema semplificato di un sistema di<br />

gestione dei reflui zootecnici (da Hoepli, 1997)<br />

62<br />

di solidi ed elementi nutritivi asportati<br />

sono riportate nella tabella B.2.


Figura B.2 – Roto-vaglio, si tratta di un’attrezzatura<br />

molto diffusa negli allevamenti bovini (da Piccinini,<br />

2000)<br />

Allegati<br />

Figura B.3 – Separatore a coclea elicoidale che<br />

consente di ottenere solidi separati ispessiti (da Piccinini,<br />

2000)<br />

Tabella B.2 – Possibilità di applicazione, efficienze ottenibili nella rimozione della<br />

sostanza secca e dei nutrienti (N e P) e caratteristiche della frazione solida<br />

separata con dispositivi diversi (dati CRPA, aggiornati al maggio 1997).<br />

Dispositivo di separazione Efficienza di<br />

separazione(a)<br />

Frazione solida separata<br />

SS N P SS N P kg<br />

(%) (%) (%) (%) (kg•t-1) (kg•t-1) •m-3(b)<br />

Vaglio centrifugo 20-25 4-7 8-12 15-19 3,0-4,5 1,0-2,3 20-40<br />

asse verticale 25-30 10-12 20-25 20-22 5,0-6,0 3,0-3,4 110-120<br />

Separatore cilindrico 20-30 5-10 10-17 18-20 4,0-5,0 5,0-8,0 50-60<br />

rotante 40-55 25-35 25-40 18-20 3,3-4,5 0,8-1,2 160-320<br />

Separatore a –– –– –– –– –– –– ––<br />

compressione elicoidale (c) 30-45 15-25 10-20 20-25 2,9-3,7 0,5-1,0 80-200<br />

Centrifughe ad asse 50-75 20-35 60-70 20-28 7,0-11,0 6,0-10,0 100-200<br />

orizzontale (d) –– –– –– –– –– –– ––<br />

(a) kg di sostanza secca (SS), di azoto (N) e di fosforo (P) che rimangono nella frazione<br />

solida per ogni 100 kg di SS, N e P presenti nel liquame avviato al trattamento.<br />

I dati quindi forniscono la percentuale in peso di SS, N e P separata nella<br />

frazione solida.<br />

(b) Quantità (kg) di frazione solida separata per ogni m3 di liquame avviato al trattamento<br />

di separazione.<br />

(c) I dati riportati si riferiscono a prove condotte con liquame di bovine da latte (6-<br />

11% SS), proveniente dalle corsie di alimentazione e riposo e dal paddock in<br />

cemento di stalle libere (area Parmigiano-Reggiano e Grana Padano).<br />

(d) L’applicazione della centrifugazione ai liquami bovini (da carne e da latte) anche<br />

se teoricamente applicabile con buoni risultati, trova raramente giustificazione<br />

tecnica ed economica nella realtà padana<br />

La platea per l’accumulo di solidi separati va dimensionata in relazione alla quantità<br />

di solidi giornalmente prodotti e al tempo di permanenza nel centro aziendale di<br />

detti solidi (generalmente superiore a 3 mesi).<br />

Conservazione dei liquami e del letame: per questa materia consultare sempre la<br />

legislazione regionale e i regolamenti d’igiene locali.<br />

63


Allegati<br />

Nei diversi allevamenti si ottengono i prodotti che seguono, con le caratteristiche<br />

riportate in Tabella B.3 e B.4.<br />

Tabella B.3 – Peso medio relativo a ciascuna categoria di animali (da CNR – Reflui,<br />

1999)<br />

Categoria animali<br />

BOVINI<br />

Limiti di peso o di età Peso vivo (kg)<br />

Capo da latte in produzione > 15 mesi 500-600*<br />

Vacche da carne 600<br />

Manze e manzette (capo da rimonta) 6-15 mesi 300<br />

manzette 6-10 mesi 220<br />

manze 10-15 mesi 380<br />

Vitelloni da ingrasso 6-15 mesi 350<br />

Vitelli in svezzamento 0-6 mesi 100<br />

Vitelli a carne bianca 130<br />

Tori da riproduzione 800<br />

Tabella B.4 - Tipologia di allevamento, produzioni unitarie di reflui e superfici unitarie<br />

di stabulazione (da CNR – Reflui, 1999)<br />

tipologia di allevamento liquame letame o materiale Quantità sup unitaria di<br />

palabile di paglia stabulazione schema<br />

(l/100kg m3/100kg (kg/100kg t/100kg (kg/100kg (m2/capo) costrutp.v.<br />

giorno) p.v. anno p.v. giorno) p.v. anno p.v. giorno) tivo<br />

BOVINI DA LATTE<br />

stabulazione fissa con paglia 2.5 0.9 7 2.6 0.5 n° poste 16<br />

stabulazione fissa senza paglia 9 3.3 n° poste 17<br />

stabulazione libera su lettiera permanente 4 1.46 6 2.2 1.0 6.5 (1) 18<br />

stabulazione libera su cuccetta senza paglia<br />

stabulazione libera con cuccette con paglia<br />

9 3.3 n° cuccette 19 o 20<br />

(groppa a groppa) 5.5 2.0 4 1.5 0.5 n° cuccette 20<br />

stabulazione libera con cuccette con paglia (testa a testa)<br />

stabulazione libera a cuccette con paglia totale<br />

3.5 1.3 6 2.2 0.5 n° cuccette 19<br />

(anche nelle aree di esercizio) 2.5 0.9 7 2.6 0.5 n° cuccette 20<br />

stabulazione libera su lettiera inclinata<br />

BOVINI DA CARNE, RIMONTA E BUFALINI<br />

2.5 0.9 7 2.6 0.5 5.5 (1) 22<br />

stabulazione fissa 1.5 0.5 6 2.2 0.5 n° poste 16-17<br />

stabulazione libera su fessurato 7 2.6 2.5(2)-3.0(3) 23<br />

stabulazione libera con lettiera solo in area di riposo 3.5 1.3 4.5 1.6 1 3.5(2)-5.0(3) 18<br />

stabulazione libera su cuccetta senza paglia<br />

stabulazione libera con cuccette con paglia<br />

7 2.6 n° cuccette 19 o 20<br />

(groppa a groppa) 4.5 1.6 3 1.1 0.5 n° cuccette 20<br />

stabulazione libera con cuccette con paglia (testa a testa) 2.5 0.9 5 1.8 0.5 n° cuccette 19<br />

stabulazione libera con paglia totale 1 0.4 7 2.6 1.0 4.0(2)-5.0(3) 24<br />

stabulazione libera su lettiera inclinata 1 0.4 7 2.6 1.0 3.5(2)-5.0(3) 22<br />

svezzamento vitelli su lettiera 1 0.4 6 2.2 1.0 2.0 24<br />

svezzamento vitelli su fessurato<br />

(1) solo area di riposo - (2) bestiame da carne - (3) rimonta<br />

6 2.2 1.5 23<br />

Stalle per bovini a stabulazione fissa con lettiera: stallatico che viene portato e fatto<br />

maturare in concimaia (L. n. 1155 del 1927 per stalle con più di due capi).<br />

Stalle libere per bovini, a lettiera permanente: si provvede a periodiche aggiunte di<br />

paglia nella zona di riposo in cui avviene la maturazione.<br />

Stalle libere per bovini, a cuccette: si ottengono deiezioni fluide, spesso senza<br />

aggiunta di lettiera, da asportare con sistemi meccanici o idraulici.<br />

Nella zona di esercizio delle stalle libere si raccolgono liquami, spesso diluiti con elevate<br />

quantità di acqua. La zona di alimentazione e i corridoi di accesso sono spesso<br />

provvisti di pavimento fessurato con sottostante cisterna di accumulo.<br />

B.3.3. - Strutture per accumulo deiezioni nei diversi tipi di allevamento<br />

Concimaia a piattaforma con pozzetto: costituita da una o più platee impermeabili<br />

(limitate da muretti di contenimento alti 30-40 cm) con pendenze del 2-3% siste-<br />

64


Allegati<br />

mate in modo tale che il colaticcio venga convogliato in pozzetto interrato, con pareti<br />

e fondo impermeabili. Questo liquido non deve mai essere immesso in acque<br />

superficiali. Le platee, di forma rettangolare, quadrata o semicircolare, devono avere<br />

larghezza max. 4 m se le operazioni di movimentazione avvengono su un solo<br />

lato; 6-8 m se la platea è accessibile su due lati dal trattore. Per ubicazione della<br />

concimaia, considerare una distanza minima dall’abitazione di 25 m; 10 m per stalle<br />

con meno di 20 capi grossi o che formano un corpo unico con la casa (vedansi<br />

leggi e regolamenti sanitari R.D. n. 1265 del 27/7/34). <strong>Il</strong> dimensionamento del pozzetto<br />

viene effettuato raddoppiando il valore delle precipitazioni medie che arrivano<br />

sulla platea.<br />

La letamaia coperta<br />

La copertura della letamaia permette di diminuire le quantità di liquidi di sgrondo<br />

da stoccare e da spandere. <strong>Il</strong> maggior costo dovuto alla copertura sarà compensato<br />

dal minor volume di fossa e dal minor costo di spandimento e dal maggior contenuto<br />

di nutrienti.<br />

I pilastri della tettoia devono essere assolutamente collocati all’esterno della letamaia<br />

per non creare impedimenti al carico del letame e per evitarne la corrosione<br />

rapida. <strong>Il</strong> lato sottopioggia del letame va eventualmente protetto con un muro.<br />

Vasche o cisterne per letame liquido o liquame: occorrono pareti e fondo impermeabili,<br />

resistenti all’azione aggressiva dei liquami.<br />

Conservazione sotto pavimento fessurato: fossa profonda 1-2 m e larga quanto<br />

superficie pavimento. A estremità fossa, prevedere saracinesca per scarico periodico<br />

in altra vasca dove il liquame viene ripreso da carrobotte o da pompa per essere<br />

sparso. Si possono prevedere anche bocchette laterali di svuotamento per aspirazione<br />

diretta da sottofessurato con carrobotte. Infine, il liquame può essere fatto<br />

fluire in continuo con opportuno stramazzo verso grande fossa di testata, a fondo<br />

piano. Dalle fosse sotto fessurato sono possibili esalazioni di gas tossici (NH3, H2S)<br />

a causa di fermentazioni. Prevedere, quindi, sistemi di ventilazione meccanica, con<br />

fuoriuscita aria dal basso (edifici chiusi o semi-chiusi) o realizzare strutture che<br />

consentano una ventilazione naturale idonea (edifici aperti).<br />

Liquami accumulati in fossa a fianco della stalla: soluzione costruttiva indicata per<br />

allevamenti dove le deiezioni vengono portate all’esterno a mezzo di sistemi meccanici<br />

o idraulici. La sua funzione è quella di vasca di sollevamento e bilanciamento.<br />

Nella fossa è generalmente inserita una pompa in grado di trasferire il liquame<br />

nella vasca di accumulo vera e propria o consentire il ricircolo. La vasca di accumulo<br />

può essere di tipo interrato profonda 3-4 m, di forma rettangolare in calcestruzzo<br />

armato, riempita per gravità. Quando le falde sono molto alte, la profondità della<br />

fossa è ridotta. <strong>Il</strong> liquame viene pompato da questa fossa direttamente in vasca di<br />

accumulo fuori terra realizzata in calcestruzzo armato o acciaio (vetrificato).<br />

Lagoni: in Italia sono poco diffusi nel settore bovino e si realizzano quando si è in<br />

presenza di liquami molto diluiti. Sono profondi da 1 m (aerobici) a 9 m (anaerobici),<br />

scavati nel terreno o ricavati grazie a idonei sbarramenti dove l’orografia lo consente.<br />

La profondità dei lagoni dipende: dalla quantità di deiezioni e acque di lavaggio<br />

provenienti dall’allevamento, più 0,2 m di liquido che rimane nella vasca dopo lo<br />

svuotamento, più franco parete per prevenire tracimazioni, più (0,6 m) eventuale<br />

franco richiesto per le operazioni di aerazione (si veda figura B.4). Prima dell’immissione<br />

del liquame, la frazione solida grossolana va opportunamente separata da<br />

quella liquida. Se il lagone è dotato di troppo pieno, questo deve consentire l’evacuazione<br />

di > 1,5 volte il flusso massimo influente giornaliero.<br />

Prima di realizzare i lagoni sono necessarie indagini preliminari da parte di geologi<br />

per stabilire la natura del suolo, che dovrebbe essere a bassa permeabilità. È<br />

comunque consigliabile rivestire questi invasi con manti impermeabilizzanti e/o alla<br />

additivazione del suolo con materiali quali la bentonite. <strong>Il</strong> livello di progetto della<br />

Figura B.4 – Schema semplificato di un lagone<br />

65


Allegati<br />

superficie inferiore deve trovarsi ad almeno 0,25 m al di sopra del livello più elevato<br />

della falda freatica.<br />

La durata totale dell’accumulo, per i reflui da allevamenti bovini da latte, va da un<br />

minimo di 120 a oltre 300 giorni in relazione all’andamento climatico, alle colture,<br />

alle tecniche di distribuzione adottate e al tipo di suolo.<br />

<strong>Il</strong> fattore lettiera consente di stimare l’influenza del volume della lettiera stessa sul<br />

volume totale e dipende dalla quantità di lettiera impiegata, dalle sue caratteristiche<br />

(spazi vuoti, contenuto iniziale di umidità e capacità di assorbimento dell’umidità).<br />

L’uso di lettiera va eliminato o ridotto al minimo nel caso di sistema basato su<br />

liquame. <strong>Il</strong> fattore di diluizione include l’acqua di veicolazione delle deiezioni, le<br />

acque di lavaggio della sala di mungitura, l’acqua persa dai rubinetti e abbeveratoi,<br />

acqua meteorica di ruscellamento (da tetti, aree scoperte ecc.). Occorre limitare la<br />

diluizione facendo in modo che la concentrazione dei solidi non scenda al di sotto<br />

dell’8-10% per ridurre i costi di stoccaggio.<br />

Vasche di accumulo e lagoni vanno posti ad almeno 90 m dai pozzi e dalle abitazioni<br />

e opportunamente schermati con alberi posti ad almeno 9 m e recintati per<br />

sicurezza persone; devono essere collocati sottovento rispetto alle abitazioni (consultare<br />

regolamenti locali di igiene).<br />

Carichi agenti sui serbatoi interrati di stoccaggio dei liquami:<br />

Carico sulle pareti. I carichi di progetto applicati alle pareti sono di tipo idrostatico.<br />

La spinta dovuta al terreno nei serbatoi interrati, dipende dal tipo di terreno e dalla<br />

sua umidità. Se non c’è liquame presente, il terreno spinge verso l’interno e perciò<br />

la parete verrà armata verso l’esterno. La spinta dovuta al liquame viene invece<br />

assorbita dal terreno posto all’esterno (profondità max. 2,5 m). Per vasche molto<br />

profonde l’armatura viene messa su entrambi i lati della parete.<br />

Se i veicoli devono muoversi a meno di 1,5 m dalla parete del serbatoio, occorre considerare<br />

un sovraccarico uniforme di 500 kg/m2 (4,8 kPa) da aggiungere al carico<br />

laterale esterno.<br />

Carichi di progetto per le solette di copertura dei serbatoi per liquami: 200 kg/m2<br />

(1,9 kPa) più carico neve per solette costruite ad almeno 40 cm da terra e non<br />

accessibili ad animali o attrezzature; 750 kg/m2 (7,3 kPa) se la soletta deve reggere<br />

il bestiame; 200 kg/m2 (1,9 kPa) se deve reggere piccoli animali o persone. 5000<br />

kg (4,8 kPa) di carico assiale se la soletta è accessibile ai trattori e ai carribotte,<br />

equivalenti a due carichi concentrati di 2500 kg (2,4 kPa) distanziati di 1,2 m e<br />

orientati in ogni direzione dal coperchio del serbatoio.<br />

Vasche o serbatoi fuori terra: problema prioritario è quello della tenuta. Le vasche<br />

circolari (o al più quadrate) sono preferibili per periodi di ritenzione molto lunghi<br />

mentre quelli rettangolari (con rapporto fra i lati fino a 5 a 1) sono preferibili per<br />

tempi di ritenzione brevi.<br />

Materiali: c.a. gettato in opera o precompresso, acciaio vetrificato, legno. Platea: su<br />

terreno buono è sufficiente platea di 12 cm di calcestruzzo su film di polietilene o su<br />

tessuto non tessuto. Migliore doppia platea con strato drenante intermedio. Su terreni<br />

con portanza limitata, è opportuno ricorrere a palificazioni.<br />

B.3.4 - Trattamento dei liquami per l’impiego agronomico<br />

Si deve ottenere una stabilizzazione dei liquami (abbattimento di > 60% del BOD5,<br />

domanda biochimica di ossigeno in 5 giorni di incubazione) che può essere raggiunta<br />

rapidamente per via aerobica (insufflando aria nella massa) o, più lentamente,<br />

per via anaerobica (escludendo il liquame dal contatto con l’aria). La frazione<br />

solida dei reflui zootecnici può essere sottoposta a compostaggio (fermentazione<br />

aerobica di materiali palabili effettuata su platee o in campo). La massa va sempre<br />

omogeneizzata prima dello spandimento.<br />

Per programmare l’ammontare dei reflui da spandere si deve considerare il contenuto<br />

di azoto nei reflui è riportato in tabella B.5.<br />

a) Omogeneizzazione del liquame. Serve per evitare la separazione fra le diverse<br />

fasi soprattutto nel caso in cui non vi sia separazione solido/liquido:<br />

– paglia e residui grossolani tendono ad affiorare, si asciugano e formano una crosta<br />

galleggiante e impermeabile, ricca di sostanza organica;<br />

– le componenti pesanti formano un deposito sul fondo della fossa;<br />

– le parti solubili, contenenti N (ureico ed ammoniacale) e K sono contenute fra le<br />

due fasi precedenti.<br />

L’assenza di aerazione favorisce le fermentazioni anaerobiche che producono gas<br />

66


Allegati<br />

Tabella B.5 - Azoto prodotto da bovini; valori al lordo delle perdite per emissioni<br />

di ammoniaca; ripartizione tra liquame e letame; perdite percentuali conseguenti<br />

alla rimozione allo stoccaggio e allo spandimento; valori al campo al netto delle<br />

perdite (da CNR – Reflui, 1999)<br />

Categoria animale Azoto escreto Perdite di Azoto Azoto al campo Carico<br />

(al lordo delle perdite) (% dell’escreto) (al netto delle perdite) animale<br />

(kg N/100 kg p.v. x a) (kg N/100 kg p.v. x a)<br />

nel nel TOTALE Rimo- Stoc- Spandi- TOTALE nel nel TOTALE (q p.v./ha)<br />

liquame letame zione caggio mento liquame letame<br />

(2) (1) (2) (%) (3) (%) (4) (%) (5) (%) (6) (6) (7)<br />

Bovini da latte 16,40 17 11 17 45 9,0 18,9<br />

- fissa o libera senza lettiera 16,40 9,0<br />

- libera su lettiera perman.<br />

- fissa con lett., libera con paglia<br />

anche in aree eserc. libera<br />

7,30 9,10 4,0 5,0<br />

su lettiera inclinata 4,60 11,80 2,5 6,5<br />

- cuccette groppa a groppa 10,00 6,40 5,5 3,5<br />

- cuccette testa a testa 6,40 10,00 3,5 5,5<br />

Altri bovini 12,40 10 9 14 33 8,3 20,4<br />

- libera su fessurato 12,40 8,3<br />

- fissa con paglia<br />

- libera con lettiera solo in area<br />

2,70 9,70 1,8 6,5<br />

riposo<br />

- libera con paglia anche in aree<br />

6,20 6,20 4,2 4,1<br />

eserc.; libera lettiera inclinata 1,80 10,60 1,2 7,1<br />

- vitelli su fessurato 12,40 8,3<br />

- vitelli su lettiera 2,10 10,30 1,4 6,9<br />

maleodoranti (NH3, H2S ecc.) imprigionati sotto la crosta e che si liberano in occasione<br />

della prima agitazione. Essa favorisce anche la formazione di gas inodori più<br />

pericolosi quali CH4 e CO2. Questi gas sono più pesanti dell’aria e si accumulano sul<br />

fondo delle fosse, chiuse o semichiuse, dove possono provocare la morte quasi<br />

istantanea di persone che vi entrano senza adeguate protezioni.<br />

L’agitazione del contenuto delle fosse è, quindi, indispensabile per attivare le fermentazioni<br />

aerobiche e:<br />

– rompere la crosta superficiale;<br />

– impedire la formazione di depositi sul fondo della fossa, che ne riducono la capacità<br />

in tempi più o meno lunghi;<br />

– rendere il liquame più omogeneo e più liquido e quindi più facile da spandere;<br />

– ripartire gli elementi minerali fra tutto il liquame;<br />

– ridurre la produzione di gas maleodoranti o nocivi.<br />

Questa agitazione potrà essere realizzata:<br />

– regolarmente con un miscelatore o con una pompa di ricircolo, una volta alla settimana;<br />

– a mezzo di dispositivi specifici di aerazione per iniezione d’aria e agitazione con<br />

piccole eliche.<br />

I miscelatori sono costituiti da un’elica a 2∏3 pale curve, con ∆ = 20∏25 cm, azionata<br />

da un gruppo motoriduttore di tipo protetto (se opera esternamente al liquame)<br />

o sommerso. La velocità di rotazione è compresa fra 1500 e 3000 giri/min, con<br />

potenze installate sino a 8∏10 kW. Un miscelatore di questo tipo ha capacità di<br />

movimentazione sino a 1.5 m3/s.<br />

Altra soluzione è costituita dalle pompe agitatrici o agitatrici-trituratrici, azionabili<br />

da motore elettrico o dalla p.d.p. del trattore. Nel primo caso, l’agitazione della massa<br />

è ottenuta a mezzo del ricircolo del liquame che viene aspirato dalla pompa e reimmesso,<br />

a elevata pressione, a mezzo di ugelli di grosso diametro opportunamente<br />

distribuiti all’interno della vasca. Per le pompe agitatrici si hanno modelli: centrifughi,<br />

caratterizzati da portate fino a 80 l/s con pressioni massime di emissione<br />

fino a 12 bar; monovite, con portate fino a 80 l/s e pressioni fino a 70 bar. Le potenze<br />

richieste sono 50∏70 W per ogni l/s di portata. Le pompe agitatrici-trituratrici<br />

(maceratori), invece, pure azionabili da motore elettrico o tramite la p.d.p., hanno la<br />

girante dotata di coltelli di forma appropriata. Questi provvedono, unitamente alla<br />

67


Allegati<br />

miscelazione, a triturare le parti più grossolane (paglie, fieno e altri residui vegetali).<br />

In questo caso, le portate arrivano a oltre 80 l/s con richieste di potenza di<br />

200∏220 W per ogni l/s di portata, se di tipo sommerso, e 80∏100 W per ogni l/s<br />

di portata, se di tipo superficiale.<br />

La necessità di agitare efficacemente il liquame pone problemi alla tipologia di fossa<br />

(figura B.5):<br />

– la forma deve essere possibilmente circolare;<br />

– la profondità non deve eccedere i 4 m;<br />

– il sistema di circolazione del liquame sotto il pavimento fessurato deve essere del<br />

tipo a serpentina.<br />

Nel caso di fosse di grande capacità andranno previsti molti punti di agitazione.<br />

I vari sistemi di agitazione dovranno essere dimensionati correttamente perché presentano<br />

un costo elevato che viene spesso sotto stimato.<br />

b) Trattamenti aerobici. Consistono nell’immettere ossigeno atmosferico nei liquami<br />

in quantità sufficiente a favorire lo sviluppo dei microrganismi aerobi. L’ossigenazione<br />

può avere lo scopo di deodorizzare i liquami o di stabilizzarli.<br />

Deodorizzazione aerobica: la vasca è dimensionata per un tempo di ritenzione di<br />

120 gg; è necessaria una potenza installata dell’ordine di 4-7 W/m3 di vasca e l’azionamento<br />

dell’ossigenatore per 10-20 min/h. La spesa energetica è di 20-40<br />

Wh/m3 di vasca per giorno. La quantità di aria immessa è di 20-30 m3/m3 di liquame<br />

immesso giornalmente. L’efficienza massima di dissoluzione dell’ossigeno<br />

rispetto a quello contenuto nell’aria immessa è del 10% e l’efficienza di ossigenazione<br />

è di 1,2-1,5 kg di O2 disciolto/kWh. Temperatura raggiunta all’interno della<br />

massa di liquame è di 30 °C.<br />

La spesa energetica può variare da 110 a 270 Wh/capo per giorno rispettivamente<br />

per reflui, da stalle da carne e da latte. <strong>Il</strong> costo risultante di questo tipo di trattamenti<br />

è tale da consigliarne l’uso solo per la deodorizzazione. Ciò è da attuare solo<br />

in vicinanza di centri abitati e per risolvere problemi di contenzioso per molestia da<br />

odori.<br />

c) Lagunaggio anaerobico. Vasche e lagoni, grazie alla lunga durata media dello<br />

stoccaggio imposta per legge, consentono di effettuare il trattamento anaerobico a<br />

temperatura ambiente. È preferibile coprire il lagone con una struttura galleggiante<br />

per permettere il recupero del biogas che si produce naturalmente dalla degradazione<br />

della sostanza organica in composti inorganici (ione ammonio) e biogas<br />

(metano 50-75% e anidride carbonica 20-40%). <strong>Il</strong> coefficiente di trasformazione<br />

dei SV (solidi volatili, ovvero della frazione organica) in biogas è di 0,1 m3 di biogas<br />

per kg di solidi volatili immessi.<br />

d) Digestione anaerobica controllata. Avviene in serbatoi a tenuta d’aria in cui i<br />

liquami raggiungono temperature di 30-35 °C (mesofilia). I valori di trasformazione<br />

dei SV in biogas sono di poco superiori a quelli citati precedentemente per la digestione<br />

anaerobica a temperatura ambiente (che è meno costosa). In ogni caso, a valle<br />

del digestore va realizzata la vasca di accumulo che consente di ottemperare alle<br />

disposizioni di legge.<br />

e) Compostaggio: si hanno modificazioni della sostanza organica che viene umifi-<br />

68<br />

Figura B.5 – Catena di lavoro<br />

per il compostaggio di stallatico


Allegati<br />

cata per attività biologica e si ha contemporanea distruzione di batteri patogeni<br />

contenuti nelle deiezioni. Viene mantenuto un ambiente aerobico nella massa del<br />

prodotto che dopo qualche giorno raggiunge 70-75°C. Gli impianti aziendali sono<br />

del tipo a platea (preferibilmente coperta). L’impianto consente di ridurre l’umidità<br />

a valori del 25-30% in 30-60 giorni. Inconvenienti: emissione di odori e consistenti<br />

perdite di N. <strong>Il</strong> consumo energetico è di 7-15 kWh/t di prodotto immesso nell’impianto<br />

(figura B.5).<br />

B.3.5 - Prestazioni e criteri di scelta tecnico-operativa<br />

Le macchine destinate all’asportazione delle deiezioni vanno valutate in base alle<br />

prestazioni in termini di efficacia di lavoro e di resistenza nel tempo dei materiali<br />

utilizzati. Infatti, esse risultano fortemente soggette ad azioni di erosione dovute<br />

all’attrito e all’attacco corrosivo dovuto agli acidi organici liberati durante la degradazione<br />

delle deiezioni. Vanno pertanto curati la qualità dei materiali e il programma<br />

di manutenzione.<br />

La scelta tecnico-operativa è correlata alla dimensione e al livello di meccanizzazione<br />

adottato per 1’allevamento. Sono, in generale, da preferire le soluzioni di più<br />

elevata automazione perché più affidabili e meno sgradite per la manodopera. <strong>Il</strong><br />

tempo massimo di lavoro umano da dedicare allo svolgimento di queste operazioni<br />

non deve superare 2 min/capo al giorno.<br />

Circa, invece, le macchine per il trattamento la scelta deriva dalle soluzioni impiantistiche<br />

the si intendono adottare. Esse, come si è visto, sono basate su due alternative<br />

fondamentali di trattamento: aerobico a anaerobico.<br />

Nel primo caso, si debbono realizzare impianti comportanti elevate spese energetiche<br />

e una certa riduzione del potere fertilizzante (N) della massa iniziale.<br />

Nel secondo caso, invece, sono possibili interessanti recuperi energetici. La destinazione<br />

del biogas prodotto è mirata alla produzione di energia sia termica<br />

(mediante bruciatori), sia meccanica (o elettrica) mediante 1’alimentazione di motori<br />

endotermici opportunamente adattati.<br />

Anche con questa soluzione, tuttavia, va tenuto presente il fatto the ti trattamento<br />

mira a consentire un’utilizzazione agronomica delle deiezioni con relativa deodorizzazione.<br />

Pertanto, la produzione di energia va considerata come «sottoprodotto»<br />

del trattamento stesso, anche se esso appare di non trascurabile significato economico.<br />

In tabella B.6 sono riportati i principali parametri medi operativi delle macchine<br />

impiegate per 1’asportazione a il trattamento delle deiezioni bovine.<br />

Tabella B.6 - Principali parametri operativi delle macchine impiegate per l’asportazione<br />

e il trattamento delle deiezioni bovine (da Pellizzi, 1998).<br />

Pompe<br />

Parametri Unità Evacuatori Raschiatori Agitatrici Agitatrici<br />

Velocità di<br />

di misura a farfalla trituratrici<br />

avanzamento<br />

Potenza<br />

m/s 0,10-0,15 0,10-0,20 - -<br />

specifica W/m 25-40 25-40 - -<br />

richiesta<br />

Capacità<br />

W per l/s - - 50-70 80-220<br />

operativa capi/h 50-60 40-50 - -<br />

di lavoro l/s - - 50-80 50-60<br />

Considerazioni economiche: l’analisi dei costi va definita in relazione ai risultati<br />

ottenibili dalla gestione dei liquami, che possono essere solo agronomici o anche<br />

energetici. Per la sola utilizzazione agronomica, l’unico trattamento è costituto dallo<br />

stoccaggio, ed è necessaria la presenza di impianti e attrezzature di spandimento<br />

idonee. I costi relativi all’utilizzazione agronomica sono difficili da determinare<br />

perché ci si trova di fronte ad un notevole numero di opzioni (Tabella B.7). Indicativamente<br />

esso ha incidenza nell’ordine del 3% del costo di produzione, ma può essere<br />

superiore soprattutto nel caso di impiego di reflui molto diluiti.<br />

Nel caso, invece, di produzione di energia, per esprimere un giudizio di convenienza,<br />

occorre determinare il reale livello di utilizzazione dell’energia prodotta, comparandone<br />

il costo con quello delle fonti tradizionali di approvvigionamento.<br />

69


Allegati<br />

Tabella B.7 - Quadro riassuntivo sui sistemi di gestione dei diversi tipi di refluo<br />

Origine Deiezioni Evacuazione Opere di Modalità<br />

del prodotto da stoccare e trasferimento stoccaggio di ripresa<br />

lettiera letame raschiatore o letamaia coperta spandiletame<br />

accumulata paglioso forcone montato (fossa per liquidi (spandiliquame)<br />

su trattore di sgrondo)<br />

lettiera inclinata raschiatore<br />

stabulazione fissa automatico<br />

corridoio fra pistone<br />

cuccette groppa<br />

a groppa<br />

cuccette con<br />

spingi letame<br />

molta paglia<br />

bordo della<br />

idem<br />

lettiera idem<br />

cuccette letame fluido raschiatore o letamaia spandiletame<br />

poco pagliate liquame forcone montato in fossa spandiliquame<br />

(1-3 kg di paglia paglioso su trattore spandiletame<br />

/giorno) con portellone<br />

di tenuta<br />

bordo della zona raschiatore fossa per<br />

di alimentazione automatico<br />

flushing (se non<br />

c’è paglia)<br />

separazione<br />

necessaria<br />

liqui-letame<br />

cuccette con poca liquame poco raschiatore su fossa con spandiliquame<br />

paglia (< 1 kg/ paglioso trattore maceratore<br />

giorno-capo) raschiatore<br />

automatico<br />

flushing<br />

maceratore<br />

canaletta liquame<br />

conduttura di<br />

grande diametro<br />

in PVC<br />

o miscelatore<br />

fessurato con liquame pompa di fossa con spandiliquame<br />

cuccette con trasferimento miscelatore<br />

materassino e canaletta liquame (circolazione<br />

segatura o paglia conduttura di liquame)<br />

trinciata grande diametro<br />

in PVC<br />

grande area di liquame diluito pompa di fossa di spandiliquame<br />

esercizio esterna trasferimento decantazione,<br />

canaletta liquame trattamento<br />

conduttura di<br />

grande diametro<br />

in PVC<br />

sistema di<br />

trattamento<br />

70


Allegato C<br />

Spazio per conservazione alimenti e lettiera<br />

Allegati<br />

C.1 – Premessa<br />

<strong>Il</strong> complesso zootecnico comprende oltre alle stalle, anche i depositi di foraggi e di<br />

materiale di lettiera.<br />

I foraggi essiccati e la paglia possono essere conservati sotto forma di: erba disidratata;<br />

fieno imballato (grandi balle e balle tradizionali); fieno sfuso; paglia (grandi<br />

balle e balle tradizionali).<br />

I foraggi con s.s. 30-75% possono essere conservati in sili verticali o orizzontali.<br />

Gli alimenti concentrati possono essere conservati in: sacchi; sili verticali; sfusi a<br />

terra (Figura C.1).<br />

<strong>Il</strong> dimensionamento viene fatto in base ai volumi occupati.<br />

I fattori più importanti da considerare ai fini costruttivi sono densità e massa volumica<br />

(Tabella C.1).<br />

Tabella C.1 - Densità e volume relativi a<br />

diversi alimenti<br />

Kg/m? m?/t<br />

Insilato in fossa 400-800 1,4<br />

Insilato sciolto 400 2,3<br />

Fieno sciolto 50-100 12<br />

Fieno imballato 130-200 9<br />

Paglia sciolta 40 23<br />

Paglia imballata 70-140 14<br />

Polpa di bietola 660 1,5<br />

Farina di frumento 500 2,0<br />

Frumento macinato 710 1,4<br />

Orzo macinato 450 2,3<br />

Mais macinato 580 1,8<br />

Pellets 650 1,5<br />

N.B. Dato che massa e densità sono<br />

influenzate dall’umidità del prodotto, ci<br />

può essere una variazione del 5%<br />

rispetto ai dati riportati<br />

Figura C.1 – Deposito dei diversi tipi di alimento (da<br />

Hoepli, 1997)<br />

C.2 – Sili per foraggi<br />

L’insilamento consiste nella conservazione di foraggi con contenuto di sostanza<br />

secca variabile dal 30 al 75%. Più frequentemente, con U > 60% in ambiente acido<br />

e anaerobico. Tale conservazione può essere naturale o orientata; l’anaerobiosi è<br />

difficile da realizzare quando la s.s. è > 50%. I due parametri che qualificano un insilato<br />

sono: contenuto in s.s. e massa volumica. L’ottenimento di un mezzo acido<br />

dipende dal contenuto di s.s. e dal tasso di glucidi del foraggio conservato.<br />

Obiettivi da raggiungere e regole da rispettare:<br />

- scegliere correttamente i foraggi da insilare;<br />

- trinciare uniformemente il foraggio;<br />

- riempire rapidamente il silo e comprimere bene il prodotto.<br />

- evitare inquinamento con terra;<br />

- insilare la massima quantità di s.s. (ovvero con la minore umidità);<br />

- ottenere condizioni di anaerobiosi;<br />

- raggiungere bassi valori di pH il più velocemente possibile;<br />

- ottenere una fermentazione omolattica;<br />

- utilizzare con attenzione i conservanti (batteriostatici e acidi);<br />

- contrastare lo sviluppo di clostridi, muffe, lieviti;<br />

- ottenere un prodotto dalle caratteristiche organolettiche e qualitative compatibili<br />

con le esigenze fisiologiche dell’animale;<br />

I sili verticali possono essere: ermetici, a compressione, ciclatori. Quelli orizzontali:<br />

a trincea, a fossa, a corridoio, a cumulo.<br />

Attualmente i sili (quasi tutti di tipo orizzontale), vengono utilizzati per ottenere il<br />

fienosilo (fieno ad elevata umidità circa 50%), il silomais (insilato di mais integrale,<br />

circa 65% di umidità), il pastone di mais (insilato della sola spiga, circa 40% di umi-<br />

71


72<br />

Allegati<br />

dità). Per trasformare le tonnellate di sostanza secca in tonnellate di insilato, si stima<br />

la percentuale di umidità dell’insilato di mais e si moltiplica il peso per il fattore<br />

sotto riportato:<br />

Umidità dell’insilato (%): 40 45 50 55 60 65 70<br />

moltiplicare il peso della s.s. per: 1.6 1.8 2.0 2.2 2.5 2.8 3.3<br />

<strong>Il</strong> prodotto più importante è l’insilato di mais (di cui vengono distribuiti 10-30<br />

kg/capo·giorno). Nel calcolare la quantità di s.s. da insilare per capo si deve tener<br />

conto di perdite di conservazione e spreco normale in mangiatoia (= 10%) (Tabelle<br />

C.2 e C.3).<br />

Le perdite di valore nutritivo dell’insilato sono legate al grado di ermeticità del silo.<br />

<strong>Il</strong> silomais è suscettibile di deterioramento una volta a contatto dell’aria; occorre<br />

quindi ogni giorno rimuovere uno strato più grande di quello che può penetrare l’aria<br />

nello stesso tempo (> 15 cm/giorno). Per ridurre le perdite, importante è il grado<br />

di compattamento ottenibile inizialmente.<br />

Massa volumica = 350-900 kg/m3 (media 700). Effluente del silo: è nullo al 62% di<br />

umidità. Esso ha pH bassissimo; è corrosivo per i metalli; erode il cemento. <strong>Il</strong> calcestruzzo<br />

deve avere la seguente composizione 1:2:4 con 330 kg/m3 di cemento.<br />

Tabella. C.2 – Razione alimentare giornaliera orientativa per bovine da latte (senza<br />

impiego di foraggio verde)<br />

Silomais (kg) Fieno (kg) Concentrati (*) (kg)<br />

Vacche in piena lattazione 10-30 2-6 8<br />

Vacche a metà o fine lattazione 15-30 2-6 5<br />

(*) 1 kg di concentrato ogni 3 kg di latte. In totale max 4,0% del peso vivo in sostanza secca<br />

Tabella C.3 - Perdite medie di prodotto (con umidità del 45-60%) in sili orizzontali<br />

e verticali (da FBIC)<br />

Tipo di silo Perdita percentuale<br />

Ermetico verticale 5 1-11<br />

Verticale in calcestruzzo 6 2-12<br />

Orizzontale a trincea o corridoio 15 10-25<br />

Cumulo (sviluppo orizzontale) 20 12-25<br />

C.2.1 - Sili orizzontali<br />

Geometria del silo: le dimensioni dipendono in larga misura dalle attrezzature di<br />

carico e scarico. Benna su trattore: h = 1,8-2,0 m (8-10 t/h). Forcone su trattore: h =<br />

2-3 m. Dessilatrice specializzata: 3-5 m (12-15 t/h). Le attrezzature per lo scarico non<br />

devono smuovere la massa e devono lasciare le superfici pulite.<br />

C.2.2 - Pagliai e fienili<br />

Paglia e fieno, in grandi o piccole balle, vanno protetti dagli agenti atmosferici per<br />

preservarli dallo sviluppo di muffe. Gli edifici hanno un lato aperto per consentire<br />

migliore circolazione dei mezzi per manipolazione e trasporto. Per consentirne l’essiccazione,<br />

il fieno viene posto sotto tettoie con pavimento fessurato per permettere<br />

ventilazione del cumulo. Fieno sciolto o in balle di medio-bassa densità. Portate<br />

d’aria indicative = 400-900 m3/h per m2 di superficie. Pressione statica è = 20-70<br />

Pa a seconda che si tratti di fieno sciolto o imballato. Altezza cumulo, per sicurezza,<br />

< 6 m; larghezza = 12 m; lunghezza multipla dell’interasse fra i pilastri (4-5 m)<br />

(Figura C.3). Pagliai e fienili vanno isolati dagli altri edifici per problemi di incendio.<br />

<strong>Il</strong> consumo di fieno varia in relazione al tipo di alimentazione fra 1 e 5 kg/giorno per<br />

capo. <strong>Il</strong> consumo di paglia medio, (per stalle che ne prevedono l’uso) = 1-6 kg/giorno<br />

per capo.<br />

Figura C.2<br />

Caratteristiche del silo<br />

per silomais (da Hoepli, 1997)<br />

Figura C.3<br />

Fienile/pagliaio con<br />

tetto solarizzabile<br />

(da Hoepli, 1997)


Allegato D<br />

Rischi e precauzioni nell’allevamento bovino da latte<br />

Allegati<br />

D.1 - Generalità<br />

L’entrata in vigore del D.L.vo 626/94 comporta per gli allevatori<br />

• la presa di coscienza delle modalità con le quali si opera in azienda, con particolare<br />

riferimento, nel nostro caso, alla stalla e alle operazioni vi si svolgono nonché<br />

alle condizioni ambientali;<br />

• l’individuazione di situazioni di pericolo;<br />

• 1’ adozione di idonee misure per ridurre i rischi e la qualità dell’ambiente di lavoro;<br />

Con riferimento alle operazioni di stalla, i problemi che si possono incontrare sono<br />

i seguenti<br />

• rischio biologico: per contatto diretto di estese parti del corpo umano con la bovina<br />

e per contatto con escrementi ed urina;<br />

• rischio fisico: per calci o calpestamento da parte della bovina;<br />

• posizione di lavoro: accovacciata a fianco dell’animale;<br />

• movimentazione carichi : per trasporto secchi pieni di latte e/o per spostamento<br />

gruppi di mungitura.<br />

Importante è, anche, la Direttiva CEE 92/117 – misure di protezione da zoonosi specifiche,<br />

per gli aspetti legati alla manodopera.<br />

D.2 – Rumore<br />

Nell’allevamento bovino da latte si possono raggiungere pericolosi livelli di rumorosità<br />

che variano in relazione al grado di meccanizzazione.<br />

Non è infrequente, infatti, imbattersi in macchine (trattori, carri unifeed semoventi,<br />

trinciapaglia ecc.) caratterizzate da rumorosità compresa fra 90-100 dBA.<br />

Gli studi sulla sordità indotta dal rumore nell’ambito dell’allevamento bovino da latte<br />

sono pochi (ILO, Enciclopedia of Occupational Health and Safety), tuttavia essi<br />

concordano nell’affermare che si riscontrano deficit che influenzano in maniera<br />

predominante le frequenze più elevate e interessano soggetti di tutte le età. In alcuni<br />

studi vengono evidenziate perdite di udito superiori all’orecchio sinistro piuttosto<br />

che al destro e ciò è probabilmente dovuto alla posizione prevalente del tubo di<br />

scappamento.<br />

<strong>Il</strong> calcolo della esposizione viene effettuato seguendo il metodo indicato nel D.L.vo<br />

277/92. Se si superano i valori di 85 dBA è obbligatoria una visita specialistica su<br />

base annua; se ci si trova al di sotto di tale valore ci si può limitare alle visite di routine<br />

dal medico competente.<br />

La prevenzione non può che passare attraverso: l’abbattimento dei rumori alla fonte;<br />

la turnazione della manodopera, quando possibile; l’adozione di cuffie o tappi<br />

per orecchie.<br />

D.3 - Prodotti chimici<br />

L’allevatore è in contatto con quasi tutti i prodotti chimici utilizzati in agricoltura<br />

(fertilizzanti, fitofarmaci ecc.) oltre a quelli specifici della sua attività quali quelli per<br />

il lavaggio degli impianti di mungitura. I prodotti per i lavaggi basici contengono<br />

generalmente il 35% di soda (NaOH) o, nel caso dei lavaggi acidi, il 22,5% di acido<br />

fosforico. <strong>Il</strong> contatto con questi prodotti può causare danni. Sono state osservate<br />

scottature cutanee o danni a cornea o congiuntiva ecc. Si tratta di situazioni che<br />

possono essere prevenute utilizzando un sistema automatico di lavaggio a circuito<br />

chiuso. In assenza di sistemi automatici occorre impedire, ai non addetti, l’accesso<br />

ai prodotti citati. I misurini vanno accuratamente sciacquati dopo l’uso.<br />

L’esposizione a farmaci, varia da antibiotici a progestinici, a inibitori di prostaglandine,<br />

a ormoni. L’accesso a questi prodotti va limitato al solo personale qualificato.<br />

D.4 – Polveri<br />

Le polveri organiche che si incontrano negli allevamenti danno luogo a reazioni<br />

complesse anche di tipo allergenico. Le polveri contengono, infatti, endotossine,<br />

beta-glucani, istamine e altri materiali biologicamente attivi (Olenchock et al. 1990).<br />

In certe operazioni si raggiungono livelli di polverosità totale di 50 mg/m3 e di 5<br />

mg/m3 di polvere respirabile. Queste polveri sono spesso dovute a foraggi o lettiere<br />

contaminati da microrganismi, movimentati all’interno di spazi chiusi. L’esposizione<br />

a queste polveri genera spesso polmoniti da ipersensibilità, polmone dell’a-<br />

73


Allegati<br />

gricoltore, asma, bronchiti croniche con frequenza doppia rispetto alla popolazione<br />

non esposta (Rylander e Jacobs, 1994).<br />

Le frequenze aumentano quando si è di fronte ad alimenti umidi e nelle stalle<br />

chiuse.<br />

L’essiccazione del foraggio e la distribuzione <strong>manuale</strong> del fieno e della lettiera costituiscono<br />

fattori aggravanti per la comparsa delle malattie professionali associate<br />

alle polveri.<br />

Per minimizzare l’ammontare, la crescita o la aerosalizzazione dei microrganismi,<br />

l’allevatore può, a esempio, ricorrere a materiali di lettiera alternativi alla paglia<br />

ammuffita; può stoccare la paglia e il fieno in luogo asciutto, riparato e ventilato,<br />

oppure può adottare dispositivi per inumidire la paglia nel momento in cui viene<br />

trinciata. Ma può anche attivare un impianto di ventilazione e, infine, indossare idonee<br />

mascherine.<br />

D.5 – Allergeni<br />

Gli allergeni, quali forfora animale e acari che vivono nel fienile, possono costituire<br />

un grosso problema per gli allevatori.<br />

Uno studio ha evidenziato che le popolazioni di acari si estendono anche alle abitazioni<br />

degli allevatori (Van Hage-Hamasten, Johansson and Hogland, 1985). L’allergia<br />

da acari e forfora è stata confermata come problema in molte parti del mondo<br />

dove ha dato luogo a molte reazioni allergiche (Marx et al. 1993). Queste includono<br />

la congestione nasale, l’irritazione agli occhi, le dermatiti allergiche e soprattutto<br />

l’asma. Quest’ultima può generare attacchi immediati o ritardati (anche di 12 h)<br />

anche in individui non considerati asmatici.<br />

Dato che il contatto dell’allevatore con gli allergeni è continuo e dura tutta la vita,<br />

viene interessato un numero sempre crescente di soggetti.<br />

La prevenzione è difficile da mettere in atto.<br />

Le terapie adottate sono molto varie e combinano trattamenti antinfiammatori con<br />

broncodilatatori, steroidi topici ecc.<br />

D.6 - Rischio ergonomico<br />

I dati sui problemi muscolo-scheletrici non sono completi.<br />

Tuttavia gli allevatori bovini presentano maggiori rischi di artriti ad anche e ginocchi<br />

se confrontati con la popolazione generica. Anche i rischi per spalle e schiena<br />

sono più elevati. L’ergonomia costituisce, quindi, un rischio importante.<br />

L’allevatore può portare pesi superiori a 40 kg, è esposto alle vibrazioni delle macchine<br />

agricole ecc. ma è il lavoro di mungitura ad essere più pesante ergonomicamente.<br />

In una stalla a posta fissa l’addetto si piega o si accoscia per 4-6 volte durante<br />

la mungitura di ogni singolo capo e ciò avviene per tutti i capi a lui affidati per<br />

due volte al giorno, per tutto l’anno e per decenni. Già il trasferimento del gruppo<br />

di mungitura da una posta all’altra causa un ulteriore sforzo alle estremità superiori.<br />

Soluzioni proposte nei paesi scandinavi di realizzare binari sospesi su cui far<br />

scorrere il gruppo di mungitura devono ancora trovare idonea diffusione (figura<br />

D.1). In una stalla a stabulazione libera dotata di sala di mungitura, le cose vanno<br />

decisamente meglio in quanto l’uomo, se la fossa del mungitore è ben proporzionata,<br />

lavora in posizione eretta (figura D.2) e non deve trasportare i gruppi di mungitura.<br />

In questo caso, però, entra in gioco un altro fattore, ovvero la frequenza con<br />

la quale viene spostato un carico (il gruppo di mungitura, nel nostro caso) con il<br />

braccio teso (figura D.3), che fa ulteriormente ridurre l’ammontare del massimo<br />

carico movimentabile.<br />

Figura D.1 – Sistema che consente<br />

di ridurre lo sforzo necessario per<br />

trasportare i gruppi di mungitura<br />

(da Alfa Laval Agri, 1994)<br />

74<br />

Figura D.2 – Posizione corretta di<br />

lavoro del mungitore che deve<br />

mantenere la schiena eretta (da<br />

Alfa Laval Agri, 1994)<br />

Figura D.3 – L’ammontare del<br />

carico che può essere spostato da una<br />

persona dipende dalla posizione delle<br />

braccia rispetto al corpo (nel disegno)<br />

e dalla frequenza con la quale<br />

i carichi stessi vengono spostati (da<br />

HSE, 1998)


Allegato E<br />

L’allevamento biologico della vacca da latte<br />

Allegati<br />

E.1 Premessa<br />

Trattare il tema della “zootecnia biologica” significa non tanto suggerire un diverso<br />

modo di produrre ma un diverso modo di vivere e ciò è valido anche per coloro che<br />

acquistano i prodotti biologici, che sono disposti a pagare di più ciò che intrinsecamente<br />

vale di più e costa di più.<br />

Le produzioni biologiche non sono una alternativa alle produzioni intensive ma<br />

bensì il modello verso cui agricoltura e zootecnia devono tendere affinché si possano<br />

riaffermare quei valori o concetti, quali quelli di: eticità di produzione; di agricoltura<br />

sostenibile ecc., che si dovranno necessariamente adottare per far fronte ai<br />

grandi problemi alimentari e ambientali in cui tutti siamo coinvolti e per i quali l’agricoltura<br />

gioca un ruolo chiave.<br />

Gli ambientalisti affermano che l’agricoltura inquina a causa dei fitofarmaci, dei fertilizzanti<br />

e dei reflui zootecnici e che distrugge il paesaggio. I salutisti sono preoccupati<br />

dei residui di fitofarmaci, antibiotici ecc. negli alimenti e della perdita di proprietà<br />

organolettiche dei prodotti. Le frange estremiste anti-globalizzazione accusano<br />

le politiche agricole di creare artificialmente surplus.<br />

Sicuramente gli agricoltori si trovano a lottare con profitti estremamente ridotti o<br />

negativi ma non è certo buttandosi sul biologico che si risolvono i problemi. Infatti,<br />

così come non tutti possono diventare buoni imprenditori, non tutti i buoni imprenditori<br />

possono diventare produttori biologici.<br />

La produzione biologica è una scelta di vita e, più ancora, una filosofia di vita. L’agricoltura<br />

biologica aspira ad essere in armonia con la natura. Questa idea pervade<br />

tutti gli aspetti dell’attività agricola: dalle modalità di controllo di parassiti e patologie<br />

al trattamento del bestiame, all’integrazione dell’azienda con l’ambiente naturale,<br />

alla vendita dei prodotti, ai rapporti di lavoro. L’agricoltura biologica minimizza<br />

l’uso di forme di energia non rinnovabile. Fertilizzanti chimici e fitofarmaci vengono<br />

sintetizzati partendo dal petrolio ne richiedono elevate quantità per estrarli o<br />

lavorarli. Basti pensare, a questo proposito, che per produrre 1 kg di fertilizzante<br />

azotato sono necessari, fra costi diretti e indiretti di energia, oltre 2 kg di petrolio.<br />

L’agricoltura biologica non è il mondo del basso input perché non ricorre (o vi ricorre<br />

in modo moderato) a fertilizzanti chimici e fitofarmaci ma è invece un sistema<br />

che ricorre in misura ridotta a risorse esterne e cerca di ottimizzare i cicli interni<br />

all’azienda.<br />

La produttività per addetto e per ettaro non è la più elevata ma lo diventa se ci si<br />

riferisce all’unità di mezzo tecnico impiegato.<br />

L’agricoltura biologica non inquina perché non vengono utilizzati principi attivi pericolosi<br />

per l’uomo e per l’ambiente.<br />

I sottoprodotti che vengono considerati rifiuti dall’agricoltura intensiva sono la base<br />

dell’agricoltura biologica.<br />

L’azienda deve essere predisposta alla conversione e vi devono essere clima adatto<br />

e suolo adatto.<br />

Non è possibile mantenere sistemi monocolturali o sistemi intensivi di allevamento<br />

suino o avicolo perché contravvengono ai princìpi dell’agricoltura biologica.<br />

Con la pubblicazione del regolamento 1804/99 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione<br />

Europea del 24 agosto 1999 e con l’emanazione dei DD.MM. 4 agosto 2000 e 29<br />

marzo 2001, colmano in parte, il vuoto legislativo del settore (manca ancora, infatti,<br />

la regolamentazione regionale).<br />

<strong>Il</strong> testo della normativa è frutto di compromessi per conciliare i diversi sistemi zootecnici<br />

esistenti in Europa ed è, quindi, complicato e ricco di deroghe e possibilità di<br />

interpretazione.<br />

In definitiva, cardini principali dell’allevamento biologico sono:<br />

Rispetto dell’etologia e del benessere animale;<br />

Riduzione al minimo dell’impatto ambientale dell’allevamento;<br />

Impiego di alimenti biologici.<br />

Le indicazioni sulle tipologie stabulative e sui metodi di gestione dell’allevamento,<br />

sul rapporto fra superficie agricola aziendale e consistenza degli animali allevati,<br />

sulla produzione e somministrazione di alimenti sono di rilevante importanza. Nell’allevamento<br />

biologico, tutti gli animali, appartenenti ad una stessa unità di produzione,<br />

devono essere allevati nel rispetto delle norme contenute nel regolamento<br />

CEE 2092/91.<br />

75


76<br />

Allegati<br />

E.2 - Gestione e strutture di allevamento<br />

E.2.1 - La gestione dell’allevamento<br />

<strong>Il</strong> regolamento CE n. 1804/99 vincola la gestione dell’azienda zootecnica biologica<br />

ad una serie di norme che, per l’allevamento dei bovini da latte, vanno dalla garanzia<br />

del libero movimento per gli animali, alla prescrizione di una superficie stabulativa<br />

adeguata, dall’assicurazione di una accessibilità a pascoli o aree esterne alla<br />

predisposizione di una zona di riposo a lettiera confortevole e correttamente<br />

dimensionata, al facile accesso alle mangiatoie e agli abbeveratoi, alla stabulazione<br />

in ambienti luminosi e aerati. Come logica conseguenza, non sono proponibili forme<br />

di allevamento in gabbia e la presenza di pavimentazioni totalmente fessurate.<br />

Ma non sono neppure proponibili allevamenti senza terra.<br />

Nella scelta delle razze occorre tener conto delle esigenze della produzione e delle<br />

capacità di adattamento degli animali alle condizioni ambientali esistenti, dando<br />

preferenza alle razze e ai sottotipi autoctoni.<br />

I soggetti per la rimonta possono provenire, in percentuali e con modalità definite, da<br />

altri allevamenti biologici e, solo in casi particolari, da allevamenti convenzionali.<br />

Nello stesso allevamento possono coesistere, fino al 2008, animali allevati biologicamente<br />

o no purché appartenenti a specie differenti.<br />

La gestione dell’allevamento, soprattutto in termini di alimentazione e condizioni<br />

ambientali, deve favorire la resistenza alle malattie e alla prevenzione delle stesse.<br />

E’ vietato l’uso di trattamenti preventivi allopatici (quelli, cioè, basati sul contrasto<br />

dell’agente patogeno), di stimolatori della crescita, di ormoni per sincronizzazione<br />

dei calori, ecc.. Per la cura degli animali ammalati si deve ricorrere all’omeopatia e<br />

alla medicina naturale che stimolano e fortificano le risposte del sistema immunitario.<br />

L’uso di medicinali di sintesi non viene, però, escluso.<br />

L’alimentazione deve rispondere ai fabbisogni degli animali e gli alimenti devono<br />

provenire da colture biologiche preferibilmente aziendali (almeno il 35% della<br />

sostanza secca) e/o essere sottoprodotti derivati dalla trasformazione di prodotti<br />

biologici. <strong>Il</strong> ricorso ad alimenti biologici extra-aziendali è considerato come integrazione<br />

delle produzioni aziendali.<br />

Durante il periodo di conversione le coltivazioni aziendali destinate alla produzione<br />

di alimenti per il bestiame devono seguire le norme dell’agricoltura biologica.<br />

I prodotti zootecnici, possono essere commercializzati come biologici solo dopo un<br />

periodo minimo di allevamento degli animali secondo il metodo biologico.<br />

Deve essere tenuto un registro con indicati ingressi e uscite di animali, alimentazione<br />

e profilassi seguita. Tutti gli animali dell’allevamento devono essere identificati<br />

singolarmente.<br />

<strong>Il</strong> rapporto fra consistenza del bestiame allevato e superficie agricola aziendale<br />

dipende dalla possibilità di distribuire un massimo di 170 chilogrammi ad ettaro<br />

all’anno di azoto, proveniente da deiezioni zootecniche.<br />

Le aziende che praticano il metodo di produzione biologico possono stabilire convenzioni<br />

con altre aziende e imprese biologiche per permettere lo spargimento delle<br />

deiezioni eccedenti il quantitativo di azoto indicato.<br />

Le questioni più spinose sono da risolvere per l’applicazione della direttiva essenzialmente<br />

due: l’apporto massimo annuale di deiezioni animali al campo e il corrispondente<br />

carico di bestiame; le tipologie di allevamento e di stabulazione, legate<br />

anche al tipo di refluo che è necessario produrre per rispettare i principi dell’agricoltura<br />

biologica.<br />

Fermo restando l’apporto massimo annuale di deiezioni animali al terreno corrispondente<br />

a 170 chilogrammi all’anno di azoto per ettaro di Sau (Superficie agricola<br />

utilizzata), occorre definire il numero di animali, per le diverse categorie, corrispondente<br />

a questo quantitativo di azoto (l’UE propone l’equivalenza con 2 UBA<br />

ovvero con 2 vacche o 5 vitelli per ettaro). Trattandosi, però, di azoto al campo e di<br />

un sistema che limita il ricorso a mezzi tecnici esterni, va da sé che vi è l’interesse<br />

ad adottare soluzioni che limitano le perdite per volatilizzazione dell’azoto.<br />

Per quanto riguarda le tipologie di allevamento e di stabulazione dei bovini da latte,<br />

le questioni riguardano l’obbligo del pascolo e il divieto di realizzare stalle a stabulazione<br />

fissa, derogabile solo se sussistono determinate condizioni di benessere<br />

e se gli edifici sono stati costruiti prima del 24 agosto 2000 (figura E.1)<br />

E.2.2 - Tipologie di stabulazione<br />

I locali di stabulazione devono rispettare le esigenze degli animali allevati e, in particolare,<br />

il loro benessere e la loro libertà di movimento.


Allegati<br />

L’animale può, quindi, scegliere, movendosi autonomamente, l’ambiente di volta in<br />

volta ideale in relazione al clima ma anche ai rapporti sociali.<br />

La stalla a stabulazione fissa viene ammessa, previa autorizzazione dell’organismo<br />

di controllo, soltanto:<br />

– in edifici realizzati prima del 24 agosto 2000 (per un periodo transitorio che scade<br />

il 31 dicembre 2010), purché vengano rispettati i requisiti relativi alla ginnastica<br />

funzionale (predisposizione di paddock o pascoli accessibili) e al benessere animale<br />

(pavimentazione della posta realizzata in conglomerati termoisolanti su cui<br />

viene posta la lettiera);<br />

– per un singolo animale per un limitato periodo di tempo e per motivi di sicurezza<br />

o benessere dell’animale stesso;<br />

– nel caso di “piccole” aziende (non viene specificata la dimensione), nel caso in cui<br />

non sia possibile allevare gli animali in gruppi adeguati ai requisiti di comportamento;<br />

in questo caso è necessario prevedere l’accesso a paddock o a zone di<br />

pascolo almeno 2 volte alla settimana (se le condizioni climatiche lo consentono).<br />

La stabulazione libera, a lettiera o a cuccette, è invece indicata per la costruzione<br />

di nuove stalle.<br />

In queste stalle le vacche devono essere divise in gruppi omogenei: vitelli, manzette,<br />

manze, manze gravide, vacche in asciutta e vacche in lattazione. Queste ultime,<br />

a loro volta, devono essere suddivise in due o più gruppi di produzione, in base allo<br />

stadio di lattazione e/o al livello produttivo, per differenziare la razione alimentare.<br />

E’ necessario predisporre un apposito locale di isolamento per animali malati o feriti;<br />

tali animali non devono avere accesso a pascoli o paddock riservati ai capi in produzione.<br />

<strong>Il</strong> locale isolamento o infermeria può essere realizzato ex novo o derivare dall’adattamento<br />

di un locale preesistente<br />

E.2.3 - Paddock e pascoli<br />

Contrariamente alla tendenza in atto negli allevamenti intensivi e in quelli (per ora<br />

pochi) dotati di impianti di mungitura robotizzati, tutti i bovini devono poter accedere<br />

a pascoli o a paddock ogni qualvolta lo consentano:<br />

– le loro condizioni fisiologiche;<br />

– le condizioni climatiche;<br />

– lo stato del terreno (possono essere concesse deroghe per un periodo transitorio<br />

che scade il 31 dicembre 2010 alle aziende aventi edifici costruiti anteriormente al<br />

24 agosto 1999).<br />

Se però i bovini sono allevati in stabulazione libera o hanno accesso ai pascoli<br />

durante il periodo primaverile-estivo, non è obbligatorio prevedere una zona di<br />

esercizio.<br />

I paddock, pavimentati hanno il vantaggio di poter essere<br />

utilizzati per tutto l’anno, ma andrebbero coperti per evitare<br />

di dover raccogliere e stoccare anche le acque piovane<br />

che vi scorrono sopra, mentre i paddock in terra hanno<br />

un’agibilità limitata ai mesi primaverili-estivi. La soluzione<br />

ideale è quella di realizzare paddock agibili per tutto<br />

l’anno interponendo, fra corpo stalla e paddock in terra,<br />

un’area di esercizio pavimentata (figura E.1).<br />

E.2.4 - Mangiatoie e abbeveratoi<br />

Gli animali devono disporre di un accesso agevole alle<br />

mangiatoie e agli abbeveratoi. In stalle a stabulazione<br />

libera è opportuno dotare le mangiatoie di rastrelliere<br />

autocatturanti per limitare la competitività alimentare<br />

(nel caso di distribuzione contemporanea dell’alimento),<br />

per ridurre lo spreco di foraggio e facilitare gli interventi<br />

veterinari in genere o riproduttivi in particolare.<br />

La stalla va dotata di abbeveratoi a vasca collocati, in relazione<br />

al tipo di stalla, o nei pressi della zona di alimentazione<br />

o nei pressi di quella di esercizio (figura E.2).<br />

E.2.5 - Pavimentazione e superficie stabulativa<br />

I requisiti fondamentali della pavimentazione delle zone<br />

di stabulazione coperte sono:<br />

– elevato potere autopulente, cioè un rapido e completo<br />

Figura E.1 – <strong>Il</strong> paddock consente<br />

alle bovine di godere dei<br />

benefici dovuti al sole<br />

Figura E.2 – Gli abbeveratoi<br />

devono essere del tipo a vasca,<br />

meglio se ribaltabili per facilitare<br />

la pulizia (da Arntjen<br />

System, 2002)<br />

77


Allegati<br />

allontanamento delle deiezioni, in modo da limitare lo sviluppo di microrganismi<br />

e infezioni;<br />

– superficie di calpestio liscia ma non scivolosa o abrasiva, priva di spigoli vivi o<br />

protuberanze, in modo da limitare i casi di lesioni traumatiche, in particolare agli<br />

arti e ai capezzoli;<br />

– essere almeno per metà a pavimento pieno.<br />

Nella zona di stabulazione deve essere prevista un’area di riposo - confortevole,<br />

pulita, asciutta e correttamente dimensionata – a pavimento pieno con sovrastante<br />

lettiera di paglia o di “altri materiali naturali adatti”. Non si possono perciò, utilizzare<br />

in allevamenti biologici, materiali sintetici, come i materassini e i tappetini in<br />

gomma o materiale elastomerico (figura E.3).<br />

La superficie di stabulazione per le vacche da latte (ovvero la superficie realmente<br />

disponibile per la stabulazione degli animali) è pari a 6 metri quadrati per capo<br />

(superficie di stabulazione coperta) a cui vanno aggiunti almeno 4,5 metri quadrati<br />

per capo per i paddock; possono essere concesse deroghe per un periodo transitorio,<br />

che scade il 31 dicembre 2010, alle aziende aventi edifici costruiti prima del<br />

24 agosto 1999.<br />

La densità del bestiame nei pascoli deve essere sufficientemente bassa in modo da<br />

evitare che il suolo diventi fangoso e che il cotico erboso venga eccessivamente<br />

deteriorato.<br />

Le superfici di stabulazione del toro riproduttore sono pari a 10 metri quadrati per<br />

capo (superficie di stabulazione coperta) e a 30 metri quadra per capo di paddock;<br />

anche in questo caso valgono le deroghe citate.<br />

E.2.6 - <strong>Il</strong> controllo ambientale<br />

Per ottenere un microclima ottimale occorre agire:<br />

– sull’isolamento termico, che riduce l’effetto delle variazioni della temperatura<br />

esterna sulla temperatura dell’aria all’interno del locale d’allevamento;<br />

– sulla ventilazione che apporta, in inverno, aria fresca riducendo la concentrazione<br />

dei gas nocivi e del vapore acqueo. In estate, la ventilazione permette di asportare<br />

il calore sensibile prodotto dagli animali e il calore dovuto all’irraggiamento solare.<br />

La ventilazione consente di eliminare le polveri e il microbismo atmosferico;<br />

– sul raffrescamento estivo, che sfrutta il principio della sottrazione di calore per<br />

evaporazione, nei casi in cui risulti difficile mantenere la temperatura ambiente a<br />

valori accettabili;<br />

– sull’illuminazione naturale.<br />

E.2.7 - Stoccaggio delle deiezioni<br />

I contenitori per lo stoccaggio del liquame e del letame devono essere dimensionati<br />

in modo da ridurre l’inquinamento puntuale e diffuso delle acque superficiali e di<br />

falda.<br />

La legislazione vigente a livello di bacino del Po stabilisce che i recipienti per lo<br />

stoccaggio del liquame e del letame devono avere una capacità utile complessiva<br />

non inferiore al volume prodotto rispettivamente in 120 e 90 giorni.<br />

E.2.8 - <strong>Il</strong> trasporto degli animali<br />

<strong>Il</strong> trasporto degli animali deve avvenire rispettando la normativa nazionale (decreto<br />

legislativo 20 ottobre 1998, n.388 – Attuazione della direttiva 95/29/CE relativa<br />

Figura E.3 – <strong>Il</strong> materassino in gomma va opportunamente<br />

coperto con paglia o altro materiale accettato<br />

per l’allevamento biologico Figura E.4 – I vitelli vanno allevati su lettiera<br />

78


Allegati<br />

alla protezione degli animali durante il trasporto) e comunitaria (Direttiva 95/29/CE<br />

del 29 giugno 1995 che modifica la Direttiva 91/628/CEE relativa alla protezione<br />

degli animali durante il trasporto) in vigore.<br />

Gli animali, durante il trasporto e la fase che precede la macellazione, devono essere<br />

trattati in modo da ridurre al minimo l’affaticamento, la sofferenza e lo stress; in<br />

particolare, durante le operazioni di carico e scarico è vietato l’utilizzo della stimolazione<br />

elettrica.<br />

E.2.9 - Allevamento dei vitelli<br />

Per quanto riguarda l’allevamento dei vitelli, a partire dal 24 agosto 2000, valgono<br />

le norme definite dalle direttive 91/629/CEE e 97/2/CE sul benessere animale.<br />

Le principali disposizioni riguardanti la loro stabulazione sono:<br />

– i box individuali, consentiti soltanto per vitelli di età non superiore a 1 settimana,<br />

devono avere pareti divisorie forate, che consentano un contatto diretto, visivo e<br />

tattile tra i vitelli; un’altezza pari a 0,8 l’altezza al garrese del vitello e una lunghezza<br />

pari alla lunghezza dell’animale, misurata dalla punta del naso all’estremità<br />

caudale della tuberosità ischiatica, moltiplicata per 1,1;<br />

– una superficie minima per capo nei box multipli pari a 1,5 metri quadrati per ogni<br />

vitello dal peso inferiore a 150 chilogrammi, a 1,7 metri quadrati per un vitello dal<br />

peso compreso fra 150 e 220 chilogrammi e 1,8 metri quadrati per un vitello dal<br />

peso superiore a 220 chilogrammi;<br />

– i locali di stabulazione devono consentire ad ogni vitello di “coricarsi, giacere,<br />

alzarsi ed accudire a se stesso senza difficoltà, e di vedere altri vitelli”; se si utilizza<br />

un attacco, questo deve consentire all’animale tali movimenti;<br />

– la zona di riposo deve essere confortevole, pulita, adeguatamente asciutta e “non<br />

dannosa” per i vitelli; nel caso di vitelli di età inferiore a due settimane deve essere<br />

prevista una lettiera adeguata (figura E.4);<br />

– le pavimentazioni devono essere antisdrucciolevoli, prive di asperità, adeguate<br />

alle dimensioni e al peso dei vitelli e costituire una superficie rigida, piana e stabile.<br />

79


Premessa<br />

Gestione allevamento<br />

vacche da latte<br />

Le attuali forme d’allevamento, caratterizzate<br />

da un’impostazione decisamente<br />

intensiva, non devono essere per forza,<br />

associate ad un concetto di scarso benessere<br />

per gli animali che, invece, grazie a soluzioni<br />

gestionali e alimentari più corrette,<br />

possono godere di un ambiente che consente<br />

loro una migliore risposta qualitativa<br />

e quantitativa. Le soluzioni gestionali e alimentari<br />

più attente sono in grado di assecondare<br />

i bisogni delle bovine e sono adottate<br />

da sempre più allevatori. La crescente<br />

attenzione verso le esigenze degli animali è<br />

confermata dalle stesse vacche, attraverso<br />

una sempre più efficiente risposta produttiva<br />

sia dal punto di vista qualitativo che<br />

quantitativo. <strong>Il</strong> formidabile lavoro di<br />

miglioramento genetico ha reso oggi le<br />

vacche potenzialmente sempre più produttive,<br />

se, questo potenziale è espresso,<br />

dipende da una corretta e idonea gestione<br />

in grado di limitare ogni possibile causa di<br />

stress, sociale, ambientale e nutrizionale.<br />

Con questi tipi di vacche appare quindi<br />

contro ogni logica fare dei passi indietro<br />

nelle tecniche d’allevamento, in nome<br />

di un ritorno alla presunta “ naturalità”<br />

nella produzione del latte. La piena efficacia<br />

nell’applicazione delle più moderne<br />

tecniche d’allevamento e alimentazione<br />

delle bovine sono legate al fattore uomo.<br />

MAURO CODELUPPI<br />

Zootecnico<br />

Foto 1<br />

Alta Qualità<br />

Qualsiasi soluzione tecnica proposta per<br />

migliorare la produttività e il benessere<br />

animale, non ha alcun valore se il personale<br />

aziendale è scarsamente motivato nel<br />

proprio lavoro, quindi, non esegue con<br />

perizia e cura anche le più semplici e routinarie<br />

operazioni di stalla. (foto 1)<br />

1.0 - Le razze vacche da latte<br />

Principalmente si possono considerare<br />

la Frisona, la Bruna e la Jersey.<br />

Frisona Italiana. L’Italia, è il primo<br />

paese, ad aver iniziato a selezionare il ceppo<br />

europeo di razza Frisona con sangue<br />

Holstein di provenienza USA e Canada.<br />

Nel 1929 iniziarono le prime importazioni<br />

di riproduttori Holstein dagli USA. Da<br />

allora, gli allevatori italiani hanno iniziato<br />

a sostituire il loro patrimonio di frisone,<br />

con la linea Holstein. La selezione da oltre<br />

50 anni, ha permesso d’essere terzi al<br />

mondo dopo USA e Canada, per la<br />

purezza del patrimonio di Frisone con la<br />

linea Holstein. La marcata attitudine alla<br />

produzione del latte della frisona italiana,<br />

se gestita e alimentata correttamente, in<br />

strutture realizzate adeguatamente in base<br />

alle esigenze con facilità possono essere<br />

superati i 100 q.li di latte a lattazione di<br />

305 giorni con valori di grasso oltre al<br />

3,50% e 3,30 di proteine. Gli obiettivi di<br />

selezione possono essere diversi. Ogni<br />

azienda di vacche da latte dovrebbe porsi<br />

i propri. Per produrre latte di qualità non<br />

bisogna dimenticare, le caratteristiche<br />

morfologiche delle mammelle, la mungibilità,<br />

e la percentuale di grasso e proteine<br />

nel latte. (foto 2)<br />

Bruna. La razza Bruna allevata in Italia<br />

trae origine dal “ceppo” Bruna alpina o<br />

di Schwyz, autoctona della Svizzera cen-<br />

81


trale rinsanguato con il “ceppo americano<br />

“Brown Swiss. La bruna alpina è entrata<br />

in Italia nel sedicesimo secolo, ma solo nel<br />

1850 trova espansione nelle vallate alpine,<br />

fino ad arrivare nelle grandi cascine lombarde.<br />

(foto 3)<br />

La selezione dei bovini di razza Bruna<br />

ha come obiettivo la produzione di soggetti<br />

di buona mole, statura e peso, di<br />

costituzione robusta e corretta conformazione,<br />

precoci per sviluppo e produttività,<br />

fecondi e longevi, di buona nevrilità, con<br />

attitudine ad elevate e costante produzione<br />

di latte ad alto titolo di grasso e proteine,<br />

in grado di fornire convenienti produzioni<br />

di carne, dotati d’alto potere d’assimilazione<br />

per lo sfruttamento di tutti i<br />

foraggi aziendali. In condizioni d’allevamento<br />

normale, la vacca Bruna può produrre<br />

oltre 80 quintali di latte a lattazione<br />

di 305 giorni, con oltre il 3,90% di grasso<br />

e 3,35 di proteine, con presenza di proteine<br />

di qualità, la k-caseina BB. Una<br />

Foto 2<br />

Foto 3<br />

82<br />

Alta Qualità<br />

Foto 4<br />

caratteristica che consente alla razza d’essere<br />

competitiva nel panorama nazionale,<br />

oltre alla qualità del latte è la sua longevità.Tra<br />

i principali obiettivi di selezione<br />

che un allevatore di brune deve porsi è<br />

scegliere riproduttori con ottime caratteristiche<br />

di mungibilità.<br />

Jersey. La razza Jersey, in Italia, ha origini<br />

dall’importazione di un nucleo d’animali<br />

dalla Danimarca nel 1987. (foto 4)<br />

L’interesse verso questi animali nasce<br />

dalle particolari qualità del loro latte, che<br />

ha suscitato e suscita, in misura sempre<br />

maggiore, l’interesse dell’industria. <strong>Il</strong> latte<br />

Jersey consente rese più alte rispetto a<br />

quello d’altre razze maggiormente allevate,<br />

avendo un maggiore e migliore contenuto<br />

in materia utile.<br />

Gli animali dimostrano un’eccezionale<br />

noncuranza a condizioni ambientali climatiche<br />

umide e ventose, non soffrono<br />

l’allevamento in compagnia d’altre razze,<br />

si adattano facilmente alle nuove tecnologie,<br />

ed hanno attitudini alla rusticità del<br />

pascolo anche in montagna. La Jersey è<br />

entrata nella realtà zootecnica italiana di<br />

buona parte delle regioni italiane, sia in<br />

stalle di solo Jersey, sia come “additivo<br />

grasso – proteine” in allevamenti d’altre<br />

razze con problemi di titoli, soprattutto di<br />

Frisone. La produzione media delle Jersey,<br />

in Italia, può raggiungere i 50 quintali a<br />

lattazione di latte con oltre il 5,80 % di<br />

grasso e 4,20% di proteine.


2.0 - <strong>Il</strong> benessere<br />

Le vacche “felici” sono le più sane, più<br />

fertili, più longeve, più produttive (quantità<br />

e qualità) e quindi più efficienti con<br />

soddisfazione, anche economica, dell’allevatore.<br />

Indipendentemente da questi vantaggi,<br />

esiste una direttiva comunitaria la<br />

98/58 recepita con decreto, che regolamenta<br />

il rispetto del benessere degli animali<br />

da reddito. In questa direttiva vengono<br />

stabiliti i doveri dell’allevatore nei confronti<br />

degli animali che detiene e sono<br />

indicati con discreta precisione le attenzioni<br />

che egli deve avere: alimentazione,<br />

personale, ricoveri ecc.. Secondo D. Sauvant<br />

(1994) gli obiettivi delle produzioni<br />

animali nel tempo possono essere così<br />

elencati. Nel 1960 l’obiettivo principale<br />

era la produzione, poi l’efficienza, la qualità<br />

dei prodotti, l’ambiente. Intorno<br />

all’anno 2000 si è iniziato con il benessere<br />

animale, poi seguirà la traccabilità. La<br />

posizione di quegli allevatori che altro<br />

perseguono il massimo profitto, e ad ogni<br />

costo, senza alcun rispetto per la natura e<br />

per il benessere animale è certamente criticabile.<br />

L’uomo, proprio perché in grado<br />

di scelte autonome e intelligenti, ha il<br />

dovere, di esercitare la sua superiorità<br />

secondo la logica del custode della natura<br />

e non del profittatore. Ne consegue che i<br />

diritti degli animali discendono dai doveri<br />

che gli uomini hanno nei confronti della<br />

natura e, l’allevatore deve tenerne conto.<br />

(foto 5)<br />

Esistono un numero elevato di definizioni<br />

di benessere animali, fra cui la più<br />

nota è quella delle cinque libertà (Fawc,<br />

1993), in pratica ogni animale dovrebbe<br />

essere libero:<br />

Da fame sete malnutrizione;<br />

Da condizioni climatiche avverse;<br />

Da dolore, ferite, malattie;<br />

Di esprimere un comportamento<br />

naturale;<br />

Da paura e da stress eccessivo.<br />

L’origine di tali traguardi per gli animali<br />

è verosimilmente l’idealizzazione di<br />

quanto si ritiene accadere in natura per gli<br />

animali selvatici. La realtà, proprio in<br />

natura, è ben diversa giacché esistono in<br />

molti casi difficoltà a trovare alimenti,<br />

acqua, e difendersi dai parassiti. Se ne<br />

deduce che la differenza genetica, l’espe-<br />

Foto 5<br />

Alta Qualità<br />

rienza maturata, può modificare sostanzialmente<br />

la risposta al medesimo stimolo<br />

stressante e possono esserci animali felici e<br />

animali che soffrono.<br />

Vi sono diverse modalità per valutare<br />

lo stato di benessere delle bovine:<br />

Un approccio basato sulle sensazioni<br />

degli animali (dolore, sofferenza, piacere,<br />

eccetera..), ma non è certo da utilizzare<br />

nella pratica; (foto 6)<br />

Un approccio di tipo funzionale, vale a<br />

dire basato sulla buon’espressione delle<br />

principali funzioni biologiche che si con-<br />

Foto 6<br />

83


cretizza nello stato di salute, nella fertilità,<br />

nella longevità, nella mancanza di comportamenti<br />

anomali, in sostanza anche in<br />

una buona produttività (per quantità e<br />

qualità).<br />

Un approccio rivolto a comparare la<br />

realtà con la situazione naturale degli animali.<br />

Un approccio dal più ritenuto rispondente<br />

è quello di valutare:<br />

L’allevamento nel suo complesso:<br />

microclima, edifici, attrezzature, management,<br />

ecc in rapporto alle migliori esigenze<br />

degli animali;<br />

All’alimentazione, vista in termini tali<br />

da coprire le esigenze delle diverse categorie<br />

d’animali senza comprometterne lo<br />

stato di salute;<br />

All’animale stesso e in particolare al<br />

suo aspetto (pelo, stato d’ingrassamento,<br />

presenza di ferite, eccetera), alla diffusione<br />

delle malattie, o anomalie metaboliche,<br />

alla fertilità, alla quantità e qualità del latte,<br />

al comportamento generale (timoroso,<br />

se lecca inutilmente, se rumina, se è<br />

assonnato.<br />

3.0 - La gestione dell’allevamento<br />

L’allevamento delle vacche da latte è<br />

senza dubbio una delle attività più difficili<br />

che oggi si possono intraprendere. L’allevatore<br />

in diversi casi è contemporaneamente,<br />

agricoltore, imprenditore, operaio,<br />

… e deve affrontare ogni giorno problemi<br />

d’organizzazione del lavoro, di scelte tecniche<br />

agronomiche, di commercializzazione<br />

dei prodotti rapporti con i fornitori<br />

e con enti pubblici. Se, non ha una profonda<br />

passione per il proprio lavoro, e,<br />

non unisce la volontà a migliorare appli-<br />

84<br />

Alta Qualità<br />

Foto 7 - L’allevatore molte volte si può trovare smarrito<br />

di fronte a tanti dati. Per gestire correttamente il<br />

proprio allevamento deve iniziare ad utilizzarli e<br />

interpretarli in modo corretto.<br />

cando le tecniche della gestione più corrette,<br />

difficilmente riuscirà ad ottenere<br />

un’impresa zootecnica veramente valida,<br />

al passo coi tempi e in grado di permettere<br />

un utile economico. (foto 7)<br />

E’ convinzione comune di diversi allevatori<br />

che l’alimentazione delle vacche sia<br />

il fattore principale sia fa la differenza tra<br />

una azienda con produzioni per capo elevate<br />

rispetto agli altri. L’alimentazione è<br />

importante, ma non bisogna sottovalutare<br />

gli aspetti della gestione della riproduzione<br />

e produzione. La gestione e organizzazione<br />

della riproduzione di un allevamento<br />

di vacche da latte, l’allevatore può<br />

intervenire, può, fare scelte adeguate alle<br />

necessità dell’allevamento in base al clima,<br />

alla stagione, di conseguenza può intervenire<br />

sulla produttività dell’allevamento e<br />

di conseguenza sulla redditività.<br />

Compito dell’allevatore di vacche da<br />

latte per gestire correttamente l’allevamento<br />

è riuscire ad ottenere le maggiori<br />

produzioni, nella sua realtà aziendale con<br />

il minor sforzo economico. Visto che l’allevamento<br />

è costituito da animali dove<br />

ognuno di loro ha una propria biologia,<br />

una propria genetica, una propria morfologia,<br />

una propria individualità, una propria<br />

fisiologia, compito dell’allevatore è di<br />

ottenere il massimo da ognuna delle sue<br />

vacche. Per ottenere questo è importante<br />

conoscere ciò che avviene in azienda e<br />

tentare di prevedere cosa potrà avvenire<br />

nel breve e medio termine. Diventa indispensabile<br />

una corretta registrazione dei<br />

dati con sistemi attendibili di archiviazioni<br />

ed elaborazioni dove sia possibile effettuare<br />

previsioni sia a breve sia medio e<br />

lungo termine attendibili.<br />

Con i dati di previsioni attendibili, a<br />

disposizione, è possibile fare scelte aziendali,<br />

agronomiche, e di mercato consone<br />

all’azienda. Nell’allevamento di vacche da<br />

latte non è possibile improvvisare. Tutto<br />

deve essere programmato. Chi ha provato<br />

ad avventurarsi in improvvisazioni, si trovato<br />

con problemi e difficoltà.<br />

4.0 - L’autocontrollo<br />

La produzione del latte in Italia ha vissuto<br />

nell’ultimo decennio importanti<br />

cambiamenti che ha coinvolto l’azienda<br />

agricola talvolta in modo talmente radica-


le da comprometterne la sopravvivenza.<br />

La pressione normativa per una gestione<br />

dei pericoli igienico sanitari a livello dell’industria<br />

di trasformazione si estende<br />

progressivamente all’allevamento dal punto<br />

di vista di filiera alimentare “ dal campo<br />

alla tavola”. In questo contesto la redditività<br />

ed il futuro dell’azienda agricola<br />

dipendono dalla capacità di produrre una<br />

materia prima con elevate caratteristiche<br />

igienico – sanitarie e merceologiche in<br />

modo economicamente competitivo. In<br />

altre parole la gestione della stalla deve<br />

ispirarsi ai principi dell’autocontrollo e di<br />

assicurazione della qualità così come già<br />

avvenuto per il caseificio.<br />

In stalla diventa importante conoscere<br />

gli obiettivi reali, di un sistema di gestione<br />

impostato secondo i principi dell’autocontrollo,<br />

al di là degli obblighi di legge o<br />

contrattuali. Obiettivo principale è produrre<br />

latte di elevata qualità, principalmente<br />

igienico sanitaria ma contemporaneamente<br />

anche di composizione. <strong>Il</strong><br />

secondo obiettivo, che comincia a diventare<br />

comune a qualunque sistema di<br />

gestione basato sulla documentazione, è la<br />

codifica delle attività dell’aziendali che<br />

assumono rilevante importanza ai fini della<br />

qualità delle produzioni. <strong>Il</strong> raggiungimento<br />

di tale obiettivo apre in fine le porte<br />

ai successivi, definendo in maniera<br />

chiara e documentata i principi da rispettare<br />

per mantenere da un lato la qualità<br />

raggiunta, obiettivo della costanza di qualità,<br />

ed evidenziando dall’altro, gli ambiti<br />

di miglioramento attraverso l’analisi dei<br />

dati raccolti. Una volta identificati i punti<br />

forti ed i punti deboli dell’allevamento<br />

l’intervento mirato nel ridurre eventuali<br />

sprechi, e nell’ottimizzare le procedure<br />

produttive si tradurrebbe in una maggior<br />

redditività e competitività dell’allevamento<br />

di vacche da latte. L’impostazione di un<br />

sistema documentato di produzione di<br />

latte può successivamente essere utilizzato<br />

per ottenere riconoscimenti di vario livello,<br />

dalla certificazione di processo alla certificazione<br />

di prodotto o di tracciabilità.<br />

Una ipotesi di documentazione per un<br />

allevamento di vacche da latte per il raggiungimento<br />

l’obiettivo “qualità latte”,<br />

potrebbe essere:<br />

– Introduzione, movimentazione, vendita<br />

e controllo sanitario della mandria,<br />

Alta Qualità<br />

– Manutenzione e pulizia ambienti di stabulazione,<br />

– Manutenzione e pulizia delle attrezzature,<br />

– Mungitura<br />

– Alimentazione<br />

– Messa in asciutta,<br />

– Trattamenti in lattazione.<br />

Tali attività sono quelle ritenute generalmente<br />

“determinanti “ per il raggiungimento<br />

dell’obiettivo di prevenire condizioni<br />

che possono diventare critiche per la<br />

salubrità del prodotto.<br />

5.0 - Organizzazione aziendale i<br />

compiti del personale<br />

Ogni impresa, qualsiasi azienda è indispensabile,<br />

anche se a gestione familiare,<br />

predisponga un mansionario con i compiti<br />

e le attività di ogni persona. La predisposizione<br />

del mansionario è ancora più<br />

importante nell’allevamento di vacche da<br />

latte, in quanto oltre ai lavori e le attività<br />

di routine vi sono le attività periodiche o<br />

legate allo stato di salute degli animali. Le<br />

vacche da latte sono esseri viventi, come<br />

tali hanno esigenze straordinarie frequenti<br />

e imprevedibili. Se non ci si organizza<br />

con efficienze, ma si lascia al buon senso<br />

delle singole persone, l’impresa non regge<br />

e i problemi aumenteranno in continuo.<br />

In un allevamento di vacche da latte le<br />

ipotetiche figure professionali con mansioni<br />

tecniche potrebbero essere così identificate:<br />

– Addetti all’alimentazione<br />

– Addetti alle pulizie e lettiere<br />

– Addetti alla mungitura<br />

– Addetti ai vitelli e rimonta<br />

– Addetti alle cure, mascalcia, inseminatore,<br />

parti, osservazione calori<br />

– Imprenditore o Direttore azienda –<br />

amministrazione<br />

In allevamenti di modeste e medie<br />

dimensioni la stessa persona svolge tutte le<br />

mansioni, oppure la stessa persona copre<br />

le attività di diverse figure professionali.<br />

L’allevamento delle vacche da latte è<br />

molto complesso e, se ad ogni persona<br />

non è dettagliato il da farsi, per iscritto,<br />

oggi più di ieri, con l’ingresso in azienda<br />

di persone con scarsa preparazione zootecnica,<br />

molte attività non sono svolte nei<br />

tempi utili e questo porta a perdite eco-<br />

85


nomiche in quanto non si raggiungono gli<br />

obiettivi di qualità e quantità minimi di<br />

sopravvivenza per l’azienda.<br />

Per l’allevamento di vacche da latte è<br />

basilare anche la scelta delle persone.<br />

Devono avere confidenza con gli animali,<br />

devono sapersi avvicinare, non devono<br />

muoversi in modo brusco, non devono<br />

urlare e non devono maltrattarli.<br />

PRIMA PARTE<br />

1.0 - <strong>Il</strong> ciclo biologico<br />

Che cosa è un animale? Dal punto di<br />

vista zootecnico un animale è una macchina<br />

che è impiegata per trasformare<br />

alcuni prodotti in altri più utili all’uomo.<br />

Una vacca da latte è una macchina alla<br />

quale si somministrano alimenti e dalla<br />

quale si ricava latte e carne a non voler<br />

considerare il resto (letame, pelle, ecc). In<br />

che cosa una macchina animale, una vacca,<br />

differisce da una macchina meccanica,<br />

un trattore? Entrambi hanno un<br />

costo, sono soggetti a guasti, la vacca si<br />

ammala e il trattore si rompe la biella, si<br />

consumano, la vacca invecchia, e, quindi<br />

si devono rinnovare; entrambi reagiscono<br />

agli stimoli: premendo il bottone dell’avviamento<br />

il trattore si mette in moto, così<br />

la vacca entrando in sala di mungitura si<br />

dispone e scarica il latte. La differenza<br />

sostanziale e basilare, risiede nel fatto che<br />

la vacca è capace di riprodursi e nel farlo<br />

genera un essere che gli somiglia moltissimo,<br />

una vacca non partorirà mai un<br />

leone o una formica o un pesce, e, se è<br />

bianca e nera darà per la sua parte un<br />

figlio con gli stessi colori del mantello, e,<br />

se produce molto latte tenderà a dare<br />

figlie molto produttive. Un animale non<br />

si moltiplica agamicamente, in altre<br />

parole senza accoppiamento, in altre<br />

parole senza unione del gamete maschile<br />

(spermatozoo) con il femminile (ovulo),<br />

come invece può avvenire in molte piante.<br />

E’ proprio nei gameti che si devono<br />

ricercare i motivi della somiglianza in<br />

parte marcata fra genitori e figli e in<br />

genere tra animali imparentati. Si ha un<br />

nuovo individuo quando un gamete<br />

maschile (spermatozoo) si unisce ad un<br />

gamete femminile (ovulo) formando lo<br />

zigote. Tale unione avviene nel grembo<br />

materno a seguito di un atto fecondativo,<br />

86<br />

Alta Qualità<br />

naturale (accoppiamento), artificiale<br />

(inseminazione strumentale). Nello zigote<br />

è già presente il nuovo individuo che<br />

deriva dall’unione degli spermatozoo del<br />

padre con l’ovulo della madre con i propri<br />

patrimoni genetici.Poiché ogni individuo,<br />

per i nostri scopi (la selezione), è<br />

definibile dei caratteri che presenta, i<br />

genitori sono responsabili dei caratteri<br />

dei figli.<br />

2.0 - Fecondazione<br />

Come sopra esposto l’inizio della nuova<br />

vita è la fecondazione. Possiamo effettuare<br />

le fecondazioni delle vacche in<br />

modo strumentale, oggi è la più praticata,<br />

oppure naturale con l’accoppiamento del<br />

toro alla vacca. La inseminazione artificiale<br />

ha ottimi risultati, quando all’interno<br />

dell’azienda è presente un in seminatore,<br />

appositamente addestrato e con apposito<br />

patentino di autorizzazione. L’inseminatore<br />

aziendale opera sotto la vigilanza di<br />

un medico veterinario. L’addetto alle inseminazioni<br />

deve essere persona presente in<br />

azienda e disponibile anche nei giorni<br />

festivi.<br />

Un allevamento di vacche da latte, di<br />

dimensioni medio grandi, deve avere il<br />

contenitore del seme (bidone) con all’interno<br />

il seme dei tori che si intende utilizzare.<br />

La scelta dei tori da utilizzare sulle<br />

diverse vacche deve essere fatta in base al<br />

loro patrimonio genetico, e, comunque<br />

deve essere il risultato dell’elaborazione dei<br />

dati fatti dalle associazioni nazionali di razza<br />

(piani di accoppiamento). Ogni allevamento<br />

di vacche da latte avrà i propri<br />

obiettivi di miglioramento delle proprie<br />

vacche. Non bisogna però dimenticare,<br />

Foto 8


oggi più di ieri, la qualità del latte, le caratteristiche<br />

morfologiche delle mammelle e<br />

dei capezzoli, nonché la mungibilità.<br />

3.0 - L’inseminazione<br />

La inseminazione strumentale da ottimi<br />

risultati negli allevamenti dove sono<br />

identificati con cura e attenzione i calori e<br />

dove esistono piani di controlli ginecologici<br />

sulle vacche accurati e attenti e effettuati<br />

da medici veterinari specialisti. E’<br />

opportuno valutare con attenzione, la<br />

situazione riproduttiva delle vacche che<br />

dopo tre interventi inseminativi non<br />

rimangono gravide. Con il proprio veterinario,<br />

se i casi sono frequenti, è opportuna<br />

identificare le cause e ricorrere ai rimedi,<br />

ovviamente per vacche di medio valore<br />

genetico. Le future vacche dovrebbero<br />

essere figlie delle migliori vacche della<br />

stalla. (foto 8)<br />

La tendenza della maggior parte degli<br />

allevatori inseminare le manze (frisona)<br />

quando hanno raggiunto i 70% del peso<br />

adulto medio delle vacche presenti in allevamento<br />

circa 420 Kg età 15/16 mesi.Per<br />

ottimizzare la produzione di latte la manza<br />

dopo il primo parto dovrebbe pesare<br />

dal 85 al 90 % del peso che avrà da animale<br />

maturo. Un parametro demografico<br />

molto importante che l’allevatore dovrebbe<br />

sempre tener monitorato nel tempo nel<br />

suo allevamento, è”l’età media al primo<br />

parto”. Detto parametro è di particolare<br />

interesse in quanto influenza la riproduttività,<br />

la produttività e la velocità di<br />

miglioramento. L’età media al primo parto<br />

può essere determinato dall’allevatore.<br />

In merito alla inseminazione delle vacche<br />

è importante fare chiarezza sulla scelta<br />

degli obiettivi aziendali. In base agli<br />

obiettivi scelti si dà una diversa interpretazione<br />

dei dati e parametri relativi alla<br />

riproduzione. Le scelte aziendali possono<br />

essere suddivise in tre categorie:<br />

– L’allevatore che vuole produrre solo latte<br />

“ mandria come unico capo”<br />

– L’allevatore che vuole produrre latte e<br />

un po’ di genetica<br />

– L’allevatore che vuole produrre genetica<br />

e latte “attenzione ad ogni singolo capo”<br />

Ci occuperemo in particolar modo<br />

dell’allevatore che ha scelto di produrre<br />

latte e di qualità, di conseguenza non<br />

accenneremo alle scelte strategiche di chi<br />

ha scelto di produrre genetica, non accenneremo<br />

ai sistemi rapidi di selezione né ai<br />

sistemi di miglioramento genetico. Indicazioni<br />

elementari, per le prime due categorie<br />

di allevatori, è porsi obbiettivi di<br />

miglioramento delle proprie vacche sulla<br />

qualità del latte, morfologia mammella,<br />

mungibilità e non avere problemi al parto,<br />

Una vacca da latte entra in sala di<br />

mungitura due volte al giorno, se ha problemi<br />

alla mammella di conseguenza non<br />

è possibile utilizzare correttamente gli<br />

automatismi di mungitura, diventa a<br />

rischi cellule e mastiti, è un grosso peso da<br />

gestire all’interno dell’allevamento.<br />

4.0 - <strong>Il</strong> calore<br />

Una buona pratica e molto utile per<br />

evitare problemi di fertilità entro 30 giorni<br />

dal parto è opportuno far fare a tutte le<br />

vacche almeno una esplorazione da un<br />

veterinario esperto (cisti, piometrie, involuzione<br />

corretta dell’utero). Se esistono<br />

problemi effettuare quanto indicato dal<br />

veterinario, diversamente si deve osservare<br />

il calore evidente tra i 38/50 giorni dal<br />

parto. <strong>Il</strong> segno più affidabile di calore è la<br />

disponibilità della bovina a farsi montare,<br />

anche se ci sono altri segni che devono<br />

attirare l’attenzione degli allevatori: la vacca<br />

muggisce, è nervosa, scala tentativi di<br />

monta e annusa la vulva delle altre vacche.<br />

E’ importante registrare questo calore in<br />

quanto, il successivo che deve avvenire<br />

dopo 20+-1 giorno è opportuno inseminare<br />

artificialmente. Va ricordato che il<br />

calore dura 12-16 ore e l’ovulazione avviene<br />

14 ore dopo la fine della manifestazione<br />

dell’estro. (foto 9)<br />

Foto 9<br />

Alta Qualità<br />

87


Se dopo 50 giorni dal parto non si è<br />

rilevato il calore di una bovina è opportuno<br />

rifarla visitare dal ginecologo.<br />

In questo periodo curare con molta<br />

attenzione l’alimentazione, è una fase<br />

molto delicata.<br />

Un aspetto sempre più presente nelle<br />

stalle nel ventunesimo secolo, è la difficoltà<br />

nell’identificare i calori. Le cause sono<br />

molteplici, dalla poca presenza di personale<br />

in stalla, personale non qualificato,<br />

locali stalla di pavimentazioni e dimensioni<br />

inadeguate, non ultimi gli aspetti alimentari<br />

legati ai livelli produttivi raggiunti.<br />

L’allevatore che segue la propria stalla<br />

per identificare i calori deve visitare l’allevamento<br />

nei momenti di tranquillità degli<br />

animali almeno tre volte al giorno per 20<br />

minuti: prima delle ore 7, verso le 13, e<br />

dopo le 18. Tutto il personale che lavora<br />

in stalla dovrebbe essere sempre dotato di<br />

un foglio e una biro per registrare le vacche<br />

in calore, zoppe ecc. in qualsiasi<br />

momento della giornata. Queste informazioni<br />

all’addetto alle inseminazioni, permettono<br />

di avere più gravidanze.<br />

Esistono da alcuni anni in commercio<br />

delle apparecchiature più o meno sofisticate<br />

che misurano l’attività delle vacche<br />

all’interno della stalla. Questa attività trasmessa<br />

ad un computer dotato di più o<br />

meno sofisticato software è in grado di<br />

indicare la mobilità della vacca. Abbinata<br />

ad altre informazioni come la produzione<br />

di latte o l’ultimo calore registrato, indica<br />

il calore della vacca. Dove sono stati introdotte<br />

queste apparecchiature si è aumentato<br />

l’identificazione delle vacche in calore e<br />

con un numero maggior di gravidanze.<br />

Se non si rilevano calori su alcune vacche<br />

in collaborazione con il veterinario è<br />

possibile l’attuazione di protocolli ormonali<br />

specifici vi permetterà di evitare una<br />

fecondazione alla ceca.<br />

Per produrre latte di qualità è opportuno<br />

avere la mandria con un numero<br />

medio di giorni di lattazione compreso da<br />

150 a 165 per tutti i mesi dell’anno. Una<br />

buana gestione riproduttiva della mandria<br />

prevede che la prima inseminazione dopo<br />

il parto avvenga il primo calore dopo il<br />

48° giorno dal parto. Solo per quelle vacche<br />

molto produttive, (il 10 % della mandria)<br />

si aspetta il calore successivo per la<br />

prima inseminazione.<br />

88<br />

Alta Qualità<br />

5.0 - La gravidanza<br />

Per avere certezza della gravidanza è<br />

opportuno effettuare la diagnosi. <strong>Il</strong> periodo<br />

ottimale di diagnosi è opportuno concordarlo<br />

con il veterinario aziendale.<br />

Le attenzioni per gli animali gravidi<br />

sono quelli di evitare stress e colpi di qualsiasi<br />

natura, una adeguata e corretta alimentazione.<br />

Per le manze, oltre alla corretta<br />

alimentazione (no gli scarti delle vacche<br />

o il capello dell’insilato) e opportuno un<br />

ambiente e paddock puliti e spaziosi per<br />

potersi muovere. La manza è la futura vacca<br />

di conseguenza bisogna prestare tutte le<br />

attenzioni perché cresca in modo corretto.<br />

L’allevatore deve andare periodicamente<br />

nel box delle manze parlargli, evitare che si<br />

spaventano devono diventare docili e<br />

mansuete. Particolare attenzione al tipo di<br />

lettiera, ai pavimenti per evitare problemi<br />

ai piedi, le condizioni igieniche. Al sesto<br />

mese di gravidanza la manza deve iniziare<br />

a frequentare l’ambiente della stalla delle<br />

vacche da latte. (Foto 10)<br />

Se le dimensioni dell’allevamento permettono<br />

di avere un gruppo di solo primipare<br />

sia come partorienti sia in lattazione è<br />

una ottima soluzione. Se invece la dimensione<br />

dell’allevamento e l’organizzazione<br />

dei gruppi impone che le primipare vadano<br />

nello stesso gruppo delle vacche è<br />

opportuno mettere le manze gravide appena<br />

dopo il 6° mese con il gruppo delle<br />

asciutte. Questo permette loro di ambientarsi,<br />

di ricevere la flora microbica del nuovo<br />

ambiente, evitare stress e colpi dalle<br />

vacche adulte. Fare il possibile per mettere<br />

più manze nello stesso momento con le<br />

asciutte. Alcuni giorni prima della data<br />

prevista del parto è opportuno far passare<br />

manze lasciarle annusare, sia in sala di attesa<br />

sia in sala di mungitura. Questo gli<br />

ridurrà il trauma delle prime mungiture.<br />

Foto 10


6.0 - L’asciutta<br />

La bovina in condizioni fisiche normali<br />

dovrebbe essere messa in asciutta tra<br />

212 e 218 giorni di gravidanza. Una bovina<br />

magra tra 205 e 212. Una bovina a bassa<br />

produzione tra 200 e 206. Le bovine<br />

grasse si possono mungere oltre i 218<br />

giorni di gravidanza.<br />

Un periodo di asciutta troppo corto<br />

determina una bassa qualità del colostro.<br />

Dati indicativi ottimali, della percentuale<br />

delle vacche in asciutta in un allevamento,<br />

il 5% della mandria dovrebbe avere una<br />

asciutta inferiore ai 40 giorni, il 90% della<br />

mandria dovrebbe avere una asciutta<br />

compresa tra 41 e 69 giorni e solo il 5 %<br />

dovrebbe avere una asciutta superiore a 70<br />

giorni.<br />

Le vacche in condizioni fisiche normali<br />

14/16 giorni, primipare 14/21 giorni<br />

(in funzione del BCS), per le vacche<br />

magre 14/21 giorni, per le vacche grasse<br />

4/6 giorni.<br />

<strong>Il</strong> sistema e il metodo di mettere in<br />

asciutta le vacche è opportuno parlarne<br />

con il proprio veterinario, in quanto i fattori<br />

che intervengono sono diversi e allevamento<br />

per allevamento va scelto il sistema<br />

più appropriato.<br />

Non bisogna dimenticare che alla vacca<br />

dobbiamo dare segnali chiari e precisi.<br />

Perciò diventa basilare non dimenticare<br />

quanto segue:<br />

La vacca che produce oltre 20 Kg di<br />

latte è opportuno metterla per alcuni giorni<br />

(5/7 giorni) prima della messa in<br />

asciutta, a dieta (no concentrati) meglio se<br />

in un box a parte o con le asciutte, in<br />

modo che la produzione tenda a calare,<br />

continuando a mungerla due volte al giorno<br />

<strong>Il</strong> giorno della messa in asciutta, mungerla<br />

a fondo, controllando bene la mammella,<br />

che non rimanga latte<br />

Pulire e disinfettare i capezzoli e con la<br />

massima igiene introdurre nel capezzolo,<br />

il prodotto consigliato dal veterinario per<br />

asciutte<br />

Prendere i capezzoli, uno per volta con<br />

due dita chiudere lo sfintere e con l’altra<br />

mano massaggiare per almeno tre minuti<br />

dal basso verso l’alto<br />

Mettere il post dipping o meglio quei<br />

prodotti filmanti per asciutta<br />

Rimettere la vacca nel box asciutta e<br />

andare a verificare dopo 4/5 giorni lo stato<br />

della mammella.<br />

Nel periodo di asciutta della vacca,<br />

come il periodo pre-parto curare con molta<br />

attenzione l’alimentazione adeguata e<br />

bilanciata.<br />

7.0 <strong>Il</strong> parto<br />

Alta Qualità<br />

L’evento di un parto è molto importante,<br />

in quanto è il momento “ della vita”<br />

dove si costruisce il futuro dell’allevamento,<br />

come rimonta che produzione di latte.<br />

E’ importante la presenza dell’uomo sia<br />

per la vacca sia il vitello. L’avvicinarsi del<br />

parto l’operatore se deve accorgere il<br />

quanto sulla vacca, oltre al rigonfiamento<br />

della mammella, si notano arrossamenti e<br />

rigonfiamenti delle labbra vulvari, rilassamento<br />

dei legamenti che si estendono dalle<br />

vertebre caudali alle punte ischiatiche,<br />

dalla vulva fuoriesce filamento vischioso,<br />

irrequietezza. (foto 11)<br />

Prima che il parto abbia luogo la bovina<br />

deve essere messa in un box della stalla,<br />

isolata che potrebbe essere definita<br />

“sala parto”. In diverse realtà aziendali le<br />

vacche partoriscono nello stesso box delle<br />

asciutte. I rischi di mortalità sono superiori.<br />

La sala parto deve essere un box con<br />

Foto 11 - Curare il vitello appena nato. In alto: accurata<br />

pulizia del cordone ombelicale; sopra: disinfettare<br />

il cordone ombelicale.<br />

89


tanta paglia pulita di superficie tale che la<br />

vacca possa avere libertà di movimento. <strong>Il</strong><br />

box deve essere attrezzato con armadietto<br />

disinfettanti, saponi, e medicinali per le<br />

prime cure al vitello, cordino da tiro e un<br />

rotolo di carta per asciugarsi e pulire le<br />

mani.<br />

<strong>Il</strong> (La) vitello (a) è un giovane organismo<br />

debole e indifeso al quale si debbono<br />

prestare le massime cure per assicurargli<br />

la migliore crescita. (rimando a testi specifici<br />

le cure e le tecniche corrette per il<br />

vitello appena nato). In un allevamento<br />

ben condotto e dove si è attenti ai parti,<br />

la perdita di vitelli dovrebbe rimanere al<br />

di sotto del 5%. L’ottimale per il vitello<br />

sarebbe poterlo lasciare con la madre<br />

almeno per qualche ora così può prendere<br />

al più presto il colostro.In genere, si<br />

tende a somministrare una quantità di<br />

colostro pari al 5-6% del peso vivo del<br />

vitello entro le prime sei ore di vita, o il<br />

10-12% entro le 24 ore. Vitelli di media<br />

o grande taglia dovrebbero ricevere<br />

rispettivamente 1,5 –2 litri di colostro,<br />

con il primo pasto, e continuare ad assumerlo<br />

per i primi tre – quattro giorni di<br />

vita due volte al giorno. Un aspetto<br />

importante è quello igienico: il colostro<br />

assunto direttamente dalla bovina può<br />

essere contaminato da batteri tra i quali<br />

E.coli, che sono assorbiti a livello intestinale<br />

da parte del vitello con seri problemi.<br />

Al momento del parto preoccuparsi<br />

anche della vacca (foto 12). È un momento<br />

di stress, di conseguenza è opportuno<br />

predisporre con l’alimentarista aziendale<br />

una integrazione particolare, per rimettere<br />

in moto il rumine senza razioni eccessivamente<br />

acidogene e garantire un apporto<br />

di energia by-pass elevato.<br />

90<br />

Alta Qualità<br />

Foto 12 - <strong>Il</strong> veterinario dovrebbe eseguire una visita<br />

post partum per assicurarsi che non ci siano lesioni<br />

interne<br />

8.0 La vitella<br />

Nell’allevamento di vacche da latte<br />

però, dobbiamo fare delle considerazioni<br />

in quanto le vitelle saranno le future vacche,<br />

di conseguenza dobbiamo evitare che<br />

eventuali germi contagiosi dalla madre<br />

possano essere trasmessi alla figlia. (foto<br />

13) Sempre più allevatori, per essere certi<br />

di poter produrre latte di qualità, e per<br />

arrivare a non avere in stalla vacche con<br />

microrganismi contagiosi (aureus, agalactiae…)<br />

e con cellule elevate, già dalla<br />

nascita del vitello adottano le seguenti<br />

procedure:<br />

Se all’interno dell’allevamento sono<br />

presenti vacche con aureus o agalactiae è<br />

opportuno evitare che le figlie delle vacche<br />

infette prendano il colostro dalle<br />

madri. In questi casi è opportuno che l’azienda<br />

si organizzi con la banca del colostro.<br />

In pratica il colostro in surplus delle<br />

vacche sane è conservato a uno – 2° C per<br />

una settimana, oppure congelato a – 20°<br />

C per un anno in bottiglie da uno – 2 litri.<br />

Al momento dell’utilizzo si scongela lentamente<br />

con acqua < 50°C evitare il surriscaldamento<br />

e si porta alla temperatura di<br />

36/ 37°C per l’utilizzo. I vitelli maschi<br />

possono bere il colostro direttamente dal-<br />

Foto 13 - Somministrazione del colostro subito dopo<br />

la nascita, appena il vitello è in grado di assumerlo<br />

Foto 14 - Stoccaggio del colostro congelato in bottiglie<br />

o buste di nylon con data e numero della vacca


la madre anche se con contagiosi, perciò<br />

possono rimanere con la madre almeno 4/<br />

6 ore. (foto 14)<br />

Se all’interno dell’allevamento non ci<br />

sono vacche con contagiosi, meglio se i<br />

vitelli sia femmine sia maschi possono<br />

rimanere 4 / 6 ore con la madre a prendere<br />

al più presto il colostro.<br />

<strong>Il</strong> (La) vitello (a), una volta separato<br />

dalla madre, è condotto in una area appositamente<br />

adibita alla sua stabulazione.<br />

Particolare attenzione è rivolta alla “sanitizzazione”<br />

dell’ambiente prima dell’introduzione<br />

del neonato, e, alla pulizia e alla<br />

disinfezione delle attrezzature utilizzate<br />

per la somministrazione dell’alimento. I<br />

residui di feci ed urine che si sono accumulati<br />

nel ciclo precedente e che non<br />

sono adeguatamente rimossi costituiscono<br />

una fonte di patogeni per l’apparato digerente<br />

e respiratorio.<br />

<strong>Il</strong> vitello neonato è consigliabile metterlo<br />

in box singoli opportunamente progettati<br />

e predisposti, meglio se i luoghi<br />

fuori dalla stalla e con pavimenti lavabili.<br />

(foto 15)<br />

Alla vitella, la futura vacca, è opportuno<br />

effettuare controlli e interventi chirurgici<br />

Se esistono capezzoli soprannumerari,<br />

è opportuno toglierli con i corretti sistemi<br />

appena dopo la nascita. Mentre la decorazione<br />

va fatta tra la seconda e sesta settimana<br />

con un normale brucia corna. Se si<br />

utilizzano stick e pastiglie caustiche in<br />

genere provocano maggior disagio dei 15<br />

s del brucia - corna. <strong>Il</strong> (la) vitello (a) appe-<br />

Foto 15 - Allattatrice per vitelli<br />

Alta Qualità<br />

na dopo la nascita va identificato con<br />

metodi temporanei o permanenti per<br />

mezzo di targhette applicate all’orecchio,<br />

catenelle, collari, strisce sugli arti, con<br />

inchiostro sulla cute. L’identificazione<br />

permanente prevede il tatuaggio, marchiatura<br />

sulla pelle a caldo o a freddo, chimiche,<br />

fotografie, impianto di microchip<br />

a livello sottocutaneo, bolo.<br />

E’ indispensabile registrare i dati relativi<br />

al vitello compilando apposite schede.<br />

Alle vitelle, future vacche da latte, è<br />

opportuno che il personale durante la distribuzione<br />

dell’alimento tocchi, accarezzi,<br />

parli con tono calmo, porre le dita per<br />

succhiare, sono associati a minori manifestazione<br />

di timore. Importante che siano<br />

sempre le stesse persone ad occuparsi dei<br />

vitelli, meglio le donne, poiché la presenza<br />

di sconosciuti innalza il livello di ansia.<br />

Come già detto i vitelli devono essere<br />

tenuti in ambienti diversi rispetto a quelli<br />

che ospitano le lattifere al fine di evitare il<br />

diffondersi di diarree da coliformi e da<br />

non deprimerne l’accrescimento. Le soluzioni<br />

di stabulazione ottimali per i vitelli<br />

sono:<br />

Fino a 30-45 giorni di età collocazione<br />

in box singolo, o in apposito locale pulito,<br />

meglio all’esterno riparato dalle correnti<br />

di aria, vento e pioggia. I box devono essere<br />

dotati di abbeveratoi e mangiatoia.<br />

Da 30-45 giorni fino a sei mesi in box<br />

collettivo.<br />

La manzetta di 300 Kg box a lettiera<br />

permanente meglio se anche il paddock<br />

per aumentare il movimento.La manza da<br />

450 Kg box a lettiera permanente con<br />

zona di riposo distinta da quella di alimentazione,<br />

con paddock per mantenere<br />

il movimento. Se da vacca vanno su cuccette,<br />

meglio abituarle in questa fase con<br />

cuccette adeguate.<br />

Tutta la rimonta deve avere ambienti<br />

puliti, acqua potabile e pulita a volontà.<br />

Oltre a una corretta alimentazione<br />

bisogna seguire l’incremento giornaliero<br />

(dai 550 ai 750 grammi giorno) e prestare<br />

attenzione a qualche soggetto con vizi<br />

(succhiare) che possa compromettere la<br />

futura vacca. Mantenere osservato i calori<br />

e registrarli per scegliere il momento più<br />

corretto per la inseminazione.<br />

A titolo esemplificativo e perché sia<br />

argomento di discussione si riporta un<br />

91


semplice calcolo delle esigenze in capi di<br />

rimonta di un allevamento di 100 vacche<br />

in produzione e con rimonta interna. Nell’esempio<br />

seguente si sono considerate<br />

Percentuali di aumento del 15%<br />

Per le manze e del 20% per le vitelle<br />

Interparto medio = 390<br />

Numero medio parti/vacca per anno<br />

=365/390 =0.94<br />

Numero medio parti/vacca per carriera<br />

= 3,5<br />

Quota media di rimonta = (0.94X<br />

100) /3,5 = 27%<br />

Vacche riformate per anno = 27<br />

Fabbisogno manze da 12 a 29 mesi =<br />

27x 1,15 =31<br />

Fabbisogno vitelle manzette da zero –<br />

12 mesi = 31x 1,2 = 37<br />

L’allevatore attento e diligente (tranne<br />

per fatti eccezionali o straordinari),<br />

dovrebbe essere in grado di avere la<br />

rimonta interna con la possibilità di selezionare<br />

(eliminare le vacche problema)<br />

senza dover attingere con frequenza dal<br />

mercato. Diventa importante riuscire a<br />

prevenire e programmare il futuro. Meglio<br />

acquistare vitelle o manzette che vacche in<br />

lattazione.<br />

9.0 Organizzazione aziendale<br />

Quando è possibile sia nei medi sia<br />

grandi allevamenti di vacche da latte,<br />

poter suddividere le diverse categorie di<br />

animali in due grandi categorie:<br />

La rimonta suddivisa in:<br />

Vitelle fino a 50 giorni<br />

Vitelle da 50 giorni a sei mesi<br />

Manzette da sei mesi circa 330 Kg<br />

Manze da oltre 330 kg a 450 kg<br />

Manze gravide<br />

Le vacche suddivise in:<br />

Asciutte (tre gruppi)<br />

In lattazione almeno tre gruppi (fresche,<br />

gravide, fine lattazione)<br />

Gli allevamento di dimensioni medio<br />

– grande è opportuno creare il gruppo<br />

delle primipare<br />

Le vacche con determinati problemi<br />

sanitari, alla mammella, o, in cura è<br />

opportuno che siano raggruppate in un<br />

gruppo a parte e che entrino in sala di<br />

mungitura per ultime. (vedi <strong>manuale</strong> del<br />

mungitore “<strong>Granlatte</strong>”). (foto 16)<br />

Queste sono indicazioni di massima in<br />

92<br />

Alta Qualità<br />

Foto 16<br />

quanto la suddivisione in gruppi delle<br />

vacche è legata a diversi fattori, in particolare<br />

alla disposizione e superficie dei locali<br />

stalla, alla tecniche di alimentazione<br />

all’impostazione dell’allevamento. Se la<br />

suddivisione delle vacche in funzione del<br />

loro stato di lattazione e in gruppi di alimentazione,<br />

ne esalta la produzione individuale,<br />

ma è necessario una maggiore<br />

attenzione e maggior lavoro per spostare<br />

le vacche da un gruppo all’altro. I cancelli<br />

separatori che possono essere introdotti<br />

all’uscita della sala di mungitura sono un<br />

valido aiuto per chi deve movimentare le<br />

vacche.<br />

La suddivisione in gruppi delle vacche,<br />

oltre a tenere come riferimento di base lo<br />

stato di lattazione e le esigenze alimentari,<br />

nelle stalle dove sono presenti vacche con<br />

microrganismi contagiosi nel latte<br />

(Aureus e Agalactiae), e che intendono<br />

risanare l’allevamento, devono avere il<br />

gruppo delle infette (queste problematiche<br />

sono state ampiamente trattate nel<br />

“<strong>manuale</strong> del mungitore” pubblicato da<br />

<strong>Granlatte</strong>).<br />

Una attenzione particolare va riservata<br />

alle primipare, almeno fino all’ingravidamento,<br />

cioè tenerle in un gruppo a parte.La<br />

primipara è meno stressata, non va


in competizione, con le altre vacche, perché<br />

è rimasta con le stesse compagne con<br />

cui aveva già stabilito una gerarchia di<br />

mandria fin dai box delle manze, mangiano<br />

di più, si riducono i problemi di chetosi<br />

a tutto vantaggio della fertilità.<br />

Al fine di evitare lo stress alle vacche<br />

da latte è importante organizzare le visite<br />

del veterinario in modo tale da evitare che<br />

le vacche rimangono bloccate per diverse<br />

ore in piedi in rastrelliera senza avere la<br />

possibilità di poter andare a bere. Questo<br />

episodio, abbastanza frequente, si evidenzia<br />

in diverse stalle. Per porre rimedio<br />

bisogna concordare la presenza del veterinario<br />

in azienda ad orari stabiliti, in cui le<br />

vacche sono ad alimentarsi in rastrelliera.<br />

SECONDA PARTE<br />

1.0 Le patologie podali<br />

Le patologie podali costituiscono un<br />

notevole problema economico all’interno<br />

dell’azienda di vacche da latte, poiché<br />

determina la riduzione di produzione, latte<br />

di scarsa qualità, con aumento di cellule<br />

e mastiti, sino all’eliminazione e il<br />

deprezzamento a volte totale degli animali.<br />

Oltretutto le sindromi riguardano spesso<br />

gli animali appena entrati in produzione,<br />

limitando quindi la potenzialità produttiva<br />

dell’intero allevamento. Se le cause<br />

delle patologie podali sono molteplici, i<br />

fattori predisponenti sono più ristretti; tra<br />

questi principalmente s’individuano il<br />

tipo di pavimentazione, la tipologia di<br />

stabulazione; il pareggio funzionale, non<br />

fatto o malfatto; fattori alimentari collegati<br />

a mancanze, soprattutto minerali, vitaminiche<br />

e ammino-acidi oppure squilibri<br />

a livello di salubrità delle proteine, dei<br />

carboidrati e della fibra. La presenza d’aflatossine,<br />

micotossine, nei prodotti utilizzati<br />

per l’alimentazione anche in quantità<br />

ammesse, portano a problemi podali alle<br />

vacche. (foto 17)<br />

Le lettiere sovraccariche e umide,<br />

come le corsie bagnate costringono lo zoccolo<br />

a rimanere continuamente nell’umidità<br />

per questo diventano limitato il suo<br />

indurimento. (foto 18)<br />

Le cause predisponenti e dirette legate<br />

all’alimentazione possono così elencarle:<br />

– Alimenti altamente fermentescibili;<br />

– Amidi e zuccheri in eccesso e sbilanciati;<br />

– Proteine in eccesso e sbilanciate;<br />

– L’acidosi;<br />

– La chetosi;<br />

– Le razioni povere di fibra a lenta fermentazione<br />

– L’ingestione di sostanze tossiche vegetali<br />

(tossine) e chimiche (conservanti<br />

pesticidi);<br />

La presenza delle problematiche sopra<br />

esposte richiede interventi particolari da<br />

parte dell’alimentarista che oltre a correggere<br />

la razione e a conoscere meglio la<br />

qualità dei prodotti oltre ad imporre i<br />

metodi corretti di distribuzione degli alimenti,<br />

deve intervenire con un maggior<br />

utilizzo di tamponi (bicarbonato di sodio,<br />

carbonato di calcio, ossido di magnesio,<br />

acetati, propinati e lieviti) e alti dosaggi<br />

d’elementi ad azione sequestrante (bentonite,<br />

sepiolite, zeoliti, estratti di jucca, alla<br />

presenza d’alimenti contaminati da tossi-<br />

Foto 17<br />

Foto 18<br />

Alta Qualità<br />

93


ne, oppure alte concentrazioni d’azoto<br />

ammoniacale.<br />

Le cause predisponenti, l’acidosi cronica,<br />

la sindrome della vacca grassa e vacca<br />

magra, gli squilibri alimentari, le mancanze<br />

di vitamina A, Zinco, Rame, errato<br />

rapporto Ca/P, accadono sintomatologie<br />

de d’immunodepressione e alla predisposizione<br />

all’attacco dei batteri.<br />

Responsabili delle lesioni ai tessuti<br />

molli e al cheratogeno. Queste problematiche<br />

si risolvono correggendo la razione<br />

nei momenti di stress.<br />

Un grosso aiuto, sia come prevenzione<br />

sia cura, è l’effettuazione di routine di<br />

bagni podalici con prodotti disinfettanti e<br />

indurenti. Esistono in commercio prodotti<br />

opportunamente formulati. Una soluzione<br />

di solfato di rame al 5%, o di formalina<br />

al 5% una volta la settimana<br />

garantisce la giusta consistenza dei tessuti<br />

degli zoccoli. I bagni podali, vanno fatti<br />

con un certo metodo. La soluzione disinfettante<br />

deve essere pulita (80 litri, 50 passaggi).<br />

In base alla capacità della vasca si<br />

calcolano i passaggi. Non serve far passare<br />

le vacche in una soluzione sporca e per più<br />

giorni. Meglio un solo passaggio quando<br />

ancora la soluzione provvista di disinfettante<br />

possa arrivare ai tessuti del piede, è<br />

sbagliato far passare le vacche nella vasca,<br />

quando la soluzione è eccessivamente<br />

inquinata. L’assenza, del lavapiedi in sala<br />

d’attesa e la presenza di grigliato nelle corsie<br />

può portare ad avere sullo zoccolo uno<br />

strato secco impenetrabile dalla soluzione<br />

disinfettante di sterco secco.<br />

In queste condizioni i bagni podali<br />

non hanno risultato se non si ammorbidisce<br />

lo strato di sostanza organica.<br />

Per le stabulazioni fisse come in sala di<br />

mungitura per i piccoli allevamenti è possibile<br />

disinfettare gli zoccoli, irrorandoli<br />

con l’utilizzo di pompe a spalla con le soluzioni<br />

sopra citate.<br />

<strong>Il</strong> piede della bovina ha solo quattro<br />

ossa per piede protette da tessuto corneale,<br />

simile a quello delle unghie umane. I<br />

movimenti bruschi sono ammortizzati da<br />

tessuti molli, i tendini, e i muscoli e dalle<br />

articolazioni delle ossa. La pianta del piede<br />

leggermente arcuata e l’unghione, hanno<br />

la funzione di ammortizzare e togliere la<br />

pressione dai tessuti duri.<br />

Noi dobbiamo cercare di eliminare le<br />

94<br />

Alta Qualità<br />

eccedenze di corno, ristabilire l’equilibrio<br />

tra i due unghioni e riportare il piede ad<br />

una forma che rientri nella gamma cosiddetta<br />

“normale”, sperando che la bovina<br />

possa adattare la sua andatura ad uno<br />

schema meno doloroso. La maggior parte<br />

dei problemi ai piedi sono dovute alle<br />

lesioni che si verificano sul corno dell’unghione,<br />

dovute a cause infiammatorie,<br />

tranne le dermatiti.<br />

Per verificare i problemi ai piedi è<br />

opportuno è quello di riconoscere le anomalie:<br />

– Le lesioni al corno dell’unghione possono<br />

includere la colorazione gialla della<br />

suola<br />

– La separazione della linea bianca<br />

– L’emorragia della suola<br />

– Le ulcere della suola<br />

– L’erosione del tallone<br />

– L’increspatura orizzontali della parete<br />

dell’unghione<br />

– La doppia suola<br />

– Le laminiti<br />

Per avere sempre vacche da latte non<br />

stressate e che con maggiore facilità producono<br />

latte di qualità e in quantità, è<br />

opportuno intervenire in prevenzione.<br />

Diventa importante provvedere al pareggio<br />

funzionale almeno due volte all’anno. I<br />

periodi consigliati sono in prossimità della<br />

messa in asciutta, dove si effettua l’intervento<br />

più importante e significativo. <strong>Il</strong><br />

secondo intervento di pareggio funzionale,<br />

per correggere eventuali errori commessi<br />

nell’intervento precedente, e, per affinare<br />

correzioni necessarie nei primi venti giorni<br />

successivi al parto.<br />

<strong>Il</strong> pareggio funzionale deve essere effettuato<br />

da personale qualificato, deve conoscere<br />

il piede.<br />

Nella scelta della nuova stalla valutate<br />

il tipo di pavimento adeguato per le vostre<br />

vacche.<br />

2.0 - Body Condition Score (BCS)<br />

negli allevamenti di vacche da<br />

latte<br />

<strong>Il</strong> Body Condition Score (BCS) è una<br />

misura soggettiva delle riserve corporee di<br />

grasso.<br />

Le vacche sono valutate con sistemi<br />

che esprimono un punteggio che copre


una scala che va da uno a cinque. Una vacca<br />

con BCS=1 è considerata smunta, patita,<br />

emaciata, con BCS=2 è magra, con<br />

BCS=3 è in media, con BCS=4 è grassa,<br />

con BCS=5 è da considerare obesa.<br />

Questa scala è ulteriormente suddivisa<br />

in quarti di punto.<br />

Sulla ripetibilità del BCS esistono alcuni<br />

dubbi in quanto essendo una valutazione<br />

soggettiva, il punteggio può variare in<br />

funzione dell’operatore. Diversi ricercatori<br />

hanno individuato che un punto di differenza<br />

nel BCS, può essere equivalente a 56<br />

Kg di peso.<br />

<strong>Il</strong> punteggio BCS ottimale per una<br />

vacca al parto dovrebbe essere tra 3 e 3,5.<br />

Per l’allevatore di vacche per produrre<br />

latte di qualità superiore deve seguire<br />

costantemente la mandria e deve aver presente<br />

costantemente le condizioni corporee.<br />

<strong>Il</strong> BCS e un sistema di punteggiatura<br />

riconosciuto tra tecnici ed è di valido aiuto<br />

se realizzato con metodo. Altro sistema<br />

oggi in uso in diverse aziende è la pesatura<br />

delle vacche. Diventa importante, trovare<br />

il tempo per analizzare e interpretare i dati.<br />

Se si rilevano dati e poi non si trova il tempo<br />

per interpretarli, per decidere le soluzioni<br />

a i problemi. Si sono fatti investimenti<br />

in tecnologie che non portano nessun<br />

vantaggio.<br />

L’interpretazione del punteggio del<br />

peso corporeo delle vacche all’interno della<br />

mandria può essere visto in diverse prospettive.<br />

Una prima prospettiva, può essere data<br />

dal cambiamento di condizioni a seconda<br />

dello stadio di lattazione. Una seconda<br />

prospettiva da una condizione corporea<br />

della mandria in questo mese rispetto a<br />

quella del mese precedente. Una terza prospettiva<br />

si riferisce al confronto tra diversi<br />

gruppi di animali della stessa azienda. La<br />

differente condizione corporea, tra un<br />

gruppo e l’altro, può essere un riflesso dello<br />

stadio di lattazione e dal criterio secondo<br />

il quale sono costituiti i gruppi.<br />

Per ogni singolo animale la condizione<br />

corporea può essere seguita dall’asciutta e<br />

quindi attraverso la lattazione. Per avere<br />

maggiori dettagli sul BCS si rimanda a<br />

James D. Ferguson University of Pennsylvania;<br />

School of Veterinary Medicine “<br />

Introduzione di un programma di control-<br />

lo del Body Condition Score negli allevamenti<br />

di vacche da latte”.<br />

3.0 - I dati negli allevamenti di<br />

vacche da latte<br />

L’imprenditore zootecnico, più degli<br />

altri imprenditori, ha bisogno di avere<br />

informazioni sulle vacche del proprio<br />

allevamento per valutare, prevedere,<br />

gestire e decidere le scelte. L’allevatore di<br />

vacche da latte, rispetto ad altri imprenditori,<br />

ha bisogno di maggior dati. L’allevatore<br />

opera con animali, che hanno un<br />

loro ciclo biologico, per avere un vacca<br />

che produca latte dalla fecondazione della<br />

madre passano oltre 30 mesi. Gli<br />

imprenditori dell’industria o del commercio<br />

per produrre o commercializzare<br />

un bene non devono attendere così tanto<br />

tempo. L’allevatore ha a che fare con essere<br />

viventi, dove le variabili che intervengono<br />

sono certamente superiori, rispetto<br />

ad un progetto per la fabbricazione di un<br />

bene o alla programmazione di una macchina.<br />

(foto 19)<br />

L’attività zootecnica, quindi, consiste<br />

nell’utilizzazione degli animali quali mezzo<br />

per la trasformazione di alcuni prodotti<br />

in altri più consoni alle necessità dell’uomo.<br />

L’animale impegnato in produzioni<br />

zootecniche latte carne uova, eccetera,<br />

può essere visto come una vera e propria<br />

macchina, il cui rendimento deve<br />

essere ottimizzato.<br />

La vacca si differenzia di una qualunque<br />

altra macchina per almeno due aspetti<br />

essenziali. <strong>Il</strong> primo, la vacca non è un<br />

prodotto di serie, (nessuna vacca è uguale<br />

Foto 19<br />

Alta Qualità<br />

95


ad un’altra), la vacca ha la capacità di<br />

riprodursi e quindi di protrarsi nel tempo.<br />

Questa ultima caratteristica rende possibile<br />

il perfezionamento sia naturale sia con<br />

l’intervento dell’uomo. L’uomo, quindi,<br />

allevatori tecnici, ricercatori, con le loro<br />

scelte, possono ottimizzarne il rendimento<br />

e perfezionarle secondo le esigenze produttive.<br />

All’allevatore, nasce quindi l’esigenza<br />

di effettuare scelte le più appropriate possibili<br />

per il proprio allevamento di vacche<br />

da latte. Le scelte meno avventurose sono<br />

quelle risultanti dal frutto di esperienze e<br />

conoscenze precedenti. Ecco la necessità<br />

di avere in ogni allevamento dati storici<br />

per analizzare ciò che è avvenuto e in base<br />

a determinati criteri statistici analizzare e<br />

prevedere ciò che potrà avvenire a breve a<br />

medio e lungo termine.<br />

In questi ultimi tempi un valido aiuto<br />

agli allevatori sia di piccola sia grande<br />

dimensione aziendale, la stà dando l’informatica<br />

con personal computer di costi<br />

accessibili e facili da utilizzare, con eventuali<br />

palmari, per raccogliere e verificare i<br />

dati direttamente in stalla in mezzo agli<br />

animali. I software disponibili sono diversi,<br />

al momento dell’acquisto è importante<br />

conoscerne l’analisi e quello che realmente<br />

fanno. In molti casi sono solo degli<br />

archivi e non fanno nessuna elaborazione.<br />

Molti di questi programmi sono stati realizzati<br />

all’estero e i termini utilizzati nelle<br />

traduzioni non permettono di capire correttamente<br />

il significato.<br />

Le aziende di vacche da latte sprovviste<br />

di computer aziendale, possono avere i<br />

dati elaborati sottoponendo il proprio<br />

allevamento ai controlli della produttività<br />

e iscrizione dei soggetti ai libri genealogici.<br />

In questo secondo caso l’allevatore<br />

dovrà organizzarsi per registrare a mano<br />

su registri gli eventi che si verificano nel<br />

periodo dell’intercontrollo e attendere l’elaborazione.<br />

L’allevatore non solo deve alimentare e<br />

mungere le vacche, ma deve dedicare tempo<br />

alla registrazione dei dati, elaborarli e<br />

interpretali per fare scelte le meno avventurose<br />

possibili. Ogni tanto deve fermarsi<br />

a ragionare per scegliere.<br />

Le registrazioni che l’allevatore deve<br />

fare per ogni singola vacca e manza in età<br />

fertile, o con sistemi manuali o con stru-<br />

96<br />

Alta Qualità<br />

menti automatici per permettere successive<br />

elaborazioni possono così essere identificate:<br />

– Data parto con identificazione figlio/a<br />

– Body Condition Score (BCS) (secondo<br />

il criterio scelto)<br />

– Visite ginecologiche<br />

– Calori sia delle vacche sia delle manze<br />

– Inseminazioni sia delle vacche sia delle<br />

manze con data e toro<br />

– Diagnosi di gravidanza positive / negative<br />

– Produzione di latte giornaliera o mensile<br />

– Grasso e proteine del latte<br />

– Cellule<br />

– Soggetti venduti con la causa di eliminazione<br />

– Soggetti acquistati<br />

– Malattie<br />

– Riepilogo analisi latte di massa<br />

– Scheda con data di nascita genealogia<br />

valutazioni morfologiche e indici genetici<br />

– Scheda riproduttiva riepilogativa<br />

– Scheda produttiva riepilogativa<br />

– Scheda sanitaria<br />

– Scheda manzette con valutazioni<br />

– Eventi stalla straordinari<br />

Registrando con metodo o su supporto<br />

cartaceo per poi passarli ad un centro<br />

per l’elaborazione oppure registrare direttamente<br />

sul proprio computer è possibile<br />

mantenere monitorato l’andamento dell’allevamento.<br />

Di seguito cerchiamo di<br />

dare alcune indicazioni del significato dei<br />

dati essenziali per gestire un allevamento<br />

di vacche da latte.<br />

– L’età al primo parto<br />

– L’età al parto<br />

Sono informazioni utili per verificare<br />

se sono entro i valori programmati e di<br />

confronto con le altre aziende. Valori soddisfacenti<br />

sono 26 +- due mesi al primo<br />

parto, più tredici mesi per ogni parto successivo;<br />

– Numero medio lattazione, indicano se<br />

la mandria in produzione è giovane o<br />

vecchia, valore indicativo ottimale 2,8-<br />

3,0<br />

– Numero medio giorni di lattazione,<br />

l’ottimale da 150 a 165 giorni. Valori<br />

superiori indicano vacche che si mungono<br />

da tanto tempo, presenza di un<br />

numero maggiore di cellule.


4.0 - I dati produttivi<br />

I dati quantitativi di latte, come la<br />

percentuale di grasso e proteina deve essere<br />

analizzato con particolare attenzione.<br />

Oltre alla quantità, come valore assoluto,<br />

è legata a fattori genetici, alimentari,<br />

ambientale eccetera, è importante seguire<br />

la curva di lattazione di ogni singola vacca<br />

o di un gruppo di vacche. <strong>Il</strong> latte prodotto<br />

nei primi 100 giorni di lattazione, da<br />

101 a 240, quando avviene il picco massimo<br />

di produzione dopo il parto, la persistenza<br />

della produzione, il calo di produzione<br />

giornaliero, la quantità di latte prodotta<br />

al momento dell’asciutta, sono tutte<br />

informazioni che permettono all’allevatore<br />

di capire quali errori stà commettendo<br />

nella gestione del suo allevamento.<br />

Per aiutare a comprendere meglio le<br />

informazioni sopra esposte esistono dei<br />

programmi che in automatico esprimono<br />

queste informazioni produttive. Mi riferisco<br />

alla previsione di latte prodotto a 305<br />

giorni di lattazione, che in anticipo considerando<br />

i fattori ambientali che possono<br />

interferire sulla produzione di latte, tipo,<br />

mese del parto, il numero delle lattazione,<br />

età al parto e livello produttivo, prevedono<br />

il latte grasso e proteine che produrrà<br />

la vacca a 305 giorni di lattazione. Visto<br />

che il dato crea con particolari coefficienti<br />

matematici, la curva prevista di produzione,<br />

diventa quindi facile confrontarla<br />

con la produzione reale sia per il periodo<br />

di lattazione che per la produzione giornaliera,<br />

e con segni quantitativi in positivo<br />

e in negativo mantengono monitorato<br />

la produzione della singola vacca, o, del<br />

gruppo di vacche, o, dell’intera mandria.<br />

Resta all’allevatore o ai tecnici aziendali<br />

valutare i segni negativi o positivi presenti<br />

se corrispondono alle aspettative oppure<br />

diventano necessari interventi per<br />

migliorare.<br />

5.0 - I dati delle cellule individuali<br />

Una attenzione particolare, quando in<br />

possesso, dei dati relativi al numero delle<br />

cellule per vacca. Devono essere analizzati<br />

con molta attenzione, in particolare quando<br />

esistono elaborazioni fatte da alcune<br />

Associazioni Allevatori che riportano<br />

anche il numero di cellule dei mesi prece-<br />

Alta Qualità<br />

denti con a fianco indicazioni dello stato<br />

di salute della mammella. Per meglio<br />

apprezzare l’importanza della necessità di<br />

mantenere le cellule nel latte a valori molto<br />

bassi (< 100.000 cellule), ed è possibile,<br />

in diversi stampati sia per vacca sia per<br />

il totale vacche in lattazione presenti in<br />

allevamento, sono riportati i Kg di latte<br />

persi a causa del numero di cellule (linear<br />

score). <strong>Il</strong> linear score è un parametro<br />

numerico progressivo da uno a otto cui<br />

corrispondono valori di cellule. Ad ogni<br />

punto di score corrisponde il raddoppio<br />

di cellule: score 1 = 25.000 cellule, score 8<br />

= 3.200. 000 cellule. Sono espressi altri<br />

9indicatori relative alla stato della mammella.<br />

In particolare: a = bovina asciutta;<br />

Cr = bovina cronica, cioè con almeno tre<br />

conte di cellule mensili superiori alle<br />

400.000; C = bovina clinica, ultima conta<br />

cellulare oltre 800.000; N = normale,<br />

nessuna conta oltre le 300.000 cellule.<br />

Ottimi indicatori per evidenziare lo stato<br />

di salute delle mammelle sono i dati relativi<br />

alla conducibilità elettrica del latte.<br />

Esistono diversi sistemi, più o meno<br />

attendibili. Diventa importante per l’allevatore<br />

saper leggere le informazioni che le<br />

strumentazioni rilevano e trasmettono.<br />

Ogni allevamento, ogni vacca, ogni<br />

impianto, ha dati individuali diversi. L’abilità<br />

resta nel saperli interpretare in<br />

modo corretto.<br />

<strong>Il</strong> tecnico, l’allevatore dovrebbero<br />

meditare di più questi dati e attuare tutti<br />

gli accorgimenti indispensabili per le vacche<br />

da latte per mantenere le mammelle<br />

sane. Dall’analisi dei dati delle cellule possono<br />

essere evidenziate problematiche di<br />

diversa natura, dallo stress di alcuni animali,<br />

al non corretto sistema di mungitura,<br />

all’ambiente stalla non idoneo, ad una<br />

alimentazione con foraggi e mangimi in<br />

uno stato di conservazione inadeguato.<br />

Avendo a disposizione il numero di cellule<br />

individuali è possibile elaborarli per<br />

raggruppare le vacche in base al numero<br />

di cellule e ipotizzare le cellule del latte di<br />

massa escludendo le vacche con le cellule<br />

più alte. Con l’eliminazione di queste<br />

poche vacche o la messa in asciutta, si può<br />

ritornare ad avere latte con cellule molto<br />

basse.<br />

Gli allevamenti di vacche da latte,<br />

anche quelli che non usufruiscono dei ser-<br />

97


vizi delle Associazioni Allevatori almeno<br />

tre volte l’anno dovrebbero effettuare un<br />

prelievo individuale di latte e determinarne<br />

la percentuale di grasso e proteine e la<br />

conta cellulare. I dati dovrebbero essere<br />

conservati o su carta, meglio se su supporto<br />

informatico con possibilità di elaborazioni.<br />

Per mantenere monitorato la razione<br />

che è distribuita alle vacche in termini di<br />

bilanciamenti energetici in funzione del<br />

livello produttivo, una analisi da fare<br />

almeno una volta al mese o sul latte di<br />

massa, meglio se possibile, sul latte dei<br />

singoli gruppi, in particolare il gruppo dei<br />

primi 100 giorni di lattazione, è la quantità<br />

dell’urea nel latte.<br />

6.0 - I dati riproduttivi<br />

Per ottenere i migliori risultati in termini<br />

di quantità e qualità del latte, di cellule<br />

somatiche e di carica batterica oltre<br />

FAC-SIMILE<br />

98<br />

Alta Qualità<br />

alla dotazione genetica delle vacche è<br />

necessaria una corretta gestione dell’allevamento,<br />

in particolare la situazione<br />

riproduttiva. Quando si parla di utilizzo<br />

dei dati per fare analisi e valutazioni tecniche<br />

devono essere di qualità, attendibili<br />

e completi, le approssimazioni non servono<br />

a nessuno e portano a decisioni errate.<br />

Ogni allevamento di vacche da latte<br />

dovrebbe avere i propri registri opportunamente<br />

predisposti per registrare correttamente<br />

tutti gli eventi riproduttivi,<br />

meglio se dotati di strumenti informatici<br />

con appositi programmi di gestione aziendale.<br />

Tutti i dati riproduttivi che sono<br />

espressi sottoforma di medie aziendali delle<br />

singole bovine possono nascondere al<br />

loro interno, a parità di valore, situazioni<br />

differenti dovute all’ampiezza della distribuzione<br />

dei singoli valori. E’ importante<br />

interpretare anche la distribuzione dei dati<br />

(deviazione standard). <strong>Il</strong> primo parametro<br />

in termini di importanza per capire la<br />

S T A M P A S I T U A Z I O N E R I P R O D U T T I V A - 14/11/02 Pag. 1<br />

—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />

N.Az. Matr.bovina D.nascita Data n. Aborto gg par par Ultima t par n. Data r. gg ipp<br />

ppx marca<br />

bovina /Matr.padre parto p. /Asc. part /ca /pf fecond f /uf f diagnosi dg lt p.i.manze<br />

anagrafe<br />

—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />

M 37 IT031000216350 02 31/12/00<br />

02 BS G 40155 BRADAMANTE 02 MO E 2467 96*<br />

M 38 IT018000216353 02 10/03/01 16/08/02 A 2 1257 93<br />

02 IT024PV003C646 PIROCCO DEMAND COATTO IT 027 MN 107 C 047 102 02 BS I 19264<br />

AQUILA NICK GLEN ET TL<br />

M 39 IT069000216354 02 16/03/01 11/09/02 A 3 742 73<br />

02 IT097500000316 GHEZZI LAREDO UNIVERSO 02 RC E 10394 100* 02 VI B 46842<br />

ATREIUS CUBE<br />

M 40 IT036000216355 02 02/05/01 16/07/02 A 1 839 79<br />

IT 020 500006611 103* 02 CR S 21701 CASELLE DAVON ET<br />

M 41 IT089000216358 02 05/09/01 1207 92<br />

02 IT019500041738 MONDIAL FELITE ET 02 RC E 2465 94<br />

M 42 IT069000216359 02 27/10/01 1033 87<br />

02 PV C 39282 DADO LUKE MONTU’ TL 02 RC 41132 88<br />

M 43 IT083000216360 02 16/10/01 1104 89<br />

02 BS H 7603 AQUILA MASCOT DREAMER 02 MO D 49944 92<br />

V 84 02BAD31913 03/09/94 08/11/01 5 371 60 20/05/02 A 193 3 371 370<br />

476<br />

02 US000002018759 DRENDEL MELVIN GRANT T 02 MO 117420 58* 68 TC 68 BLU<br />

BELGA (TORO CARNE)<br />

V 85 02RAD33592 03/01/95 Asciutta 5 364 88 11/02/02 A 88 1 276<br />

342 371<br />

02 RE D 19141 PAPEN 02 MO C 30351 59* 02 BS H 17670 OLMO PRE-<br />

LUDE TUGOLO MF<br />

V 88 02MOD41132 10/10/95 27/10/01 5 383 62 07/06/02 A 223 4 383 363<br />

506<br />

02 BO D 24569 MARCO 02 MO C 38830 61* 02 IT098500085305 GEA<br />

BRETT PILADE ET


FAC-SIMILE<br />

situazione riproduttiva di un allevamento<br />

di vacche da latte è l’interparto medio. In<br />

pratica quanti giorni trascorrono mediamente<br />

su tutte le vacche dell’allevamento<br />

da un parto all’altro. Se riusciamo a fecondare<br />

le vacche dopo il parto mediamente a<br />

85 giorni, ne deriva che riusciamo ad avere<br />

un vitello all’anno per vacca (escluso le<br />

primipare). Sarebbe un buon risultato un<br />

interparto medio di 365 giorni. Le variabili<br />

che intervengono a modificare questi<br />

parametri, sono molteplici, dalla dimensione<br />

dell’allevamento, al livello produttivo,<br />

alle scelte alimentari alle scelte genetiche,<br />

ma principalmente dalle scelte manageriali.<br />

La lunghezza dell’interparto è influenzata<br />

da un altro parametro molto importante<br />

chiamato parto/concepimento. In<br />

pratica quanti giorni trascorrono tra l’ultimo<br />

parto e l’inizio della nuova gravidanza.<br />

Alta Qualità<br />

—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />

S T A M P A S I T U A Z I O N E R I P R O D U T T I V A - 14/11/02 Pag. 2<br />

—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />

N.Az. Matr.bovina D.nascita Data n. Aborto gg par par Ultima t par n. Data r. gg ipp<br />

ppx marca<br />

bovina /Matr.padre parto p. /Asc. part /ca /pf fecond f /uf f diagnosi dg lt p.i.manze<br />

anagrafe<br />

—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />

V 102 IT027MN107C047 02 27/11/98 08/10/02 2 37 37 577<br />

02 MI O 11718 02 MN M 34298<br />

V 104 IT0TO000202719 02 15/09/99 Asciutta 1 404 133 16/02/02 A 133 1 373<br />

416<br />

02 MI I 35736 DEL SANTO CORSARO 02 MO D 27823 82* 02 IT019500187438<br />

GO-FARM LANTZ CAVALIER<br />

V 105 IT063000202720 02 27/09/99 23/10/01 1 387 223 03/06/02 A 223 1 387<br />

506<br />

02 PV C 19649 PIROCCO LEADMAN BONITO 02 MO D 31913 84 68 TC 68 BLU<br />

BELGA (TORO CARNE)<br />

V 106 IT034000202723 02 18/11/99 18/10/01 1 392 148 15/05/02 A 209 2 392<br />

492<br />

02 TO A 4817 02 MO D 49944 92 02 IT098500085305 GEA BRETT<br />

PILADE ET _<br />

FAC-SIMILE<br />

<strong>Il</strong> periodo, parto/concepimento va<br />

analizzato con molta attenzione, in quanto<br />

deve essere scorporato dai seguenti fattori<br />

che devono far meditare i tecnici e gli<br />

allevatori. <strong>Il</strong> primo fattore e il periodo di<br />

attesa volontaria, è la decisione dell’allevatore<br />

ad attendere un certo numero di giorni<br />

prima di inseminare la vacca. Se il<br />

periodo è inadeguato è facile intervenire a<br />

modificarlo. Come già detto la prima<br />

inseminazione al calore successivo ai 48<br />

giorni dopo il parto (vacche normali). <strong>Il</strong><br />

secondo fattore è il tasso di rilevamento<br />

calori. Se le vacche non si vedono in calore,<br />

consultare il veterinario per effettuare<br />

visite ginecologiche, l’alimentarista per<br />

controllare la razione del gruppo delle fresche,<br />

stare in stalla per 20 minuti tre volte<br />

al giorno (ore 7, 13, 20) per osservare i<br />

calori. Installare dispositivo di misura attività<br />

vacche. <strong>Il</strong> terzo fattore, il tasso di con-<br />

Stampa eventi riproduttivi - gg. 45<br />

* Calore/ * gg. * n. * Ult. * Calore probabile * Evento osservato * Matricola e nome toro *<br />

* Fecondare * part * fc * cal. * * Data ! Tipo * Data ! Tipo * sg lt ! Numero ! Nome *<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* M 37 * E 22 * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* M 41 * E 14 * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* V 102 * 37 * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* V 93 * 41 * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* V 91 * 258 * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />

99


100<br />

Alta Qualità<br />

cepimento, in pratica quante volte inseminare<br />

per avere il concepimento. Un<br />

valore medio sulle vacche di due interventi<br />

inseminativi per concepimento è accettabile.<br />

Se superiore è opportuno meditare<br />

su alcuni aspetti, la qualità del seme, le<br />

tecniche di fecondazione, la gestione dell’asciutta,<br />

il post partum, migliorare la<br />

gestione alimentare in particolare il bilancio<br />

energetico, non deve essere negativo,<br />

aiutandosi con il Body Condition Score.<br />

Se una percentuale elevata di vacche non<br />

rimane gravida dopo il 3° intervento inseminativo,<br />

bisogna intervenire con rapidità<br />

a risolvere il problema, in quanto il peggioramento<br />

delle condizioni produttive e<br />

qualitative del latte, avviene dopo alcuni<br />

mesi.<br />

Per produrre latte di qualità e a basso<br />

contenuto di cellule dove l’uomo inteso<br />

come imprenditore, allevatore, tecnico<br />

può intervenire a creare le condizioni ottimali,<br />

oltre a curare gli aspetti alimentari<br />

deve porsi come obiettivi di avere lattazioni<br />

non eccessivamente lunghe di conseguenza<br />

deve avere parti con periodicità<br />

medie poco superiori all’anno.<br />

Diventa indispensabile tenere monitorato<br />

i diversi fattori, per intervenire in<br />

anticipo quando si intravede qualche dato<br />

anomalo. Alcuni fattori da monitorare sia<br />

riferiti alle vacche che alle manze sono:<br />

– Vacche non inseminate numero e percentuale,<br />

giorni dal parto (misura l’attesa)<br />

– Vacche con osservato calori numero e<br />

percentuale giorni dal parto<br />

– Vacche non osservato calori numero e<br />

giorni dal parto<br />

– Vacche con prima inseminazione giorni<br />

dal parto<br />

– Vacche con seconda inseminazioni giorni<br />

dal parto<br />

– Vacche con tre e oltre inseminazioni<br />

giorni dal parto<br />

– Vacche non gravide totale e percentuali<br />

– Vacche gravide dopo diagnosi<br />

– Numero medio interventi inseminativi<br />

per concepimento (ottimale 1,5- 2)<br />

– Numero medio parto concepimento<br />

giorni (80)<br />

– Previsione messa in asciutta vacche<br />

(ottimale 15 - 16 %)<br />

– Previsione parti, numero medi giorni di<br />

FAC-SIMILE<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* Osservare * gg. * n. * n.gg. * Ritorno * Evento osservato * Matricola e nome toro *<br />

* ritorni * part * fc * feco. * * Data ! Tipo * Data ! Tipo * sg lt ! Numero ! Nome *<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* M 39 * E 20 * 3 * 64 * 10/11-16/11 * ! * ! * ! ! *<br />

* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* V 90 * 233 * 2 * 64 * 10/11-16/11 * ! * ! * ! ! *<br />

* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />

* V 90 * 233 * 2 * 64 * 26/10 * ! * ! * ! ! *<br />

* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* Asciutta * gg.al * Giorni * Asciutta * Data evento * N o t e *<br />

* * parto * latt. * dopo il * * *<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* V 92 * 35 * 346 * 10/09 * * *<br />

* * * * * * *<br />

* V 106 * 100 * 392 * 14/11 * * *<br />

* * * * * * *<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* Parto * N.az. * gg. * Parto probabile * D a t i d e l n a t o * Diff. * *<br />

* * vacca * grav. * * Data ! sx ! vm ! n.az ! sg lt ! numero ! peso * parto * *<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* V 97 * ——- * 301 * 17/10-06/11 * ! ! ! ! ! ! * * *<br />

* * * * * ! ! ! ! ! ! * * *<br />

* V 101 * ——- * 297 * 21/10-10/11 * ! ! ! ! ! ! * * *<br />

* * * * * ! ! ! ! ! ! * * *<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*


FAC-SIMILE<br />

lattazione (ottimale 152)<br />

– Previsione percentuale vacche in lattazione<br />

(ottimale 84%)<br />

– Lunghezza media asciutta giorni<br />

– Vacche vendute cause<br />

– Primipare entrate<br />

– % primipare secondipare terzipare e<br />

oltre<br />

– Età media mandria<br />

– Numero medio di parti<br />

Tutte queste informazioni e come tanti<br />

altri indici che misurano il patrimonio<br />

genetico dell’animale confrontati con<br />

l’anno precedente, o, a cinque anni fa, o<br />

confrontati con gli allevamenti con le stesse<br />

caratteristiche della zona permettono di<br />

capire quali sono gli errori eventualmente<br />

e come correggerli per il futuro.<br />

Non meno importanti sono le liste di<br />

attenzione che con vari modi o sistemi<br />

all’interno di un allevamento di vacche da<br />

latte devono circolare. Ci si riferisce a liste<br />

giornaliere sia per gli operatori di stalla<br />

che per il veterinario dove sono indicati<br />

secondo parametri scelti dall’azienda, le<br />

vacche da effettuare le visite post partum<br />

e ginecologiche, da osservare calori, da<br />

fecondare, effettuare diagnosi di gravidanza,<br />

da effettuare BCS, da asciugare, da<br />

cambiare gruppo, prossime al parto. Le<br />

tecniche gestionali dell’allevamento della<br />

vacca per latte di qualità sono a livelli di<br />

Alta Qualità<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

_ Stampa eventi riproduttivi - gg. 45<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* Parto * N.az. * gg. * Parto probabile * D a t i d e l n a t o * Diff. * *<br />

* * vacca * grav. * * Data ! sx ! vm ! n.az ! sg lt ! numero ! peso * parto * *<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* V 95 * ——- * 293 * 25/10-14/11 * ! ! ! ! ! ! * * *<br />

! ! * * *<br />

* * * * * ! ! ! ! ! ! * * *<br />

*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />

* A n i m a l i u s c i t i *** E v e n t i s t r a o r d i n a r i *<br />

* N.aziendale * Num.matricola * Data * Causa *** N.aziendale * Num.matricola * Descrizione<br />

evento *<br />

*————————————————————————————————————————-<br />

_ Stampa scheda ginecologica - 14/03/2003 - gg. 30 *——————-*————<br />

—————————————————————————————————————————————————*<br />

* V 91 * Non fecondata - Parto: 01/03/2002 ( 258 gg) *<br />

* * *<br />

* V 93 * Controllo post parto - Parto: 04/10/2002 ( 41 gg) *<br />

* * *<br />

* V 102 * Controllo post parto - Parto: 08/10/2002 ( 37 gg) *<br />

* * *<br />

*——————-*—————————————————————————————————————————————————————*<br />

conoscenze molto elevati e devono rispondere<br />

a determinate regole. Gli spazi per<br />

allevatori avventurieri occasionali sono<br />

sempre più ridotti. Ogni giorno l’allevatore<br />

che desidera produrre un latte di qualità<br />

almeno il 50% delle informazioni sopra<br />

riportate deve averle in mente o poterle<br />

leggere e dedurne l’andamento. Se così<br />

non è non potrà mai produrre latte di alta<br />

qualità o biologico.<br />

Vista l’importanza dell’autocontrollo<br />

negli allevamenti di vacche da latte,<br />

potrebbe essere un motivo per incominciare<br />

ad educare gli allevatori a rimanere<br />

meno tempo sul trattore e di più ad una<br />

tastiera di un computer per registrare e<br />

meditare dati elaborati del proprio allevamento.<br />

Per produrre latte di qualità e latte<br />

biologico, non bisogna eccedere e chiedere<br />

troppo alla natura. Bisogna rispettarne<br />

i suoi ritmi con le attenzioni le più corrette.<br />

Se da una mandria di 100 vacche<br />

nascono all’anno 48 – 50 femmine. Almeno<br />

40 – 42 devono arrivare al parto e 38<br />

– 40 devono diventare vacche in produzione.<br />

Questo significa che la natura ci<br />

mette in condizioni di ricambiare le vacche.<br />

Nella sostituzione, esiste si, la possibilità<br />

di eliminare quelle con problemi<br />

produttivi riproduttivi e sanitari, ma<br />

anche mantenere la mandria molto giova-<br />

101


102<br />

Alta Qualità<br />

ne con una genetica migliore. <strong>Il</strong> latte ad<br />

alta qualità e biologico, non bisogna<br />

dimenticare, che si inizia a produrlo nel<br />

“momento in cui assistiamo a un parto” e<br />

che “permettiamo ad una vitella di crescere<br />

bene”, di non morire, con una alimentazione<br />

adeguata e con prodotti sani per<br />

diventare una ottima vacca.<br />

Troppo di frequente ci si dimentica<br />

che la qualità del latte si ottiene anche<br />

gestendo in modo naturale e corretto la<br />

riproduzione e, avere, una mandria con<br />

vacche giovani.<br />

Non bisogna dimenticare che l’uomo<br />

inteso come allevatore, può modificare la<br />

produzione di latte delle proprie vacche<br />

intervenendo sui seguenti fattori ambientali:<br />

– Foto - periodo (rapporto ore di luce /<br />

ore di buio)<br />

– Micro - ambiente termico interno ed<br />

esterno al ricovero<br />

FAC-SIMILE<br />

Azienda: Pinco via Strada Nazionale<br />

– <strong>Il</strong> vento<br />

– Foraggio umido, ammuffito, terroso<br />

– Errori alimentari<br />

– Cambiamento improvviso della dieta<br />

– Variazione rapida del numero dei pasti<br />

giornalieri<br />

– Variazione orario di distribuzione della<br />

razione<br />

– Spostamento da un box all’altro<br />

– Cambiamento del personale<br />

– Variazione orari di mungitura<br />

– Trattamenti profilattici<br />

– Gestione corretta della riproduzione<br />

– Gestione corretta dell’asciutta<br />

– Gestione corretta degli ambienti<br />

In conclusione, si può affermare che,<br />

se si lavora in prevenzione, tranne per i<br />

casi eccezionali, con le attuali conoscenze<br />

e possibile produrre latte di alta qualità e<br />

biologico, senza la necessità di continue<br />

spese per cure od altro.<br />

Vacca 19/06 18/07 14/09 17/10 %1 %2 lt gg RNK IGV ILQ IGVg IGVp Punt. Giudizi g. EVM<br />

305 c.p. Marca<br />

84 14,00 17,60 13,20 12,00 -10,0 5 371 16 253 -161 -7,00 -1,00 78 B + + B 7041 6956 -10,0<br />

02BOD000031913<br />

* 85 18,00 19,80 5 276* 23 -494 -34 -10,00 -8,00 82 + + M + 7949 7860 0,6<br />

02MN0000033592<br />

88 20,00 17,40 15,20 12,20 -24,6 5 383 29 209 82 1,00 -4,00 82 B M + + 8901 8653<br />

13,6 02BO0000041132<br />

90 28,00 30,60 18,80 13,00 -44,6 5 233 17 -756 -142 -34,00-16,00 82 + M + +<br />

93 33,60 4 41 25 -88 8 10,00 80 B + + B 02TA0000001023<br />

94 14,00 18,00 14,00 6,00 3 435 53 315 430 -3,00 13,00 81 B M M + 8752 8130<br />

11,7 02MIE000002465<br />

* 95 16,00 18,40 4 263* 28 -120 60 5,00 79 B + M + 7203 6997 -8,7<br />

02MNE000002466<br />

M KG/L 17,69 19,69 13,92 16,60 288,3 163 232 4,06 6,93 43,9<br />

%1: differenza tra penultimo e ultimo controllo; %2: differenza tra primo e ultimo controllo<br />

Primipare 3 Media EVM 7975 +1,86% capi 3 Media punti 80 -0,43% capi 2<br />

Secondipare 4 Media EVM 8107 +3,56% capi 3 Media punti 80 +0,61% capi 3<br />

Pluripare 9 Media EVM 7670 -2,03% capi 8 Media punti 80 -0,12% capi 8<br />

Media AIA 16 Media EVM 7829 capi 16 Media punti 80 capi 13


FAC-SIMILE<br />

RIEPILOGO DATI AZIENDA<br />

Alta Qualità<br />

n. Data gg n. Latte Latte % Gr. Prot. Cas. Media Cellule Cellule Cellule Cellule Perdita<br />

Stato<br />

az. Parto lt lt 14/09 17/10 — 17/10/2002 Cell. (Score) (Score) (Score) (Score) latte<br />

san.<br />

% % % 4 cnt 19/06/02 18/07/02 14/09/02 17/10/02 gg. u.c.<br />

84 08/11/2001 343 5 13,20 12,00 -10,00 3,26 3,29 2,53 449 400 (5) 396 (4) 414 (5) 624 (5) **<br />

2,84 93,73 C<br />

85 A 15/11/2001 5 49 47 (1) 51 (2) —- —-<br />

88 27/10/2001 355 5 15,20 12,20 -24,59 3,47 3,63 2,79 760 524 (5) 762 (5) 1004 (6) 838 (6) **<br />

3,17 104,68 C<br />

90 26/03/2002 205 5 18,80 13,00 -44,62 3,63 3,60 2,77 1681 1384 (6) 1400 (6) 2481 (7) 1826 (7)<br />

4,05 133,61 C<br />

94 05/09/2001 407 3 14,00 6,00-133,33 3,62 3,95 3,04 614 395 (4) 559 (5) 606 (5) 1305 (6)<br />

*** 3,67 121,13 N.Campioni 10 10 10 10 10 10 15 15 10 10<br />

Media 260 13,92 16,60 3,58 3,35 2,57 328 570 647 414<br />

FAC-SIMILE<br />

Dati num. num. Primipare Pluripare<br />

riassuntivi vacche vacche 1 (2) 3 (8)<br />

————————————————————————————————————————————————————————————————<br />

Cellule: 0-300 4 40% Proteine: 0-3.00 1 10% Stato san. C (Clinico) 3<br />

38%<br />

301-600 2 20% 3.01-3.40 3 30% Cr (Cronico)<br />

601-900 2 20% 3.41-.... 6 60% N (Normale) 1 50%<br />

901-... 2 20%<br />

Valor medio linear score 3,58 6,66<br />

Grasso: 0-3.20 0 Caseina: 0-2.30 1 10%<br />

3.21-3.70 6 60% 2.31-2.60 3 30%<br />

3.71-.... 4 40% 2.61-.... 6 60%<br />

Campione 19/06/2002 Gr.: 4,03 (PV 4,15) Prot.: 3,13 (PV 3,22) Caseina: 2,41 Cellule: 331 Lattosio:<br />

4,70 Urea:<br />

Campione 18/07/2002 Gr.: 3,55 (PV 3,66) Prot.: 3,36 (PV 3,46) Caseina: 2,59 Cellule: 600 Lattosio:<br />

4,67 Urea:<br />

Campione 14/09/2002 Gr.: 3,66 (PV 3,77) Prot.: 3,41 (PV 3,51) Caseina: 2,63 Cellule: 712 Lattosio:<br />

4,43 Urea:<br />

Campione 17/10/2002 Gr.: 3,64 (PV 3,75) Prot.: 3,39 (PV 3,49) Caseina: 2,61 Cellule: 547 Lattosio:<br />

4,49 Urea:<br />

_<br />

Le medie di: grasso, proteine, cellule sono ponderate rispetto alla quantita’ di latte<br />

Linear Score: Parametro numerico progressivo da 1 a 8 a cui corrispondono valori di cellule; a ogni<br />

punto di score corrisponde il raddoppio di cellule: Score 1 = 25000 cellule, Score 8 = 3200000 cellule<br />

A = Bovina asciutta Stato salute Cr = Cronico: almeno tre conte oltre 400<br />

E = Bovina eliminata C = Clinico: ultima conta oltre 800<br />

N = Normale: nessuna conta oltre 300<br />

103


Introduzione<br />

L’alimentazione delle bovine<br />

e la qualità del latte<br />

<strong>Il</strong> latte è un alimento fondamentale<br />

per l’alimentazione umana di tutte le età<br />

per le sue molteplici proprietà nutrizionali<br />

ma anche per i derivati che si possono<br />

ottenere fra cui spiccano molti formaggi<br />

rinomati (Parmigiano Reggiano, Mozzarella,<br />

Caciocavallo, Gorgonzola) ma anche<br />

prodotti fermentati come yogurt, kefyr<br />

ecc…<br />

Al fine di rispondere al meglio alle esigenze<br />

del consumatore per qualsiasi delle<br />

sue destinazioni è importante che il prodotto<br />

sia di elevata qualità. Ma cosa s’intende<br />

per qualità? La qualità del latte è un<br />

concetto complesso che può essere distinto<br />

in diversi aspetti:<br />

– quello nutrizionale (contenuto di grasso,<br />

proteine, lattosio, minerali, vitamine<br />

ecc…),<br />

– quello igienico sanitario (carica microbica,<br />

germi coliformi, batteri sporigeni,<br />

presenza di sostanze inibenti ecc…),<br />

– quello organolettico (colore, odore,<br />

sapore).<br />

Anche se da soli non bastano, il benessere<br />

e la buona salute dell’animale sono<br />

necessari per l’ottenimento di un prodotto<br />

di qualità assoluta. Per questi scopi<br />

bisogna quindi curare l’alimentazione e la<br />

gestire al meglio l’ambiente in cui vivono<br />

le bovine ed in particolare quello in cui<br />

vengono munte. Sarà poi altrettanto<br />

importante l’attenzione al rispetto delle<br />

diverse condizioni igieniche e di temperatura<br />

per la manipolazione stoccaggio e<br />

conservazione del latte.<br />

La nutrizione degli animali è una<br />

scienza affascinante e, per quanto notevoli<br />

siano le conoscenze fino ad oggi acquisite,<br />

è ancora ricca di interrogativi. È<br />

PAOLO PEZZI<br />

Dipartimento di Morfofisiologia e Produzioni Animali<br />

Facoltà di Veterinaria, Bologna<br />

Alta Qualità<br />

infatti assai difficoltoso lo studio dell’importanza<br />

di ogni singolo nutriente in<br />

quanto sono numerose e complesse le<br />

interazioni fra gli stessi principi nutritivi,<br />

così risulta spesso impossibile determinarne<br />

l’esatto fabbisogno per ogni animale.<br />

Purtroppo, la crescente competitività<br />

economica dei mercati globali obbliga i<br />

produttori di qualsiasi bene a ridurre i<br />

costi per rimanere sugli stessi mercati.<br />

Nella nostra realtà nazionale la riduzione<br />

del costo del litro di latte passa obbligatoriamente<br />

per una elevata produzione di<br />

ogni animale che si accompagna ad un<br />

aumento parallelo dei fabbisogni nutrizionali.<br />

Tanto più tali fabbisogni sono ragguardevoli<br />

e maggiori saranno le difficoltà<br />

di soddisfarli a pieno. Le bovine da latte<br />

ad alta produzione essendo fra gli animali<br />

con la più elevata efficienza di conversione<br />

dell’alimento in derrate alimentari, e<br />

nella fattispecie di latte, sono quindi assai<br />

esposte a rischi di pericolose patologie dismetaboliche<br />

e carenziali. È quindi fondamentale<br />

mantenere un’elevata capacità<br />

d’ingestione e somministrare alimenti sani<br />

e ricchi di proprietà nutritive.<br />

PARTE PRIMA<br />

Gli alimenti<br />

Gli alimenti per i bovini possono essere<br />

distinti schematicamente in due grandi<br />

categorie: foraggi e mangimi (o concentrati).<br />

Anche se non sempre è facile classificare<br />

un alimento in una delle due suddette<br />

categorie si può affermare che i<br />

foraggi rappresentino la componente più<br />

naturale dell’alimentazione degli erbivori<br />

e sono caratterizzati dalla ricchezza di<br />

fibra mentre i mangimi servono essenzial-<br />

105


mente per apportare molti principi nutritivi<br />

in poco spazio come richiesto dagli<br />

animali più selezionati. (foto 1)<br />

1 - I foraggi<br />

I foraggi sono costituiti dalle essenze<br />

botaniche, coltivate o spontanee, che in<br />

parte o come insieme di fusto foglie ed<br />

eventualmente anche fiori e frutti vengono<br />

somministrate agli animali. Come<br />

sopra accennato la caratteristica nutrizionale<br />

tipica dei foraggi è la ricchezza di<br />

fibra, presente in forma fisicamente percepibile<br />

sia alla vista che al tatto: la cosiddetta<br />

“fibra lunga”. (foto 2) Gli altri principi<br />

alimentari: proteine, vitamine e<br />

minerali sono presenti in quantità assai<br />

variabili mentre i grassi ed i carboidrati<br />

con funzione energetica (amido) sono<br />

sempre piuttosto scarsi. In funzione del<br />

metodo di conservazione i foraggi possono<br />

essere distinti in:<br />

– verdi,<br />

– insilati,<br />

– affienati e<br />

– disidratati.<br />

Foto 1<br />

106<br />

Alta Qualità<br />

Foto 2 - Sorgo in collina.<br />

1.1 - I Foraggi verdi<br />

Le erbe che gli animali assumono nei<br />

pascoli sono quelle più tenere e giovani ed<br />

apportano gran parte dei nutrienti di cui<br />

abbisognano: energia, proteine, minerali e<br />

vitamine. Gli animali allevati in stabulazione,<br />

e quindi non mantenuti al pascolo,<br />

possono essere alimentati con i foraggi<br />

verdi qualora i prati o gli erbai vengano<br />

sfalciati ed immediatamente portati agli<br />

animali in allevamento. Tuttavia, questa<br />

ideale forma di somministrazione dei<br />

foraggi non è attuabile nella pratica quotidiana<br />

e quindi occorre che le caratteristiche<br />

dei foraggi verdi siano conservate al<br />

meglio nel tempo e nello spazio. Le tecniche<br />

di raccolta, conservazione ed immagazzinamento<br />

dei foraggi devono trasferire<br />

nel tempo la loro disponibilità per gli<br />

animali, ma al contempo devono anche<br />

permettere la migliore conservazione possibile<br />

di tutte le proprietà nutrizionali dei<br />

foraggi verdi. A tal fine i principali metodi<br />

di conservazione utilizzati sono:<br />

– l’insilamento,<br />

– la fienagione,<br />

– la disidratazione.<br />

1.2 - Gli insilati<br />

L’insilamento è certamente la tecnica<br />

più economica di conservazione del foraggio,<br />

ma comporta la necessità di sottoporlo<br />

ad una serie di processi fermentativi che<br />

ne modificano numerose proprietà chimico-nutrizionali<br />

ed organolettiche. L’insila-


mento viene eseguito soprattutto nelle aree<br />

a clima umido dove non è possibile essiccare<br />

i foraggi naturalmente, a causa appunto<br />

delle frequenti precipitazioni atmosferiche<br />

e delle temperature relativamente basse.<br />

Nella pratica la tecnica di insilamento<br />

comporta l’accumulo, in tempi rapidi, di<br />

foraggio con contenuto di umidità variabile<br />

dal 40% al 70% all’interno di apposite<br />

strutture chiamate “sili”, occorre quindi<br />

comprimere per eliminare l’aria e chiudere<br />

nel più breve tempo possibile la massa. È<br />

necessario poi attendere lo sviluppo di<br />

opportune fermentazioni (la lattica in particolare)<br />

che si completano nell’arco di circa<br />

3-4 settimane. <strong>Il</strong> principio utilizzato con<br />

l’insilamento è infatti l’acidificazione con<br />

acido lattico prodotta dalla fermentazione<br />

omonima a partire da zuccheri semplici<br />

presenti nei foraggi verdi.<br />

Con l’insilamento, oltre a questa trasformazione<br />

riguardante i glucidi, vengono<br />

modificate numerose altre sostanze ed<br />

in particolare una porzione variabile delle<br />

proteine può subire degradazioni a fonti<br />

di azoto più elementari quali amine biogene<br />

ed ammoniaca. Queste ultime possono<br />

risultare tossiche per gli individui<br />

che le assumono. Inoltre si possono talora<br />

verificare fenomeni putrefattivi (quando<br />

la massa foraggiera è troppo umida e/o<br />

ricca di proteine) o di eccessiva respirazione<br />

e produzione di acido acetico ed alcool<br />

etilico (quando la massa è troppo secca<br />

e/o la temperatura ambientale troppo elevata).<br />

A ciò si aggiunge che gli insilati,<br />

una volta sottoposti alla fermentazione<br />

lattica ed atteso il tempo necessario alla<br />

dispersione del calore prodotto, sono<br />

suscettibili di ripresa di fenomeni fermentativi<br />

durante l’utilizzo. Queste problematiche<br />

sono la conseguenza del fatto che il<br />

foraggio viene utilizzato umido e quindi<br />

l’acqua in esso contenuta può permettere<br />

a batteri, a funghi o a entrambi di originare<br />

ulteriori e deleteri processi fermentativi.<br />

La stessa ossidazione che si verifica<br />

quotidianamente nelle parti più periferiche<br />

come il fronte di avanzamento della<br />

massa stoccata è un fenomeno inevitabile<br />

e tanto più dannoso quanto minore sarà la<br />

velocità di consumo del foraggio. Una<br />

volta aperta una trincea di insilato l’allevatore<br />

è quindi obbligato ad utilizzarne una<br />

determinata quantità con regolarità pena<br />

Alta Qualità<br />

appunto la rapida degradazione del prodotto<br />

stesso. Queste caratteristiche costituiscono<br />

spesso vincoli non trascurabili<br />

per la praticità d’uso dell’insilato.<br />

Gli insilati quindi, dovendo fermentare<br />

per essere preparati, e soprattutto<br />

potendo subire ulteriori processi fermentativi<br />

indesiderati, sono spesso trattati con<br />

additivi con funzione stimolante la crescita<br />

batterica (per lo più biologici) oppure<br />

con funzione più semplicemente conservante<br />

(ad esempio acido propionico, formico,<br />

sorbico, benzoico, o loro sali). Queste<br />

sostanze possono agire sia come antibatterici<br />

che come antifungini.<br />

Nel caso del fieno-silo realizzato con<br />

balloni fasciati è opportuno ricordare che<br />

ogni unità fa storia a sé e quindi è bene<br />

aprirli ed ispezionarli uno per uno prima<br />

di immetterli nel carro miscelatore. (foto<br />

3)<br />

Principali aspetti degli insilati<br />

– sono economici,<br />

– permettono basse perdite di raccolta,<br />

– consentono di essere preparati in minor<br />

tempo rispetto ai fieni (minore interferenza<br />

agenti atmosferici e più precoce<br />

stadio vegetativo di raccolta),<br />

– sono rischiosi per la salute animale in<br />

quanto umidi:<br />

– ospitano spesso fermentazioni anomale<br />

al loro interno ma soprattutto<br />

– vanno consumati in tempi rapidi pena<br />

la pericolosissima ripresa dei processi<br />

fermentativi indesiderati (e ciò è vero<br />

sia nella massa conservata che sull’alimento<br />

distribuito in greppia).<br />

– sono più ricchi di spore di clostridi (la<br />

famiglia del botulino) e pertanto vietati<br />

nell’alimentazione delle bovine il cui<br />

Foto 3 - Carro semovente mentre carica insilato<br />

107


latte venga destinato alla trasformazione<br />

in formaggi tipici a lunga stagionatura,<br />

– sono più ricchi di amine biogene (cadaverina,<br />

putrescina, istamina e tiramina)<br />

ed ammoniaca che si formano in conseguenza<br />

delle fermentazioni di cui al<br />

punto precedente,<br />

– sono più poveri di proteina vera (in<br />

quanto essa viene in parte degradata<br />

durante i processi fermentativi) e di<br />

zuccheri semplici, anch’essi degradati<br />

durante i processi fermentativi,<br />

– sono meno appetibili per gli animali (a<br />

parità di stadio vegetativo di raccolta)<br />

rispetto ai fieni od ai disidratati,<br />

– nel caso dei balloni fasciati è bene sempre<br />

aprirli ed ispezionarli prima di<br />

immetterli nel carro miscelatore,<br />

– sono più difficili da trinciare rispetto ai<br />

fieni in quanto umidi<br />

1.3 - I fieni<br />

La fienagione è tradizionalmente utilizzata<br />

per conservare i foraggi nelle aree<br />

temperato-secche, mediterranee, come<br />

nella maggior parte del nostro Paese. Si<br />

tratta di una tecnica di conservazione<br />

mediante essiccazione naturale all’aria ed<br />

al sole. <strong>Il</strong> foraggio sfalciato viene lasciato<br />

essiccare al sole e quindi raccolto secco dal<br />

terreno previa pressatura sotto forma di<br />

balle. Quest’ultima pratica, pur non strettamente<br />

necessaria, viene attuata nella<br />

stragrande maggioranza dei casi per ridurre<br />

i tempi e la manodopera di raccolta e di<br />

trasporto e per ridurre altresì gli spazi di<br />

immagazzinamento. L’essiccazione del<br />

foraggio lo preserva da fenomeni di alterazione<br />

senza che si debbano utilizzare,<br />

come spesso si fa con gli insilati, conservanti<br />

chimici. La fienagione rispetto all’insilamento<br />

causa purtroppo un aumento<br />

delle perdite meccaniche di raccolta: il<br />

foraggio essiccato è assai più friabile di<br />

quello umido e buona parte delle foglie<br />

(soprattutto nel caso delle leguminose)<br />

cade a terra durante le operazioni di fienagione.<br />

La perdita è grave se si considera<br />

che è nelle foglie che si concentrano<br />

numerosi nutrienti a cominciare dalle proteine.<br />

<strong>Il</strong> foraggio affienato subisce perdite<br />

lievi, soprattutto di zuccheri solubili per<br />

fenomeni di respirazione, immediatamen-<br />

108<br />

Alta Qualità<br />

te dopo lo sfalcio, mentre è all’interno<br />

delle balle pressate (di forma cilindrica o<br />

di parallelepipedo) che si possono verificare<br />

le perdite più ingenti. Infatti l’umidità<br />

residua (20%-30%), a causa della compressione<br />

cui viene sottoposto il foraggio,<br />

determina l’avvio di fenomeni di fermentazione,<br />

detti volgarmente “cottura”, che<br />

possono raggiungere intensità notevole.<br />

Inoltre nel caso di pressatura ad umidità<br />

sostenute non sono infrequenti episodi di<br />

ammuffimento che rendono inutilizzabile<br />

il fieno per l’alimentazione. La fienagione<br />

quindi è il classico sistema di conservazione<br />

del foraggio nei climi aridi o comunque<br />

non piovosi; infatti la pioggia è la<br />

principale nemica della buona riuscita di<br />

tale pratica. Purtroppo il rischio di pioggia<br />

è sempre presente nella maggior parte<br />

delle realtà italiane per cui un accorciamento<br />

dei tempi di esposizione alle<br />

intemperie sarebbe quanto mai utile.<br />

Principali aspetti dei fieni:<br />

– sono, se ben prodotti, sicuri in quanto<br />

secchi e quindi i processi fermentativi<br />

indesiderati sono ostacolati al meglio,<br />

– richiedono più tempo e manodopera<br />

per la preparazione e quindi sono più<br />

soggetti agli agenti atmosferici,<br />

– sono più poveri di nutrienti nobili che<br />

si concentrano nelle foglie in quanto<br />

queste subiscono perdite più o meno<br />

evidenti,<br />

– nel caso dei balloni (la norma) è bene<br />

sempre aprirli ed ispezionarli prima di<br />

immetterli nel carro miscelatore per<br />

scartare quelli soggetti ad eccessiva “cottura”<br />

o addirittura all’ammuffimento<br />

od ancora ad difetti diversi,<br />

– la trinciatura per la realizzazione del<br />

piatto unico è più semplice rispetto ai<br />

balloni fasciati ma è comunque assai più<br />

lunga e costosa rispetto ai disidratati.<br />

1.4 - I foraggi disidratati<br />

La disidratazione, è la tecnica più<br />

recente delle tre ricordate, è quella che permette<br />

di mantenere al meglio le proprietà<br />

chimico-nutrizionali ed organolettiche dei<br />

foraggi verdi di partenza. Trattandosi di un<br />

processo industriale è facilmente attuabile<br />

nelle più diverse realtà climatiche, anche se<br />

un certo grado di pre-essiccazione in campo<br />

dei foraggi è indubbiamente utile per


idurne i costi energetici. Le aree che tradizionalmente<br />

producono fieni sono quindi<br />

quelle che meglio si adattano anche a<br />

questo tipo di processo: i principali produttori<br />

in Europa sono soprattutto i Paesi<br />

latini (Spagna Francia e Italia). Questa<br />

metodologia di conservazione prevede<br />

generalmente, una prima fase di campo<br />

che riduce il contenuto di umidità da circa<br />

l’80% originario al 50-60%. Questa<br />

fase è quindi assai più breve di quella prevista<br />

dalla fienagione e spesso anche di<br />

quella che si effettua per l’insilamento. I<br />

rischi di esposizione alle intemperie sono<br />

ridotti al minimo ed anche le perdite di<br />

foglie per movimentazione sono minime.<br />

<strong>Il</strong> foraggio immesso nell’impianto di disidratazione,<br />

viene portato in pochi minuti<br />

ad un’umidità del 10% circa, minimizzando<br />

i rischi di ripresa di qualsiasi tipo di<br />

attività fermentativa post-trattamento.<br />

L’elevato peso specifico dell’erba medica<br />

disidratata in balloni o pellet (varia da<br />

450 a 700 chilogrammi/m3), a differenza<br />

del fieno, consente quindi di immagazzinare<br />

grandi quantità di prodotto secco in<br />

uno spazio minore. L’erba medica disidratata<br />

così “confezionata”, facilita la movimentazione,<br />

il trasporto, la distribuzione<br />

oltre a ridurre al minimo gli sprechi in<br />

fase di somministrazione agli animali e il<br />

dispendio di tempo e di energia per la<br />

trinciatura del foraggio. Infine, con l’erba<br />

medica disidratata, l’allevatore può disporre<br />

di un prodotto costante per tutto la<br />

stagione migliorando le caratteristiche<br />

delle razioni e riducendo le spese di stoccaggio<br />

dei foraggi.<br />

I prodotti disidratati presentano i<br />

seguenti aspetti:<br />

– costi superiori<br />

– tempi rapidi di preparazione da cui:<br />

– ridotte perdite meccaniche di raccolta e<br />

– modesti rischi di danneggiamento per le<br />

precipitazioni atmosferiche,<br />

– alimenti più stabili e sicuri (i rischi di<br />

alterazione del foraggio (eccessiva tostatura,<br />

fermentazione pre o post disidratazione)<br />

sono limitati alla fase di lavorazione<br />

e sono quasi sempre avvertibili<br />

dall’esterno del ballone).<br />

– movimentazione, immagazzinamento e<br />

utilizzazo semplificati,<br />

– maggiore ricchezza di nutrienti presenti<br />

nei foraggi verdi,<br />

– maggiore omogeneità e quindi di più<br />

agevole inserimento nel razionamento,<br />

– è sempre buona norma ispezionare i<br />

balloni prima di immetterli nel carro,<br />

– è possibile acquistare il prodotto trinciato<br />

nella misura giusta per essere incluso<br />

nel piatto unico (riduzione tempi e costi<br />

di preparazione).<br />

2 - I mangimi<br />

Come sopra accennato i mangimi<br />

hanno la funzione di concentrare principi<br />

nutritivi in poco spazio per andare in contro<br />

al meglio alle esigenze degli animali<br />

più produttivi.<br />

A seconda della prevalenza di uno o<br />

dell’altro principio nutritivo nel mangime<br />

si parlerà di concentrati:<br />

– energetici,<br />

– proteici mentre alcuni sottoprodotti<br />

possono essere somministrati agli animali<br />

come<br />

– fibrosi (cioè ricchi della componente<br />

peculiare dei foraggi ma in forma non<br />

fisicamente percepibile come negli stessi<br />

foraggi).<br />

I principali mangimi energetici sono<br />

costituiti dalle granelle di cereali (mais,<br />

orzo, frumento, sorgo, avena, segale, riso)<br />

che sono ricche di amido non bisogna<br />

comunque dimenticare gli olii vegetali<br />

(palma, cocco, soia) utilizzati per grassare<br />

i mangimi. (foto 4)<br />

I cruscami e gli altri sottoprodotti dell’industria<br />

molitoria si possono anch’essi<br />

considerare facenti parte dei concentrati<br />

energetici ma sono sicuramente inferiori<br />

ai cereali d’originei in quanto a contenuto<br />

di amido (e quindi di energia) mentre<br />

sono più ricchi di fibra. (foto 5)<br />

Foto 4<br />

Alta Qualità<br />

109


Foto 5<br />

I mangimi proteici sono invece classicamente<br />

rappresentati dalle leguminose in<br />

granella (soia, pisello, fava, cece, lupino).<br />

Tuttavia sul mercato mondiale sono<br />

essenzialmente i sottoprodotti derivati<br />

dall’estrazione chimica o talora meccanica<br />

dell’olio dai semi di soia che fanno la parte<br />

del leone. Dai sopra menzionati processi<br />

si ricavano rispettivamente farine di<br />

estrazione e panelli. Oltre a farine di estrazione<br />

e panelli di altre oleaginose esistono,<br />

quali fornitori di proteine anche i sottoprodotti<br />

della distillazione dei cereali ma<br />

la loro disponibilità sul mercato è ovviamente<br />

inferiore. Esistono infine altri<br />

mangimi proteici, quali i sottoprodotti<br />

delle amiderie (ad esempio la semola glutinata<br />

di mais) e dell’industria enologica<br />

(vinacce, vinaccioli).<br />

I mangimi proteici sono purtroppo<br />

caratterizzati, più facilmente di altri, da<br />

problematiche igienico-sanitarie in dipendenza<br />

della loro origine, spesso extraeuropea.<br />

I tempi di trasporto particolarmente<br />

lunghi pongono quindi problemi di conservazione<br />

(soprattutto qualora provengano<br />

o attraversino aree caratterizzate da cli-<br />

110<br />

Alta Qualità<br />

Foto 6 - Fibrometro<br />

mi caldi e/o caldo umidi). Sono quindi<br />

più soggetti a contaminazioni da micotossine<br />

prodotte da aspergilli quali le aflatossine<br />

(le più temibili e quelle per le quali<br />

sono previsti i limiti più severi).<br />

Occorre infine precisare che qualsiasi<br />

sottoprodotto dell’industria agroalimentare,<br />

come ad esempio gli scarti dell’industria<br />

biscottiera possono costituire parte<br />

dei mangimi composti per gli animali.<br />

(foto 6)<br />

3 - La scelta degli alimenti<br />

È pleonastico dire che la buona qualità<br />

degli alimenti per il bestiame è la caratteristica<br />

principale per poter fornire alle<br />

bovine la migliore alimentazione. Per<br />

potersi definire di buona qualità gli alimenti<br />

devono essere:<br />

– sani e ben conservati,<br />

– nutrienti ed<br />

– appetibili.<br />

3.1 - Sanità e stato di conservazione<br />

Con l’aggettivo “sano” si intende<br />

essenzialmente l’assenza di qualsiasi<br />

sostanza, residuo, microrganismo patogeno<br />

o suo metabolica che possano causare<br />

intossicazioni, tossinfezioni, avvelenamenti<br />

o semplicemente patologie da parte<br />

di molecole pericolose per la salute umana<br />

oltre che per quella animale. Fra gli esempi<br />

più comuni ricordiamo:<br />

– le muffe e le micotossine da esse derivate,<br />

– i pesticidi (esteri fosforici, carbamati,<br />

organoclorurati ecc…),<br />

– i clostridi,<br />

– i nitrati ed i nitriti,<br />

– l’ammoniaca, le amine biogene ed altri<br />

cataboliti delle proteine,<br />

– i perossidi (indice di ossidazione per<br />

irrancidimento dei grassi),<br />

– i metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio<br />

ecc…),<br />

– altri inquinanti ambientali come il benzene,<br />

– certi conservanti vietati (parabeni ad<br />

esempio).<br />

Per quanto riguarda l’aspetto della<br />

sanità gli alimenti da preferire saranno:<br />

– secchi anziché umidi (freschi o insilati)


perché l’acqua è fonte di vita per i batteri<br />

e le muffe e quindi ogni alimento<br />

umido è notevolmente più rischioso per<br />

l’apporto di micotossine, ammoniaca,<br />

nitriti, perossidi ecc…Inoltre i prodotti<br />

umidi sono più spesso trattati con conservanti<br />

proprio per evitare pericolose<br />

fermentazioni;<br />

– puliti e non imbrattati con terra, colaticcio,<br />

polvere, smog (ricco di piombo<br />

e/o benzene);<br />

– poveri di grassi, la grassatura delle razioni<br />

è bene che sia effettuata, quando<br />

necessaria, con prodotti specifici, ben<br />

controllati e soprattutto con elevato turnover,<br />

vale a dire che devono essere consumati<br />

in breve tempo e controllati ad<br />

ogni approvvigionamento.<br />

A proposito delle modalità di accertamento<br />

delle eventuali presenze di sostanze<br />

indesiderate occorre precisare che gli<br />

accertamenti di laboratorio per la presenza<br />

di:<br />

– micotossine (aflatossine, fumonisina,<br />

vomitossina, zearalenone ecc…),<br />

– nitrati,<br />

– metalli pesanti<br />

– ammoniaca, acido butirrico ecc… (insilati),<br />

– non sostituiscono mai, ma completano<br />

soltanto l’esame visivo ed olfattivo realizzato<br />

in campo dall’allevatore e dal<br />

tecnico nutrizionista. L’esame di laboratorio<br />

sui foraggi non deve essere quindi<br />

mai visto come un alibi di eventuali<br />

problemi riscontrati sugli animali. Questi<br />

sono invece molto più spesso dovuti<br />

a carenze nutrizionali che non ad<br />

eccessivi apporti di sostanze tossiche.<br />

3.2 - Concentrazione e biodisponibilità<br />

di nutrienti<br />

Gli alimenti più nutrienti sono quelli<br />

che riescono ad apportare all’animale le<br />

maggiori quantità di principi nutritivi<br />

nell’unità di peso. È ovvio quindi che, a<br />

parte la ricchezza intrinseca dell’alimento<br />

in tali principi, è fondamentale la digeribilità<br />

e quindi la loro biodisponibilità.<br />

Siccome questa caratteristica è inversamente<br />

correlata con l’abbondanza di fibra<br />

ed in particolare di lignina, tanto minore<br />

sarà il contenuto di lignina di un alimen-<br />

Alta Qualità<br />

to e tanto più quest’ultimo sarà nutriente.<br />

Questo discorso non è valido soltanto per<br />

i mangimi ma anzi lo è soprattutto per i<br />

foraggi. I mangimi sono infatti caratterizzati<br />

da una vastissima varietà di origine e<br />

composizione mentre i foraggi che classicamente<br />

provengono tutti dalla parte<br />

aerea delle piante mostrano le seguenti<br />

caratteristiche comuni:<br />

– il contenuto di proteina è inversamente<br />

correlato a quello di fibra e di lignina,<br />

– il contenuto di zuccheri solubili è inversamente<br />

correlato a quello di fibra e di<br />

lignina,<br />

– il contenuto acidi organici è inversamente<br />

correlato a quello di fibra e di<br />

lignina,<br />

– il contenuto vitamine è inversamente<br />

correlato a quello di fibra e di lignina.<br />

Dal momento che la quantità di<br />

sostanza secca ingerita è inversamente correlata<br />

al quantitativo di fibra (almeno per<br />

la maggior parte delle razioni per bovini)<br />

ne consegue che i foraggi con basso contenuto<br />

di componenti fibrose e di lignina<br />

in particolare verranno assunti in quantità<br />

nettamente superiori rispetto a quelli più<br />

maturi (cioè provenienti da piante raccolte<br />

ad uno stadio vegetativo avanzato).<br />

Si può quindi affermare che nutriente<br />

per un alimento è quasi sempre sinonimo<br />

di povero di fibra ed in particolare per i<br />

foraggi significa originato da pianta giovane.<br />

3.3 - Appetibilità<br />

Oltre che dal gusto delle bovine, l’appetibilità<br />

degli alimenti è determinata,<br />

dalle loro caratteristiche organolettiche.<br />

Alcuni concetti espressi a proposito della<br />

sanità dei prodotti possono chiaramente<br />

riguardare anche l’appetibilità, ad esempio<br />

l’imbrattamento con colaticcio, terra e<br />

polvere o l’odore di ammoniaca, di proteine<br />

degradate, di perossidi (grassi rancidi)<br />

od ancora il sapore di certe micotossine<br />

(vomitossina).<br />

Tutte queste caratteristiche negative è<br />

bene che siano ovviamente assenti mentre<br />

soprattutto per quanto riguarda i foraggi<br />

sono da considerare anche le qualità positive<br />

rappresentate da olii essenziali oltre<br />

che ai sopra citati zuccheri solubili ed acidi<br />

organici. Anche sotto l’aspetto dell’ap-<br />

111


112<br />

Alta Qualità<br />

petibilità i foraggi giovani sono superiori a<br />

quelli maturi.<br />

Obiettivo Foraggi<br />

– Cercare di anticipare al massimo gli<br />

sfalci.<br />

– Le leguminose sono più proteiche ma<br />

anche più lignificate delle graminacee<br />

– Controllare le concimazioni minerali in<br />

terreni sottoposti a spandimento di<br />

liquami.<br />

– Sconsigliare la pratica dell’insilamento<br />

qualora i tempi di lavoro previsti siano<br />

troppo lunghi.<br />

– Acquistare soltanto foraggi super per le<br />

bovine in lattazione (bassa fibra ed alta<br />

proteina).<br />

– Normalmente e consigliabile usare molti<br />

foraggi giovani e pochi mangimi molto<br />

“concentrati” piuttosto che molti<br />

mangimi fibrosi.<br />

4. I foraggi giovani<br />

Per quanto si è detto fino ad ora i<br />

foraggi raccolti ad un precoce stadio vegetativo,<br />

con qualsiasi tecnica vengano conservati<br />

purché ben eseguita, meritano una<br />

citazione particolare. Essi non saranno<br />

mai abbastanza riconosciuti per la ricchezza<br />

in nutrienti indispensabili per gli animali.<br />

Sicuramente una parte più o meno<br />

importante di tali apporti non è ancora<br />

stata adeguatamente studiata e capita. In<br />

particolare, oltre alle proteine ed alle loro<br />

frazioni andranno considerati gli apporti<br />

in peptidi ed aminoacidi, quelli di vitamine,<br />

quelli degli acidi organici, la biodisponibilità<br />

dei minerali, ecc…<br />

Tuttavia, vale la pena di ricordare che<br />

l’enorme divario nutrizionale fra i foraggi<br />

molto giovani e quelli maturi implica<br />

ovviamente l’inserimento nella razione<br />

delle bovine in maniera assai differente; in<br />

particolare, volendo fornire all’animale gli<br />

stessi apporti nutrizionali con foraggi<br />

molto giovani piuttosto che maturi occorrerà:<br />

– impiegare quantità di foraggio nettamente<br />

superiori<br />

– utilizzare quantità di concentrati nettamente<br />

inferiori<br />

– utilizzare un concentrato con tenore di<br />

proteine e di fibra inferiore<br />

– utilizzare un concentrato con livello di<br />

amidi e di zuccheri solubili superiore<br />

– saranno inoltre necessarie minori integrazioni<br />

minerali e vitaminiche.<br />

In altre parole il migliore mangime da<br />

accoppiare ad una razione caratterizzata<br />

da foraggi giovani è basato sui cereali che<br />

fra l’altro sono ormai da anni assai più<br />

economici delle materie prime proteiche.<br />

Infine occorre ricordare che le bovine più<br />

produttive estrinsecano al meglio le loro<br />

potenzialità con i foraggi giovani perché<br />

questi consentono di realizzare le razioni<br />

apportanti la maggiore quantità di<br />

nutrienti. Queste diete sono caratterizzate<br />

da relativamente elevati livelli di mangimi<br />

Figura 1. Variazioni dei contenuti delle componenti fibrose, della proteina e del valore nutritivo relativo nell’erba<br />

medica in funzione dello stadio vegetativo della pianta.


oltre che di foraggi e questo è possibile<br />

soltanto se l’ingestione da parte degli animali<br />

è veramente notevole. ( foto 7)<br />

Elevata ingestione – apporti nutrizionali –<br />

produzione di latte – qualità del latte –<br />

elevato benessere<br />

Un altro aspetto fondamentale, oltre a<br />

quello nutrizionale, per il quale i foraggi<br />

giovani sono insostituibili nelle razioni è<br />

quello organolettico; sicuramente questo<br />

aspetto è di difficile studio ed infatti assai<br />

poco conosciuto. Gli olii essenziali contenuti<br />

nelle essenze foraggere conferiscono<br />

sicuramente peculiarità organolettiche<br />

difficilmente imitabili dall’industria (si<br />

tratta spesso di molecole chimiche a<br />

struttura terpenica assai complesse) e<br />

quindi non disponibili nei prodotti commerciali.<br />

Le componenti in zuccheri solubili<br />

(saccarosio, fruttosio) ed in acidi<br />

organici (malico, citrico, fumarico ecc…)<br />

che condizionano notevolmente il sapore<br />

dell’alimento sono anch’esse poco conosciute<br />

anche se si tratta di frazioni relativamente<br />

voluminose nella composizione<br />

chimica dei foraggi verdi.<br />

PARTE SECONDA<br />

La gestione dell’alimentazione<br />

1 - Massima ingestione per<br />

migliori apporti nutrizionali<br />

L’alimentazione della bovina in lattazione<br />

ad alta produzione, come accennato<br />

in introduzione, contrappone le necessità<br />

fisiologiche di mantenimento dell’animale<br />

a quelle della mammella che drena<br />

quantità imponenti di nutrienti dal torrente<br />

circolatorio. Visto che occorre massimizzare<br />

l’ingestione di alimento l’apparato<br />

digerente è quindi messo a dura prova<br />

e sia il rumine che la restante porzione<br />

del tratto gastrointestinale devono lavorare<br />

con elevata efficienza oltre che ovviamente<br />

con celerità.<br />

Indipendentemente dal tipo di alimentazione<br />

adottato nell’allevamento<br />

(sistema tradizionale o secondo il piatto<br />

unico, con tutte le possibili varianti) le<br />

bovine devono quindi assumere l’alimento<br />

il più spesso possibile e comunque a<br />

volontà (della vacca e non dell’uomo).<br />

Alta Qualità<br />

Principi fondamentali della tecnica di<br />

alimentazione delle bovine da latte<br />

1. Alimentare a volontà le bovine in lattazione<br />

con foraggi (o con alimento<br />

nel caso del piatto unico)<br />

2. Frazionare al massimo i pasti di mangime<br />

nell’arco delle 24 ore (automatico<br />

con il piatto unico)<br />

Al fine di massimizzare l’assunzione di<br />

sostanza secca si può intervenire su diversi<br />

fronti:<br />

– sulla scelta accurata degli alimenti,<br />

– sul buon bilanciamento della razione,<br />

– sulla tecnica di preparazione e di somministrazione<br />

degli alimenti,<br />

– sul management aziendale,<br />

– sulla struttura dell’allevamento.<br />

Già si è accennato all’importanza dell’appetibilità<br />

degli alimenti, sia dei foraggi<br />

che dei mangimi e quindi oltre alla<br />

cura della scelta dei prodotti di cui approvigionarsi<br />

sul mercato può essere talora<br />

utile spendere qualcosa in più per differenziare<br />

gli apporti di materie prime<br />

anche con l’obiettivo di migliorare l’appetibilità<br />

della razione: ad esempio è consigliabile<br />

inserire fra i cereali una certa<br />

quota di orzo in contrapposizione alla<br />

diffusa pratica monocereale basata sul<br />

solo mais.<br />

L’alimento assunto dovrebbe essere il<br />

più possibile equilibrato nel senso della<br />

proporzione dei vari nutrienti rispetto ai<br />

fabbisogni dell’animale e nel tempo<br />

(principalmente nel rapporto energia e<br />

proteine) questo concetto è particolarmente<br />

importante per la massimizzazione<br />

del lavoro del rumine chiamato a produrre<br />

acidi grassi volatili assorbiti dall’animale<br />

già nei prestomaci e proteine microbiche<br />

digerite ed assorbite a livello intestinale.<br />

Foto 7 - Campo di medica pronta allo sfalcio<br />

113


1.1 - La gestione dell’alimentazione<br />

col sistema tradizionale<br />

Nell’alimentazione tradizionale i concentrati<br />

vengono somministrati separatamente<br />

dai foraggi, questa situazione è<br />

contraria alle esigenze del rumine di avere<br />

a disposizione contemporaneamente substrati<br />

proteici ed energetici a grado di<br />

degradabilità omogeneo. Ne consegue che<br />

è bene suddividere i pasti di mangime in<br />

più frazioni opportunamente distanziate<br />

nel tempo durante tutte le 24 ore. È chiaro<br />

che l’impiego di autoalimentatori permette<br />

di raggiungere i migliori risultati in<br />

questo senso. I foraggi dovrebbero invece<br />

essere sempre a disposizione non soltanto<br />

per raggiungere l’obiettivo di massimizzare<br />

l’ingestione di sostanza secca ma per<br />

evitare che l’animale assuma mangimi che<br />

non siano “tamponati” dall’effetto della<br />

fibra dei foraggi. Gli sbalzi di pH, ammoniaca<br />

e quant’altro indotti nel rumine dai<br />

114<br />

Alta Qualità<br />

Foto 8 - Mais in zona montana<br />

concentrati vengono infatti ridotti dalla<br />

presenza di foraggi ben strutturati negli<br />

stessi prestomaci.<br />

Dopo un lungo periodo di digiuno,<br />

come può succedere in alcuni allevamenti<br />

al mattino, è bene somministrare all’inizio<br />

foraggio lungo anche non molto appetibile.<br />

I foraggi più appetibili andranno invece<br />

somministrati dopo i pasti di mangime<br />

quando l’appetito tende a decrescere.<br />

Da quanto appena accennato sull’alimentazione<br />

tradizionale si evince che non<br />

esiste uno schema rigido ottimale mentre<br />

sarà sufficiente rispettare alcuni principi.<br />

Principi da rispettare nel caso di alimentazione<br />

a tecnica tradizionale<br />

1. Somministrare prima il fieno al mattino<br />

è utile soprattutto laddove i foraggi<br />

non vengano lasciati a disposizione a<br />

volontà;<br />

2. L’amido velocemente fermentabile<br />

(fiocchi, orzo, pastoni) e le fonti di<br />

proteina poco degradabile (Soia trattata,<br />

farine di origine animale) possono<br />

essere convenientemente somministrati<br />

subito dopo il fieno;<br />

3. A rumine vuoto sono da preferire i<br />

concentrati con minore contenuto di<br />

amido o con carboidrati meno fermentabili<br />

e si possono usare convenientemente<br />

anche fonti proteiche ad<br />

elevata degradabilità;<br />

4. I foraggi più appetibili è bene che vengano<br />

somministrati immediatamente<br />

dopo i concentrati;<br />

5. I foraggi meno appetibili è bene che<br />

vengano somministrati lontani dal<br />

pasto di mangime quando l’appetito<br />

dell’animale è massimo.<br />

1.2 - La gestione dell’alimentazione<br />

col piatto unico (Unifeed)<br />

<strong>Il</strong> piatto unico è la tecnica che più si<br />

presta al rispetto delle necessità fisiologiche<br />

dell’animale tuttavia è importante che<br />

siano ben compresi, da parte dell’allevatore<br />

gli obiettivi, le tecniche di preparazione<br />

e di gestione di questa tecnica. (foto 8)<br />

Ad esempio, il fatto che questa tecnica<br />

permetta di raggiungere rapporti foraggi:concentrati<br />

più bassi e quindi più<br />

rischiosi implica il rispetto della continua<br />

disponibilità di alimento oltre che della


uona omogeneità dello stesso. I rischi<br />

sono quelli dell’aumento di incidenza di<br />

patologie digestive quali: blocchi ruminali,<br />

dislocazioni dell’abomaso, enteriti di<br />

vario genere ecc… Infatti, se l’animale<br />

effettua cernite nell’unifeed o rimane senza<br />

poter mangiare per diverse ore assumerà<br />

troppi concentrati in un ridotto lasso di<br />

tempo. (foto 9)<br />

Gli obiettivi fondamentali da perseguire<br />

con il piatto unico sono quelli di alimentare<br />

a volontà l’animale con un alimento<br />

omogeneo (e quindi con lunghezze<br />

di taglio dei foraggi e umidità della<br />

massa opportunamente combinate).<br />

Obiettivi del piatto unico<br />

– Fornire la massima quantità di alimento<br />

all’animale<br />

– Evitare che l’animale sia impossibilitato<br />

ad alimentarsi per lunghi tratti della<br />

giornata<br />

– Massima omogeneità dell’alimento<br />

(impedimento alla cernita) grazie a<br />

regolazione di<br />

– lunghezza di taglio del foraggio<br />

– umidità della massa<br />

La tecnica del piatto unico presenta<br />

una serie di vantaggi a carico delle necessità<br />

fisiologiche dell’animale che può alimentarsi<br />

in maniera migliore e più equilibrata<br />

ma sicuramente vi sono anche vantaggi<br />

pratico-applicativi quali la possibilità<br />

di preparare il mangime in azienda personalizzandolo<br />

al meglio e consentendo<br />

così di fare economia sull’acquisto delle<br />

materie prime. D’altro canto gli svantaggi<br />

riguardano soprattutto i piccoli allevamenti<br />

dove la necessità di manodopera<br />

(rispetto all’uso degli autoalimentatori<br />

può aumentare) e non è sempre possibile<br />

diversificare l’alimentazione fra gli animali<br />

con diverse necessità.<br />

Vantaggi del piatto unico rispetto all’alimentazione<br />

tradizionale<br />

1. Massimizzazione dell’ingestione di<br />

mangimi con minori rischi di disfunzioni<br />

ruminali e quindi maggiori<br />

apporti nutrizionali<br />

2. Massimizzazione del lavoro del rumine<br />

per maggiore sincronismo di apporti di<br />

substrati per le fermentazioni<br />

3. Riduzione delle problematiche relative<br />

alla diversa appetibilità dei componenti<br />

della razione<br />

4. Possibilità di preparare il concentrato<br />

specifico in allevamento e di aggiungere<br />

integrazioni mirate, anche di quelle<br />

non appetibili<br />

5. Massima economia di acquisto dei<br />

mangimi (materie prime)<br />

Svantaggi del piatto unico rispetto all’alimentazione<br />

tradizionale con autoalimentatori<br />

1. Diversificazione delle razioni soltanto<br />

per gruppi (problematico nei piccoli<br />

allevamenti)<br />

2. Impiego di manodopera non indifferente<br />

(rispetto agli autoalimentatori)<br />

3. Aumento dei costi energetici per la<br />

trinciatura del foraggio<br />

La preparazione del piatto unico (foto<br />

10) può essere effettuata in diversi modi<br />

ma sicuramente lo schema che segue è il<br />

più razionale e quasi obbligato per i carri<br />

miscelatori verticali che altrimenti hanno<br />

difficoltà a trinciare il fieno. In ogni modo<br />

Foto 9 - Pisello proteico<br />

Foto 10<br />

Carro per piatto unico<br />

semovente.<br />

Alta Qualità<br />

115


116<br />

Alta Qualità<br />

è fondamentale che la lunghezza di taglio<br />

del foraggio lungo sia omogenea e quindi<br />

necessariamente ridotta: non più di 2-4<br />

cm. Se così non è sicuramente tale lunghezza<br />

sarà disomogenea e quindi il piatto<br />

unico permetterà agli animali di effettuare<br />

cernite.<br />

Schema di preparazione del piatto unico<br />

1. Caricamento dei concentrati<br />

2. Caricamento dei foraggi lunghi<br />

3. Trinciatura degli stessi<br />

4. Caricamento dei foraggi trinciati<br />

5. Miscelazione (possibilmente senza<br />

trinciare: carri con controcoltelli<br />

retrattili),<br />

6. Eventuale aggiunta di acqua<br />

7. Scarico in greppia.<br />

2 - Massimizzare la quantità e la<br />

qualità del latte<br />

La produzione del latte dipende, oltre<br />

che dalle potenzialità produttive degli animali<br />

anche dalla disponibilità di nutrienti<br />

necessari alla sua sintesi e quindi è fondamentale,<br />

come già accennato, massimizzare<br />

l’ingestione di sostanza secca. I fattori<br />

in grado di influenzare tale assunzione di<br />

alimento tuttavia, non riguardano soltanto<br />

gli alimenti ma anche la gestione dell’alimentazione,<br />

il management dell’allevamento<br />

e la struttura dello stesso allevamento.<br />

Obiettivo ingestione di sostanza secca<br />

1. Fornire alle vacche in abbondanza<br />

foraggi il più possibile:<br />

a) giovani,<br />

b) ben conservati,<br />

c) sani.<br />

2. Fornire sempre foraggi (tradizionale) o<br />

alimento (piatto unico) a volontà<br />

3. Non eccedere con gli apporti di mangimi<br />

4. Attenzione impiego grassi by-pass<br />

(appetibilità).<br />

5. Somministrare ben distribuiti nel tempo<br />

i mangimi (alimentazione tradizionale).<br />

6. Bilanciare bene la razione<br />

7. In caso di obbligo di uso di foraggi<br />

vecchi e/o poco appetibili trinciare<br />

particolarmente corto (piatto unico).<br />

8. Ottimizzare il management e la struttura<br />

dell’allevamento:<br />

a) curare l’igiene delle greppie (piastrellate<br />

o verniciate)<br />

b) fornire posti greppia confortevoli e<br />

adeguati al numero di animali<br />

(non meno del 90% dei capi)<br />

c) ridurre le attese per la mungitura<br />

(suddivisione in gruppi della mandria,<br />

e/o adeguato numero di<br />

gruppi mungitori: almeno 1 per<br />

ogni 9-10 capi)<br />

d) ridurre le distanze fra la zona di<br />

riposo e la corsia di alimentazione,<br />

e) ridurre gli stress termici ed in particolare<br />

mantenere fresca la corsia<br />

di alimentazione,<br />

f) curare con tempestività le patologie<br />

podali (soprattutto nellastabulazione<br />

libera).<br />

Tuttavia non è sufficiente che l’alimentazione<br />

sia<br />

– abbondante, deve essere al contempo<br />

– equilibrata nei diversi apporti nutrizionali<br />

e<br />

– costante durante l’arco della lattazione.<br />

Infatti, va osservato che l’aspetto temporale<br />

è altresì fondamentale per massimizzare<br />

la quantità e la qualità del latte.<br />

In sintesi occorre dare fiducia all’animale<br />

per tutta la lattazione (Figura 2).<br />

Tutto ciò sarà possibile soltanto se l’animale<br />

sarà mantenuto in condizione da<br />

assicurargli una buona salute nel senso<br />

dell’assenza di patologie ma anche un<br />

accettabile stato di benessere e comfort<br />

dell’ambiente in cui vive. Oltre all’attenzione<br />

che si deve porre alla gestione dell’alimentazione<br />

è quindi importante che<br />

venga posta attenzione alla confortevolezza<br />

delle aree di riposo comunque esse siano<br />

strutturate. Nel caso della lattiera permanente<br />

lo spazio deve essere adeguato<br />

(almeno 7 m2 per animale) ed il rinnovo<br />

della lettiera deve essere frequente in<br />

maniera da garantire l’igiene (dovrà essere<br />

più ravvicinato se la struttura prevede<br />

paddock scoperti sui quali piove o nevica.<br />

La soluziuone a cuccette, assai più diffusa<br />

per i più ridotti costi di gestione, deve<br />

invece innanzitutto prevedere un corretto<br />

dimensionamento in funzione della taglia<br />

degli animali poi deve essere realizzata<br />

con una superficie sufficientemente soffice<br />

per evitare lesioni agli arti ed infine


essere mantenuta pulita con la necessaria<br />

frequenza.<br />

Obiettivo quantità latte<br />

1. Nell’alimentazione delle bovine da latte<br />

ad alta produzione si deve massimizzare<br />

l’ingestione di sostanza secca.<br />

2. Nel valutare una razione considerare<br />

sempre prima l’ingestione di alimento<br />

e successivamente gli apporti energetici<br />

e proteici. Prima in termini assoluti<br />

e successivamente percentuali<br />

3. Occorre sempre garantire una buona<br />

salute ed un elevato benessere agli animali<br />

Non è facile rispettare in maniera duratura<br />

nel tempo le condizioni sopra esposte<br />

per il mantenimento di un’elevata produzione<br />

quantitativa, è sicuramente ancor<br />

più difficile accoppiare a tale situazione<br />

anche una elevata qualità del latte. Tuttavia<br />

non è affatto vero che elevata quantità<br />

significhi al contempo scarsa qualità, anzi,<br />

nella maggior parte delle realtà il titolo di<br />

proteine (uno dei più apprezzati e remunerati<br />

parametri) è superiore negli allevamenti<br />

più produttivi e questo perché in<br />

questi ultimi le bovine sono alimentate di<br />

più ed, evidentemente, meglio.<br />

Figura 2.<br />

Alta Qualità<br />

Per ottenere una buona qualità del latte<br />

e sicuramente fondamentale oltre al<br />

rispetto della salute e del benessere dell’animale<br />

anche massimizzare il lavoro del<br />

rumine. Questo aspetto è vero soprattutto<br />

in funzione del titolo proteico. Anche per<br />

migliorare la percentuale di grasso del latte<br />

le fermentazioni ruminali sono fondamentali<br />

ma oggi sappiamo che alcuni lipidi<br />

insaturi (detti CLA) possono determinare<br />

un abbassamento di questo parametro<br />

in presenza di un rumine perfettamente<br />

funzionante.<br />

Obiettivo qualità latte<br />

1. Massimizzare il lavoro del rumine permettendo<br />

all’animale di assumere frequentemente<br />

fonti di energia e proteine<br />

velocemente degradabili.<br />

2. Flate-rate feeding: quantità fissa di<br />

mangimi per tutta la lattazione, in<br />

particolare è fondamentale non ridurre<br />

eccessivamente la somministrazione<br />

di mangimi nella seconda fase di lattazione.<br />

Questo errore provoca una<br />

carenza energetica e proteica che conduce<br />

a:<br />

a) riduzione della persistenza di lattazione<br />

b) peggioramento della qualità del<br />

117


118<br />

Alta Qualità<br />

latte in termini di titoli proteici,<br />

caseinici, lipidici, del livello acidità<br />

(inferiore) e dell’indice lattodinamografico<br />

(coagulazione lenta).<br />

3. Foraggi giovani a volontà<br />

4. Mantenimento di una buona salute<br />

dell’animale e del suo fegato in particolar<br />

(epatoprotettori).<br />

2.1 - Massimizzare il lavoro del<br />

rumine<br />

<strong>Il</strong> lavoro del rumine può essere massimizzato<br />

grazie alla presenza contemporanea,<br />

al suo interno di fonti energetiche e<br />

proteiche fermentescibili e complementari<br />

per le esigenze della mcropopolazione<br />

presente. I foraggi giovani, le polpe di barbabietola<br />

ed il pastazzo d’agrumi sono<br />

sicuramente fra i migliori apportatori di<br />

fibra velocemente degradabile; i cereali,<br />

specie se umidi o trattati termicamente<br />

(fioccati, estrusi ecc…), sono invece i classici<br />

apportatori di carboidrati non fibrosi,<br />

anche se non bisogna dimenticare il<br />

melasso (ricchissimo di zuccheri solubili e<br />

quindi immediatamente disponibili per le<br />

fermentazioni); infine sul versante proteico,<br />

oltre alle materie prime già trattate, fra<br />

le quali spicca per importanza commerciale<br />

la farina di estrazione di soia, non bisogna<br />

dimenticare di nuovo i foraggi giovani,<br />

specialmente di leguminose.<br />

Obiettivo fermentazioni ruminali<br />

1. <strong>Il</strong> lavoro del rumine dipende dalla<br />

presenza di substrati energetici e proteici<br />

che devono essere presenti contemporaneamente<br />

al suo interno.<br />

2. La massima efficienza si ottiene con<br />

apporti continui (pasti frequenti) di<br />

substrati energetici e proteici facilmente<br />

fermentiscibili.<br />

3. I foraggi giovani sono classicamente i<br />

migliori apportatori di proteina fermentescibile.<br />

4. In generale la proteina richiesta deve<br />

essere nobile e facilmente degradabile.<br />

5. I cereali sono i classici apportatori di<br />

energia fermentescibile.<br />

6. La granella umida (pastoni) è più fermentescibile<br />

di quella secca.<br />

7. Le granelle secche di mais e sorgo<br />

(amido “lento”) traggono notevole<br />

giovamento dalla macinazione fine o<br />

da trattamenti ancora più energici:<br />

fioccatura, estrusione.<br />

PARTE TERZA<br />

Alcuni consigli<br />

Un problema che si può presentare<br />

all’allevatore è la presenza di aflatossine<br />

nel latte. Infatti, la Comunità Europea,<br />

con regolamento CE 1525 del 16 luglio<br />

1998, ha stabilito tenori massimi ammissibili<br />

per alcuni contaminanti presenti nei<br />

prodotti alimentari. In particolare il legislatore<br />

si è soffermato a considerare la<br />

pericolosità della presenza di aflatossine<br />

M1 nel latte. dal primo gennaio 1999, la<br />

soglia massima di aflatossina M1 nel latte<br />

è stata fissata a 50ppt (parti per trilione<br />

o nano grammi/chilo), pena la non<br />

commerciabilità del latte.<br />

Dal punto di vista scientifico le micotossine<br />

sono prodotti del metabolismo di<br />

alcuni tipi di funghi. I ceppi fungini in<br />

grado di produrre questi metabolismi<br />

sono numerosi e numerose sono le tossine<br />

identificate fino ad oggi.La zona di possibile<br />

contaminazione degli alimenti, che<br />

può iniziare dal campo e perdurare durante<br />

le fasi di coltivazione e raccolta senza<br />

subire modifiche (anzi spesso rinforzarsi<br />

durante la posa in magazzino e nelle<br />

diverse fasi di trasformazione, di stoccaggio,<br />

e di trasporto, rendono obbligatorio<br />

l’attenzione ad ogni fase della produzione<br />

e di trasformazione di un alimento. Inoltre<br />

l’elevata stabilità termica di questi<br />

metabolici fa sì che i processi di trasformazione<br />

(pellettatura, fiaccatura, tostatura,<br />

eccetera) non siano in grado di ridurne<br />

la tossicità.<br />

ppm (parte per milione = mg/kg (milligrammo/chilo)<br />

ppb (parti per bilione = mg/kg (microgrammi/chilo)<br />

ppt (parti per trilione) = ng/kg ( nanogrammi/chilo)<br />

equivalenze: uno ppm = 1.000 ppb = 1.000.000 ppt<br />

In molti allevamenti, la presenza dell’aflatossina<br />

B1 negli alimenti sono le<br />

maggiori responsabili del passaggio di<br />

aflatossine M1 nel latte.<br />

La sensibilità e la volontà dell’allevatore,<br />

collaborando con il proprio tecnico alimentarista<br />

di fiducia e disponibile ad eliminare<br />

il proprio mais se contaminato o


ad un rapporto di massima chiarezza con<br />

il proprio fornitore di mangime, il problema<br />

può essere corretto.<br />

Quindi il problema della contaminazione<br />

da aflatossine nel latte, è un problema<br />

gestibile, perché una volta rilevato<br />

risulta di facile e veloce correzione. La<br />

difficoltà maggiore è di tipo diagnostico,<br />

cioè individuare in modo rapido gli alimenti<br />

contaminati nella razione delle<br />

bovine da latte. Ciò impone un monitoraggio<br />

continuo, del latte prodotto, oltre<br />

che una azione di controllo delle forniture<br />

di alimenti in stalla, sia esse prodotte in<br />

azienda sia acquistate per prevenire l’immissione<br />

nel processo produttivo di alimenti<br />

contaminati da aflatossine B1.<br />

<strong>Il</strong> problema delle aflatossine nel latte è<br />

un problema di filiera e, come tale va<br />

affrontato.<br />

Nel caso di alimenti acquistati vanno<br />

perciò tenuti sottocontrollo i fornitori,<br />

verificandone la capacità di eseguire controlli<br />

a monte sulle derrate in entrata e a<br />

gestire la derrata in modo adeguato (stoccaggio,<br />

essiccazione, manipolazione del<br />

prodotto, trasporto ecc.), mentre per gli<br />

alimenti prodotti in azienda sarebbe<br />

opportuno mettere in atto una serie di<br />

misure preventive per garantirne la qualità.<br />

Se viene riscontrato un livello superiore<br />

ai valori ammessi nel latte di massa ( 30<br />

–40 ng/kg), livello di attenzione), di aflatossine<br />

M1 nel latte l’allevatore deve darne<br />

comunicazione immediata a chi ritira il<br />

latte.<br />

In azienda deve:<br />

– Considerare i componenti a rischio nella<br />

razione<br />

– Rilevare se sono state introdotte nella<br />

razione nuove partite di mangime semplici<br />

o composti negli ultimi giorni ed<br />

eventualmente sostituirli<br />

– Far analizzare immediatamente i componenti<br />

più a rischio della razione presso<br />

un laboratorio affidabile . Eventualmente<br />

farsi assistere da persona competente<br />

– Se le aflatossine M1 nel latte di massa<br />

superano i 50 ng/kg, togliere immediatamente<br />

dalla razione i concentrati a<br />

rischio aflatossina e sostituirli con un<br />

mangime sicuro...<br />

– Per tentare di inattivare le micotossine<br />

presenti negli alimenti sono stati messi<br />

Alta Qualità<br />

in atto diverse tecnologie di carattere<br />

fisico (pulitura, lavaggio, setacciatura<br />

applicazione del calore....,) chimico,<br />

(ammoniaca idrossido di calcio, formaldeide)<br />

biologico, (allumina, silice, zeoliti<br />

carbone attivo, eccetera), ma la maggior<br />

parte delle tecniche sono poco pratiche,<br />

inefficaci, costose e potenzialmente<br />

pericolose.<br />

1 - I correttori dietetici<br />

La grande lattifera in molte situazioni<br />

non ce la fa a nutrirsi a sufficienza e,<br />

volendola soccorrere si interviene con<br />

concentrati, di conseguenza, è esposta<br />

maggiormente all’acidosi. Per abbassare il<br />

rischio dell’acidosi non rimane che utilizzare<br />

gli alcalinizzanti, gli stimolatori dei<br />

batteri e gli erogatori di energia. Tra questi<br />

elenchiamo:<br />

– Bicarbonato di sodio<br />

– Carbonato di calcio<br />

– Ossido di magnesio<br />

– Lieviti<br />

– Glicole propilenico<br />

2 - I lieviti<br />

Appartengono alla grande famiglia dei<br />

probiotici. Sempre più sono utilizzati nell’alimentazione<br />

animale. Sono prodotti<br />

biologici e naturali. Sono microrganismi<br />

viventi che, ingeriti in quantità sufficiente,<br />

esercitano un effetto positivo sulla<br />

salute: colonizzazione del tratto gastro –<br />

intestinale, normalizzazione del transito,<br />

stimolazione delle difese immunitarie dell’intestino<br />

e apporto di nutrienti benefici.<br />

I lieviti vanno utilizzati nei momenti e le<br />

sfide difficili del rumine della vacca da latte.<br />

Da quindici giorni prima del parto<br />

fino al terzo – quarto mese di lattazione,<br />

quando la produzione di latte è elevata ed<br />

i fabbisogni alimentari sono importanti.<br />

L’aggiunta di lievito tende a far aumentare<br />

l’ingestione e a tamponare eventuali<br />

squilibri nella razione. In razioni ricche di<br />

cereali e amido, per limitare i rischi di sub<br />

acidosi, i lieviti esercitano una azione protettiva,<br />

mantenendo stabile il ph e l’attività<br />

ruminale. In periodi di stress (cambio<br />

alimentazione, periodi di forte caldo,<br />

modifiche alle strutture eccetera) i lieviti<br />

limitano i disturbi digestivi.<br />

119


3 - Vacche in transizione<br />

La vacca che si trova nei giorni immediatamente<br />

successivi al parto è conosciuto<br />

come Transitin Cow ed il periodo è<br />

chiamato Transition period. In questa fase<br />

l’animale subisce i maggiori problemi,<br />

alcune delle principali dismetabolie cui va<br />

incontro, sono:<br />

– Chetosi e fegato grasso<br />

– Dislocazione dell’abomaso<br />

– Acidosi ruminali e laminiti<br />

– Caduta del grasso del latte<br />

Una richiesta elevata di energia nelle<br />

prime fasi della lattazione è fisiologica. In<br />

diversi casi la vacca non riesce a coprire il<br />

suo fabbisogno, con ciò che ingerisce. Di<br />

conseguenza utilizza il grasso di riserva.<br />

Dall’incompleta ossidazione dei grassi<br />

(NEFA) si formano i corpi che tonici.<br />

Come si previene – Risulta essenziale<br />

una adeguata alimentazione alla preparazione<br />

al parto e i primi 10 giorni successivi<br />

al parto. In particolare, massimizzare<br />

l’ingestione, evitare rapidi cambi di dieta,<br />

evitare alimenti poco appetibili, non provocare<br />

stress ambientali (box e sala parto),<br />

controllo BCS. Con il proprio tecnico alimentarista<br />

valutare se è necessario in questa<br />

fase interventi straordinari con somministrazioni<br />

di glicole e o sodio propinato o<br />

similari.<br />

Non bisogna dimenticare che si possono<br />

evitati i problemi sopra citati se è curata<br />

una buona ingestione di fibra lunga da<br />

parte della vacca durante il periodo di vera<br />

asciutta. Se nel periodo di asciutta nella<br />

razione è frequente una presenza di concentrati<br />

eccessiva, soprattutto amidi, limita<br />

l’assunzione di sostanza secca, con una<br />

riduzione della capacità investiva e un relativo<br />

ingrassamento non desiderato della<br />

vacca. Nell’asciutta la fibra lunga è essenziale<br />

per garantire la maggior distensione<br />

possibile del rumine, contrastata dallo sviluppo<br />

del feto. La ridotta ingestione di<br />

sostanza secca dopo il parto, in diretta relazione<br />

alla minore ingestione durante l’asciutta,<br />

sopratutte nelle ultime fasi, è la<br />

causa di chetosi e dislocazioni, che riducono<br />

moltissimo il potenziale produttivo<br />

dell’animale. Risulta essenziale che gli alimenti<br />

che forniscono fibra, siano di qualità<br />

e privi di aflatossine, vomitossine, giacché<br />

ne limiterebbero l’assunzione.<br />

120<br />

Alta Qualità<br />

3.1 - Riducono l’ingestione degli<br />

alimenti:<br />

– Acidi grassi derivanti dalle fermentazioni<br />

anomale degli insilati e fasciati<br />

(esempio l’acido butirrico)<br />

– L’eccesso di ammoniaca<br />

– Prodotti contaminati da fusariosi nel<br />

mais, come vomitossine<br />

– Durante la conservazione attacchi da<br />

funghi e quindi contaminazione con<br />

micotossine<br />

– Le ossidazioni a carico di farine, granelle<br />

e foraggi<br />

– <strong>Il</strong> sapore sgradevole dei prodotti ricorrente<br />

nei grassi e negli alimenti oleosi,<br />

perciò è basilare l’integrità dei semi di<br />

soia, cotone, ma anche mais<br />

– Miscelate conservate e trattate non correttamente.<br />

Evitare fermentazioni e<br />

aumenti di temperatura<br />

– La corretta umidità della miscelata<br />

– Nel piatto unico evitare la separazione<br />

tra concentrati e le fibre meno appetibili<br />

(verificare lunghezza taglio fibra e la<br />

sostanza secca)<br />

– <strong>Il</strong> numero ridotto di posti in mangiatoia<br />

ostacoli e percorsi difficoltosi<br />

4 - La somministrazione degli<br />

alimenti<br />

La somministrazione degli alimenti<br />

può influenzare di per se le fermentazioni<br />

ruminali e di conseguenza il rendimento<br />

degli alimenti, soprattutto con elevati<br />

impieghi di concentrati. L’ingestione di<br />

alimenti comporta, a livello ruminale, un<br />

abbassamento del Ph conseguente alla<br />

produzione di acidi grassi volatili. L’entità<br />

e la durata di questa flessione sono legate<br />

alla velocità con cui sono attaccati i substrati<br />

da fermentare. I concentrati hanno<br />

tempi più lunghi dei foraggi.<br />

4.1 - La distribuzione del piatto<br />

unico<br />

<strong>Il</strong> sistema più sicuro per evitare fermentazioni<br />

il piatto unico dovrebbe essere<br />

distribuito due volte il giorno. Diventa<br />

indispensabile la distribuzione due volte il<br />

giorno nei periodi più caldi dell’anno e<br />

nelle zone di forte ventosità, poiché il vento<br />

asciuga e fa perdere appetibilità.


La distribuzione del piatto unico<br />

dovrebbe avvenire in corrispondenza dell’uscita<br />

degli animali dalla sala di mungitura.<br />

Se in questo momento non c’è alimento<br />

somministrato fresco, oppure non<br />

è possibile accedere alla mangiatoia, le<br />

vacche si coricano, oltre al contatto dei<br />

capezzoli ancora aperti, con la lettiera, ma<br />

soprattutto nei periodi caldi e freddi accedono<br />

successivamente ma in modo limitato<br />

alla foraggiata. Nei periodi più critici<br />

può essere utile movimentare gli animali e<br />

avvicinare più volte nella giornata l’unifeed<br />

alla mangiatoia. Se la distribuzione<br />

del piatto unico è effettuata una sola volta<br />

il giorno, all’uscita della sala di mungitura<br />

le vacche dovrebbero trovare l’unifeed<br />

avvicinato alla mangiatoia. Per rendere<br />

veloce questa operazione esistono macchine,<br />

appositamente studiate, da applicare<br />

ad un normale trattore agricolo dotate<br />

di spazzole circolari, che dopo aver raccolto<br />

le vacche in sala di attesa qualsiasi operatore<br />

in pochi minuti può avvicinare la<br />

strisciata alla mangiatoia.” Non dimenticare<br />

mai di aprire la rotoballa di fieno o<br />

altro a terra, rimuovere il foraggio prima<br />

di introdurre nel carro”. Se sono presenti,<br />

terra pietre, parti ammuffite, od altro<br />

impurità, possono essere separate e non<br />

introdotte nel carro.<br />

Foto 12 - Abbeveratoio a bacinella<br />

Alta Qualità<br />

Foto 11 - Stalla con corsia di alimentazione.<br />

4.2 - La tecnica tradizionale<br />

L’assenza di sistemi meccanizzati,<br />

diventa basilare accertare quanti pasti di<br />

concentrati possono essere realizzati nel<br />

corso della giornata e curare l’ordine di<br />

distribuzione degli alimenti. In particolare<br />

i pasti a base di mangimi superiori a 2,<br />

0 kg ognuno è bene far precedere la distribuzione<br />

di foraggi di buona qualità e<br />

molto appetibili. Questo ordine di distribuzione<br />

si è rilevato capace di migliorare i<br />

titoli lipidici del latte e l’utilizzazione<br />

digestiva della fibra. (foto 11)<br />

121


5 - Abbeverata<br />

Nei periodi più caldi o i più freddi<br />

l’assunzione di acqua può limitare l’ingestione.<br />

Con il caldo, maggiore sudorazione,<br />

ed eccessiva perdita di sali minerali,<br />

Quantità abnorme di acqua a discapito<br />

della sostanza secca. Rimedio. Integrazione<br />

minerale per riequilibrare il livello salino.<br />

Con il freddo , acqua a temperature<br />

basse, perciò si rallentano le fermentazioni<br />

ruminali. (foto 12)<br />

E’ indiscutibile l’elemento più importante<br />

per la vacca da latte e può condizionarla<br />

sia per indisponibilità, che per scarsa<br />

qualità.<strong>Il</strong> consumo di acqua di una vacca<br />

cambia in funzione della temperatura<br />

ambientale. Per una vacca che produce 28<br />

kg il giorno, il consumo di acqua a temperatura<br />

ambiente di 37°c è doppio<br />

rispetto ad un ambiente con temperatura<br />

di 10°c . per ogni kg di sostanza secca<br />

ingerita una vacca può consumare da 3 a<br />

6 l di acqua in funzione della temperatura<br />

ambiente.Le vacche più produttive possono<br />

consumare 180 l di acqua il giorno.<br />

122<br />

Alta Qualità<br />

Suggerimenti<br />

– Mettere abbeveratoi in sala di attesa e<br />

all’uscita dalla sala di mungitura<br />

– Gli abbeveratoi devono essere posti<br />

all’ombra e visibili<br />

– Velocità di erogazione > di 20 litri il<br />

minuto<br />

– Livello acqua non < a 8 –9 cm<br />

– Un abbeveratoio ogni 20 vacche<br />

– Temperatura acqua 18 - 22 °c<br />

– Pulire e disinfettare abbeveratoi con<br />

soluzioni disinfettanti (cloro) una volta<br />

ogni 15 giorni<br />

6 - <strong>Il</strong> carro del piatto unico<br />

SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE DELLE CARATTERISTICHE FISICHE DEL FORAGGIO<br />

(Mertens, 1997)<br />

<strong>Il</strong> carro unifeed è utilizzato tutti i giorni.<br />

le vacche devono essere alimentate in<br />

modo corretto tutti giorni. Diventa quindi<br />

basilare, dopo un ’acquisto fatto secondo<br />

criteri tecnici corretti e legati alle esigenze<br />

dimensionali e caratteriali dell’azienda,<br />

mantenerlo efficiente e in sicurezza.<br />

<strong>Il</strong> principale aspetto da non dimenticare<br />

è evitare di eliminare le protezioni<br />

che evitano all’operatore di essere inavvertitamente<br />

fresato dal gruppo desilatore,<br />

Classificazione Lunghezza Graminacee Graminacee Insilato Medica Medica Concenteorica<br />

Taglio<br />

Fieno Insilato di mais fieno insilato trati<br />

Lungo<br />

Trinciatura<br />

Lungo<br />

grossolana<br />

Trinciatura<br />

4,8-8,0 Grossolano Grossolano Lungo<br />

media grossolana 2,4-4,0<br />

Trinciatura<br />

Medio Medio Grossolano Grossolano<br />

media<br />

Trinciatura<br />

1,2-2,0 fine fine medio Medio grossolano<br />

medio fine<br />

Trinciatura<br />

0,6-1,0<br />

fine 0,3-0,5<br />

Macinato 0,15–0,25 Macinato Macinato<br />

o pellettato<br />

Schiacciato<br />

Macinatura<br />

pellettato pellettato<br />

grossolana 1,25<br />

Macinatura media 0,90<br />

Macinatura fine o<br />

Mix<br />

pellettatura 0,63 pellettato


evitare di legare i portelli di protezione al<br />

gruppo fresa e organi in movimento.<br />

Oltre alle manutenzioni di sostituzione<br />

olio, secondo le indicazioni del costruttore,<br />

perché con il tempo si danneggiano i<br />

parti dei riduttori e si può arrivare al grippaggio.<br />

Questo oltre al forte costo della<br />

riparazione, non è possibile alimentare le<br />

vacche per alcuni giorni, se non si trova<br />

un altro carro.<br />

Una particolare attenzione che l’allevatore,<br />

o l’incaricato all’utilizzo del carro,<br />

è il costante controllo dell’usura dei coltelli.<br />

Diventa difficile dare indicazioni,<br />

dopo quante ore devono essere sostituiti,<br />

giacché la loro usura è legata dalle caratte-<br />

Alta Qualità<br />

ristiche e dalla tipologia degli alimenti utilizzati<br />

in razione. In condizioni normali si<br />

può in ogni caso indicare che i coltelli della<br />

coclea centrale in un carro orizzontale,<br />

devono essere sostituiti dopo 300 ore di<br />

lavoro. Per avere una buona qualità di<br />

taglio, e, che il foraggio non si scaldi e<br />

rimanga soffice periodicamente è opportuno<br />

correggere e tarare i coltelli, mantenendo<br />

la parte affilata verso il foraggio da<br />

tagliare e a giusta distanza dal fondo. Evitare<br />

che sulle coclee rimangano impigliate<br />

metri di reti e fili di roto balle. E’ consigliabile<br />

effettuare giornalmente la pulizia<br />

del carro.<br />

123


Profilo del Gruppo Granarolo<br />

S.p.a.<br />

Granarolo e la passione<br />

per l’alta qualità<br />

ANDREA BORSARI<br />

Direttore Ricerca Sviluppo Assicurazione Qualità Granarolo Spa<br />

<strong>Il</strong> gruppo Granarolo è un’impresa leader<br />

in Italia nel settore lattiero-caseario,<br />

primo nel latte fresco pastorizzato con circa<br />

il 30% di quota di mercato e secondo<br />

nel latte UHT a lunga conservazione con<br />

quota di circa il 12%. Capofila del gruppo<br />

e principale azionista è il Consorzio<br />

Cooperativo <strong>Granlatte</strong> costituito da una<br />

rete di produttori di latte associati sia singolarmente<br />

che come cooperative di raccolta<br />

latte. Fanno parte del gruppo Gra-<br />

Alta Qualità<br />

narolo le società controllate Sail sita a<br />

Gioia del Colle (Bari), Centrale del Latte<br />

di Milano, Calabria Latte (Cosenza),<br />

Vogliazzi (Caresanablot - Vercelli), azienda<br />

produttrice di specialità gastronomiche<br />

e piatti pronti, Agriok società che gestisce<br />

un portale agricolo su internet per la fornitura<br />

di prodotti e servizi per le imprese<br />

agricole.<br />

I nove stabilimenti, dislocati in varie<br />

aree del territorio italiano, utilizzano in<br />

prevalenza latte crudo locale e delle regioni<br />

limitrofe e sono situati a:<br />

Novara (latte fresco e UHT), Milano<br />

125


126<br />

Alta Qualità<br />

(latte fresco e UHT), Mogliano Veneto<br />

(latte fresco), Soliera (latte UHT, panna<br />

UHT e latti speciali); Bologna (latte e<br />

panna freschi; caseificio), Rimini (latte<br />

fresco), Castel S. Pietro Terme (yogurt);<br />

Anzio (latte e panna freschi), Gioia del<br />

Colle (latte fresco e UHT).<br />

La gamma dei prodotti lattiero-caseari<br />

realizzati negli stabilimenti sopra citati è<br />

molto ampia e comprende latte fresco<br />

pastorizzato di Alta Qualità, latte e panna<br />

freschi, latte pastorizzato a temperatura<br />

elevata (linea Più Giorni), latte Prima<br />

Natura Bio da Agricoltura Biologica, latte<br />

e panna UHT a lunga conservazione,<br />

mozzarelle, stracchini, squacquerone,<br />

ricotta, mascarpone, yogurt di vario tipo,<br />

latti speciali dietetici, latte ad Alta Digeribilità,<br />

dessert.<br />

La Mission di Granarolo<br />

La Granarolo di oggi porta con sé<br />

buona parte dei valori e degli obiettivi delle<br />

Cooperative, degli agricoltori, delle<br />

maestranze che l’hanno via via costruita<br />

nell’arco di alcuni decenni, fino a farla<br />

diventare una società primaria e di alta<br />

reputazione nel settore lattiero-caseario<br />

italiano.<br />

La Mission di Granarolo è di creare<br />

valore per gli attori del processo di filiera<br />

agroalimentare e lavorare per sviluppare i<br />

seguenti obiettivi:<br />

– Soddisfazione del consumatore, con la<br />

fornitura di prodotti salubri, genuini,<br />

freschi, naturali, tipici;<br />

– Soddisfazione del cliente, tramite qualità<br />

del servizio e dei prodotti, l’innova-


zione e il dialogo;<br />

– Soddisfazione del produttore socio,<br />

valorizzando la produzione di latte sicuro<br />

e di qualità e l’impegno a valorizzarla;<br />

– Soddisfazione del personale, con il riconoscimento<br />

della competenza e la professionalità;<br />

– Soddisfazione dell’azionista, con l’equa<br />

remunerazione del capitale investito.<br />

Granarolo vuole essere l’impresa<br />

dell’“Alta Qualità” e della “filiera agroalimentare”,<br />

che lavora nel modo migliore il<br />

latte crudo fornito da <strong>Granlatte</strong> per ottenere<br />

prodotti freschi, sicuri, buoni, e di<br />

Alta Qualità, da distribuire sul mercato<br />

italiano e internazionale; tutte queste attività<br />

vengono svolte salvaguardando l’ambiente<br />

e riducendo gli impatti sulla natura,<br />

rispettando le persone e utilizzando comportamenti<br />

etici e di responsabilità sociale.<br />

Politica della Qualità del latte<br />

Granarolo si è distinta da molto tempo<br />

nel praticare una politica di miglioramento<br />

continuo della qualità del latte per<br />

ottenere sia un latte crudo migliore, più<br />

igienico e sicuro, sia per ottenere da tale<br />

materia prima dei prodotti lattiero-caseari<br />

migliori per competere sul mercato con<br />

qualità superiore e riconoscibile. Questa<br />

politica è stata attivata con gli allevatori<br />

già in tempi lontani a partire dalla seconda<br />

metà degli anni ’70, tra i primi in Italia,<br />

con l’attuazione di grandi piani di<br />

refrigerazione capillare del latte alla stalla<br />

ed estesi programmi di profilassi della<br />

mastite bovina e di assistenza e manutenzione<br />

degli impianti di mungitura; in<br />

parallelo si svolgevano incontri e corsi di<br />

formazione per tecnici e allevatori.<br />

Nel 1984 è sta intrapresa, dopo alcuni<br />

anni di sperimentazione e rodaggio, la<br />

remunerazione differenziata della qualità<br />

del latte (pagamento latte a qualità) sulla<br />

base della determinazione di parametri<br />

analitici obiettivi di composizione del latte,<br />

caratteristiche microbiologiche e sanitarie.<br />

Questo meccanismo ha incentivato<br />

progressivamente la produzione di latte<br />

con caratteristiche qualitative migliori<br />

premiandolo rispetto a latte più scadente,<br />

che deve essere sottoposto a detrazioni di<br />

prezzo.<br />

Alta Qualità<br />

Tali anni di miglioramento hanno<br />

consentito a Granarolo di iniziare subito<br />

nel 1992 a produrre latte fresco di Alta<br />

Qualità, quando è entrata completamente<br />

in vigore la legge n° 169 del 1989.<br />

Nel corso del tempo la crescita quantitativa<br />

è stata imponente e oggi il latte di<br />

Alta Qualità rappresenta oltre il 52 % del<br />

totale del latte fresco pastorizzato prodotto<br />

da Granarolo.<br />

Ai fini del pagamento a qualità, l’analisi<br />

completa del latte crudo dei singoli<br />

allevatori e quello delle masse su autocisterna<br />

alla consegna alle banchine degli<br />

stabilimenti, viene eseguita nel laboratorio<br />

centrale a Bologna, che è dotato di<br />

modernissimi strumenti per il controllo<br />

automatico dei campioni di latte e per l’emissione<br />

rapida dei risultati di analisi e dei<br />

certificati e l’invio su rete internet dei dati<br />

per l’Alta Qualità.<br />

<strong>Il</strong> laboratorio Centrale è stato accreditato<br />

fin dal 1993 e ha un sistema di gestione<br />

della qualità certificato, a garanzia dell’affidabilità,<br />

competenza e indipendenza.<br />

In tale laboratorio si eseguono anche le<br />

analisi periodiche per la ricerca di aflatossina<br />

M1 nel latte e analisi particolari per il<br />

monitoraggio di varie famiglie di antibiotici,<br />

eventuali residui di trattamenti con<br />

farmaci delle bovine.<br />

Politiche di qualità e sistemi di<br />

gestione certificati<br />

In parallelo agli impegni e alle attività<br />

svolte nella produzione primaria di latte,<br />

si è svolta nel tempo una progressiva e<br />

intensa attività di creazione dei sistemi di<br />

Gestione e di Assicurazione Qualità, negli<br />

stabilimenti di trattamento del latte, con<br />

lo scopo di garantire il mantenimento delle<br />

caratteristiche qualitative della materia<br />

prima e la regolarità, affidabilità e sicurezza<br />

del processo produttivo, dagli ingressi<br />

negli stabilimenti fino alla distribuzione<br />

dei prodotti.<br />

In pratica è stato applicato progressivamente<br />

un sistema basato in prevalenza<br />

su buone pratiche di lavorazione e controllo<br />

qualità, dapprima non completamente<br />

formalizzate e integrate tra loro, e<br />

che successivamente è stato trasformato in<br />

sistemi organizzati e conformi alle norme<br />

internazionali della serie ISO 9000, certi-<br />

127


128<br />

Alta Qualità<br />

ficati da Enti di Certificazione indipendenti<br />

e accreditati.<br />

I certificati dei Sistemi di Qualità sono<br />

riconosciuti a livello internazionale e permettono<br />

di attribuire, con dichiarazione,<br />

alle aziende una capacità di gestire completamente<br />

i requisiti della qualità e di<br />

conseguenza la produzione di prodotti<br />

conformi a livelli di qualità prestabiliti e<br />

costanti.<br />

<strong>Il</strong> processo produttivo nei vari stabilimenti<br />

di trattamento termico e confezionamento,<br />

o nella trasformazione casearia<br />

o nella produzione di yogurt, è inquadrato<br />

in un metodo di valutazione dei rischi,<br />

di individuazione dei punti critici e di<br />

controllo e gestione di tali punti allo scopo<br />

di assicurare l’ igenicità e la sicurezza<br />

alimentare.<br />

Questo metodo chiamato HACCP<br />

(Hazard Analysis Critical Control Point =<br />

Analisi dei Pericoli e dei Punti Critici di<br />

Controllo) è usato in tutti gli stabilimenti<br />

Granarolo, in quanto obbligatorio per<br />

legge, ed è inserito nel sistema di gestione<br />

della qualità. Gli obiettivi principali sono<br />

di ricevere latte, materie prime, ingredienti,<br />

e materiali di confezionamento in conformità<br />

ai requisiti di legge e agli standard<br />

aziendali di qualità; tutte le forniture sono<br />

sottoposte a un controllo di qualità.<br />

Tutto il processo produttivo, nelle<br />

varie fasi e stadi di lavorazione, e gli stoccaggi<br />

e movimentazioni vengono tenuti<br />

sotto stretto controllo per evitare difettosità<br />

e raggiungere le specifiche aziendali; i<br />

prodotti forniti, opportunamente campionati,<br />

sono sottoposti a numerosi controlli<br />

e analisi per accertare il rispetto dei<br />

requisiti.<br />

Alcune speciali linee di prodotto come<br />

il latte fresco di Alta Qualità e i suoi prodotti<br />

derivati come yogurt e mozzarella e<br />

anche la linea Prima Natura Bio (latte ad<br />

alta pastorizzazione, stracchino, mozzarella,<br />

yogurt, ottenuti con latte da agricoltura<br />

biologica), sono lavorate in modo separato<br />

e in tempi distinti rispetto al latte<br />

comune, per garantire l’individuazione e<br />

la rintracciabilità ed impedire miscelazioni<br />

ed eventuali contaminazioni.<br />

Granarolo ha un settore di Assicurazione<br />

Qualità che presidia varie aree quali:<br />

– Progettazione e revisione dei piani<br />

Haccp;<br />

– Progettazione e implementazione dei<br />

processi di certificazione:<br />

– Coordinamento delle procedure di controllo<br />

qualità e di controllo del processo<br />

produttivo;<br />

– Gestione dei reclami;<br />

– Attività di ispezione sui siti produttivi e<br />

di distribuzione e i trasporti.<br />

Tutti gli stabilimenti del gruppo Granarolo<br />

hanno già ottenuto una certificazione<br />

ISO 9000 o hanno in corso l’implementazione<br />

del sistema qualità certificabile.<br />

Nella tabella sono presentate le certificazioni<br />

dei siti produttivi al 31/12/02.<br />

Granarolo, in coerenza con la propria<br />

missione, si è anche impegnata sul versante<br />

della protezione dell’ambiente e della<br />

riduzione degli impatti industriali, anche<br />

con lo scopo di assicurare il rispetto delle<br />

leggi ambientali; ha introdotto sistemi di<br />

gestione ambientale in tutti i siti produttivi,<br />

ottenendo già alcune certificazioni di<br />

conformità alla norma internazionale ISO<br />

14001 e in alcuni stabilimenti anche la<br />

certificazione europea EMAS: lo stabilimento<br />

di produzione dello yogurt a<br />

Castel S. Pietro Terme è stato il primo in<br />

Italia ad ottenere la certificazione EMAS<br />

nel settore agroalimentare.<br />

Gli stabilimenti sono impegnati nel<br />

controllare e ridurre tutti gli impatti sull’ambiente<br />

e nell’impiegare le migliori<br />

pratiche per la gestione di acqua, energia,<br />

depurazione, rifiuti ecc…<br />

Granarolo e <strong>Granlatte</strong> hanno già<br />

effettuato alcune ricerche per la valutazione<br />

degli impatti ambientali nell’attività<br />

agricola e di allevamento del bestiame per


CERTIFICAZIONI SITI PRODUTTIVI GRUPPO GRANAROLO<br />

la produzione di latte: tali attività hanno<br />

un impatto importante che dovrebbe<br />

essere conosciuto e gestito dagli agricoltori.<br />

In un prossimo futuro è stato previsto<br />

di attivare iniziative di sensibilizzazione e<br />

di formazione degli operatori agricoli sui<br />

temi di gestione ambientale in modo da<br />

trasferire su tutta la filiera di produzione<br />

del latte metodi di gestione razionale e<br />

sicura che tutelino l’ambiente, l’uomo e il<br />

latte prodotto.<br />

Filiera controllata e rintracciabilità<br />

di filiera<br />

Nel corso degli anni Granarolo ha<br />

sempre sviluppato una politica industriale<br />

di collaborazione e legame con le strutture<br />

zootecniche di produzione del latte nelle<br />

varie aree territoriali dove sono presenti<br />

gli stabilimenti di produzione e dove si è<br />

ricollocato tale latte sottoforma di prodotti<br />

finiti. In pratica un sistema di filiera<br />

agricola dalla stalla alla tavola del consumatore<br />

che è stato proposto su gran parte<br />

del territorio nazionale.<br />

<strong>Il</strong> Consorzio <strong>Granlatte</strong> e Granarolo<br />

hanno lanciato nell’autunno del 2000<br />

un’importante progetto per le due filiere<br />

del latte di Alta Qualità e Biologico: creazione<br />

e applicazione di un sistema Haccp<br />

di prevenzione dei rischi e di gestione della<br />

sicurezza alimentare e della rintracciabilità<br />

delle materie prime nelle varie fasi del-<br />

Alta Qualità<br />

Sito produttivo ISO ISO ISO EMAS Certificato Certificazione Certificazione<br />

Bologna<br />

9001 9002 14001 di Prodotto rintracciabilità<br />

di filiera<br />

filiera controllata<br />

Pastorizzato<br />

Bologna<br />

25/07/02 31/07/02 30/10/02 18/10/02 18/10/02<br />

Caseificio 14/07/01 31/07/02 30/10/02 18/10/02 18/10/02<br />

Bologna 19/05/93<br />

laboratorio 25/05/01<br />

Castel S. Pietro 13/12/96 13/12/00 21/03/01 22/12/00 18/10/02 18/10/02<br />

Anzio 11/07/97 02/05/00 18/10/02 18/10/02<br />

Novara 11/02/00 18/10/02 18/10/02<br />

Soliera 14/04/99 28/12/01 16/10/01<br />

Centrale di Milano 20/07/98 18/10/02 18/10/02<br />

Vogliazzi 24/05/02<br />

l’allevamento delle bovine da latte, della<br />

refrigerazione e raccolta, del controllo e<br />

della lavorazione del latte e della distribuzione<br />

primaria dei prodotti.<br />

Tutte queste attività sono svolte nel<br />

rispetto di un disciplinare tecnico e<br />

seguendo procedure e istruzioni operative<br />

che comportano anche la necessaria ed<br />

importante registrazione su moduli o su<br />

fogli elettronici dei controlli e azioni effettuate;<br />

inoltre tutte le materie prime e i<br />

prodotti in lavorazione sono completamente<br />

identificabili e rintracciabili nei<br />

vari spostamenti e nelle varie fasi della<br />

filiera.<br />

La partenza del progetto ha visto all’inizio<br />

il coinvolgimento di un gruppo di<br />

sette stalle pilota su cui è stato messo a<br />

punto il sistema; poi il sistema è stato progressivamente<br />

ampliato a tutti i produttori<br />

delle due filiere specializzate e infine nel<br />

settembre del 2002 il Consorzio <strong>Granlatte</strong><br />

e poi Granarolo hanno ottenuto per<br />

primi in Italia nel settore lattiero-caseario<br />

la completa certificazione per la filiera<br />

controllata e la rintracciabilità del latte<br />

fresco di Alta Qualità e del latte Prima<br />

Natura Bio e di alcuni loro prodotti derivati;<br />

la certificazione è stata conferita da<br />

CSQA (Certificazione Sistemi Qualità<br />

Agroalimentari) organismo riconosciuto a<br />

livello internazionale.<br />

La certificazione di Filiera Controllata<br />

si estende su 297 aziende agricole, distribuite<br />

in 11 regioni, con un volume com-<br />

129


plessivo di 209 milioni di litri all’anno, pari<br />

al 15 % della quota nazionale del latte.<br />

Nella filiera controllata le principali<br />

attività messe in campo per il controllo<br />

dei punti critici sono:<br />

– Valutazione, controllo e rintracciabilità<br />

degli alimenti zootecnici sia acquistati<br />

sia autoprodotti;<br />

– Identificazione e conservazione dei prodotti<br />

disinfettanti, farmaci e detergenti;<br />

– Controllo e registrazione dei trattamenti<br />

di profilassi e di cura eseguiti sulle<br />

bovine;<br />

– Registrazione del piano alimentare e<br />

della razione per i vari gruppi di bovine<br />

e la rintracciabilità degli alimenti zootecnici<br />

usati;<br />

– Identificazione dei siti di stoccaggio e<br />

preparazione degli alimenti e controllo<br />

della pulizia dei contenitori;<br />

– Controllo dell’igiene, sicurezza ed efficienza<br />

della mungitura, e della temperatura<br />

e funzionamento dei frigoriferi del<br />

latte;<br />

– Controllo delle caratteristiche igieniche,<br />

sanitarie e di composizione del latte di<br />

ogni allevamento.<br />

La rintracciabilità e la separazione fisica<br />

del latte è garantita durante le fasi di<br />

raccolta e trasporto fino agli stabilimenti.<br />

Ad ogni consegna di latte crudo allo<br />

stabilimento, viene identificata la provenienza<br />

e vengono prelevati campioni per il<br />

controllo qualità e accettazione del latte<br />

verificando: composizione del latte, eventuali<br />

residui di sostanze antibiotiche, carica<br />

batterica totale e cellule somatiche.<br />

Inoltre viene applicato un programma<br />

di controlli specifici cadenzato nel tempo<br />

per il controllo di agenti contaminanti<br />

quali aflatossina M1 (proveniente da<br />

mangimi contaminati da aflatossine B1 e<br />

B2), che viene ricercata ogni mese su tutte<br />

le raccolte di latte e dal cui esito scattano<br />

eventuali controlli mirati per la ricerca<br />

di singoli allevamenti con problema. Altri<br />

controlli vengono eseguiti sulle masse di<br />

raccolta per l’analisi di contaminanti<br />

ambientali quali metalli pesanti, PCB e<br />

residui di prodotti usati in agricoltura<br />

quali antiparassitari organofosforati, organoclorurati,<br />

diserbanti, insetticidi.<br />

Nel corso del processo industriale svolto<br />

negli stabilimenti, viene mantenuta la<br />

rintracciabilità del latte e delle materie<br />

130<br />

Alta Qualità<br />

prime seguendo e registrando gli spostamenti<br />

e le fasi di lavorazione nei reparti;<br />

inoltre tutti i punti vengono accuratamente<br />

sorvegliati e controllati dagli operatori<br />

e da strumenti di misura e registrazione<br />

continua; in alcune fasi si effettuano<br />

anche campionamenti di prodotti e semilavorati<br />

per eseguire opportune analisi.<br />

Naturalmente il sistema è regolato in<br />

modo che in caso di eventuali malfunzionamenti<br />

o irregolarità immediatamente<br />

scattono contromisure di ripristino degli<br />

standard o di blocco del processo produttivo<br />

o di separazione di materiali.<br />

Sui prodotti finiti eseguiamo un intenso<br />

controllo qualità per accertare la sicurezza<br />

dei nostri prodotti, tramite analisi di<br />

routine chimiche, microbiologiche, fisiche<br />

e sensoriali; inoltre vengono periodicamente<br />

effettuate le analisi speciali di<br />

ricerca dei contaminanti ambientali.<br />

La permanenza dei prodotti nelle celle<br />

frigorifere di stabilimenti e depositi, la<br />

continuità della catena del freddo e le fasi<br />

di trasporto con automezzi refrigerati<br />

sono sottoposte a sorveglianza della temperatura<br />

con controlli puntuali e con termoregistrazione<br />

continua.<br />

Gli ispettori di Granarolo tengono<br />

sotto controllo, oltre alle temperature,<br />

anche le condizioni igieniche di magazzini<br />

e automezzi di trasporto primario e<br />

secondario in tutte le regioni italiane dove<br />

il Gruppo distribuisce tutti i giorni i suoi<br />

prodotti.<br />

Granarolo deve garantire al consumatore<br />

finale la sicurezza, l’igiene, genuinità<br />

e bontà dei propri prodotti lattiero-caseari:<br />

il metodo di lavoro usato nella filiera<br />

controllata comporta condivisione di<br />

obiettivi tra i vari operatori e rapporti stabili<br />

lungo tutta la filiera e permette così di<br />

affrontare il mercato in modo più competitivo<br />

con un offerta di prodotti di elevata<br />

qualità ed eccellenza.<br />

Ricerca e Sviluppo e Innovazioni<br />

tecnologiche<br />

Granarolo ha da molto tempo riconosciuto<br />

l’importanza e la rilevanza strategica<br />

della ricerca applicata nel proprio settore<br />

per innovare in termini di nuovi prodotti<br />

e nuovi processi di lavorazione e<br />

confezionamento.


Come risaputo il sistema di ricerca italiano<br />

pubblico e privato purtroppo da<br />

parecchio tempo non riesce a ottenere<br />

risorse, investimenti e a tenere il passo di<br />

crescita dei principali paesi industriali;<br />

Granarolo, comunque, ha sempre dedicato<br />

delle risorse proprie e di finanziamenti<br />

pubblici, ottenuti per progetti specifici,<br />

con la finalità di progettare e realizzare<br />

prodotti nuovi per il mercato o nuovi processi<br />

per ottenere gli stessi prodotti con<br />

nuove tecniche e migliori caratteristiche<br />

qualitative.<br />

Nel periodo dal 1990 al 2002, sono<br />

stati realizzati ben 37 prodotti nuovi ed<br />

alcuni di questi sono in pratica i capostipiti<br />

di una gamma di ulteriori referenze<br />

differenziate per gusto.<br />

Tralasciando la linea Granarolo che ha<br />

una gamma completa di prodotti freschi e<br />

a lunga conservazione, si ricordano brevemente<br />

le altre principali linee di prodotti:<br />

– Alta Qualità: latte fresco pastorizzato,<br />

yogurt, mozzarella, stracchino, Burro,<br />

dessert;<br />

– Prima Natura Bio: latte, yogurt, stracchino,<br />

mozzarella, uova;<br />

– Vivi Vivo: latte e yogurt con caratteristiche<br />

dietetiche, contenenti il probiotico<br />

LGG;<br />

– Accadì: linea dietetica con latte ad alta<br />

digeribilità UHT e latte a basso contenuto<br />

di lattosio e con vitamine ad alta<br />

pastorizzazione e media conservazione;<br />

– Linea ad alta pastorizzazione ESL: latte<br />

Più Giorni, latte Leggero, panne da<br />

montare, bevande golose a base di latte.<br />

Le linee di azione nell’ambito della<br />

ricerca e sviluppo di Granarolo hanno<br />

come premessa fondamentale la valorizzazione<br />

della qualità naturale originale del<br />

latte e delle materie prime.<br />

I procedimenti di lavorazione applicati<br />

da Granarolo sono stati quindi studiati,<br />

ammodernati e ottimizzati per impiegare<br />

modalità di trattamento, impianti e macchine<br />

che, nel rispetto di elevate condizio-<br />

Alta Qualità<br />

ni igieniche, garantiscono la salvaguardia<br />

dei sapori e dei valori nutrizionali in equilibrio<br />

con appropriate durate nella fase di<br />

commercializzazione e consumo dei prodotti.<br />

Principi di base sono la nostra scelta<br />

di escludere sostanze quali conservanti,<br />

coloranti ed additivi che hanno la funzione<br />

di coprire o correggere carenze e difetti<br />

delle materie prime, e di ricorrere a particolari<br />

ingredienti solo per avere particolari<br />

prestazioni funzionali; inoltre non<br />

applichiamo trattamenti termici o fisici<br />

drastici, al di sopra dello stretto necessario,<br />

che hanno solo lo scopo di prolungare<br />

di più la durabilità a scapito dell’integrità<br />

dei prodotti lattiero caseari.<br />

Alcuni esempi di applicazione dei<br />

principi sopra esposti sono le modalità di<br />

selezione del latte e delle materie prime e<br />

i delicati trattamenti di pastorizzazione<br />

per la produzione della linea Alta Qualità<br />

( latte fresco, mozzarella, yogurt ). Granarolo<br />

per prima in Italia ha sperimentato e<br />

poi applicato, a partire dal 1996, il nuovo<br />

procedimento di pastorizzazione ad alta<br />

temperatura, in infusione di vapore, per<br />

un tempo inferiore a un secondo, in cui si<br />

ottiene una elevata riduzione della carica<br />

batterica del latte mantenendo le caratteristiche<br />

sensoriali e nutrizionali, senza sottoporre<br />

il latte a varie manipolazioni e a<br />

intensi stress fisici, che sono usati in altri<br />

processi impiegati di recente da altre<br />

industrie in Europa.<br />

La tecnologia ESL (extended shelf life)<br />

per l’aumento della durabilità si ottiene<br />

applicando inoltre modalità innovative di<br />

confezionamento ultra clean e mantenendo<br />

la distribuzione refrigerata.<br />

Per Granarolo i trattamenti industriali<br />

e le trasformazioni debbono pertanto essere<br />

effettuati in modo delicato e non invasivo<br />

o drastico, valorizzando le caratteristiche<br />

originarie e la genuinità del latte,<br />

ingrediente fondamentale per tutti i nostri<br />

prodotti.<br />

131


Principali riferimenti bibliografici<br />

Alta Qualità<br />

– AA.VV. (1971) – Installations électriques des exploitations agricoles – Promotelec,<br />

Parigi<br />

– AA.VV. (1983) – Installations électrique des salles de traite et laitières, Promotelec,<br />

Parigi<br />

– AA.VV. (1997) – Manuale di agricoltura – Sezione Costruzioni Rurali (E 221 – E 394),<br />

Hoepli, Milano<br />

– AA.VV. (2000) – Melklokaal 2000 (Bouw en inrichting melklokaal) – PR, Zoetermeer<br />

– AA.VV. (2002) – Hazards and Precautions in Dairy Cattle Farming – Enciclopedia<br />

of Occupational Health and Safety – ILO, Ginevra<br />

– Atti 5th Western Dairy Management Conference Jesse P. Golf USDA 1996<br />

– Brian Perkins “Consulente allevamenti da latte” Informatore Agrario 39/ottobre<br />

2001<br />

– BTPL. (2001) – Le logement du troupeau laitier (Conseiller et concevoir) - Editions<br />

France Agricole, Parigi<br />

– Ex – Dairy Press - Novembre / Dicembre 2002<br />

– Giuseppe Bertoni Istituto di Zootecnia Università Cattolica Sacro Cuore Piacenza<br />

Informatore Agrario 39/ottobre 2001<br />

– I controlli della produttività in Italia Associazione Italiana Allevatori !990<br />

– <strong>Il</strong> Management della “Transition Cow” L. E: Chase – Department of Animal Scienze<br />

Cornell University 1996<br />

– L’Ipofertilità nelle bovine da latte “ Allevatore “ 1993<br />

– Pellizzi G. (1996) – Meccanica e meccanizzazione agricola – Ed agricole, Bologna<br />

– Piccinini S. (2000) – La separazione solido-liquido – Rapporto intermedio, Progetto<br />

CNR-Reflui (in corso di stampa)<br />

– Progressive Dairyman febbraio 2002<br />

– R.A. Porterfield University Ohio “Labor Management en Dairy Farms” 1992<br />

– R:D: Shaver Department of Dairy Science University Wisconsin Madison “ Journal<br />

of Dairy Scienze 1997<br />

– Sangiorgi F. (2000) – La macchina mungitrice e la mungitura meccanica – L’Informatore<br />

Agrario, Verona, 5-34, Supplemento al n. 39<br />

– Tyson J.T. (2002) – Site Evaluation for Dairy Housing Systems – Penn State, College<br />

of Agricultural Sciences, USA<br />

– Valutazione genetica e scelta degli animali di Antonio Mario Pilla Ed agricole<br />

Bologna<br />

133


134<br />

Alta Qualità


“Parole chiave”<br />

Abbeveratoi 26, 36, 42, 60, 76, 122;<br />

Aerazione 62, 65, 66;<br />

Allevamento dei bovini 9, 76, 81, 90, 129;<br />

Ammuffimento 109;<br />

Animale 54, 70, 81, 86, 101, 105, 119;<br />

Appetibilità 111, 115, 120;<br />

Asciutta 19, 77, 87, 97, 120;<br />

Attacchi 74, 120;<br />

Autocontrollo 13, 84, 101;<br />

Battifianchi 33, 36;<br />

Benessere 12, 17, 37, 75, 79, 83, 105, 113;<br />

Biogas 62, 68;<br />

Body Condition Score 94, 100;<br />

Calore 21, 23, 44, 54, 78, 87, 107;<br />

Clostridi 71, 108, 110;<br />

Compostaggio 62, 68;<br />

Concimaia a piattaforma 64;<br />

Correttori Dietetici 119;<br />

Corsia di alimentazione 23, 30, 39, 116;<br />

Cuccette 17, 29, 35, 48, 54, 75, 91, 116;<br />

Cottura 108;<br />

Cunetta 30, 33, 50;<br />

Dati Cellule 97;<br />

Dati Produttivi 97;<br />

Dati Riproduttivi 98;<br />

deiezioni animali 60, 76;<br />

Digestione anaerobica 68;<br />

Dimensioni animali 19;<br />

Epato Protettori 118;<br />

Feci 60, 91;<br />

Fecondazione 86, 95;<br />

Fessurato 11, 26, 35, 50, 64, 72;<br />

Fieno sciolto 72;<br />

Fienosilo 71;<br />

Alta Qualità<br />

Foraggi verdi 106, 109;<br />

Grassatura 111;<br />

Gravidanza 88, 96, 101;<br />

<strong>Il</strong>luminazione 22, 26, 43, 78;<br />

Inseminazione 28, 47, 86, 87, 98;<br />

Lagoni 62, 65;<br />

Letame 60, 65, 78, 86;<br />

Lettiera 17, 28, 34, 47, 54, 60, 66, 71, 88,<br />

116;<br />

Lieviti 71, 93, 119;<br />

Liquame 28, 38, 47, 60, 65, 68, 78;<br />

Locale latte 30, 39, 44;<br />

Locale mungitura 39;<br />

Mangiatoia 28, 31, 36, 72, 91, 120;<br />

Mangimi 10, 60, 97, 105, 110, 115;<br />

Materiali 24, 36, 43, 64, 66, 128;<br />

Mungitura 10, 23, 31, 39, 45, 52, 73, 97,<br />

116;<br />

Pagliai e fienili 72;<br />

Parto 19, 31, 46, 87, 89, 98, 119;<br />

Patologie 75, 93, 105, 110, 115;<br />

Perossidi 110;<br />

Piedi 38, 46, 88, 94;<br />

Posta 15, 26, 31, 74;<br />

Razze di vacche da latte 81;<br />

Recinzioni elettriche 24;<br />

Rimonta 11, 19, 76, 85, 91;<br />

Riscaldamento 15, 44;<br />

Sfalcio 108;<br />

Sili 24, 52, 71, 107;<br />

Spore 108;<br />

Vitella 26, 90, 102;<br />

Vitellaie 26;<br />

Zona di esercizio 29, 34, 37, 49, 64, 77;<br />

135


Finito di stampare nel mese di marzo 2003<br />

presso la Tipografia Altedo


<strong>Granlatte</strong> Consorzio Cooperativo Soc. Coop a r.l.<br />

Via Cadriano 36<br />

40127 Bologna<br />

Tel. 051.4170711<br />

Fax 051.505191<br />

e-mail: infogranlatte@granlatte.it<br />

www.granlatte.it

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