Il manuale dell'allevatore - Granlatte
Il manuale dell'allevatore - Granlatte
Il manuale dell'allevatore - Granlatte
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2<br />
<strong>Il</strong> <strong>manuale</strong><br />
dell’allevatore<br />
per il benessere della Lola<br />
Come prendersi cura della Lola<br />
per produrre<br />
latte di alta qualità:<br />
la struttura,<br />
la gestione<br />
e l’alimentazione<br />
ualità<br />
Q<br />
per la produzione di latte certificato alta qualità e biologico<br />
Alta Manuale
2<br />
Alta<br />
ualità QManuale per la produzione di latte certificato alta qualità e biologico<br />
<strong>Il</strong> <strong>manuale</strong><br />
<strong>dell'allevatore</strong><br />
per il benessere della Lola
I n d i c e<br />
Alta Qualità<br />
Prefazione 5<br />
Introduzione 6<br />
FRANCO SANGIORGI<br />
Fabbricati e impianti per l’allevamento dei bovini da latte<br />
1 - Premessa 9<br />
2 - Generalità 13<br />
3 - Strutture e attrezzature per le diverse categorie di bovini 26<br />
4 - <strong>Il</strong> costo della stalla 51<br />
Allegato A 54<br />
Allegato B 60<br />
Allegato C 71<br />
Allegato D 73<br />
Allegato E 75<br />
MAURO CODELUPPI<br />
Gestione allevamento vacche da latte<br />
Premessa 81<br />
1.0 - Le razze vacche da latte 81<br />
2.0 - <strong>Il</strong> benessere 83<br />
3.0 - La gestione dell’allevamento 84<br />
4.0 - L’autocontrollo 84<br />
5.0 - Organizzazione aziendale i compiti del personale 85<br />
Prima parte 86<br />
1.0 - <strong>Il</strong> ciclo biologico 86<br />
2.0 - Fecondazione 86<br />
3.0 - L’inseminazione 87<br />
4.0 - <strong>Il</strong> calore 87<br />
5.0 - La gravidanza 88<br />
6.0 - L’asciutta 89<br />
7.0 - <strong>Il</strong> parto 89<br />
8.0 - La vitella 90<br />
9.0 - Organizzazione aziendale 92<br />
Seconda parte 93<br />
1.0 - Le patologie podali 93<br />
2.0 - Body Condition Score (BCS) negli allevamenti<br />
di vacche da latte 94<br />
3.0 - I dati negli allevamenti di vacche da latte 95<br />
4.0 - I dati produttivi 97<br />
5.0 - I dati delle cellule individuali 97<br />
6.0 - I dati riproduttivi 98
Alta Qualità<br />
PAOLO PEZZI<br />
L’alimentazione delle bovine e la qualità del latte<br />
Introduzione 105<br />
Parte prima - Gli alimenti 105<br />
Parte seconda - La gestione dell’alimentazione 113<br />
Parte terza - Alcuni consigli 118<br />
ANDREA BORSARI<br />
Granarolo e la passione per l’alta qualità<br />
Profilo del Gruppo Granarolo S.p.a. 125<br />
La Mission di Granarolo 126<br />
Politica della Qualità del latte 127<br />
Politiche di qualità e sistemi di gestione certificati 127<br />
Filiera controllata e rintracciabilità di filiera 129<br />
Ricerca e Sviluppo e Innovazioni tecnologiche 130<br />
Principali riferimenti bibliografici 133<br />
“Parole chiave” 135
Prefazione<br />
Alta Qualità<br />
Sui testi di zootecnia si afferma che:<br />
Ambiente,<br />
Genetica<br />
Alimentazione<br />
sono i fattori che condizionano le performance produttive dei nostri allevamenti.<br />
Condividiamo naturalmente questa impostazione, ma, il risultato che ottiene l’allevatore,<br />
è dato soprattutto dalla capacità e dalla sensibilità che dimostra, nel saper gestire la combinazione<br />
di questi tre fattori.<br />
I temi affrontati in questa pubblicazione, si pongono l’obiettivo di essere esposti in maniera<br />
comprensibile alla vasta platea degli allevatori e tecnici, ed anche di suggerire modalità<br />
pratiche e semplici di organizzazione del lavoro.<br />
La condizione di benessere, per le vacche da latte, non deve essere perseguita solo per motivi<br />
di etica, ma perché influisce in modo determinante sulla durata della sua carriera produttiva.<br />
Siamo sempre più consapevoli che sui costi di produzione e sul reddito netto dell’allevatore<br />
influisce sempre più il costo della “rimonta”, tanto più quanto si riduce anche il valore<br />
della vacca così detta a “fine carriera”.<br />
Ci auguriamo che questa pubblicazione aiuti ad aumentare anche la longevità produttiva<br />
della Lola, con soddisfazione della stessa Lola, ma anche del suo allevatore.<br />
Ringraziamo:<br />
- Andrea Formigoni Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria Teramo<br />
- Franco Sangiorgi dell’Istituto di Ingegneria Agraria Facoltà di Agraria Milano<br />
- Giacomo Pirlo Direttore Sezione operativa vacche da latte CR, nonché Direttore incaricato<br />
dell’Istituto Sperimentale per la Zootecnia Tor Mancina Roma<br />
- Paolo Pezzi, Dipartimento di Morfofisiologia e Produzioni Animali della Facoltà di<br />
Medicina Veterinaria Bologna<br />
- Andrea Borsari, Direttore Ricerca e Sviluppo Assicurazione Qualità di Granarolo s.p.a.<br />
e naturalmente gli instancabili ed entusiasti Mauro Codeluppi, zootecnico di grande<br />
esperienza, ed Eugenio Melotti per l’impegno nella stesura e coordinamento profuso per la<br />
realizzazione di questa pubblicazione.<br />
p. <strong>Granlatte</strong> Consorzio Cooperativo<br />
L’Amministratore Delegato<br />
Dott. Valerio Orlandini<br />
5
Introduzione<br />
Alta Qualità<br />
Nella nostra attività professionale tutti i giorni tesa al miglioramento della qualità del<br />
latte e sempre più viva per l’applicazione della filiera controllata che <strong>Granlatte</strong> gestisce quotidianamente<br />
assieme ai suoi produttori associati, ci siamo resi conto che sia i tecnici, che gli<br />
allevatori sono sempre più trascinati dalle nuove tecnologie, e dalle tendenze del mercato, per<br />
identificare gli elementi e le strategie per risolvere problemi alla mancata qualità del latte<br />
prodotto in allevamento.<br />
Molte di queste tecniche sono prive di base scientifica e non applicabili in tutte le realtà<br />
aziendali.<br />
In molti casi sono soluzioni costose, antieconomiche e portano a scarsi risultati.<br />
Abbiamo quindi pensato che era necessario elaborare un <strong>manuale</strong> che fosse capace<br />
di fornire in maniera semplice ed agile a tutti gli allevatori, e ai tecnici che li assistono,<br />
semplici indicazioni pratiche, comprovate da sperimentazioni scientifiche, applicabili nelle<br />
diverse realtà del nostro paese dove abbiamo disseminati i nostri associati.<br />
Alcuni argomenti e indicazioni, possono essere interpretate come generiche.<br />
E’ stato fatto appositamente, per creare le condizioni, agli allevatori e ai tecnici, di poter<br />
discutere le problematiche e le esigenze di ogni singola azienda con veri professionisti esperti.<br />
E’ risaputo, che per produrre latte di qualità, le vacche devono vivere nelle migliori condizioni<br />
di benessere.<br />
Abbiamo identificato, tra i fattori, che intervengono a limitare lo stress alle vacche da latte<br />
sia per latte di alta qualità che biologico, le strutture, i locali e le attrezzature di stalla, le<br />
modalità di gestione della mandria e i sistemi e modalità di alimentazioni con alcuni consigli<br />
e accorgimenti.<br />
L’argomento strutture stalla si è voluto affrontare, in quanto sono frequenti grossi investimenti<br />
per soluzioni di strutture inadeguate alle vacche da latte, con la conseguente scarsa<br />
qualità del latte.<br />
Mentre le problematiche gestionali, come le modalità di alimentazione, sono aspetti dove<br />
l’allevatore può intervenire, senza grossi investimenti, e, in breve tempo può migliorare la<br />
qualità del latte.<br />
Produrre latte diventa sempre più difficile, dobbiamo evitare le scelte tecniche inadeguate<br />
e investimenti errati.<br />
Responsabile Qualità <strong>Granlatte</strong><br />
Dottor Eugenio Melotti<br />
7
1 – Premessa<br />
Fabbricati e impianti<br />
per l’allevamento dei bovini<br />
da latte<br />
L’allevamento bovino è da sempre stato<br />
considerato come un vero e proprio<br />
sistema per convertire foraggi non altrimenti<br />
utilizzabili in alimenti ad alto valore<br />
biologico, principalmente latte e carne.<br />
E’ soprattutto la produzione di latte che<br />
ha caratterizzato lo sviluppo della zootecnia<br />
nel corso dei secoli essendo, in passato,<br />
marginale il consumo della carne per<br />
l’alimentazione umana. Produrre latte<br />
oggi non ha, però, più lo stesso significato<br />
che aveva in passato perché è cambiato il<br />
contesto nel quale avviene il processo produttivo.<br />
Basti pensare al semplice fatto<br />
che, un tempo, la produzione di latte<br />
bovino veniva essenzialmente dedicata alla<br />
trasformazione in formaggio mentre il<br />
consumo di latte crudo era marginale.<br />
FRANCO SANGIORGI<br />
Istituto di Ingegneria Agraria, Facoltà Agraria, Milano<br />
Alta Qualità<br />
Formaggio e latte rimanevano, comunque,<br />
in un ambito di commercializzazione<br />
assolutamente circoscritto (l’azienda, il<br />
piccolo paese) causa le difficoltà di conservazione<br />
(Figura 1).<br />
Quel contesto è andato, soprattutto<br />
nel corso dell’ultimo secolo, modificandosi<br />
radicalmente e oggi si tende a produrre<br />
un latte con caratteristiche standard, buono<br />
per essere destinato a qualunque tipo<br />
di produzione e lavorato anche a grande o<br />
grandissima distanza dal luogo di produzione.<br />
Se da una parte ciò ha comportato un<br />
ampliamento del mercato, con positivi<br />
benefici per il produttore, dall’altra ha<br />
esposto il produttore stesso alla concorrenza<br />
nazionale e internazionale facendogli<br />
mutare anche il rapporto con il contesto<br />
agricolo di riferimento.<br />
Figura 1 – Tipica cascina lombarda con allevamento vacche per la produzione di latte<br />
9
Tutto questo ha comportato, a sua volta,<br />
la necessità di ridurre i costi di produzione,<br />
attraverso l’incremento della produzione<br />
per capo, la riduzione del fabbisogno<br />
di manodopera, l’aumento della<br />
consistenza dell’allevamento, ma ha anche<br />
comportato danni all’ambiente per l’alterazione<br />
del rapporto fra superficie agricola<br />
e capi allevati.<br />
In questo contesto si inserisce anche il<br />
problema della sicurezza per gli addetti e<br />
la salubrità dell’ambiente di lavoro.<br />
Si comprende, pertanto, che oggi non<br />
ha più senso settorializzare l’intervento,<br />
preoccupandosi di uno o dell’altro fattore<br />
suindicato, ma occorre considerare la produzione<br />
di latte come un insieme indivisibile<br />
in cui la variazione di ciascun elemento<br />
influenza positivamente o negativamente<br />
gli altri elementi che entrano nel<br />
processo produttivo.<br />
Ridurre i costi di produzione significa<br />
ottimizzare l’impiego dei mezzi tecnici<br />
immessi nel processo produttivo e quindi<br />
scegliere macchine, attrezzature e impianti<br />
ma anche mangimi ecc. idonei per il contesto<br />
in cui opera l’azienda. Significa anche<br />
ottimizzare l’impiego della manodopera<br />
assegnando agli addetti un carico di lavoro<br />
sopportabile, tale da non creare conflittualità<br />
fra le mansioni loro assegnate.<br />
10<br />
Alta Qualità<br />
Nella definizione di quote di ammortamento<br />
sostenibili un ruolo importante è<br />
giocato dalle modalità di realizzazione<br />
degli impianti e dei fabbricati in cui devono<br />
essere inseriti.<br />
Se, da una parte, per tener basse le<br />
quote si deve spendere il meno possibile,<br />
dall’altra occorre fare i conti con la manutenzione<br />
che, se eccessiva, può risultare<br />
effettivamente fastidiosa, e con l’apprezzamento<br />
per “l’ambiente” in cui si lavora.<br />
Spesso si è detto che una sala di mungitura<br />
deve essere progettata per durare circa<br />
10 anni, tuttavia l’esperienza dimostra che<br />
se questo è già poco probabile per gli<br />
impianti lo è ancor meno per la parte edificata.<br />
Allora la sfida per i progettisti è<br />
quella di creare edifici facilmente alterabili<br />
e altrettanto facilmente arredabili in<br />
relazione alle mutate esigenze della produzione.<br />
Gli sforzi finora fatti di realizzare<br />
delle vere e proprie “scatole” modulari<br />
prefabbricate non hanno avuto l’impatto<br />
desiderato per la incompletezza, in termini<br />
di flessibilità, del sistema proposto<br />
(anche dal punto di vista impiantistico).<br />
Sempre in questo ambito va considerato<br />
anche il fatto che il sistema produttivo<br />
va ottimizzato rispetto alle condizioni<br />
dell’azienda (non si può intervenire su un<br />
solo componente) e dell’area (la disponi-<br />
Figura 2 – <strong>Il</strong> robot di mungitura determina nuovi scenari di produzione e di progettazione degli allevamenti
ilità di manodopera, di acqua, di energia<br />
elettrica, di rete fognante, di strade ecc.)<br />
sono tutti elementi che influenzano direttamente<br />
le scelte da effettuare.<br />
Ridurre il fabbisogno di manodopera<br />
significa studiare il processo produttivo e<br />
cercare di semplificarlo nella misura massima<br />
possibile (si pensi, a esempio, al<br />
risparmio di tempo connesso con l’introduzione<br />
dell’unifeed che rappresenta una<br />
semplificazione della alimentazione sia dal<br />
punto di vista dei componenti sia da quello<br />
della preparazione e somministrazione<br />
della razione) oppure al processo di mungitura<br />
in impianti dotati di dispositivi di<br />
stacco automatico ecc.<br />
Naturalmente esiste anche una ulteriore<br />
strada da percorrere ed è quella della<br />
robotizzazione, ovvero della sostituzione<br />
della manodopera con opportune macchine.<br />
Si tratta di una strada, al di là degli<br />
aspetti economici, da intraprendere con<br />
cautela perché richiede all’allevatore un<br />
diverso tipo di preparazione. (Figura 2).<br />
Aumentare le produzioni per capo, è<br />
sicuramente il mezzo più immediato per<br />
comprimere a livelli ragionevoli l’incidenza<br />
dei costi di produzione sul litro di latte<br />
prodotto. Senza entrare nel merito della<br />
formulazione della razione alimentare e in<br />
quello della gestione della riproduzione,<br />
occorre considerare l’influenza che edifici,<br />
impianti e gestione hanno su questo<br />
aspetto. L’edificio, infatti, oltre a proteggere<br />
le bovine in modo adeguato dal sole<br />
e dalle alte temperature e, in certe aree,<br />
dal vento, deve anche essere concepito in<br />
modo da consentire un livello minimo di<br />
controllo igienico, facilitando l’allontanamento<br />
delle deiezioni (pavimento fessurato,<br />
ruspette ecc.) o il loro mascheramento<br />
(lettiere ecc.).<br />
Ma la stalla deve essere concepita in<br />
modo tale da facilitare anche il movimento<br />
degli animali e da garantire loro l’accesso<br />
alle aree di alimentazione e abbeverata.<br />
Una stalla moderna che si propone di<br />
aumentare o mantenere al massimo livello<br />
(ovvero consentire a tutte le bovine di<br />
esprimere il massimo potenziale produttivo)<br />
la produzione di latte, non può fare a<br />
meno di dotarsi di un opportuno sistema<br />
di sensori che raccolga dati provenienti,<br />
oltre ché dalla sala di mungitura, anche<br />
dall’ambiente di allevamento (temperatu-<br />
Alta Qualità<br />
Figura 3 – <strong>Il</strong> computer sta assumendo un ruolo sempre<br />
maggiore nella gestione della stalla da latte (da<br />
Westfalia, 1997)<br />
ra e umidità dell’aria, velocità del vento) e<br />
li invii a un elaboratore dotato di idoneo<br />
software, in grado di riformulare continuamente<br />
la razione fornendo indicazioni<br />
sia alle macchine (unifeed, autoalimentatori)<br />
sia agli addetti (gestione giornaliera<br />
dell’allevamento) (Figura 3).<br />
Accanto al problema dell’aumento della<br />
produzione vi è quello della necessità di<br />
raggiungere obiettivi qualitativi minimi<br />
basati sul contenuto di grassi e proteine<br />
ma anche su indicatori dello stato sanitario<br />
delle mammelle (cellule) o della gestione<br />
igienica (carica batterica). Si tratta di condizioni<br />
non facilmente raggiungibili se<br />
non si tiene sotto stretto controllo tutto il<br />
sistema allevamento. Peraltro, l’abbassamento<br />
della conta cellulare può essere<br />
effettuato sia agendo sulla rimonta (eliminazione<br />
animali con carica elevata) sia<br />
soprattutto operando a livello di mungitura<br />
e di gestione dell’allevamento.<br />
Non è pensabile riuscire ad abbassare<br />
la conta cellulare senza drastici interventi<br />
a livello gestionale ma questi interventi<br />
presuppongono la presenza di efficienti<br />
servizi di assistenza tecnica o una idonea<br />
formazione dell’allevatore.<br />
Ridurre i danni all’ambiente è diventato,<br />
assieme all’obiettivo di produrre più<br />
latte al costo minore un ulteriore elemento<br />
di sfida per l’allevatore. Ciò in quanto<br />
la tendenza a sovradimensionare la mandria<br />
rispetto alla capacità di mantenimento<br />
dell’azienda, fa sì che si producano<br />
quantità di reflui eccedenti il fabbisogno<br />
delle colture con la conseguenza che parte<br />
di essi, se mal gestiti, va ad inquinare le<br />
acque superficiali e parte, anche se minore,<br />
le acque di falda. Una corretta gestione<br />
11
dei reflui dovrebbe limitare fortemente i<br />
danni ma ciò presuppone l’esistenza di<br />
idonee strutture di stoccaggio e distribuzione<br />
e lascerebbe comunque aperto il<br />
problema delle eccedenze che andrebbero<br />
“esportate” in altre aziende prive di allevamento.<br />
Le aziende che producono latte<br />
hanno anche il problema dello smaltimento<br />
delle cosiddette acque derivanti dal<br />
dilavamento delle aree scoperte o paddock<br />
e di quelle provenienti dal lavaggio delle<br />
sale di mungitura. Queste acque presentano<br />
un carico inquinante decisamente<br />
meno elevato rispetto ai liquami zootecnici<br />
ma pur sempre 10-20 volte superiore a<br />
quello di un normale refluo urbano: ciò<br />
significa che non è possibile scaricarli<br />
direttamente nelle acque superficiali. Le<br />
alternative possibili sono due: immettere<br />
queste acque nelle vasche dei liquami,<br />
comportando, così, la diluizione di questi<br />
ultimi e facendo aumentare i costi di distribuzione,<br />
oppure trattarle separatamente<br />
in appositi impianti estesi o compatti. In<br />
quest’ultimo caso è ovvio che l’obiettivo<br />
non può che essere quello di rispettare i<br />
limiti di accettabilità contenuti nel<br />
D.L.vo 152/99.<br />
Anche per una corretta gestione dei<br />
reflui zootecnici è necessaria idonea preparazione<br />
per poter programmare, sulla<br />
base dell’andamento meteo, del tipo di<br />
suolo e del grado di sviluppo delle colture,<br />
l’ammontare di reflui da spandere in<br />
ogni momento dell’anno.<br />
La sicurezza, infine, è l’ultima o, forse,<br />
la prima delle sfide che deve affrontare<br />
l’allevatore. Lavorare e far lavorare in sicurezza<br />
la manodopera in un ambiente salubre<br />
e ben progettato, non solo facilita l’esecuzione<br />
corretta dei compiti assegnati<br />
agli addetti ma permette anche di ridurre<br />
gli errori. Del pacchetto sicurezza oltre ai<br />
problemi luce, energia, elettrica, umidità,<br />
temperatura, rumore, scivolosità ecc.fa<br />
parte anche la gestione dell’orario di lavoro,<br />
dei riposi e del numero di operazioni<br />
richieste agli addetti. Inoltre, un aspetto<br />
particolare è legato alla trasmissione di<br />
malattie dagli animali all’uomo (zoonosi)<br />
e ai traumi derivanti dalla necessità di<br />
entrare in stretto contatto con l’animale<br />
(zampate, schiacciamento di piedi ecc.).<br />
<strong>Il</strong> datore di lavoro deve rilevare i pericoli<br />
presenti nell’allevamento e definirne<br />
12<br />
Alta Qualità<br />
il livello di rischio, informando gli addetti,<br />
allo scopo di ridurre la probabilità di<br />
avere incidenti o di creare le premesse per<br />
la comparsa di malattie professionali.<br />
Occorre considerare che, molto spesso,<br />
la manodopera che lavora in ambito<br />
zootecnico è poco qualificata o proviene<br />
da culture in cui il rispetto per il lavoratore<br />
viene ancora considerato elemento di<br />
disturbo per una “sana” produttività del<br />
lavoro.<br />
Riassumendo, l’allevamento delle<br />
bovine ha come scopo la produzione di<br />
latte o di carne. <strong>Il</strong> prodotto principale,<br />
anche in relazione alle successive attività<br />
di trasformazione, è però il latte.<br />
La produzione di latte, in termini qualitativi<br />
e quantitativi, dipende in larga<br />
misura, oltre ché dall’alimentazione, dalla<br />
genetica ecc. dall’ambiente, in senso lato,<br />
che si viene a creare all’interno della stalla.<br />
Gli aspetti da considerare riguardano:<br />
– l’igiene;<br />
– l’ambiente fisico;<br />
– l’etologia e il benessere animale;<br />
– l’organizzazione del lavoro.<br />
Bovine e stalla sono mezzi fisici destinati<br />
a interagire per raggiungere gli obiettivi<br />
di produzione prefissati. Ma mentre le<br />
bovine vengono progressivamente sostituite,<br />
la stalla rimane e qualsiasi difetto a<br />
livello progettuale e realizzativo si ripercuote<br />
nel tempo sugli animali, sulla produzione<br />
e, in definitiva, sulla gestione<br />
(Figura 4).<br />
Occorre, pertanto, avere ben chiari gli<br />
elementi progettuali da adottare in fase di<br />
realizzazione e successiva gestione della<br />
stalla.<br />
La produzione di latte è soggetta a<br />
regolamentazione. La normativa di riferi-<br />
Figura 4 – I difetti nella costruzione della stalla, in<br />
questo caso relativi alla ventilazione, si ripercuotono<br />
sugli animali e sulla gestione quotidiana
mento è il DPR 54 del 14/1/97: regolamento<br />
di attuazione delle direttive 92/46<br />
e 92/47 CEE in materia di produzione e<br />
immissione sul mercato di latte e prodotti<br />
a base di latte.<br />
<strong>Il</strong> decreto ha lo scopo di garantire l’uniformità<br />
dei controlli alla produzione e<br />
alla trasformazione prevedendo requisiti<br />
strutturali e igienico-sanitari comuni,<br />
definititi tramite la registrazione delle stalle<br />
e il riconoscimento degli stabilimenti.<br />
Ai produttori è lasciata la responsabilità<br />
primaria del rispetto delle norme,<br />
estendendo così il principio dell’autocontrollo<br />
anche alla filiera latte.<br />
2 – GENERALITÀ<br />
2.1 - Scelta del sito<br />
<strong>Il</strong> luogo su cui deve sorgere la stalla<br />
deve essere idoneo. Sembra una frase<br />
scontata ma basta guardarsi attorno per<br />
TABELLA 1<br />
Elementi da considerare per la scelta del sito<br />
Elemento da considerare Valutazione<br />
SI NO<br />
Acqua<br />
• qualità acqua<br />
• quantità acqua<br />
(almeno 100 l/capo◊giorno)<br />
Evacuazione acque<br />
- - - - - - - -<br />
• pendenza - - - - - - - -<br />
• orizzonte sottosuperficiale - - - - - - - -<br />
• profondità falda - - - - - - - -<br />
• presenza zone critiche (pozzi,<br />
corsi d’acqua naturali) - - - - - - - -<br />
Fabbisogno di spazio stalla<br />
• zona di riposo - - - - - - - -<br />
• zona di mungitura - - - - - - - -<br />
• accesso del trasportatore latte - - - - - - - -<br />
• movimento bovine - - - - - - - -<br />
• trattamento acque luride - - - - - - - -<br />
• silo per foraggi - - - - - - - -<br />
• ricovero fieno e paglia - - - - - - - -<br />
• ricovero macchine - - - - - - - -<br />
• sili per cereali - - - - - - - -<br />
• bestiame da rimonta - - - - - - - -<br />
• stoccaggio reflui - - - - - - - -<br />
• distanze antincendio - - - - - - - -<br />
• traffico veicoli aziendali - - - - - - - -<br />
• parcheggio veicoli - - - - - - - -<br />
Fattori extra-aziendali<br />
• leggi e regolamenti edilizi - - - - - - - -<br />
• requisiti PRG e PSA - - - - - - - -<br />
• distanze da abitazioni, strade,<br />
corsi d’acqua - - - - - - - -<br />
• requisiti anti inquinamento - - - - - - - -<br />
• isolamento - - - - - - - -<br />
• zone di protezione pozzi - - - - - - - -<br />
Alta Qualità<br />
capire che non lo è. L’obiettivo che ci si<br />
deve porre è pensare al futuro, non replicare<br />
il passato. Occorre, cioè, pensare se si<br />
desidera ingrandirsi e rinnovarsi o se si<br />
deve sostituire un edificio ormai decadente.<br />
Non bisogna aver paura di realizzare la<br />
stalla dei sogni o di puntare il più possibile<br />
ad essa. <strong>Il</strong> futuro prossimo è rappresentabile<br />
attraverso lo studio dell’evoluzione<br />
avvenuta negli allevamenti nel corso degli<br />
ultimi 15 anni. Si ricordano, a questo<br />
proposito, alcuni elementi chiave:<br />
– passaggio dall’alimentazione tradizionale,<br />
con foraggio verde, a unifeed;<br />
– incremento di oltre il 30% nella produttività<br />
media delle bovine (oggi, di<br />
fatto, vicina a 9.000 kg/anno-capo);<br />
– introduzione di sistemi di monitoraggio<br />
elettronici della produzione delle bovine,<br />
della loro attività e della gestione dell’alimentazione<br />
individuale o per gruppi;<br />
– legislazione sulla zootecnia biologica e,<br />
Elemento da considerare Valutazione<br />
SI NO<br />
Reti di servizio<br />
• distanze da rete idrica, gas,<br />
elettricità, fognante, telefonica<br />
e strada principale - - - - - - - -<br />
• modalità di collegamento<br />
- fuori terra - - - - - - - -<br />
- interrate - - - - - - - -<br />
• prevenzione e protezione incendi - - - - - - - -<br />
• sicurezza per personale ed estranei - - - - - - - -<br />
• protezione da intrusioni esterne - - - - - - - -<br />
Clima<br />
• venti prevalenti per la ventilazione - - - - - - - -<br />
• formazione cumuli di neve<br />
e loro rimozione - - - - - - - -<br />
• problemi da piogge torrenziali - - - - - - - -<br />
• orientamento della stalla - - - - - - - -<br />
Reflui<br />
• leggi sulla protezione<br />
dall’inquinamento delle acque<br />
e dell’aria - - - - - - - -<br />
• ubicazione e drenaggio della<br />
letamaia - - - - - - - -<br />
• area di stoccaggio - - - - - - - -<br />
• valutazione dei suoli in relazione<br />
allo stoccaggio - - - - - - - -<br />
• direzione prevalente dei venti in<br />
relazione alla diffusione di odori - - - - - - - -<br />
Ubicazione<br />
• rapporto con edifici esistenti<br />
in relazione alle possibilità<br />
di espansione - - - - - - - -<br />
• distanze che devono essere<br />
percorse dalle bovine - - - - - - - -<br />
13
incombente, sul benessere animale;<br />
– gestione e mercato delle quote latte;<br />
difficoltà di reperimento manodopera...<br />
Va valutata, inoltre, la possibilità di<br />
espansione dei centri abitati vicini o l’esistenza<br />
di proposte di modifica del piano<br />
regolatore ecc.<br />
Nel considerare le possibilità di espansione<br />
occorre tener presente la necessità di<br />
separare il nuovo edificio , da quelli esistenti,<br />
di almeno 30 m.<br />
14<br />
Alta Qualità<br />
Figura 5 a – Situazione attuale dell’azienda, possibili aree di sviluppo e utilizzazione delle terre confinanti<br />
(rielaborata da Penn State, 1998)<br />
Figura 5 b – Proposta di ubicazione della nuova stalla in relazione all’azienda esistente e previsione di futura<br />
espansione (rielaborata da Penn State, 1998)<br />
La documentazione necessaria per la<br />
corretta scelta del sito è costituita da:<br />
– mappa catastale;<br />
– piano regolatore;<br />
– piano di settore;<br />
– CTR e ortofocarta;<br />
– mappa dei suoli.<br />
Nella fase preliminare della progettazione<br />
vanno coinvolte persone esterne<br />
esperte, incluso il veterinario aziendale,<br />
che possono fornire suggerimenti preziosi.
Una volta definito in prima approssimazione<br />
il luogo, occorre verificare:<br />
– la disponibilità di acqua;<br />
– le possibilità di drenaggio delle acque<br />
piovane;<br />
– la superficie globale interessata dalla<br />
nuova stalla, includendo anche le strade<br />
di accesso;<br />
– i fattori extraaziendali (normative sulla<br />
gestione dei reflui, IPCC ecc.);<br />
– l’accesso e il collegamento con la viabilità<br />
principale;<br />
– la distanza da rete idrica, elettrica, del<br />
gas, telefonica;<br />
– il rapporto con gli edifici esistenti,<br />
anche in termini architettonici.<br />
<strong>Il</strong> clima della zona, inclusa la ventosità,<br />
costituisce, invece, informazione di<br />
primaria importanza per definire la struttura<br />
della futura stalla.<br />
Procedere, quindi, gradualmente,<br />
seguendo la tabella 1, a definire la possibile<br />
collocazione del fabbricato in relazione<br />
ai vari elementi e l’esempio di figura 5.<br />
2.2 - Aspetti costruttivi<br />
Per la progettazione della stalla occorre<br />
stabilire quali sono i carichi a cui è sottoposto<br />
l’edificio (vento e neve) e il tipo di<br />
fondazione da realizzare. Va valutata, in<br />
particolare, la capacità portante del suolo<br />
su cui sorgerà la stalla, che può differire da<br />
quello di fabbricati non lontani, soprattutto<br />
in aree alluvionali.<br />
Per le opere da eseguire si può far riferimento<br />
alla lista contenuta in tabella 2.<br />
2.3 - La futura stalla<br />
Alta Qualità<br />
Al momento di progettare la nuova<br />
stalla occorre decidere che tipo di ambiente<br />
si desidera ottenere, in inverno, al suo<br />
interno:<br />
– freddo (ovvero simile all’ambiente esterno);<br />
– modificato (ovvero si adottano sistemi<br />
per modificare la velocità dell’aria);<br />
– caldo (ovvero più caldo, rispetto all’esterno).<br />
Nel passato vi era la tendenza, causa<br />
del tipo di stabulazione (fissa alla posta), a<br />
realizzare ambienti caldi all’interno dei<br />
quali potevano convivere anche gli uomini<br />
addetti alla stalla.<br />
In una stalla moderna a stabulazione<br />
libera l’addetto spende la maggior parte<br />
del tempo in sala di mungitura e, quindi,<br />
è quella la zona in cui occorre eventualmente<br />
intervenire con il riscaldamento.<br />
La stalla fredda: comincia ora a diffondersi<br />
in modo significativo anche nel<br />
nostro paese, anche se mancano indicazioni<br />
progettuali puntuali per i nostri<br />
ambienti (figura 6).<br />
Una stalla fredda presenta un tetto<br />
TABELLA 2<br />
Fattori di scelta relativi alle principali componenti edilizie da confrontare con i regolamenti edilizi attuali<br />
Componente Elementi da considerare<br />
Fondazione Tipo di suolo e capacità di carico<br />
Drenaggio<br />
Pareti laterali Altezza<br />
Materiale ancorato ai pilastri<br />
su fondazione propria<br />
Pavimentazione Piena o fessurata raschiatori<br />
flushing<br />
Tetto Materiale di copertura<br />
Isolamento<br />
Pendenza<br />
Non isolato<br />
Leggermente isolato<br />
Isolato<br />
Porte e portoni Materiali<br />
Senso di apertura<br />
Uscite di emergenza<br />
Strutture speciali Serramenti<br />
Camini o cupolini di scarico<br />
Avvolgitori di teli esterni<br />
15
non isolato o, al massimo, dotato di un<br />
sottile strato isolante posto sotto il manto<br />
di copertura (in coppi, marsigliesi, fibrocemento,<br />
lamiera ondulata ecc.). Nelle<br />
zone ventose le pareti possono essere chiuse<br />
da cortine semipermeabili o impermeabili<br />
in plastica. In cima al tetto è sempre<br />
presente il cupolino, o dei camini, di scarico<br />
dell’aria calda e umida.<br />
Con –10°C all’esterno, all’interno vi<br />
possono essere temperature comprese fra<br />
–5 e 0°C e ciò significa dover riscaldare gli<br />
abbeveratoi, interrare le condutture (o isolarle<br />
adeguatamente) e rimuovere frequentemente<br />
i liquami per impedire la<br />
formazione di ghiaccio.<br />
I principali problemi che si incontrano<br />
in una stalla fredda sono:<br />
– possibile ingresso di pioggia o neve dal<br />
colmo del tetto (eliminabile con la<br />
copertura del cupolino);<br />
– frequente formazione di condensa nei<br />
periodi freddi (con isolamento ridotto o<br />
nullo in inverno è essenziale mantenere<br />
relativamente elevati livelli di portata<br />
d’aria);<br />
– possibile presenza di correnti d’aria;<br />
– zona di lavoro non confortevole per<br />
l’addetto.<br />
La formazione di umidità, peraltro, è<br />
particolarmente dannosa per le componenti<br />
metalliche che possono arrugginire<br />
velocemente.<br />
La stalla ad ambiente modificato: il tetto<br />
è isolato con 3-5 cm di polistirolo o<br />
poliuretano protetti da un foglio plastico<br />
rigido. Ciò significa un extra costo di oltre<br />
150 euro per capo, ma vengono eliminati<br />
i problemi di formazione di ghiaccio<br />
all’interno della stalla, e la formazione di<br />
condensa. La temperatura è di poco superiore<br />
a 0°C. La ventilazione è controllata<br />
agendo sulla apertura delle finestrature.<br />
16<br />
Alta Qualità<br />
Figura 6 – Moderno allevamento da latte progettato<br />
con lo scopo di favorire la ventilazione naturale<br />
Figura 7 – La ristrutturazione di una stalla può essere<br />
accettabile solo se non si creano situazioni sfavorevoli<br />
per gli animali e la manodopera<br />
Le stalle calde: Tetto e pareti vengono<br />
isolati. <strong>Il</strong> maggior costo è di oltre 500<br />
euro/capo. Una stalla calda mantiene una<br />
temperatura interna di 8-10 °C nei periodi<br />
più freddi. Questo tipo di stalla è più<br />
idonea per le zone in cui si pratica la sola<br />
stabulazione invernale e il pascolo estivo<br />
(es. zone di montagna).<br />
2.4 - La trasformazione di edifici<br />
esistenti<br />
In molti casi l’allevatore non può procedere<br />
alla costruzione di un nuovo edificio<br />
e si deve orientare sulla ristrutturazione<br />
di un edificio esistente. Non sempre si<br />
tratta della scelta migliore e per evitare<br />
problemi è opportuno (fin dall’inizio)<br />
coinvolgere nel progetto più esperti (Figura<br />
7).<br />
Nella fase di progetto occorre considerare<br />
il movimento delle bovine da e per l’edificio,<br />
la mungitura, la gestione dei reflui,<br />
la ventilazione estiva ed invernale, il fabbisogno<br />
di manodopera, la somministrazione<br />
degli alimenti, l’abbeverata, l’accesso di<br />
macchine e attrezzi e il benessere animale.<br />
Se risulta impossibile trovare una soluzione<br />
anche per uno solo degli aspetti citati ,<br />
allora è meglio non procedere alla ristrutturazione.<br />
Compromessi sono accettabili<br />
solo se l’uso del fabbricato ristrutturato si<br />
protrae per pochissimi anni.<br />
<strong>Il</strong> costo di una corretta ristrutturazione<br />
non deve superare i 2/3 di quello di un<br />
nuovo impianto. Superando la soglia del<br />
50% occorre fare molta attenzione.<br />
Vi sono però molti esempi di trasformazione<br />
efficace:<br />
– vecchie stalle a stabulazione fissa trasformate<br />
in sala di mungitura;<br />
– vecchie stalle o fienili o depositi macchine<br />
con pareti laterali alte > 3,5 m tra-
sformati in stalle a cuccette o lettiera<br />
permanente;<br />
– vecchie stalle con fienile sovrastante cui<br />
è stata tolta la soletta intermedia e<br />
aggiunto un capolino di scarico per<br />
consentire la realizzazione di una struttura<br />
con ventilazione naturale.<br />
2.5 - <strong>Il</strong> benessere delle bovine<br />
Nel trattare il tema del benessere,<br />
occorre partire dal concetto di ambiente<br />
in senso lato. Esso è la somma di tutte le<br />
condizioni esterne (fisiche, sociali ed etologiche,<br />
climatiche) che agiscono sull’animale<br />
(Figura 8).<br />
Se l’ambiente non è idoneo si manifestano<br />
segni di stress. Stress significa pressione,<br />
azione…. Ma Hans Selye lo ha<br />
definito “risultato prodotto in un organismo<br />
a causa di un altro agente”.<br />
Lo stress è uno stato manifestato da<br />
una sindrome conosciuta come “sindrome<br />
generale di adattamento”, composta da tre<br />
stadi, allarme, resistenza, esaurimento.<br />
Allarme: aumenta la frequenza cardiaca,<br />
il respiro diventa affannoso, il sangue<br />
va verso muscoli e cervello, la milza rilascia<br />
i globuli rossi, il fegato immette vitamine<br />
(b e c) e saccarosio, viene immesso<br />
HCl nello stomaco, aumenta la tensione<br />
muscolare….; resistenza: l’organismo è<br />
mobilitato per combattere l’agente stres-<br />
Figura 9 – Influenza dell’ambiente sulla produttività<br />
delle bovine<br />
Alta Qualità<br />
sante; esaurimento: è la conseguenza di<br />
una fase di resistenza troppo prolungata, il<br />
corpo non è più in grado di difendersi.<br />
Le strutture di stabulazione devono<br />
soddisfare alle esigenze sia dell’allevatore<br />
sia dell’animale.<br />
L’attuale sistema di allevamento intensivo,<br />
dipende dal ruolo svolto dall’uomo,<br />
che attraverso il controllo degli animali, la<br />
realizzazione di idonee strutture e una<br />
adeguata gestione, consente di ottenere il<br />
massimo delle potenzialità produttive e<br />
riproduttive dalle bovine.<br />
Le strutture di stabulazione dovrebbero<br />
tenere in considerazione le caratteristiche<br />
biologiche degli animali, compresi gli<br />
aspetti comportamentali. Dal punto di<br />
vista del benessere, vanno valutate le possibilità<br />
di adattamento degli animali e la<br />
loro possibilità di usufruire delle cosiddette<br />
“cinque libertà che sono: 1) libertà dalla<br />
fame; 2) da disagio fisico e termico; 3)<br />
da traumi e malattie; 4) da paura e stress;<br />
5) dall’annullamento del comportamento<br />
“normale”.<br />
In alcune nazioni i codici di buona<br />
pratica forniscono una serie di norme per<br />
l’allevamento intensivo, riguardanti le<br />
strutture di stabulazione, le precauzioni<br />
da prendere per evitare danni accidentali<br />
agli animali, i sistemi di ventilazione e di<br />
condizionamento ambientale, di distribuzione<br />
dell’alimento e dell’acqua; lo spazio<br />
da fornire ai soggetti, e infine i principi da<br />
applicare per la gestione, ma ciò ancora<br />
non esiste a livello nazionale.<br />
<strong>Il</strong> confinamento degli animali in<br />
ambienti protetti presenta, quindi, lati<br />
positivi e negativi. Positiva è la possibilità<br />
di ottenere un maggior controllo dell’alimento<br />
ingerito, di ridurre le spese di energia<br />
per il movimento degli animali. Negativo<br />
è, invece, il ridurre al minimo gli spazi<br />
concessi a ciascun capo che si viene così<br />
a trovare in un ambiente chiuso e a stretto<br />
contatto con gli altri simili.<br />
Situazioni di stabulazione eccessivamente<br />
costrittive impediscono agli animali<br />
lo svolgimento delle cinque funzioni<br />
considerate dagli etologi come fondamentali:<br />
stare in posizione eretta (1) o sdraiata<br />
(2), girarsi (3), pulirsi (4) e “stirare” o distendere<br />
muscoli (5).<br />
<strong>Il</strong> confinamento, in genere, accresce il<br />
rischio di propagazione di malattie infetti-<br />
17
ve e, soprattutto, di quelle a carico dell’apparato<br />
respiratorio e favorisce, se non<br />
ben realizzato, l’aggressione da parte di<br />
microrganismi opportunisti che trovano,<br />
in un organismo debilitato da condizioni<br />
di stabulazione stressanti, comodo terreno<br />
di sviluppo.<br />
Animali che non possono evitare l’aggressività<br />
di altri animali non possono<br />
mettere in atto la risposta adeguata e ciò<br />
porta a malattie, dipendenza da farmaci a<br />
interventi chirurgici (decornificazione).<br />
Igiene e farmaci possono prevenire malattie<br />
da stress ma l’agente stressante rimane<br />
(Figura 9). Perciò l’assenza di malattie cliniche<br />
non è indice di benessere.<br />
L’uomo ha operato una selezione molto<br />
orientata alla valorizzazione di certe attitudini<br />
produttive che introducono ulteriori<br />
vincoli per il progettista. Infatti, le vacche<br />
che producono molto latte sono ipertiroidee<br />
e, pertanto, hanno maggior bisogno<br />
di ossigeno e, quindi, abbisognano di<br />
ambienti ventilati. Per esse occorre evitare<br />
la stabulazione fissa per tutto l’anno.<br />
Un sistema di allevamento idoneo<br />
dovrebbe garantire (secondo la Convenzione<br />
Europea sulla Protezione degli Animali<br />
negli Allevamenti del 1992) che ha<br />
recepito le indicazioni prima esposte:<br />
– libertà di effettuare movimenti fisici<br />
naturali;<br />
– libertà da paura e stress;<br />
– libertà da ferite e malattie;<br />
– possibilità di vivere insieme ad animali<br />
della stessa specie;<br />
– condizioni ambientali idonee;<br />
– adeguati spazi per riposare, dormire e<br />
cura del corpo;<br />
– disponibilità di alimenti e acqua;<br />
– possibilità di effettuare le attività naturali;<br />
– possibilità di “giocare”.<br />
Le esigenze dell’uomo spesso sono<br />
conflittuali con quelle degli animali.<br />
La Commissione Europea ha indicato<br />
nel miglioramento delle condizioni di<br />
benessere il maggiore degli obiettivi da<br />
raggiungere per i 700 milioni di animali<br />
allevati all’interno dell’Unione.<br />
La legislazione non è conosciuta dal<br />
grande pubblico che, peraltro, ignora il<br />
funzionamento dei sistemi di produzione<br />
attuali. Non esistono ancora normative<br />
specifiche per i bovini da latte anche se si<br />
18<br />
Alta Qualità<br />
Figura 10 – Meccanismi di risposta alle situazioni<br />
competitive e alla densità<br />
può far riferimento alle direttive sulla produzione<br />
biologica.<br />
Benessere è, quindi, realizzare strutture<br />
idonee e, soprattutto, sottoporre gli animali<br />
a un trattamento adeguato da parte di<br />
persone responsabili con carattere paziente,<br />
metodico e coscienti delle necessità<br />
degli animali stessi, considerando anche la<br />
possibilità di effettuare interventi preventivi<br />
per limitare la loro aggressività.<br />
Per ottenere buone vacche occorre<br />
allevare adeguatamente le manze. A esempio<br />
il vizio di succhiare la mammella di<br />
un’altra bovina può essere ridotto se i<br />
vitelli vengono allevati in gabbiette individuali.<br />
2.6 – Terminologia<br />
Esiste una terminologia propria di<br />
questo specifico settore produttivo.<br />
Vitello o vitelle: età < 6 mesi (regolamento<br />
UE: peso fino a 220 kg, senza denti<br />
da adulto; paesi extra UE: peso fino a<br />
80 kg); Manzette: 6-12 mesi; Manze: 12-<br />
20 mesi; Giovenche: prima gravidanza;<br />
Vacche: dopo il parto; Scottone: giovenche<br />
di 22-36 mesi non gravide che vengono<br />
ingrassate;. Torelli: 6-18 mesi; Tori: > 18<br />
mesi; Vitello da latte: maschio o femmina<br />
di 3-4 mesi, alimentato con latte, peso<br />
180-200 kg, a carne bianca; Vitellone precocissimo:<br />
maschio intero di 8-11 mesi,<br />
peso 300-350 kg, a carne rosa; Vitellone
precoce: 11-14 mesi, peso 400-450 kg, a<br />
carne rossa; Vitellone: 14-16 mesi, peso<br />
450-500 kg; Manzo: vitellone castrato;<br />
Bue grasso: maschio castrato, 30-36 mesi,<br />
700-800 kg.<br />
2.7 – I parametri di allevamento<br />
Obiettivo dell’allevamento è quello di<br />
far partorire una vacca con una cadenza di<br />
poco superiore all’anno (0,95 parti/anno<br />
costituiscono il valore ottimale) per ottenere<br />
la massima produzione di latte con il<br />
minor consumo di alimenti.<br />
La vacca viene di nuovo coperta dopo<br />
60 gg dal parto. <strong>Il</strong> tasso di rilevamento dei<br />
calori va dal 40 al 45%. La lattazione dura<br />
circa 300 gg. <strong>Il</strong> periodo di asciutta, che<br />
precede il parto successivo, dura da 45 a<br />
Figura 10 – Distanza raggiunta dalla bocca (da Hoepli,<br />
1997)<br />
Figura 11 – Principali movimenti compiuti dagli animali (da Hoepli, 1997)<br />
Alta Qualità<br />
60-80 gg. <strong>Il</strong> parto avviene all’età di 2,2-<br />
2,4 anni e la carriera dura 5-6 parti. La<br />
rimonta (tasso di sostituzione degli animali)<br />
va dal 20 al 30% in relazione alle condizioni<br />
sanitarie, selettive ecc..<br />
Al vitello appena nato viene somministrato<br />
il colostro per 3-4 giorni. Esso viene<br />
poi allattato con latte naturale o rigenerato,<br />
e svezzato a 5-12 settimane in funzione<br />
della destinazione (se da ingrasso o da<br />
rimonta).<br />
<strong>Il</strong> toro inizia l’attività a 18 mesi e viene<br />
scartato a 7-8 anni.<br />
2.8 - Dimensione degli animali<br />
E’ essenziale conoscere le dimensioni<br />
animali e i loro requisiti di spazio per evitare<br />
problemi con poste, cuccette, gabbie<br />
ecc. Sono importanti sia le dimensioni statiche<br />
sia quelle degli animali in movimento.<br />
Le dimensioni statiche degli animali<br />
(altezza, lunghezza, larghezza) sono in<br />
relazione a età, sesso, peso e razza (Tabella<br />
3). Le dimensioni dinamiche si riferiscono<br />
al movimento per sdraiarsi, alzarsi, mangiare,<br />
defecare e per la deambulazione<br />
(Figure 10 e 11). Dato che le dimensioni<br />
degli animali variano in relazione alla razza<br />
e alla selezione, è evidente che le attrezzature<br />
andranno scelte partendo proprio<br />
dalla valutazione della loro compatibilità<br />
con le dimensioni degli animali. Va però<br />
19
fatto notare che, per le condizioni dinamiche,<br />
esiste la possibilità di adattamento<br />
del movimento naturale a quello imposto<br />
dalla particolare struttura. Ciò non significa<br />
che l’attrezzatura è buona ma che l’animale<br />
si adatta, e ciò può essere fonte di<br />
stress.<br />
2.9 - Requisiti ambientali<br />
I requisiti ambientali per bovini variano<br />
in relazione all’età degli animali e allo<br />
20<br />
Alta Qualità<br />
TABELLA 3<br />
Caratteristiche dimensionali dei bovini<br />
Età Peso Dimensioni (cm)<br />
(kg) L1 L2 L3 l 1 l 2 H<br />
0-14 giorni 40 76 105 22 77<br />
50 85 118 25 81<br />
14 gg-3 mesi 85 91 128 29 87<br />
120 95 132 32 89<br />
3-6 mesi 135 106 148 38 96<br />
160 113 158 39 108<br />
180 117 165 40 103<br />
220 124 173 44 107<br />
6 mesi-1 anno 250 129 183 190 47 80 111<br />
300 135 190 200 50 80 116<br />
350 143 200 210 53 80 120<br />
400 151 210 215 59 80 125<br />
1-2 anni 450 156 215 220 62 100 128<br />
500 158 220 225 63 105 131<br />
Peso Dimensioni (cm)<br />
(kg) L1 L2 L3 l 1 l 2 H H 1<br />
500 158 220 225 63 105 131 135<br />
550 160 225 225 64 110 135 138<br />
600 163 230 230 65 110 138 140<br />
650 165 235 235 67 115 142 143<br />
700 168 240 240 70 120 144 146<br />
stato produttivo (Tabella 4). Un vitello<br />
neonato esprime le migliori prestazioni a<br />
temperature comprese fra +15 e +20°C, se<br />
tenuto in una gabbietta dotata di pavimento<br />
fessurato e di recinzione in tubolare<br />
d’acciaio o di legno ma è sufficiente<br />
mettere una lettiera di paglia per far<br />
abbassare a –5° la temperatura minima<br />
alla quale si manifestano segni di stress<br />
termico.<br />
I bovini adulti soffrono meno le basse<br />
temperature (-5, -10 °C) rispetto alle alte
TABELLA 4<br />
Fabbisogni ambientali per i bovini<br />
temperature, purché l’aria sia asciutta e<br />
non vi siano correnti d’aria. In generale, le<br />
bovine non amano l’esposizione al sole in<br />
estate.<br />
In definitiva, le vacche hanno ottima<br />
capacità di adattamento all’ambiente e al<br />
regime alimentare ma occorre garantire un<br />
ambiente:<br />
– asciutto;<br />
– pulito;<br />
– fresco;<br />
– non fangoso.<br />
Le superfici su cui debbono camminare<br />
le bovine non devono essere scivolose.<br />
<strong>Il</strong> concetto di ambiente tocca anche<br />
altri aspetti, essendo, per l’animale, la<br />
somma di tutte le condizioni esterne che<br />
influenzano i suo sviluppo, le sue reazioni,<br />
la sua crescita. <strong>Il</strong> termine “ambiente” può<br />
comprendere il tipo di pavimento, il tipo<br />
di attrezzature di sconfinamento. Normalmente<br />
l’ambiente viene suddiviso nei<br />
diversi fattori caratterizzanti: fisici e climatici<br />
(spazio disponibile, luce, radiazione,<br />
suono, pressione, attrezzature, numero<br />
di animali per gabbia o recinto, gerarchia<br />
sociale, dieta, regime alimentare,<br />
sistema di svezzamento ecc.. Se l’ambiente<br />
non è confortevole, nell’animale subentra<br />
uno stato di stress.<br />
Non c’è bisogno che le condizioni di<br />
stress siano evidenti: un animale può sembrare<br />
tranquillo, ma vi può essere ugual-<br />
Alta Qualità<br />
Parametro considerato Categoria Condizione Temperatura (°C)<br />
- Vitelli neonati Alla nascita: +10° +15°; successivamente scende<br />
gradualmente; >30° e
Con temperature medie ambientali<br />
elevate (oltre 26-28°C) la vacca da latte di<br />
alta produzione non può mantenere<br />
costante il valore della sua temperatura<br />
corporea ed entra in uno stato di stress da<br />
caldo. In questa situazione la temperatura<br />
22<br />
Alta Qualità<br />
TABELLA 5<br />
Principali gas tossici presenti nell’ambiente di allevamento e relativo effetto fisiologico.<br />
Gas Odore e Concentrazione Massima Valori Effetto fisiologico<br />
caratteristiche minima per concentrazione rilevati a diverse<br />
dei gas sentirne l’odore ammissibile* (p.p.m.) concentrazioni**<br />
(p.p.m.) (p.p.m.) (p.p.m.)<br />
Ammoniaca NH3 Forte, pungente, 5,3 50 (10) 170 100-800: irritazione gola e occhi<br />
irritante 1700: tosse e catarro<br />
3000: asfissiante<br />
5000: può essere letale<br />
Anidride Nessuno, - 5000 (3500) 2000 30000: aumenta ritmo<br />
carbonica CO2 asfissiante respiratorio<br />
60000: respiro pesante<br />
250000: può essere letale<br />
per poche ore di esposizione<br />
Acido solfidrico Uova marce, 0,7 10 (5) 0,3-800 20-150: irritazione occhi e naso<br />
H2S nauseante 200: mal di testa<br />
velenoso 500: nausea<br />
700-1000: può essere letale<br />
per pochi secondi di esposizione<br />
*: concentrazione massima ammessa per un uomo che lavora 8 h; per gli animali il valore deve essere inferiore perché<br />
permangono nell’ambiente. Fra parentesi sono indicati i valori accettabili per permanenza illimitata;<br />
**: questi valori si riferiscono a persone o animali adulti di circa 70 kg di peso; gli animali più leggeri subiscono<br />
gli effetti negativi a più basse concentrazioni, perciò vitelli, suinetti e pollame sono maggiormente esposti.<br />
p.p.m.: parti per milione (da: Manuale di agricoltura, Hoepli)<br />
TABELLA 6<br />
Effetto dell’ombra e della radiazione solare sulle bovine da latte<br />
Parametro Ombra Radiazione solare<br />
Temperatura del corpo nero (°C) 28,4 36,7<br />
Temperatura rettale (°C) 38,8 40,0<br />
Respirazione (cicli/min) 77 114<br />
Produzione di latte (kg/giorno) 16,6 15,0<br />
Concepimenti (%) 44 25<br />
Mastiti cliniche (%) 9 19<br />
Figura 12 – Spesso nelle stalle vengono inseriti ventilatori<br />
per consentire la circolazione dell’aria in periodo<br />
estivo<br />
rettale aumenta di 1-1,5°C sopra il livello<br />
normale (38-38,5°C) e peggiorano gli<br />
indici di produzione e fertilità (Tabella 6).<br />
L’effetto del calore sulle bovine è proporzionale<br />
al livello di produzione: le vacche<br />
con più elevata produzione sono più sensibili<br />
di quelle con bassa produzione.<br />
<strong>Il</strong> fattore più importante che influenza<br />
le prestazioni delle bovine a più elevata<br />
produzione è la radiazione solare diretta,<br />
per cui il semplice ombreggiamento fornisce<br />
un grande aiuto. Nelle zone asciutte<br />
(con umidità relativa inferiore al 50%) si<br />
possono utilizzare sistemi evaporativi per<br />
raffrescare il bestiame. Questi sistemi vengono<br />
fatti operare ogni 2-3 ore. <strong>Il</strong> sistema<br />
di gran lunga più diffuso è, però, quello di<br />
installare ventilatori dentro le stalle (Figura<br />
12).<br />
La ventilazione, naturale, se ben eseguita,<br />
o quella artificiale, aiuta il bestiame<br />
a dissipare calore ma l’evaporazione del-
l’acqua sulla pelle porta a un aumento<br />
fino a cinque volte della quantità di calore<br />
dissipata.<br />
Fra le tante soluzioni sperimentate<br />
quella che sembra dare i migliori risultati<br />
prevede la combinazione di ventilatori<br />
con doccette poste sulla corsia di alimentazione<br />
che bagnano gli animali: dopo<br />
alcuni minuti entrano in funzione i ventilatori<br />
che asciugano le bovine rinfrescandole.<br />
I ventilatori sono di tipo assiale, a<br />
bassa prevalenza e in grado di spostare<br />
grande volumi di aria. Generalmente questi<br />
ventilatori non sono intubati. La verifica<br />
del successo della soluzione adottata<br />
va fatta osservando dapprima la quantità<br />
di sostanza secca ingerita e poi il livello di<br />
produzione di latte.<br />
2.10 - Tipologie costruttive<br />
Le tipologie costruttive dipendono in<br />
parte dall’ambiente (clima) in cui vengono<br />
allevate le bovine; dal tipo di produzione<br />
(biologica o meno), dalla disponibilità<br />
di foraggio nei diversi periodi dell’anno;<br />
dalle modalità di gestione dei reflui,<br />
dal costo della manodopera; dal regime<br />
fondiario, ecc. Questo fa sì che a parità di<br />
condizioni climatiche si possano riscontrare<br />
soluzioni costruttive diverse e con<br />
diverso grado di sofisticazione a livello<br />
impiantistico (figura 13).<br />
Così, in regioni a clima mite, le bovine<br />
possono essere stabulate sotto tettoie<br />
aperte con pareti ridotte al minimo; in<br />
altre regioni le stalle devono essere chiuse<br />
per conservare il calore e proteggere gli<br />
animali oltre ché il sistema di abbeveraggio<br />
e di mungitura ecc.<br />
In tutti i tipi di allevamento si possono<br />
riscontrare (l’elenco può essere ampliato)<br />
le seguenti strutture:<br />
– recinzioni permanenti (zone temperatocalde<br />
in cui le vacche pascolano per tutto<br />
il corso dell’anno; vi può essere al<br />
massimo la somministrazione aggiuntiva<br />
di concentrato e fieno in luogo dedicato);<br />
– recinzioni permanenti e tettoie (zone<br />
calde; foraggio e concentrati vengono<br />
portati agli animali);<br />
– recinzioni temporanee di limitazione<br />
del pascolo (zone a clima temperato e<br />
pascolo intensivo);<br />
Alta Qualità<br />
Figura 13 – Tipologie costruttive in relazione alle tecniche<br />
di allevamento (da Hoepli, 1997)<br />
– recinzioni di confinamento temporaneo<br />
degli animali (zone calde; alpeggi; gli<br />
animali vengono rinchiusi di notte e<br />
portati al pascolo di giorno);<br />
– stalle a stabulazione libera permanente<br />
(zone a clima temperato; tutto l’alimento<br />
viene portato agli animali);<br />
– stalle a stabulazione libera temporanea<br />
(zone a clima temperato; gli animali<br />
vengono tenuti nelle stalle solo in inverno<br />
in allevamenti di montagna o allevamenti<br />
biologici);<br />
– stalle a stabulazione fissa permanente<br />
(piccoli allevamenti delle zone a clima<br />
temperato-freddo; tutto l’alimento viene<br />
portato agli animali tutto l’anno);<br />
– stalle a stabulazione fissa temporanea<br />
(zone a clima temperato; gli animali<br />
vengono rinchiusi o per la stagione fredda<br />
o per una parte del giorno in stalle).<br />
Inoltre vi sono le seguenti strutture<br />
complementari:<br />
– sale di mungitura e locali latte;<br />
23
– strutture per trattamento sanitario e isolamento<br />
animali;<br />
– tettoie per deposito fieno e paglia;<br />
– sili per foraggi e cereali;<br />
– deposito alimenti concentrati.<br />
2.11 - Orientamento dei fabbricati<br />
In aree rurali, l’orientamento riveste<br />
un ruolo molto importante nel determinare<br />
le condizioni ambientali delle stalle.<br />
Da orientamento, forma e scelta dei<br />
materiali, dipendono anche le condizioni<br />
di illuminazione e temperatura all’interno<br />
dell’edificio nell’arco della giornata o dell’anno.<br />
<strong>Il</strong> sole, nelle diverse stagioni illumina<br />
solo parte dell’edificio. Nel periodo<br />
invernale, in particolare, il sole può essere<br />
ricevuto solo dalle pareti comprese nel<br />
quadrante Sud.<br />
Infine, le variazioni della temperatura<br />
24<br />
Alta Qualità<br />
Figura 14 – Orientamento di un edificio con lato<br />
completamente aperto che dà sulla corsia di alimentazione<br />
(da Hoepli, 1997)<br />
Figura 15 – Orientamento di un edificio chiuso con<br />
corsia di alimentazione centrale<br />
dell’aria nell’arco della giornata e dell’anno,<br />
dipendono dall’energia solare incidente.<br />
L’orientamento dell’edificio deve tener<br />
conto dei seguenti elementi: protezione<br />
contro i venti dominanti, soleggiamento<br />
ottimale dell’edificio, posizione in relazione<br />
agli altri edifici esistenti e agli ostacoli<br />
naturali che potrebbero creare correnti<br />
d’aria (effetto corridoio).<br />
Nel caso di edifici aperti su un lato, il<br />
lato chiuso va posto in direzione Nord per<br />
consentire al lato aperto di poter usufruire<br />
dell’irraggiamento solare (Figura 14).<br />
A causa della direzione dei venti dominanti<br />
potrà essere prevista una rotazione<br />
dell’asse principale verso Est (Figura 15).<br />
Se l’edificio è chiuso, l’orientamento è<br />
meno importante. L’asse principale orientato<br />
perpendicolarmente ai venti dominanti<br />
permetterà una migliore ventilazione<br />
dell’edificio sfruttando l’effetto vento.<br />
Se l’edificio è molto grande si potrà<br />
ugualmente orientare una testata contro<br />
vento a condizione che questo sia chiuso<br />
con una rete frangivento o con un telo<br />
plastico ad apertura regolabile.<br />
2.12 - Recinzioni per bovini al<br />
pascolo<br />
Sono costituite da: pali posti a distanza<br />
2-3 m infilati per > 0,6 m (meglio 1 m)<br />
in terra e alti 1,5 m, spesso in legno. Se in<br />
ferro, occorre realizzare un plinto per l’ancoraggio.<br />
Fra i pali vengono posti fili spinati o<br />
lisci (preferibili per la parti basse per evitare<br />
lacerazioni e ferite agli animali). I fili<br />
vanno posti a una distanza di 50 cm per le<br />
vacche è (3 fili sul recinto); per animali<br />
giovani, la distanza scende a 40 cm (4 fili<br />
sul recinto). La migliore barriera ha 5 fili<br />
(2 lisci e 3 spinati) ed è alta 1,35 m. Ogni<br />
300-400 m va interrotta la continuità del<br />
recinto, inserendo pali di rinforzo. I cancelli<br />
sono larghi > 4 m e dotati di passaggi<br />
per uomo. I fili metallici vanno collegati<br />
a terra ogni 50-100 m per evitare problemi<br />
dovuti a fulmini.<br />
Le recinzioni elettriche vengono<br />
impiegate per suddividere i campi destinati<br />
al pascolo intensivo degli animali.<br />
Sviluppo lineare massimo del recinto elettrico<br />
è di 3-4.000 m. La recinzione non<br />
deve risultare resistente alla spinta degli
animali, è la corrente elettrica che costituisce<br />
la vera barriera. Per questo occorre<br />
un minimo addestramento all’uso.<br />
Le recinzioni a induzione: si tratta di<br />
recinzioni senza picchetti, dette anche<br />
recinzioni magnetiche, costituite da un<br />
filo in rame, rivestito da una guaina chiara,<br />
che viene posto a terra in modo che<br />
risulti visibile (ma può anche essere interrato).<br />
Grazie a un generatore si crea una<br />
debole corrente che genera un campo<br />
magnetico. Al collare delle bovine viene<br />
applicato un transponder sensibile a detto<br />
campo magnetico. Quando una bovina si<br />
avvicina a meno di 1,5 m dal collare, parte<br />
un segnale sonoro. Se si avvicina ulteriormente,<br />
dal collare parte una breve scarica<br />
elettrica. La scarica non è automatica<br />
ma dipende dal comportamento dell’animale<br />
che è registrato nel microprocessore<br />
inserito nel collare.<br />
<strong>Il</strong> generatore è alimentato da una batteria<br />
o da pannelli foto-voltaici. <strong>Il</strong> collare<br />
è alimentato da batterie che durano per<br />
tutta la stagione di pascolamento.<br />
2.13 - Impianti elettrici<br />
Gli impianti elettrici devono essere<br />
accuratamente realizzati (rispettando la L.<br />
46/90) con collegamenti equipotenziali<br />
(verificare tutti gli anni l’integrità delle<br />
connessioni) e opportune messe a terra<br />
per evitare che ci possano essere “correnti<br />
vaganti”. Vanno previste protezioni contro<br />
sovraccarichi e cortocircuiti, adatti alla<br />
sezione dei conduttori e alle caratteristiche<br />
dei motori. (Figura 16)<br />
Un bovino sottoposto a una corrente<br />
di 10 milli-ampères presenta contrazioni<br />
muscolari involontarie; a 75 milli-ampères<br />
crolla per arresto cardiaco.<br />
In ogni caso è opportuno mettere a<br />
terra tutte le parti metalliche dell’edificio<br />
una messa a terra unica (con una resistenza<br />
inferiore a 30 Ohms) perché le onde<br />
magnetiche che esse emettono possono<br />
creare condizioni poco confortevoli per gli<br />
animali.<br />
All’esterno, poi, gli edifici dovrebbero<br />
essere protetti dai fulmini a mezzo di una<br />
serie di cavi o piattabande in modo da<br />
costituire una grande rete, la cosiddetta<br />
“gabbia di Faraday” (Figura 17).<br />
La potenza installata, e il conseguente<br />
Alta Qualità<br />
Figura 16 – <strong>Il</strong> collegamento equipotenziale evita possibili<br />
problemi dovuti a correnti vaganti (da Promotelec,<br />
1983)<br />
fabbisogno energetico, di una generica<br />
stalla a stabulazione libera, sono riportati<br />
in tabella 7.<br />
<strong>Il</strong> pulsante T (test) dell’interruttore differenziale<br />
va periodicamente attivato per<br />
verificare la funzionalità della protezione.<br />
Se vi è un rischio imminente di temporale,<br />
malgrado la presenza di parafulmine,<br />
è consigliabile staccare tutte le apparecchiature<br />
elettriche.<br />
Ricordare di staccare imperativamente<br />
lo spingivacche elettrico in quanto è spesso<br />
fonte di problemi indiretti per la mungitura<br />
e può interrompere il funzionamento<br />
dei dispositivi elettronici.<br />
E’ prudente dotare la stalla di un generatore<br />
in grado di far funzionare la macchina<br />
mungitrice e il serbatoio refrigerante<br />
oltre a garantire l’illuminazione dei locali.<br />
Figura 17 – La “gabbia di Faraday” protegge stalla e<br />
impianti dai fulmini<br />
25
<strong>Il</strong> sistema migliore è quello di acquistare<br />
un generatore da 10-20 kVA, mosso<br />
dalla presa di potenza del trattore, che va<br />
fatto funzionare, in ogni caso, un paio di<br />
volte all’anno allo scopo di verificarne la<br />
operatività.<br />
2.14 – <strong>Il</strong>luminazione<br />
L’illuminazione dei vari ambienti della<br />
stalla non presenta particolari problemi.<br />
La potenza installata va da 10 a 20<br />
W/capo nelle stalle a posta fissa e da 8 a<br />
15 W/capo in quelle a stabulazione libera.<br />
Anche se la produzione di latte sembra<br />
dipendere dal fotoperiodo tuttavia non<br />
sono mai state tentate applicazioni di<br />
sistemi di illuminazione programmata<br />
che, per ovvie ragioni e per analogia con<br />
quanto viene fatto negli allevamenti avicoli,<br />
richiederebbero il confinamento permanente<br />
degli animali per poterne verificare<br />
l’effetto (figura 18).<br />
3 - STRUTTURE<br />
E ATTREZZATURE<br />
PER LE DIVERSE CATEGORIE<br />
DI BOVINI<br />
3.1 – La stabulazione dei vitelli<br />
Locali o gabbiette per vitelli: i vitelli<br />
neonati rimangono vicino alla madre per i<br />
primi giorni di vita per assumere direttamente<br />
il colostro oppure vengono separati<br />
immediatamente e posti in gabbiette<br />
individuali per 3-4 settimane. Queste<br />
devono trovarsi possibilmente vicino alla<br />
sala di mungitura per facilitare il lavoro<br />
26<br />
Alta Qualità<br />
Figura 18 – L’impianto di illuminazione deve garantire<br />
una quantità di luce sufficiente nelle diverse parti<br />
della stalla (da Promotelec, 1971)<br />
dell’addetto (trasferimento del latte) e per<br />
maggior controllo: ciò per ridurre la mortalità<br />
neonatale.<br />
L’alimentazione può essere a base di<br />
latte intero o rigenerato. Costituisce il<br />
maggior impegno per la manodopera. In<br />
una giornata un uomo può governare<br />
100-150 vitelli, se alimentati con i secchi,<br />
e 300-500 se alimentati con carrello distributore<br />
(Tabella 8).<br />
Le vitellaie specializzate, non vengono,<br />
ora, più consigliate per ragioni igieniche.<br />
Le gabbiette individuali amovibili,<br />
aperte su un lato, dotate di tettuccio e<br />
protette su tre lati (Figura 19), e con pavimento<br />
fessurato su cui deve essere posta<br />
paglia, vanno ubicate in zone sopraelevate.<br />
Dopo le prime 3-4 settimane i vitelli<br />
vengono tolti dalle gabbiette e messi in<br />
gruppo, in unico recinto per i successivi<br />
3-6 mesi.<br />
Gli impianti automatici di dosaggio e<br />
somministrazione del latte rigenerato con-<br />
Figura 19 – Gabbietta individuale per vitelli, aperta<br />
su uno dei due lati, per vitelli allevati in climi temperati<br />
Figura 20 – L’allevamento di vitelli in recinti multipli<br />
offre notevoli vantaggi in termini di risparmio di<br />
manodopera
TABELLA 7<br />
Fabbisogno energetico per una generica stalla a stabulazione libera.<br />
Questi dati possono essere utilizzati per il dimensionamento dei conduttori.<br />
Alta Qualità<br />
Utenza Forza motrice Riscaldamento <strong>Il</strong>luminazione<br />
Sala di mungitura<br />
kW kW e altri comp. W/m2<br />
Pompa per vuoto 0,5-8,0<br />
Ventilazione 0,3-0,5<br />
Riscaldamento (radiatori per protezione antigelo)<br />
<strong>Il</strong>luminazione con tubi fluorescenti (200 lux<br />
2-6<br />
nella fossa dei mungitore e 70 lux nelle altre zone) 12-18<br />
Pulsatori elettrici o elettronici e stacchi automatici<br />
Sala del latte<br />
3-5A, 220 V<br />
Serbatoio refrigerante (3 kW/t-giorno) 1-12<br />
Pompa per circolazione acqua di lavaggio<br />
Riscaldamento acqua di lavaggio impianto<br />
0,5-1,5<br />
di mungitura 5-6<br />
<strong>Il</strong>luminazione (150 lux) 9-14<br />
Prese di corrente 2p + T<br />
Riscaldamento (protezione antigelo)<br />
Altri locali<br />
2-3 (10/16 A)<br />
Apparecchiature mobili (1 presa trifase) 3P + N + T (16 A)<br />
Apparecchiature portatili (2 prese) 2P + T (10-16 A)<br />
<strong>Il</strong>luminazione locali annessi (70 lux) 5-7<br />
TABELLA 8<br />
Tempi orientativi di lavoro per l’allevamento dei vitelli<br />
Operazioni Tempi di lavoro (min/capo x giorno)<br />
Lavori giornalieri - alimentazione 0,1-1,5<br />
- lavaggio secchi 0,1-0,2<br />
- distribuzione paglia 0,5<br />
- pulizia 0,2-0,3<br />
- controllo sanitario 0,2-0,5<br />
Totale 1,4-3,0<br />
Lavori periodici - pulizia 0,1-0,3<br />
- asportazione paglia 0,2<br />
- disinfezione 0,1<br />
- altri 0,1<br />
Totale 0,5-0,7<br />
TABELLA 9<br />
Superfici a disposizione nella zona di stabulazione<br />
Età (mesi) Superficie totale (m2/capo) Superficie minima a lettiera<br />
0-12 5 2,5<br />
12-18 6 3<br />
18-24 8 4<br />
> 24 10 5<br />
TABELLA 10<br />
Sviluppo lineare della mangiatoia per singolo capo<br />
Età (mesi) Sviluppo lineare (cm/capo) Altezza (cm)<br />
Barriera inferiore Barriera superiore Abbeveratoio<br />
6-12 50-55 45 90 55<br />
12-18 55-60 50 100 60<br />
18-24 65-75 55 115 65<br />
>24 65-75 60 120 70<br />
27
sentono di effettuare una gestione di<br />
gruppo anche per i vitelli neonati, con<br />
notevoli risparmi di manodopera anche se<br />
vanno considerati i vizi indotti dal sistema<br />
(Figura 20).<br />
3.2 - La stabulazione delle manze<br />
Le manzette che hanno superato il sesto<br />
mese di vita vanno alloggiate in un idoneo<br />
ambiente (Tabella 9) che garantisca:<br />
– un posto alla mangiatoia per evitare<br />
competizione (Tabella 10);<br />
– un sistema di cattura comodo per permettere<br />
l’inseminazione e la profilassi;<br />
– una grande facilità di accesso e di sorveglianza.<br />
3.2.1 - Recinti con lettiera<br />
integrale<br />
Si tratta della soluzione costruttiva più<br />
economica perché non necessita né di particolari<br />
pavimentazioni né di letamaia (se<br />
28<br />
Alta Qualità<br />
Figura 21 – Sezione di recinto per manze a lettiera<br />
integrale. Si tratta di una soluzione costruttiva semplice<br />
ricavabile anche in edifici ristrutturati<br />
Figura 22 – Sezione di recinto per manze con corsia<br />
di alimentazione pavimentata e lettiera. Si tratta di<br />
una soluzione che facilita la cattura degli animali<br />
il materiale viene asportato oltre i 90 giorni)<br />
(Figura 21).<br />
Gli inconvenienti sono, tuttavia, i<br />
seguenti:<br />
– l’area coperta con paglia si sporca rapidamente<br />
se le manze non sono alimentate<br />
con solo fieno (il fabbisogno di<br />
paglia diventa di 5-7 kg/capo/giorno e il<br />
rinnovo deve essere frequente);<br />
– l’isolamento delle manze è difficile, specie<br />
al momento del rinnovo della lettiera.<br />
3.2.2 - Recinti con lettiera<br />
e corridoio autopulente<br />
E’ una variante della lettiera integrale e<br />
non necessita di letamaia (se la lettiera viene<br />
asportata oltre i 90 giorni). <strong>Il</strong> corridoio<br />
è largo 1,6-1,8 m in base all’età delle manze;<br />
è sopraelevato di 0,4-0,5 m e presenta<br />
una pendenza del 3% verso l’area coperta<br />
con lettiera (Figura 22).<br />
<strong>Il</strong> consumo di paglia è di 4-6 kg/capogiorno.<br />
Si può asportare il letame mantenendo<br />
le manze sul corridoio. Quando l’alimentazione<br />
non è a base di fieno, la parte con<br />
paglia, situata immediatamente adiacente<br />
al corridoio, si sporca e rende necessario<br />
un intervento di pulizia più frequente e,<br />
quindi, la realizzazione di una letamaia.<br />
Se vi sono rastrelliere autocatturanti,<br />
se il dislivello è massimo, il veterinario o<br />
l’inseminatore si vengono a trovare in<br />
posizione poco confortevole o pericolosa.<br />
3.2.3 - Recinti con lettiera piana<br />
o inclinata e area di esercizio/alimentazione<br />
raschiata<br />
Si tratta di una soluzione che presenta<br />
un buon livello di confort per le bovine e<br />
una facile gestione.<br />
Si distinguono due zone che danno<br />
luogo a diversi tipi di deiezioni:<br />
– area di riposo con paglia, che dà luogo a<br />
letame;<br />
– area di esercizio/alimentazione in pavimento<br />
pieno o fessurato con convogliamento<br />
del liquame a mezzo ruspetta o<br />
per caduta in cisterna sottostante e successivo<br />
pompaggio in vasca.<br />
Vantaggio di questa soluzione è di<br />
ridurre a soli 3-5 kg/capo-giorno il consumo<br />
di paglia (Figura 23). L’area di esercizio/alimentazione<br />
va pulita almeno 1 volta<br />
al giorno.
Lo spostamento dei cancelli al<br />
momento della pulizia è rapido ed è rapida<br />
la sostituzione della lettiera.<br />
Gli abbeveratoi vanno posti sul confine<br />
con l’area a lettiera.<br />
Una variante è rappresentata dalla realizzazione<br />
di una zona di riposo con pendenza<br />
del 5-8%. <strong>Il</strong> tratto in pendenza termina<br />
con un gradino di 15-20 cm per<br />
facilitare la discesa della lettiera. <strong>Il</strong> calpestamento<br />
da parte degli animali fa scendere<br />
il letame verso la zona di esercizio/alimentazione<br />
da cui viene raschiato fino<br />
alla letamaia. Non è, quindi, necessaria la<br />
sostituzione della paglia.<br />
<strong>Il</strong> consumo di paglia è di 3-5 kg/capogiorno<br />
e la distribuzione deve essere fatta<br />
con idoneo dispositivo. Le barriere fra i<br />
recinti devono consentire di trattenere le<br />
manze nella zona a lettiera durante la pulizia<br />
del corridoio di esercizio/alimentazione.<br />
Questo sistema è molto adatto per animali<br />
da carne ma meno per le manze.<br />
3.2.4 - Cuccette<br />
Per le manze di oltre 12 mesi si possono<br />
adottare le cuccette. Ciò serve anche<br />
ad abituarle al tipo di stalla che troveran-<br />
Figura 23 – Sezione di recinto per manze con lettiera<br />
inclinata. Questa soluzione costruttiva permette di<br />
ottenere un liquame paglioso<br />
Figura 24 – Le cuccette per le manze pur avendo<br />
dimensioni ridotte non sono sempre adatte alla taglia<br />
degli animali. Consentono, però, di abituarli al tipo<br />
di stabulazione che incontreranno da adulti<br />
Alta Qualità<br />
no successivamente (Figura 24).<br />
L’eterogeneità della taglia dei soggetti<br />
fa sì che sia più difficile definire una<br />
dimensione di cuccetta conveniente per i<br />
soggetti più giovani (Tabella 11).<br />
<strong>Il</strong> consumo di paglia è ridotto e così<br />
TABELLA 11<br />
Dimensioni consigliate delle cuccette per le manze<br />
Età (mesi) Lunghezza (m) Larghezza (m)<br />
6-12 1,6-1,8 0,8-0,9<br />
12-18 2,0 1,1<br />
18-24 2,3 1,1<br />
anche il fabbisogno di manodopera. Distribuzione<br />
di paglia e pulizia corridoi possono<br />
essere fatti 2 volte per settimana.<br />
3.2.5 - Contenimento delle manze<br />
E’ indispensabile prevedere la realizzazione<br />
di un sistema di contenimento efficace<br />
per la sicurezza delle operazioni di<br />
profilassi, di inseminazione e per le cure<br />
generiche.<br />
<strong>Il</strong> contenimento potrà avvenire:<br />
– alla mangiatoia, se l’accesso agli animali<br />
è facile e vi è rastrelliera autocatturante;<br />
– in un corridoio di contenimento (Figura<br />
25).<br />
3.3 - Sistemi di stabulazione per<br />
vacche<br />
Oltre che a ragioni ambientali, la scelta<br />
del sistema di stabulazione è legata a<br />
dimensione della mandria e al livello di<br />
meccanizzazione richiesto. Si distinguono<br />
due grandi sistemi: quello a stabulazione<br />
fissa e quello a stabulazione libera. <strong>Il</strong> primo<br />
è ormai riservato ai piccoli allevamenti o a<br />
quelli di montagna, mentre il secondo è<br />
quello adottato dai grandi allevamenti.<br />
Figura 25 – Sistema per catturare le manze in occasione<br />
dei controlli veterinari (da Hoepli, 1997)<br />
29
3.3.1 - Stabulazione fissa<br />
In termini numerici, la stabulazione<br />
fissa è la soluzione più diffusa in Italia. <strong>Il</strong><br />
lavoro è, però, difficoltoso sia per la mungitura<br />
sia per l’alimentazione; si riscontrano<br />
bassa produttività del lavoro e problemi<br />
sanitari. Può essere giustificabile solo se il<br />
clima è molto rigido e per limitati periodi<br />
di tempo. Si hanno soluzioni a una o a due<br />
file con disposizione groppa a groppa o<br />
testa a testa. Stalla a una fila: gli animali<br />
sono rivolti a Nord; da una parte vi è la<br />
piattaforma letame e dall’altra il locale latte.<br />
Se non vi è corsia di alimentazione<br />
(occorrono più di 20 capi per giustificarla),<br />
il foraggio viene immesso in mangiatoia<br />
passando tra le vacche. La stalla che ne<br />
risulta è stretta e adatta per zone di montagna<br />
(larghezza stalla 4,5 m circa). La ventilazione<br />
naturale è resa difficoltosa a causa<br />
delle basse cubature. La larghezza della corsia<br />
di alimentazione (oltre 20-22 capi) è ≥<br />
1,2 m in relazione al mezzo di distribuzione<br />
utilizzato. Con numero di capi limitato,<br />
fieno e paglia sono posti sopra la stalla<br />
(soluzione oggi sconsigliata per problemi<br />
di sicurezza). Stalla a due file: per più di 20<br />
vacche, soluzioni groppa a groppa; la larghezza<br />
dell’edificio è > 12,5 m, con corsie<br />
di alimentazione, è > 8,3 m, senza. La disposizione<br />
testa a testa permette di ottenere<br />
un edificio più compatto (10,9 m). La distribuzione<br />
degli alimenti avviene da unico<br />
corridoio centrale. L’asse principale è<br />
orientato Nord-Sud (Figura 26).<br />
Figura 26 – Pianta orientativa di stalla a posta fissa<br />
“testa a testa”. A=corsia di alimentazione (larghezza<br />
variabile); B= mangiatoia; C=abbeveratoi; D=posta;<br />
E=cunetta; F=corsia di servizio; G=impianto di<br />
mungitura; H=locale ricevimento latte; I= locale<br />
motori, L=locale vitelli; M=nastro trasportatore;<br />
N=concimaia a piattaforma (da Hoepli, 1997)<br />
30<br />
Alta Qualità<br />
Particolari costruttivi<br />
E’ necessario un buon livello di isolamento<br />
di soffitti e pareti per eliminare la<br />
condensa e un buon controllo della ventilazione.<br />
La corsia di alimentazione è sopraelevata<br />
di 20-40 cm rispetto al livello stalla<br />
per facilitare l’accesso agli alimenti.<br />
<strong>Il</strong> bordo mangiatoia verso la posta<br />
deve essere il più basso possibile (10-15<br />
cm). <strong>Il</strong> fondo è sopraelevato di 5-15 cm<br />
rispetto al piano della posta e al tipo di<br />
attacco.<br />
La tabella 12 riporta i valori da rispettare<br />
per non causare danni agli animali.<br />
La soluzione a posta corta deve contenere<br />
il corpo dell’animale riducendo al<br />
minimo lo spazio libero per evitare che si<br />
sporchi la mammella (si vedano figura 27<br />
e tabella 13).<br />
<strong>Il</strong> pavimento è in calcestruzzo di<br />
cemento o, meno frequentemente, è<br />
coperto con tappetini in gomma. Se si utilizza<br />
lettiera di paglia, qualsiasi rivestimento<br />
è buono. <strong>Il</strong> piano deve essere orizzontale.<br />
<strong>Il</strong> bordo verso la cunetta leggermente<br />
arrotondato.<br />
3.3.1.1 - Alimentazione<br />
L’alimentazione delle bovine può avvenire<br />
con sistemi completamente automatici<br />
(Figura 28) con sistemi parzialmente<br />
meccanizzati, in cui si utilizzano carri<br />
miscelatori di capacità anche limitata,<br />
manualmente (caso dei micro allevamenti).<br />
Nel primo caso, non è necessario realizzare<br />
una vera e propria corsia di alimentazione<br />
in quanto vi è una tramoggia che<br />
scorre su un binario sospeso, nel secondo<br />
caso, invece, la dimensione della corsia<br />
dipenderà dal mezzo scelto per portare il<br />
Figura 27 – Sezione orientativa di posta corta con<br />
lettiera. La collocazione e il tipo di attrezzature complementari<br />
(attacchi, abbeveratoi) vanno di volta in<br />
volta adattati al materiale disponibile in commercio<br />
(da Hoepli, 1997)
TABELLA 12<br />
Altezze suggerite per le rastrelliere della mangiatoia<br />
h (cm) H (cm)<br />
Bestiame giovane 35-40 95-105<br />
Manze e torelli 45 115<br />
Vacche da latte e tori da carne<br />
L = 17,5 cm<br />
45-60 105-125<br />
TABELLA 13<br />
Dimensioni della posta in relazione al peso della bovina<br />
Peso vivo (kg) Larghezza (m) Lunghezza (cm)<br />
400 100 140<br />
500 110 150<br />
600 115 165<br />
700 120 175<br />
800<br />
L = lunghezza del tronco della bovina<br />
125 180<br />
foraggio alle mangiatoie. Nel terzo caso<br />
(al di sotto dei 20 capi) la corsia può addirittura<br />
non essere presente.<br />
I concentrati vengono somministrati<br />
manualmente nella mangiatoia o automaticamente<br />
in apposite tazze. La somministrazione<br />
può essere comandata da computer<br />
(figura 29).<br />
3.3.1.2 – Mungitura<br />
La mungitura alla posta è la più diffusa<br />
numericamente. Le stalle in stabulazione<br />
fissa ospitano da 2-3 a 40-50 capi (non<br />
infrequenti numeri superiori).<br />
In queste stalle, indipendentemente<br />
dal tipo di macchina mungitrice, sono<br />
richiesti all’addetto continui movimenti<br />
per alzarsi e inginocchiarsi: un uomo che<br />
munge 40 capi si piega, mediamente, per<br />
200 volte e si accoscia per oltre 80 volte<br />
ogni mungitura.<br />
Gli impianti a secchio e a carrello sono<br />
adatti per i piccoli allevamenti e per le<br />
infermerie e le zone parto dei grandi allevamenti.<br />
Nel caso degli impianti a secchio,<br />
la pompa per vuoto e la conduttura risultano<br />
fisse; con il carrello, invece, tutto il<br />
complesso viene portato nella stalla. Le<br />
guaine di protezione dei cavi di alimentazione<br />
dei carrelli spesso si rompono e possono<br />
creare problemi di elettrocuzione.<br />
Inoltre, anche con gli impianti a lattodotto,<br />
l’operatore entra in diretto contatto<br />
con l’animale facilitando la trasmissione<br />
di patogeni e allergeni. In generale, un<br />
addetto può mungere con 2-3 secchi o<br />
con 3-4 gruppi da lattodotto (figura 30).<br />
La produttività del lavoro è molto<br />
Alta Qualità<br />
Figura 28 – Distributore automatico di foraggi e concentrati<br />
nelle mangiatoie di stalle a stabulazione fissa<br />
(da Alfa Laval Agri, 1994)<br />
Figura 29 – La somministrazione di concentrati nelle<br />
stalle a posta fissa può avvenire in apposite vaschette<br />
riempite manualmente o automaticamente (da Alfa<br />
Laval Agri, 1994)<br />
31
assa, 10-30 capi munti per ora e per<br />
uomo, causa l’elevato numero di interventi<br />
richiesti alla manodopera ma date le<br />
caratteristiche di questi allevamenti<br />
(famigliari, part-time ecc.) e del limitato<br />
numero di capi da mungere, ciò non<br />
costituisce elemento prioritario di scelta.<br />
La potenza installata è di 0,2-0,4<br />
kW/gruppo cui corrisponde un consumo<br />
energetico di 60-100 Wh/giorno per<br />
capo.<br />
<strong>Il</strong> locale latte deve contenere macchinari<br />
e attrezzature per mungitura, il serbatoio<br />
del latte o i bidoni. Pavimento e pareti<br />
devono risultare lavabili con getto d’acqua<br />
e pertanto va provvisto di drenaggio.<br />
3.3.1.3 – Asportazione delle<br />
deiezioni<br />
Le deiezioni solide e liquide miste a<br />
paglia vengono asportate giornalmente<br />
32<br />
Alta Qualità<br />
Figura 30 – La mungitura in stalla a stabulazione<br />
fissa è indubbiamente faticosa (da Alfa Laval Agri,<br />
1997)<br />
dalle stalle a posta fissa e vengono normalmente<br />
accumulate in strutture all’aperto<br />
ove si verifica, nel tempo, la maturazione<br />
e la trasformazione in letame.<br />
L’operazione di asportazione avviene<br />
spostando con idoneo strumento lettiera e<br />
materiale fecale nella cunetta da dove vengono<br />
convogliati a mezzo di raschiatori<br />
(Tabella 14).<br />
Gli evacuatori sono, in genere, di tipo<br />
operante nella cunetta con azionamento<br />
meccanico a movimento continuo o alternativo<br />
(catene raschianti).<br />
Le catene raschianti possono essere:<br />
– a movimento continuo (figura 31)<br />
imposto a una catena senza fine alle cui<br />
maglie vengono applicate barrette trasversali<br />
ad intervalli di 45±60 cm. Esse<br />
strisciano sul fondo della zanella – di<br />
sezione rettangolare con larghezza > 50<br />
cm – con velocità di avanzamento di<br />
0,10±0,15 m/s. <strong>Il</strong> comando è assicurato<br />
mediante motore elettrico (30±50 W<br />
per m di percorso) accoppiato a opportuni<br />
riduttori che azionano una ruota<br />
dentata che fa presa sulle maglie della<br />
catena. <strong>Il</strong> tutto esce all’esterno della stalla,<br />
può assumere inclinazioni sino a 45°<br />
e scarica poi il prodotto nella letamaia;<br />
– a bracci oscillanti (figura 32) incernierati<br />
su una barra longitudinale dotata, a<br />
sua volta, di movimento rettilineo alternativo.<br />
In fase di andata i bracci sono<br />
aperti, assicurando in tal modo il trasporto<br />
del letame. In fase di ritorno si<br />
ripiegano su loro stessi per riaprirsi, poi,<br />
all’alternarsi del movimento. Tali bracci<br />
presentano lunghezza massima dell’ordine<br />
di 50 cm e sono posti a intervalli di<br />
1,00±1,20 m. La velocità media di<br />
avanzamento è di 0,10±0,15 m/s; la<br />
TABELLA 14<br />
Macchine e impianti impiegati per l’asportazione e il trattamento delle deiezioni bovine<br />
Tipo di deiezione Asportazione Movimentazione o trattamento<br />
Letame Trattore con pala Caricatori a benna mordente<br />
Raschiatori:<br />
- a movimento continuo<br />
- a bracci oscillanti<br />
Nastri trasportatori<br />
Liquame Tracimazione continua: Pompe<br />
- pompe Miscelatori<br />
- agitatoti Ossigenatori<br />
Raschiatori a farfalla Pompe agitatrici-trituratrici<br />
Sistemi a ricircolo:<br />
- pompe<br />
- ossigenatori<br />
Vagli
Figura 31 – Trasportatore a catena in stalla a stabulazione fissa con inserito separatore di urine<br />
potenza assorbita è 30±40 W/m di percorso.<br />
<strong>Il</strong> tutto viene comandato da un<br />
motore elettrico che aziona un sistema a<br />
cremagliera o un manovellismo di spinta<br />
con l’impiego di pistone idrostatico.<br />
<strong>Il</strong> limite di questa soluzione – robusta e<br />
semplice, ma richiedente frequente<br />
manutenzione essendo facilmente soggetta<br />
a usure e corrosioni – è da ricercarsi<br />
nel fatto che: può effettuare solo<br />
trasporti rettilinei; abbisogna di trasportatori<br />
finali a movimento continuo o di<br />
trattori appositamente equipaggiati per<br />
la ripresa e il trasporto alla letamaia.<br />
La capacità di lavoro di queste macchine<br />
viene normalmente rapportata al<br />
numero di capi serviti nell’unità di tempo.<br />
La produttività del lavoro risulta compresa<br />
fra 50 e 70 capi/addetto-ora, compresa<br />
la pulizia <strong>manuale</strong> della posta, mentre nei<br />
sistemi manuali è di circa 1/3.<br />
La cunetta ha una profondità di 15-25<br />
cm lato vacca; 10-20 cm lato corridoio.<br />
Larghezza minima = 45 cm. Non è necessaria<br />
pendenza longitudinale.<br />
La cunetta grigliata elimina lettiera e<br />
attrezzatura di asportazione delle deiezioni.<br />
La cunetta è più larga e viene coperta<br />
con opportuna griglia. Le deiezioni vengono<br />
raccolte in fossa sottostante la griglia ed<br />
evacuate con sistema continuo (stramazzo<br />
all’estremità della fossa) o, preferibilmente,<br />
con asportazione per ricircolo di liquame.<br />
Dimensioni della cunetta grigliata: larghezza<br />
0,7-1,0 m; profondità 0,7-1,0 m.<br />
La corsia di servizio, larga 1,2-1,5 m,<br />
serve al passaggio degli animali e degli<br />
addetti a pulizia, sorveglianza e mungitura.<br />
Le porte sono larghe 1,2 m e alte 2,1<br />
m. Le porte delle corsie centrali di<br />
alimentazione devono essere larghe quanto<br />
le corsie.<br />
Alta Qualità<br />
Figura 32 – Trasportatore di letame a bracci oscillanti:<br />
1–barra di comando; 2–zanella; 3-palette incernierate<br />
(da Pellizzi, 1996)<br />
Gli attacchi sono di diverso tipo.<br />
Importante è la loro posizione, dovendo<br />
risultare più o meno inclinati per facilitare<br />
il movimento che fanno gli animali per<br />
alzarsi e il buon sfruttamento della mangiatoia.<br />
I battifianchi, lunghi almeno 0,6 m,<br />
servono a mantenere l’animale in asse con<br />
la posta. E’ sufficiente una separazione<br />
ogni 2 capi.<br />
Gli abbeveratoi a tazza sono posti ogni<br />
due capi verso la mangiatoia (in relazione<br />
al tipo di attacco), a una altezza di 0,45-<br />
0,60 m.<br />
3.3.2 - Stabulazione libera<br />
Si tratta del sistema più efficiente, e<br />
rispettoso delle normative, per allevare le<br />
bovine da latte.<br />
Le vacche sono tenute in aree recintate<br />
con zona coperta su paglia o in cuccette<br />
e vengono munte in ambienti (le sale di<br />
mungitura) caratterizzate da migliori condizioni<br />
igienico-sanitarie; il lavoro di<br />
mungitura è facilitato; il lavoro di pulizia<br />
è ridotto al minimo o automatizzato.<br />
La stabulazione libera è adatta a ogni<br />
categoria di bovini. La tipologia dei fabbricati<br />
dipende dalle condizioni climati-<br />
33
34<br />
Alta Qualità<br />
Figura 33 – Stalla a stabulazione libera, a corpo unico,<br />
a lettiera permanente (A) o cuccette (B) (da Hoepli,<br />
1997)<br />
Figura 34 – Stalla a stabulazione libera, a corpi separati,<br />
a lettiera permanente (C) o cuccette (D) (da<br />
Hoepli, 1997)<br />
Figura 35 – Stalla a cuccette testa a testa. (CA=corsia<br />
di alimentazione; ZA=zona di alimentazione;<br />
ZR=zona di riposo; ZE=zona di esercizio; VL=vasca<br />
liquami) (da Hoepli, 1997)<br />
che e dalla piovosità che gioca un ruolo<br />
determinante sia sulla qualità della paglia<br />
consumata sia sullo spandimento del<br />
liquame. La pulizia degli animali è importante<br />
per facilitare la mungitura e l’igiene<br />
del latte. La stalla può essere a corpo unico<br />
o a corpi separati (figure 33, 34, 35)<br />
ma importante è assicurare idonee condizioni<br />
ambientali.<br />
Nei grandi allevamenti occorre dividere<br />
la mandria in gruppi (minimo 50-100<br />
capi) per permettere migliore controllo e<br />
alimentazione differenziata.<br />
3.3.2.1 - La stalla a lettiera permanente<br />
In genere è adatta per edifici aperti su<br />
almeno uno dei lati. Prevede una zona di<br />
riposo e una zona di esercizio. La zona di<br />
riposo può essere vicina a quella di alimentazione<br />
o separata da questa dalla<br />
zona di esercizio.<br />
Nella zona di riposo viene apportata<br />
paglia in ragione di 4-6 kg/giorno capo.<br />
La superficie può variare fra 4-5 m2/capo,<br />
per stabulazione solo invernale a, ottimale,<br />
6-8 m2/capo; una minore superficie<br />
comporta un maggiore consumo di<br />
paglia.<br />
Vi sono molti modi per formare la lettiera:<br />
all’inizio si costituisce una base di<br />
paglia (1/3 del consumo previsto in un<br />
ciclo di pulizia) e poi si apporta lettiera<br />
fresca giornalmente. <strong>Il</strong> materiale così ottenuto,<br />
dopo 5-6 mesi, è già idoneo per la<br />
Figura 36 – L’area a lettiera deve essere raggiungibile<br />
da un’ampia superficie per limitare il calpestio dei<br />
capezzoli, mantenere più pulite le mammelle e facilitare<br />
il lavoro di gestione della lettiera
utilizzazione agronomica diretta. Oppure<br />
si accumula lettiera, apportandola giornalmente,<br />
per 2-3 mesi e poi la si porta a<br />
maturare in letamaia.<br />
L’accesso all’area coperta dalla lettiera<br />
deve essere il più ampio possibile per consentire<br />
alle bovine il massimo sfruttamento<br />
della lettiera stessa (Figura 36).<br />
Per mantenere più pulita la lettiera e<br />
ridurre il consumo di paglia (3-5 kg/giorno<br />
per capo) è possibile realizzare un pavimento<br />
con pendenza del 6-8%. In questo<br />
caso la larghezza della zona destinata a lettiera<br />
non deve superare 6-7 m. In ogni<br />
caso la pulizia frequente del corridoio<br />
mantiene più pulita la lettiera. <strong>Il</strong> sistema<br />
è, però, poco idoneo per le vacche.<br />
3.3.2.2 - La stalla a cuccette<br />
Combina i vantaggi della lettiera con<br />
quelli della posta fissa. Si hanno: vacche<br />
più pulite e tranquille; economia di lettiera<br />
(da 0 a 1 kg/giorno capo); minor<br />
impiego di manodopera, minori inconvenienti<br />
sanitari. La zona di riposo a cuccette<br />
può essere disposta secondo due schemi:<br />
a cuccette separate (groppa a groppa)<br />
o contrapposte (testa a testa). Inoltre, in<br />
relazione alla zona di alimentazione, queste<br />
possono essere direttamente confinanti<br />
o separate dall’area di esercizio, come<br />
già indicato nel caso della lettiera.<br />
La soluzione a “cuccette contrapposte”<br />
o “testa a testa” non prevede la realizzazione<br />
di pareti e prevede invece l’uso della<br />
paglia (1-3 kg/giorno per capo).<br />
<strong>Il</strong> pavimento delle cuccette ha sottofondo<br />
in terra asciutta o calcestruzzo<br />
magro con finitura superficiale in altro<br />
materiale. Fra questi: calcestruzzo: 1:2:4,<br />
spesso 75 mm su base in sabbia posta<br />
sopra il magrone. Consigliabile un foglio<br />
di politene a tenuta fra sabbia e calcestruzzo.<br />
<strong>Il</strong> pavimento ha una pendenza verso il<br />
corridoio, fino al 3,5% (Figura 37).<br />
Nella cuccetta viene posta la lettiera: la<br />
paglia è il materiale ideale, ma si possono<br />
utilizzare sabbia, torba, cruschello, segatura,<br />
carta macinata o deiezioni disidratate.<br />
Molto apprezzati i tappetini in gomma<br />
rigida o “materassi” riempiti di ritagli di<br />
materiale elastomerico e con segatura<br />
posta sopra. La sabbia sarebbe un materiale<br />
ideale perché non fa crescere i batteri,<br />
assorbe l’umidità, fornisce un discreto<br />
Alta Qualità<br />
Figura 37 – Posizione orientativa dei divisori delle<br />
cuccette. Per tipo e dimensione dei battifianchi considerare<br />
quanto proposto in commercio<br />
appoggio e un altrettanto discreto attrito<br />
rendendo i pavimenti meno scivolosi.<br />
Purtroppo ne occorrono da 20 a 30<br />
kg/giorno per stallo e pone problemi per<br />
la gestione dei reflui. Per limitare le perdite<br />
di sabbia si può applicare al cordolo<br />
una paretina di gomma. Anche la paglia è<br />
ottima ma presenta un costo di acquisto,<br />
stoccaggio e movimentazione troppo elevato.<br />
Gradino posteriore della cuccetta<br />
(impedisce che il liquame asportato dal<br />
corridoio tracimi) è costituito da un cordolo<br />
in calcestruzzo largo 10 cm e alto 20-<br />
25 cm. Se il corridoio ha pavimento fessurato,<br />
il cordolo posteriore può essere<br />
alto 5-10 cm. In quest’ultimo caso però<br />
non si riesce ad impedire agli animali di<br />
entrare nella cuccetta all’indietro. Larghezza<br />
minima del corridoio è di 2,5 m e<br />
l’intervallo (o passaggio) con la fila successiva<br />
(ogni 30 cuccette) è di 3,6 m. In ogni<br />
passaggio va posto l’abbeveratoio (accessibile<br />
ad almeno 30 capi). L’abbeveratoio ha<br />
uno sviluppo lineare di 7,5 cm/capo.<br />
In questo modo una stalla con 4 file di<br />
cuccette è larga circa 30 m.<br />
Le dimensioni delle cuccette sono<br />
riportate in tabella 15.<br />
I divisori o battifianchi sono il componente<br />
che più caratterizza la cuccetta e<br />
vengono generalmente costruiti in tubolare<br />
metallico di 50 mm di diametro (ma<br />
anche con tavole di legno, con robuste<br />
corde e piantane metalliche ecc.). L’altezza<br />
dei battifianchi varia fra 1,05-1,2 m e<br />
sono arretrati di 15-30 cm rispetto al cordolo<br />
posteriore. <strong>Il</strong> tubo orizzontale mediano<br />
è posto a 40-50 cm da terra.<br />
La stalla a cuccette richiede una attenta<br />
osservazione del comportamento delle<br />
35
ovine, che devono sdraiarsi regolarmente<br />
e non mostrare tracce di ferite o contusioni.<br />
La vacca che sta in piedi ha problemi,<br />
ma più vacche in piedi denotano problemi<br />
alle cuccette (almeno il 90% delle vacche<br />
dovrebbe star sdraiato nelle cuccette).<br />
Le deiezioni devono cadere nel corridoio<br />
e a questo provvede un tubo trasversale,<br />
detto anche allenatore o allineatore,<br />
posto a 30-45 cm dal muro, o a 1,65 m<br />
dal cordolo, sulla parte alta in cima ai battifianchi,<br />
che fa arretrare gli animali.<br />
3.3.2.3 - Gli abbeveratoi<br />
Consentono di fornire alle bovine l’acqua<br />
di cui abbisognano.<br />
L’acqua serve, infatti, per:<br />
– la digestione dei cibi, il metabolismo e il<br />
trasporto di sostanze nutritive nel corpo;<br />
– la regolazione della temperatura corporea;<br />
– impedire la disidratazione nel caso di<br />
attacchi di dissenteria.<br />
La quantità di acqua necessaria dipende<br />
da:<br />
– tipo di foraggio (contenuto di sostanza<br />
secca) e sua quantità;<br />
– temperatura dell’acqua di abbeverata;<br />
– temperatura ambiente;<br />
– età, peso e razza delle bovine.<br />
I fabbisogni orientativi sono riportati<br />
nelle tabelle 16 e 17.<br />
Gli abbeveratoi sono di tipo collettivo<br />
a vasca a livello costante (Figura 38) o<br />
36<br />
Alta Qualità<br />
TABELLA 15<br />
Dimensioni medie consigliate per le cuccette<br />
Peso medio vacche (kg) Lunghezza (m) Larghezza (m)<br />
700 3,3-2,4 1,15-1,22<br />
400-650 2,3 1,15<br />
400 1,9 1,00<br />
Figura 38 – Abbeveratoio collettivo<br />
composti da tazze singole (1 ogni 25-30<br />
capi). La temperatura ideale dell’acqua è<br />
di 12-15 °C; occorre proteggere gli abbeveratoi<br />
contro il gelo. Gli abbeveratoi vengono<br />
posti nei passaggi fra le file di cuccette<br />
a una altezza da terra di 40-50 cm.<br />
Quelli singoli non vanno messi negli<br />
angoli per impedire concorrenza fra gli<br />
animali. L’area pavimentata attorno all’abbeveratoio<br />
deve avere discreta pendenza o<br />
essere realizzata in pavimento fessurato (le<br />
bovine in piena lattazione possono presentare,<br />
in estate, consumi d’acqua giornalieri<br />
superiori ai 100 litri).<br />
Gli abbeveratoi veri e propri vengono<br />
prodotti con forme e materiali diversi e<br />
possono essere distinti in relazione tipo di<br />
stabulazione. Vengono adottati, i modelli:<br />
– a bacinella con valvola di pressione;<br />
– a bacinella con molla di acciaio;<br />
– a vasca libera con galleggiante;<br />
– a vasca chiusa con valvole flottanti di<br />
tipo sferico.<br />
I modelli del primo tipo sono caratterizzati<br />
da una bacinella, generalmente in<br />
ghisa smaltata, installabili sia a muro sia<br />
su tubo in relazione al tipo di stabulazione<br />
e/o di stalla.<br />
3.3.2.4 - L’alimentazione delle<br />
bovine<br />
Avviene in apposita area specializzata<br />
suddivisa in zona di alimentazione, destinata<br />
agli animali e corsia di alimentazione<br />
destinata al passaggio delle macchine e<br />
dell’uomo. La zona di alimentazione ha<br />
larghezza minima di 4,3 m e pavimento<br />
pieno o fessurato. Si tratta dell’area nella<br />
quale cade la maggior parte (40-50%) delle<br />
deiezioni. Gli animali si affacciano su<br />
una mangiatoia le cui dimensioni vanno<br />
determinate in base alle dimensioni degli<br />
animali. Generalmente si considerano<br />
0,75 m di sviluppo lineare per capo. La<br />
rastrelliera va inclinata in avanti per favorire<br />
l’accesso alla mangiatoia. E’ sulla zona<br />
di alimentazione che vanno posti i ventilatori<br />
per il raffrescamento estivo (se la
ventilazione naturale non dovesse risultare<br />
sufficiente). La mangiatoia può essere<br />
dotata di rastrelliera autocatturante o<br />
meno: la scelta dipende dai criteri adottati<br />
per il trattamento dei capi infermi. La<br />
corsia di alimentazione è larga da un<br />
minimo di 2,5 a un massimo di 7,0 m in<br />
relazione alle dimensioni dell’allevamento<br />
e alle tecniche di alimentazione adottate.<br />
Con la tecnica del piatto unico è sufficiente<br />
una larghezza di 5,5 m (Figura 39).<br />
Gli elementi strutturali trasversali devono<br />
essere posti a una altezza minima di 3,8 m<br />
per consentire il passaggio dei mezzi.<br />
3.3.2.5 - La zona di esercizio<br />
E’ in realtà una zona di riposo scoperta<br />
che permette al sole di esercitare la sua<br />
azione benefica, e ciò è anche causa di problemi<br />
per le bovine che vi si sdraiano. Essa<br />
è anche l’area di deambulazione delle bovine<br />
nelle stalle chiuse. La sua estensione<br />
dipende da scelte progettuali oltre che da<br />
fattori quali: normative sul benessere animale,<br />
tipo di produzione (biologica o no),<br />
possibilità di accesso ai pascoli ecc. Per<br />
ragioni legate alla facilità di pulizia vengono<br />
preferite le aree pavimentate con calce-<br />
Alta Qualità<br />
TABELLA 16<br />
Fabbisogno d’acqua per vacche asciutte, manze e tori stabulati a diverse temperature e con peso variabile.<br />
Peso vivo (kg) Fabbisogno a temperatura Fabbisogno a temperatura Fabbisogno a temperatura<br />
da +7°C a +10°C (litri) da +10°C a +21°C (litri) da +21°C a +27°C (litri)<br />
100 9 10 14<br />
150 13 15 20<br />
200 17 19 26<br />
250 20 23 31<br />
300 23 27 36<br />
350 25 30 40<br />
400 28 32 44<br />
450 29 34 46<br />
500 30 35 47<br />
550 31 36 48<br />
600 32 37 50<br />
TABELLA 17<br />
Fabbisogno d’acqua per vacche in lattazione stabulate a diverse temperature<br />
Peso vivo (kg) Produzione giornaliera A temperatura fino a 21°C A temperatura > 21 °C<br />
di latte (kg) (litri/giorno) (litri/giorno)<br />
400 10 36 41<br />
500 10 39 44<br />
600 10 40 46<br />
400 20 45 50<br />
500 20 48 53<br />
600 20 49 54<br />
400 30 54 59<br />
500 30 56 62<br />
600 30 58 63<br />
struzzo (8 m2/capo). Tuttavia è bene<br />
affiancare ad esse, per i periodi non piovosi,<br />
dei recinti in terra (privi di sassi) cui le<br />
bovine possano accedere a loro piacimento.<br />
Quest’area ha una superficie > 12<br />
m2/capo ed è caratterizzata da forte pendenza<br />
per favorire il drenaggio. Le acque<br />
raccolte nelle aree di esercizio, anche se<br />
poco ricche in sostanza organica, vanno<br />
pompate nella vasca liquami in attesa del-<br />
Figura 39 – Le modalità di somministrazione degli<br />
alimenti hanno influenza sulle dimensioni della stalla<br />
37
lo spandimento in campo e ciò scoraggia la<br />
realizzazione di tali aree. Le pendenze della<br />
pavimentazione saranno tali da assicurare<br />
una buona evacuazione delle acque luride<br />
verso gli impianti di stoccaggio.<br />
L’area di esercizio è spesso collegata<br />
alla sala di mungitura, raccogliendo le<br />
bovine da mungere.<br />
Nel caso di stalle a corpi separati, fra<br />
zona di alimentazione e zona di riposo, l’area<br />
di deambulazione deve essere superiore<br />
a 4 m, ciò per permettere a due vacche di<br />
incrociarsi passando dietro a una bovina<br />
che sta mangiando, senza disturbarla.<br />
La forma da preferire è quella rettangolare<br />
per favorire sia il passaggio del trattore,<br />
senza far manovre, sia la installazione<br />
di un raschiatore automatico.<br />
Abbeveratoi e rastrelliere verranno<br />
posizionati in modo da non ostacolare l’asportazione<br />
delle deiezioni.<br />
Per evitare problemi di zoppie, al<br />
momento della messa in attività di una<br />
nuova stalla, il calcestruzzo nuovo deve<br />
essere neutralizzato con acido acetico o<br />
aceto (5 litri di aceto per 50 litri d’acqua<br />
ogni 100 m2 di area cementata) e sciacquato<br />
con abbondante acqua, o con liquame,<br />
almeno un mese prima dell’ingresso<br />
del bestiame.<br />
Le aree con pavimento pieno vengono<br />
realizzate in calcestruzzo battuto. Per evitare<br />
scivolosità è opportuno creare scanalature<br />
a sezione triangolare, larghe 15 mm<br />
e profonde altrettanto e distanziate fra<br />
loro di 10 cm.<br />
<strong>Il</strong> calcestruzzo va confezionato, se possibile,<br />
con ghiaia di fiume per non ferire<br />
gli unghioni delle bovine.<br />
3.3.2.6 - Area di esercizio coperta<br />
(o area di deambulazione)<br />
E’ costituita, in realtà, dai corridoi di<br />
accesso alle cuccette e la si riscontra nelle<br />
stalle del Nord Europa in cui si pratica la<br />
stabulazione invernale e il pascolo estivo.<br />
La sua estensione dipende da scelte progettuali<br />
oltre che da fattori quali: normative<br />
sul benessere animale, tipo di produzione<br />
(biologica o no) ecc.<br />
Malgrado la copertura, quest’area deve<br />
ricevere sufficiente luce e risultare ben<br />
ventilata.<br />
Le deiezioni raccolte da questa superficie<br />
dipenderanno, per quantità e qualità,<br />
38<br />
Alta Qualità<br />
dalla presenza o meno di lettiera o dal tipo<br />
di pavimentazione.<br />
L’area di deambulazione può essere realizzata<br />
su pavimento fessurato per ottenere<br />
liquame poco diluito ed evitare il raschiamento<br />
quotidiano delle deiezioni. <strong>Il</strong> fessurato<br />
è costituito da elementi in calcestruzzo<br />
armato, capaci di sopportare un carico<br />
concentrato di almeno 400 kg, ulteriormente<br />
rinforzato nel caso di passaggio di<br />
trattori (2 t/asse). Questo tipo di pavimentazione<br />
consente di ridurre in modo<br />
apprezzabile il fabbisogno di manodopera<br />
e lascia asciutti i piedi dei bovini. Inoltre,<br />
la fossa dei liquami (adottabile solo nel<br />
caso di stalle completamente aperte) posta<br />
sotto fessurato non ha impatto sul paesaggio<br />
anche se crea problemi di emissioni di<br />
NH3.<br />
<strong>Il</strong> modello più comune è del tipo a fessure<br />
longitudinali con travetto largo 12,5<br />
cm e intervallo dei travetti di 30 mm.<br />
Questo tipo di pavimentazione può generare<br />
problemi alle articolazioni delle bovine.<br />
I fessurati a fori conici sono scivolosi e<br />
più facilmente otturabili ma più confortevoli.<br />
Sono adatti per recinti pagliati con<br />
fosse sottostanti o a sistemi di sgocciolamento<br />
della lettiera senza passaggio di<br />
animali.<br />
Affinché il liquame scenda bene nella<br />
fossa occorre un calpestamento continuo<br />
e pertanto la superficie dell’area di esercizio<br />
non potrà superare i 3,5 m2/capo.<br />
La ventilazione dovrà essere particolarmente<br />
curata per limitare la diffusione di<br />
cattivi odori e gas nocivi.<br />
Un edificio con pavimentazione di<br />
questo tipo è molto specializzato e difficilmente<br />
trasformabile.<br />
Per evitare problemi di otturazione<br />
eccessiva del fessurato non è possibile utilizzare<br />
paglia lunga. Le aree di deambulazione<br />
su fessurato si trovano spesso in stalle<br />
a cuccette dotate di materassini in gomma<br />
coperti con segatura o paglia trinciata.<br />
3.3.2.7- La circolazione delle<br />
bovine<br />
Le varie aree funzionali della stalla<br />
vanno collegate in maniera tale che le<br />
bovine seguano il seguente percorso: area<br />
di esercizio ➔ area di mungitura ➔ area<br />
di alimentazione (Figura 40). E’ importante<br />
mantenere questo tipo di circolazio-
Figura 40 – Al momento della progettazione occorre<br />
riflettere molto bene sulla circolazione delle bovine<br />
all’interno della stalla che deve prevedere il passaggio<br />
dal paddock alla sala di mungitura e da questa alla<br />
zona di alimentazione<br />
ne perché le bovine, al termine della<br />
mungitura, devono rimanere in piedi in<br />
quanto il canale di deflusso del latte non<br />
è ancora sigillato. Diventa quindi più<br />
facile la sua colonizzazione nel caso di<br />
bovine che si sdraiano su superfici contaminate.<br />
Per ogni gruppo di bovine vanno previsti<br />
almeno due passaggi per accedere e<br />
tornare dalla corsia di alimentazione e<br />
non creare strozzature. Nell’organizzare la<br />
divisione per gruppi occorre ricordare che<br />
le corsie a fondo cieco, anche se ottenute<br />
con cancelli, non sono gradite dalle bovine.<br />
3.3.2.8 - <strong>Il</strong> locale mungitura<br />
Una sala di mungitura lavora 2-7<br />
h/giorno e più per 365 gg. Si tratta di un<br />
complesso specializzato con forme diverse<br />
per meglio adattarsi alle dimensioni dell’allevamento.<br />
Le vacche vanno all’operatore<br />
o alla macchina per essere munte, tutte<br />
le attrezzature sono riunite e si riduco-<br />
Alta Qualità<br />
no i movimenti dell’uomo che lavora in<br />
piedi. Gli impianti attuali hanno un gruppo<br />
di mungitura per stallo ma è possibile<br />
ottenere ottime prestazioni anche adottando<br />
impianti con un gruppo di mungitura<br />
ogni 2 stalli. La dimensione della sala<br />
dipende dal numero dei capi presenti: dalla<br />
disponibilità di manodopera; dal tempo,<br />
che viene prefissato, per completare<br />
l’operazione (2 h/munta). Un gruppo di<br />
mungitura nei diversi allevamenti munge<br />
da 4 a 7 capi/h. <strong>Il</strong> numero di gruppi che<br />
un addetto può controllare dipende da:<br />
quantità di latte prodotta dagli animali;<br />
tempo dedicato a ciascun animale, detto<br />
routine, a sua volta legato al grado di<br />
automazione scelto (tabella 18).<br />
<strong>Il</strong> sistema (edificio + impianti), nel suo<br />
insieme, deve risultare: semplice, efficiente,<br />
accessibile e facile da pulire. In particolare,<br />
la sala di mungitura deve essere<br />
ubicata in modo da facilitare l’accesso<br />
all’autocisterna senza creare problemi di<br />
carattere igienico-sanitario.<br />
L’ubicazione deve essere tale da facilitare<br />
l’allacciamento all’acqua e all’energia<br />
elettrica. Deve essere possibile garantire la<br />
evacuazione delle acque reflue e consentire<br />
l’accesso, per tutto l’anno, ai veicoli per<br />
la raccolta del latte e la fornitura dei concentrati<br />
(se vengono somministrati) senza<br />
incrociare i percorsi delle bovine e dei<br />
trattori.<br />
Particolare attenzione va posta alla<br />
protezione della sala di attesa contro il<br />
vento, soprattutto in periodo invernale,<br />
perché molto fastidioso per gli animali.<br />
La sala di mungitura nel suo complesso<br />
è formata da una zona di attesa, dalla<br />
zona di mungitura vera e propria, da un<br />
locale latte, da un locale motori, da un<br />
ufficio e dai servizi igienici (Figura 41).<br />
La zona di attesa può essere circolare<br />
(più adatta per allevamenti di grandi<br />
dimensioni) o rettangolare. <strong>Il</strong> tipo rettangolare<br />
è maggiormente diffuso da noi,<br />
TABELLA 18<br />
Produttività orientativa del lavoro in sale di mungitura diverse operanti con un solo addetto<br />
Tipo di sala Tandem Spina di pesce Pettine<br />
B A B A B A<br />
Gruppi di mungitura (n°) 3-4 4-6 6-8 8-16 12-16 16-24<br />
Produttività (n° capi munti/h per uomo)<br />
B = basso livello di automazione<br />
A = alto livello di automazione<br />
21-28 36-48 30-40 40-64 48-64 64-96<br />
39
essenzialmente per ragioni climatiche. Le<br />
sue dimensioni (1,4 m2/capo) devono<br />
essere tali da consentire il raggruppamento<br />
di un numero di animali uguale a quello<br />
che si può mungere in un’ora circa.<br />
Questo per evitare eccessivo stress agli animali<br />
in attesa (vento, calore, acqua, alimento<br />
ecc.). Deve essere realizzata in<br />
modo da favorire il passaggio alla zona di<br />
mungitura senza particolari restrizioni,<br />
specie se mancano gli spingivacche.<br />
Le vacche in attesa di entrare in zona<br />
di mungitura si comportano in modo<br />
diverso se devono ricevere il concentrato o<br />
meno. Infatti in presenza di concentrato<br />
le vacche tendono ad affollarsi all’entrata<br />
nella zona di mungitura e, il mungitore<br />
dovrà obbligare i capi eccedenti a retrocedere<br />
con ovvie perdite di tempo. Se non<br />
devono ricevere il concentrato le vacche<br />
sembrano più calme ed entrano in sala<br />
quando vedono quelle munte allontanarsi.<br />
In questo caso può, giocare un ruolo<br />
importante, sia la possibilità di vedere ciò<br />
che accade in zona di mungitura (presenza<br />
o meno di parete divisoria con la zona<br />
di attesa), sia la presenza di un pavimento<br />
inclinato (la pendenza della sala di attesa<br />
40<br />
Alta Qualità<br />
Figura 41 – <strong>Il</strong> complesso che costituisce la sala di<br />
mungitura (da Hoepli, 1997)<br />
può raggiungere il 10%) giacché le vacche<br />
tendono spontaneamente a orientarsi verso<br />
la parte più elevata. Per favorire il passaggio<br />
degli animali vanno evitati gradini<br />
e se ciò non è possibile occorre porli lontano<br />
dall’ingresso e realizzarli con alzata<br />
non superiore ai 12 cm.<br />
La zona di mungitura dovrebbe essere<br />
accessibile senza attraversare porte. Se ciò<br />
non è possibile, occorre far sì che le porte<br />
si trovino esattamente sulla direttrice del<br />
corridoio che dovrà essere percorso dagli<br />
animali.<br />
L’uscita degli animali può avvenire per<br />
una o due porte poste su un lato o sulla<br />
stessa direttrice del corridoio di mungitura.<br />
In realtà l’ingresso e l’uscita degli animali<br />
rappresentano i fattori più critici di<br />
un impianto in sala e, fra i due, l’ingresso<br />
è il più importante. Le guide tubolari che<br />
facilitano l’ingresso delle vacche devono<br />
avere dimensioni tali da consentire il passaggio<br />
di una sola vacca per volta.<br />
Per facilitare l’uscita degli animali nei<br />
grandi impianti sono stati sviluppati dispositivi<br />
che consentono il ribaltamento<br />
totale della gabbia di contenimento. In<br />
pratica, grazie a dette attrezzature è possibile<br />
far uscire un numero qualsivoglia di<br />
capi in 15-20 secondi. Lo svantaggio<br />
maggiore è rappresentato dalla maggior<br />
larghezza richiesta per il locale (> 12 m<br />
contro i 5-6 di una sala normale).<br />
Le dimensioni della zona di mungitura<br />
dipendono dalle attrezzature (gabbie e<br />
impianto di mungitura) che vengono fornite<br />
dalle diverse ditte. Spesso le dimensioni<br />
delle attrezzature di contenimento<br />
non tengono conto delle dimensioni degli<br />
animali e della loro evoluzione per cui<br />
risultano poco confortevoli.<br />
Nella scelta delle attrezzature occorre,<br />
però, ricordare che la distanza massima<br />
del capezzolo anteriore, nelle sale a spina e<br />
a pettine, non dovrebbe superare i 45 centimetri<br />
dal cordolo che separata il mungitore.<br />
Nel classico impianto a spina di pesce,<br />
gli animali si dispongono con un angolo<br />
di 25° e la larghezza della zona interessata<br />
dalle vacche sarà di 1,25 m mentre la<br />
distanza fra le vacche è di 1,15 m.<br />
La fossa del mungitore è lunga quanto<br />
il numero dei gruppi di mungitura, moltiplicato<br />
per 0,8 o 1,15 m più 1,5 m a
seconda dell’angolo e dal tipo di impianto<br />
di mungitura (se con vaso terminale nella<br />
fossa stessa ecc.). La larghezza minima,<br />
come si è detto, è di 1,5 m, ma solo per<br />
impianti di mungitura a lattodotto, basso<br />
o alto, e di 2,2 m per impianti con vaso<br />
misuratore non ubicato sotto il piano di<br />
calpestio degli animali.<br />
L’accesso alla fossa è meglio avvenga a<br />
mezzo di scala in metallo, a norma, da<br />
realizzare dopo aver inserito l’impianto di<br />
mungitura.<br />
<strong>Il</strong> drenaggio delle acque di lavaggio è<br />
meglio se naturale con frapposto sifone<br />
idraulico; se ciò non è possibile, occorre<br />
collocare una pompa per l’estrazione dell’acqua.<br />
<strong>Il</strong> posizionamento del vaso terminale,<br />
che comprende anche la pompa per il latte,<br />
è meglio se effettuato nella fossa per<br />
ragioni di controllo.<br />
Allo scopo di recuperare il latte che<br />
proviene dal tratto verticale di conduttura,<br />
occorre realizzare, sotto al vaso terminale,<br />
un apposito pozzetto.<br />
<strong>Il</strong> cordolo di protezione, che separa la<br />
corsia degli animali dalla fossa del mungitore,<br />
assolve a una doppia funzione, evitare<br />
che la fossa del mungitore si sporchi e<br />
proteggere gli animali, per evitare cadute<br />
nella fossa (e lo stesso impianto di mungitura<br />
da possibili danni causati dai piedi<br />
della vacche). Questo cordolo alto 6-8<br />
cm, può essere realizzato in calcestruzzo,<br />
in lamiera d’acciaio, in legno o essere<br />
costituito da un semplice tubo.<br />
Le gabbie di contenimento degli animali<br />
vanno realizzate tenendo conto di<br />
evitare il più possibile i montanti verticali<br />
di ancoraggio. La barriera posteriore può<br />
essere diritta o a zig-zag. Un solo tubo è<br />
sufficiente; tuttavia se ne possono installare<br />
anche due, purché si rispetti l’altezza<br />
minima di 0,5 m.<br />
Questo tubo, così come la fossa del<br />
mungitore, dovrebbe prolungarsi per 3,5<br />
m dopo l’ultima vacca - nel caso di zona<br />
di attesa incorporata in quella di mungitura<br />
- per permettere all’addetto di incitare<br />
e indirizzare le vacche verso la zona di<br />
mungitura senza bisogno di uscire dalla<br />
fossa stessa. I supporti del tubo posteriore<br />
si collocano ogni 3 m (uno viene posto<br />
all’inizio, uno alla fine e un altro alla prima<br />
posta di mungitura). <strong>Il</strong> tubo anteriore,<br />
Alta Qualità<br />
se diritto, è soggetto a maggiori sollecitazioni<br />
da parte degli animali; conseguentemente,<br />
i suoi supporti vanno collocati<br />
ogni 1,5 m. Se tubo anteriore e posteriore<br />
sono diritti, l’angolo di posizionamento<br />
degli animali viene determinato dal cancello<br />
anteriore di uscita.<br />
La larghezza libera fra tubo di contenimento<br />
anteriore e posteriore deve essere di<br />
75-85 cm.<br />
<strong>Il</strong> cancello posteriore deve possibilmente<br />
aprirsi verticalmente ma una semplice<br />
catena risponde allo scopo.<br />
Con più di 6 poste è consigliabile<br />
introdurre un sistema pneumatico di<br />
apertura e chiusura dei cancelli (minori<br />
percorsi per l’operatore).<br />
La corretta pendenza del pavimento<br />
favorisce l’evacuazione delle acque di<br />
lavaggio e delle deiezioni. La figura 42<br />
mostra quale deve essere l’andamento delle<br />
pendenze.<br />
I tipi di sala di mungitura più diffusi<br />
sono i seguenti: a tandem; a spina di<br />
pesce; a pettine; rotativi (Figura 43).<br />
Sala a tandem. Un addetto controlla<br />
tre (se non vi è particolare automazione),<br />
sei stalli. Ingresso e uscita degli animali<br />
dipendono dalla apertura dei cancelli<br />
comandata dall’operatore.<br />
Dimensioni stallo: lunghezza circa 2,5<br />
m, larghezza corridoio di passaggio: 0,85-<br />
0,9 m. Corridoio dove opera il mungitore<br />
largo 2 m. La zona dell’operatore è parzialmente<br />
infossata per evitare scale o<br />
Figura 42 – Pendenza dei pavimenti in sala di mungitura<br />
(da Hoepli, 1997)<br />
Figura 43 – Sale di mungitura a tandem (A), spina<br />
di pesce (B) e a pettine (C) e relative dimensioni<br />
orientative (da Hoepli, 1997)<br />
41
ampe di pendenza eccessiva agli animali.<br />
Sala a spina di pesce, consente maggior<br />
produttività: un addetto può controllare<br />
6-16 gruppi di mungitura. Gli animali<br />
sono posti con angolo di 25-33° rispetto<br />
alla zona del mungitore. La zona delle<br />
bovine è coperta in parte con griglia in<br />
ferro zincato per drenaggio dei liquidi di<br />
lavaggio e deiezioni. Dimensioni tipiche:<br />
larghezza piano vacche, 1,25-1,40 m (in<br />
relazione all’angolo con cui sono posti gli<br />
animali).<br />
La larghezza del corridoio mungitore è<br />
circa 2,0 m.<br />
Lunghezza piano vacche 1,0-1,15 m<br />
per stallo cui vanno aggiunti 1,20 m per<br />
tener conto del fatto che gli animali sono<br />
disposti ad angolo.<br />
Ingresso e uscita degli animali vanno<br />
curati particolarmente per aumentare la<br />
produttività. È il modello più diffuso<br />
(Figura 44).<br />
Sala a pettine, è una variante della classica<br />
sala a spina di pesce con gli animali<br />
disposti con un angolo di 90° rispetto alla<br />
fossa del mungitore. Le bovine vengono<br />
munte da dietro.<br />
<strong>Il</strong> numero dei gruppi controllabili da<br />
un addetto può arrivare a 20-24 grazie alla<br />
maggior compattezza dell’impianto (vacche<br />
distanti 0,70-0,75 m). La sola differenza<br />
dimensionale è costituita dalla maggior<br />
larghezza (~ 10 m contro i 6 m della<br />
42<br />
Alta Qualità<br />
Figura 44 – Dimensionamento orientativo di sale di<br />
mungitura a spina di pesce con angolo degli animali a<br />
25°. Alto: pianta; basso: sezione – A=condutture aria<br />
per ventilazione estiva e invernale (da Hoepli, 1997)<br />
spina di pesce) richiesta all’edificio per<br />
facilitare l’uscita rapida delle vacche munte.<br />
Per evitare questo problema si dispongono<br />
gli animali con un angolo di 60-70°.<br />
Sala di mungitura rotativa: consente a<br />
un addetto di controllare oltre 18 gruppi<br />
di mungitura. Consiste in una piattaforma<br />
(metallica circolare) su cui le bovine possono<br />
assumere diverse posizioni, a seconda<br />
dei modelli, che ruota in continuazione o<br />
ad intermittenza. Le vacche salgono individualmente<br />
e l’operatore compie tutte le<br />
operazioni di routine stando fermo. <strong>Il</strong><br />
principale tipo oggi proposto è quello a<br />
raggi (ovvero sala a pettine rotativa).<br />
Sistema robotizzato: comporta il completo<br />
cambiamento dello schema distributivo<br />
della stalla, allo scopo di controllare i<br />
percorsi delle bovine e la realizzazione di<br />
gabbie di mungitura (tipo tandem) in cui<br />
le bovine stesse vengono munte 2-5 volte<br />
al giorno. Importante è la possibilità di<br />
controllare l’alimentazione a mezzo di<br />
sistemi di distribuzione automatica. <strong>Il</strong><br />
sistema sembra adatto per operare al<br />
meglio con moduli di circa 50 - 60 capi,<br />
con produzione giornaliera complessiva di<br />
1800 – 2200 kg di latte, serviti da un<br />
robot di mungitura (Figura 45).<br />
All’uscita della sala di mungitura vengono<br />
posti i recinti per l’isolamento degli<br />
animali, che devono essere dotati di cancello<br />
comandato a distanza dalla fossa dell’operatore<br />
e vanno dimensionati sulla<br />
base di 1 ogni 20 capi presenti, e per un<br />
minimo di 3 capi. La superficie è di 2,0-<br />
2,5 m2/capo. La recinzione è costituita da<br />
tubi zincati, diametro 50 o 75 mm, e alta<br />
1,5 m. <strong>Il</strong> pediluvio, posto sui corridoi di<br />
ritorno degli animali, può essere costituito<br />
da una semplice vasca profonda 15 cm,<br />
lunga 1,5-2,5 m e larga 0,8 m. Per evitare<br />
problemi di inquinamento, è opportuno<br />
collocare, invece dell’acqua, un materassino<br />
di spugna imbevuto di soluzione disinfettante.<br />
All’uscita della sala di mungitura va<br />
posto un abbeveratoio a vaschetta di<br />
almeno 0,6 m per consentire alle bovine<br />
di bere dopo la lunga attesa prima della<br />
mungitura.<br />
Specifiche relative alle varie componenti delle<br />
sale di mungitura<br />
Indipendentemente dal tipo di sala
occorre considerare gli elementi di seguito<br />
descritti.<br />
La scelta dei materiali di finitura<br />
richiede elevata attenzione perché per la<br />
produzione di latte è necessario mantenere<br />
un elevato standard igienico. Non verranno<br />
considerati quei materiali che per<br />
loro natura (es.: quadrotti di porfido, piastrelle<br />
ecc.) non richiedono specifiche<br />
avvertenze per la posa in opera.<br />
<strong>Il</strong> calcestruzzo (e la malta di cemento)<br />
è il più importante dei materiali di finitura<br />
ma è anche il meno curato. <strong>Il</strong> calcestruzzo<br />
per pavimenti si realizza in quadri<br />
con dimensione massima di 5 x 5 m e viene<br />
livellato con una tavola di legno.<br />
Una finitura superficiale buona si<br />
ottiene con uno strato di 25 mm di malta,<br />
di sabbia e cemento, che va posta entro<br />
6 ore dalla gettata del calcestruzzo ordinario.<br />
<strong>Il</strong> suo contenuto in cemento non deve<br />
essere superiore al 10% di quello ordinario<br />
per mantenere coefficienti di dilatazione<br />
simili.<br />
Sulla superficie viene passata una spatola<br />
in legno.<br />
Le pareti vanno rifinite fino a 1,8 m di<br />
altezza con materiale che garantisce la<br />
massima igiene. L’intonaco di cemento è<br />
costituito da una parte di cemento, 1 parte<br />
di calce e 1 parte di sabbia. Calce e sabbia<br />
si miscelano all’inizio mentre il<br />
cemento viene aggregato solo al momento<br />
dell’intonacatura. La lisciatura viene fatta<br />
con spatola di legno.<br />
Nel caso di intonaci soggetti a sfregamenti<br />
da parte degli animali si usa una<br />
miscela composta da una parte di cemen-<br />
Alta Qualità<br />
to, tre parti di sabbia e 1/2 parte di sabbia<br />
e 1/2 parte di calce e si liscia con spatola<br />
di ferro.<br />
Per proteggere le pareti dagli animali è<br />
opportuno porre un tubo zincato, diametro<br />
35 mm, sporgente 25 mm a 90 cm di<br />
altezza.<br />
Intonaci e pavimenti di calcestruzzo<br />
possono essere ricoperti con opportune<br />
vernici per renderli più resistenti all’usura<br />
e all’aggressione chimica.<br />
<strong>Il</strong> soffitto va adeguatamente isolato<br />
con barriera di vapore e ventilato.<br />
Le vernici sono da preferire alle comuni<br />
piastrelle o mattonelle perché non<br />
richiedono la applicazione di uno strato di<br />
malta di supporto (minori spessori di<br />
pareti e pavimenti), sono più resistenti al<br />
gelo e all’usura meccanica, ai lavaggi ad<br />
alta pressione ecc. <strong>Il</strong> principale ostacolo<br />
posto alla diffusione di questi materiali è<br />
rappresentato dal costo iniziale che è<br />
generalmente superiore del 30-50%<br />
rispetto ai materiali tradizionali. Tuttavia,<br />
nel lungo periodo la maggior tenuta ripaga<br />
ampiamente la maggior spesa.<br />
Le vernici per i pavimenti devono possedere<br />
alta resistenza meccanica e chimica,<br />
essere antisdrucciolevoli, lavabili, non tossiche.<br />
La scelta del tipo di vertice più<br />
appropriato si basa sui requisiti della<br />
tabella 19.<br />
L’illuminazione delle sale di mungitura,<br />
richiede circa 200 lm/m? cui corrisponde<br />
una potenza installata di 6 W/ m?<br />
nel caso di tubi fluorescenti.<br />
La ventilazione della sala di mungitura<br />
nel periodo invernale è di 10 ricambi/h di<br />
Figura 45 -<br />
Stalla robotizzata<br />
(da PR, 2000)<br />
43
aria. Nel periodo estivo la ventilazione<br />
sale fino a 40 ricambi/h.<br />
<strong>Il</strong> riscaldamento della sala di mungitura<br />
dovrebbe avvenire a mezzo di aria calda<br />
soffiata dal basso per migliorare il comfort<br />
dell’operatore. La potenza termica installata<br />
varia fra 15 e 20 kW.<br />
<strong>Il</strong> pavimento può essere rivestito con<br />
resine epossidiche, piastrelle, lastre di porfido,<br />
gomma pesante per facilitare la pulizia<br />
(figura 46).<br />
Le gabbie di contenimento vengono<br />
realizzate in acciaio zincato, tubolare o<br />
scatolato.<br />
<strong>Il</strong> locale latte deve possedere le seguenti<br />
caratteristiche: superficie minima 20<br />
44<br />
Alta Qualità<br />
TABELLA 19<br />
Caratteristiche comparative di alcune vernici<br />
Proprietà Resina<br />
Gomma<br />
di lattice<br />
Epossidica Uretanica Vinilica Acrilica Alchidica<br />
Resistenza agli alcali E E O E R S<br />
Resistenza agli acidi O O O O R S<br />
Proprietà meccaniche R E E R O O<br />
Durezza e resistenza all’abrasione R O O R O R<br />
Essiccazione < 24 h E O O E E E<br />
Applicabilità > 10°C R R R R O E<br />
Applicabilità < 10°C O O O O O E<br />
Facilità di manutenzione E R R E O E<br />
Costo M A A M M B<br />
E = eccellente; O = buono; R = regolare; S = scarso; A = alto; M = medio; B = basso<br />
Figura 46 – <strong>Il</strong> pavimento in porfido è molto apprezzato<br />
dagli allevatori (da 1Z1, 2000)<br />
m2 (meglio 30); pavimento antisdrucciolevole<br />
e lavabile e con pendenza del 2%,<br />
orientata verso un sifone ubicato vicino<br />
alla porta e/o alla presa del latte nel caso<br />
sia presente un serbatoio refrigerante. Porta<br />
di accesso con larghezza minima di 2 m<br />
(Tabella 20 e figura 47).<br />
In questo ambiente deve essere evitata<br />
la installazione di motori (da porre in un<br />
locale adiacente o all’esterno, sotto una<br />
tettoia), o di qualsiasi fonte di calore.<br />
La porta di accesso ha larghezza di 2<br />
m. Sono opportune aperture per facilitare<br />
l’aerazione del gruppo frigorifero se applicato<br />
al serbatoio. <strong>Il</strong> locale va dotato di<br />
lavelli per lavaggio utensili e impianto. Va<br />
limitato l’inquinamento dovuto a motori<br />
e polveri di mangime. Se vi è un serbatoio<br />
(refrigerato o non) lasciare > 60 cm liberi<br />
attorno ad esso e 1,10 m dove è situato il<br />
rubinetto di scarico. Per inserire il serbatoio<br />
nel locale occorre porta doppia dotata<br />
di serramento amovibile. I servizi devono<br />
aprirsi in altro locale.<br />
I drenaggi vanno posti sia sotto il<br />
lavandino sia a 60 cm dal rubinetto di scarico<br />
del serbatoio del latte. Pendenza consigliabile<br />
del pavimento 1-2%.<br />
<strong>Il</strong> locale motori può essere costituito<br />
da una capannina posta all’esterno ed<br />
esposto preferibilmente a nord. La super-<br />
TABELLA 20<br />
Locale latte: dimensione del locale serbatoio e del locale motori in base alla quota latte<br />
Quota latte (t/anno) Superficie del locale Larghezza minima Lunghezza minima Superficie minima<br />
serbatoio (m2/100 t) (m) (m) Locale macchine (m2)<br />
fino a 300 5,0 3,5 2,30 10<br />
300-500 4,5 3,75 2,50 12<br />
500-700 4,0 4,00 2,60 13<br />
oltre 700 3,5 4,00 2,85 14<br />
La superficie minima per il locale latte e il locale motori è di 20 m2
Figura 47 – Caratteristiche del locale latte (da PR,<br />
2000)<br />
ficie minima è di circa 3 m2(meglio 8-10<br />
m2) <strong>Il</strong> locale deve risultare ben ventilato e<br />
facilmente accessibile e contenere le pompe<br />
per il vuoto; il gruppo motore-condensatore;<br />
il compressore. I motori possono<br />
essere posti in capannina adiacente.<br />
<strong>Il</strong> deposito materiali deve essere possibilmente<br />
fresco e buio, per meglio conservare<br />
medicinali e prodotti in gomma. Un<br />
ambiente di 2-3 m2 esposto a nord<br />
risponde allo scopo.<br />
I servizi igienici sono costituiti da due<br />
locali con vaso, doccia e lavandino, nei<br />
quali trova posto anche lo spogliatoio per<br />
gli addetti.<br />
L’ufficio (superficie minima 8m2) è<br />
particolarmente utile nel caso di mandrie<br />
con oltre 100-150 capi e per ospitare<br />
computer o altri dispositivi di controllo.<br />
I consumi energetici: in sala di mungitura<br />
la potenza installata varia da 0,5 a 1,0<br />
kW/gruppo di mungitura cui corrisponde<br />
una spesa energetica di 150-250 Wh/capo<br />
per giorno.<br />
3.3.2.9 - Lavaggio dei locali<br />
Dopo ogni mungitura lavare i locali<br />
Alta Qualità<br />
con cura insistendo particolarmente su:<br />
– le strutture metalliche (anteriormente e<br />
posteriormente);<br />
– i muri e i corridoi o le corsie;<br />
– la fossa del mungitore, attorno al vaso<br />
terminale, sulle scalette metalliche ecc.<br />
L’acqua in sala di mungitura serve a:<br />
lavare l’impianto di mungitura, il serbatoio<br />
refrigerante e i bidoni; lavare le mammelle;<br />
lavare pareti e pavimenti: refrigerare<br />
il latte; e per uso sanitario del personale.<br />
Per il lavaggio locali e attrezzature si<br />
utilizzano spazzole o idranti o lavatrici ad<br />
alta pressione.<br />
<strong>Il</strong> fabbisogno complessivo di acqua di<br />
lavaggio è di 30-130 l/capo e per giorno di<br />
cui 2/3 per lavaggio locali; riducibili a 10-<br />
15 l/capo◊giorno con attenta gestione<br />
dell’operazione di pulizia e con il recupero<br />
delle acque di risciacquo.<br />
Una buona realizzazione della sala di<br />
mungitura e una presa d’acqua ben sistemata<br />
facilitano queste operazioni. Almeno<br />
3-4 volte all’anno va effettuato un lavaggio<br />
con idropulitrice ad alta pressione,<br />
con un prodotto detergente (anche disinfettante)<br />
adatto per mantenere il locale in<br />
perfetto stato di pulizia.<br />
Per i lavaggi della sala di mungitura si<br />
possono considerare circa 60-65 l/capo<br />
giorno, con un minimo di 30-35 l/capo.<br />
giorno. Per il lavaggio della mammella<br />
sono necessari 10 l/capo. giorno di acqua<br />
a 35-45°C e per quello dell’impianto di<br />
mungitura 10 l/gruppo a temperatura ><br />
70°C.<br />
Per lavaggio impianti occorrono le<br />
seguenti quantità di acqua fredda o calda a<br />
40-60 °C (litri per gruppo di mungitura):<br />
sala di mungitura: con vasi 35; senza vasi<br />
45-65; lattodotto in stalla: 45-65 (+ 65<br />
litri ogni 30 m di lattodotto); serbatoio<br />
latte: lavaggio automatico 95-135 (><br />
1.800 l di capacità); 160-230 (> 1.800 I di<br />
capacità). Lavaggio <strong>manuale</strong> 25-70 litri.<br />
In un allevamento da 100 capi è necessario<br />
disporre di una caldaia da almeno<br />
200 l. Dato che l’intervallo fra le mungiture<br />
è di 12 h non sono necessarie grandi<br />
potenze installate.<br />
Considerando situazioni di punta si<br />
dovrebbe considerare, per un impianto<br />
nuovo, una disponibilità di acqua di 200<br />
l/capo. giorno (inclusa l’acqua necessaria<br />
per l’ abbeverata).<br />
45
Per il lavaggio delle sale di mungitura e<br />
attesa occorre una manichetta lunga almeno<br />
10-12 m e con un diametro interno di<br />
circa 37 mm. Sono necessarie 2 prese da<br />
25 mm poste una nella sala di attesa e l’altra<br />
al termine della zona di mungitura,<br />
vicino al locale latte. La portata della pompa<br />
deve essere di circa 7.000 1/h con una<br />
pressione di 1,2-2,5 kg/cm2 (1,2-2,5 bar).<br />
Nel caso in cui i pozzi non consentano<br />
di ottenere queste portate, si disporrà<br />
sopra il tetto, o a fianco dell’edificio, un<br />
serbatoio di 2-3 m3 che verrà riempito<br />
durante l’intervallo fra le mungiture Per il<br />
lavaggio dei locali è possibile impiegare<br />
l’acqua recuperata dal lavaggio dell’impianto<br />
di mungitura.<br />
Bagnare pavimento e pareti prima della<br />
mungitura favorisce la conservazione<br />
delle superfici in cemento e facilita la successiva<br />
pulizia.<br />
3.3.2.10 – La disinfezione dei piedi<br />
delle bovine<br />
Le caratteristiche del piede delle bovine<br />
mal si sposano con i sistemi di stabulazione<br />
attuali nei quali, causa il permanere<br />
delle deiezioni sulla pavimentazione, gli<br />
unghioni restano sempre a mollo in un<br />
ambiente altamente settico.<br />
46<br />
Alta Qualità<br />
Figura 48 – Trattamento disinfettante dei piedi delle<br />
bovine durante l’attesa mungitura (da Kovex Foam<br />
System, 2002)<br />
Per questo occorre o pulire frequentemente<br />
le aree di stabulazione per ridurre il<br />
materiale fecale che giace sul pavimento, o<br />
effettuare interventi di prevenzione disinfettando<br />
frequentemente i piedi degli animali<br />
e procedendo a regolare mascalcia.<br />
Per ottenere una frequente pulizia<br />
occorre disporre di un idoneo sistema<br />
automatico di asportazione che rimane<br />
praticamente in funzione per tutto l’arco<br />
della giornata.<br />
A livello di disinfezione, abbandonato<br />
da tempo, il bagno podale in sala di attesa,<br />
viene proposta ora, l’immersione dei<br />
piedi stessi in un materassino di schiuma,<br />
a base di acido peracetico (Figura 48).<br />
Le schiume staccano lo sporco presente<br />
sui piedi degli animali sanitizzando sia i<br />
piedi stessi sia il pavimento.<br />
I prodotti, per agire hanno bisogno di<br />
tempo, da 5 a 30, e ciò significa sfruttare<br />
i tempi concessi dall’attesa mungitura.<br />
Per trattamento collettivo della dermatite<br />
digitale (malattia di Mortellaro)<br />
occorrono almeno 22 settimane sulla base<br />
di un opportuno protocollo (es.: fase di<br />
stabilizzazione: 8 settimane – 1 settimana<br />
di trattamento ogni 2; fase di mantenimento:<br />
14 settimane – i primi 3 giorni di<br />
ogni quindicina). Ciò consente di ottenere<br />
un tasso di guarigione di oltre il 90% e<br />
di ridurre a meno del 10% il tasso di nuove<br />
infezioni.<br />
<strong>Il</strong> successo di questo concetto deriva<br />
dalla combinazione dei seguenti vantaggi:<br />
– la schiuma consistente rimane attaccata<br />
ai piedi dei bovini;<br />
– il tempo di azione in sala di attesa è sufficiente<br />
a garantire efficacia all’azione<br />
del prodotto;<br />
– la semplicità del trattamento ne consente<br />
un regolare impiego;<br />
– lo smorzamento dei rumori.<br />
E’ evidente che l’uso di un simile sistema<br />
è possibile solo in sale di attesa con<br />
pavimento piano e pieno. Oppure è possibile<br />
realizzare una sala di pre-attesa piana<br />
seguita da una sala di attesa inclinata.<br />
3.3.2.11 - I locali accessori<br />
Sono indispensabili per consentire una<br />
corretta gestione della mandria. La loro<br />
collocazione ideale è nei pressi della sala di<br />
mungitura.<br />
<strong>Il</strong> recinto parto: l’igiene dell’ambiente
in cui avviene il parto condiziona la capacità<br />
di resistenza del vitello, la sua ulteriore<br />
crescita e la salute della bovina.<br />
Un locale o recinto per il parto ogni 25<br />
capi è necessario per accogliere le vacche<br />
prossime al parto. E’ meglio prevedere più<br />
recinti nel caso di parti sincronizzati.<br />
Ciascun recinto deve avere una superficie<br />
sufficiente (minimo 20 m2) e nessun<br />
lato di dimensione inferiore a 3,5 m per<br />
facilitare gli interventi sulle bovine. Per<br />
evitare rischi di scivolamento delle bovine,<br />
il pavimento non deve essere liscio ma va<br />
coperto con sufficiente paglia. <strong>Il</strong> recinto<br />
parto sarà separato dall’area di riposo delle<br />
vacche da recinti metallici e non da<br />
muri pieni. Ciò per diminuire lo stress<br />
degli animali, mantenendo un contatto<br />
visuale e olfattivo con i loro congeneri.<br />
Esso deve comprendere le attrezzature<br />
necessarie al confort degli animali e alla<br />
sicurezza del personale che deve intervenire<br />
(allevatore, veterinario ecc.): mangiatoia,<br />
rastrelliera, anello d’aggancio, paranco<br />
di sollevamento, sistema di contenimento,<br />
abbeveratoio, materiali per il parto,<br />
uno dei lati deve essere completamente<br />
apribile e accessibile al trattore.<br />
Dopo ciascun parto il recinto verrà<br />
svuotato, lavato e disinfettato.<br />
Un recinto per inseminazione verrà<br />
posto di preferenza all’uscita della sala di<br />
mungitura per separare le vacche in calore<br />
con un accesso specifico per l’inseminatore.<br />
L’infermeria: è destinata agli animali<br />
malati, è un locale molto specifico che<br />
deve essere diverso dalla zona parto.<br />
Anch’esso va posto non lontano dalla sala<br />
di mungitura al fine di poter mungere gli<br />
animali malati, sia al momento dell’ultimo<br />
passaggio in sala di mungitura, sia nello<br />
stesso locale infermeria, installandovi<br />
una conduttura del vuoto.<br />
<strong>Il</strong> locale dovrà essere imperativamente<br />
pulito e disinfettato dal momento dell’uscita<br />
dell’animale ed è caratterizzato da<br />
pavimento in calcestruzzo, muri pieni,<br />
accesso verso l’esterno per evacuare facilmente<br />
il letame e isolare l’animale malato<br />
dagli altri.<br />
3.3.2.12 - Asportazione delle<br />
deiezioni<br />
<strong>Il</strong> liquame, che proviene da:<br />
– area di esercizio confinante con un’area<br />
Alta Qualità<br />
a lettiera delimitata da cordolo;<br />
– area di esercizio esterna;<br />
– corridoio di accesso alle cuccette con<br />
basso consumo di paglia o con materassini,<br />
– può cadere in fossa sottostante il pavimento<br />
fessurato, oppure può essere<br />
raschiato da pavimenti pieni e spinto in<br />
una fossa da cui potrà essere pompato<br />
alle vasche di stoccaggio.<br />
Trasferimento del liquame verso le opere<br />
di stoccaggio: sarà tanto più facile quanto<br />
minore è la presenza di paglia e può avvenire:<br />
– per gravità nelle condutture, idonea fino<br />
a distanze di 50 m in tubi di grande diametro<br />
preferibilmente in PVC (∆ 300 o<br />
400 mm, con pendenza superiore al<br />
3%). E’ preferibile, in queste condutture,<br />
inserire acque poco inquinate per<br />
favorire lo spostamento del materiale;<br />
– per canaletta con liquame flottante che<br />
permette lo spostamento autonomo. <strong>Il</strong><br />
liquame galleggia e avanza sulla parte<br />
liquida delle deiezioni. Una soglia posta<br />
sulla testata della canaletta consente di<br />
mantenere uno strato liquido minimo<br />
di 30 cm (Figura 49);<br />
– per pompa di trasferimento: permette<br />
l’omogeneizzazione e il trasferimento<br />
del liquame da una prefossa al bacino di<br />
stoccaggio di maggiori dimensioni. La<br />
scelta del tipo di pompa dovrà essere<br />
studiata attentamente considerando i<br />
seguenti parametri:<br />
– viscosità dei liquami e presenza di<br />
paglia;<br />
– altezza di innalzamento, lunghezza della<br />
conduttura e perdite di carico;<br />
– diametro della conduttura;<br />
– portata e frequenza del trasferimento;<br />
– fonte di energia per l’azionamento della<br />
pompa (motore elettrico o trattore).<br />
Figura 49 – Sistema di cunettoni per l’evacuazione<br />
dai reflui<br />
47
<strong>Il</strong> liquame paglioso, o liqui-letame o<br />
letame fluido, deriva dalla raschiatura della<br />
zona di alimentazione o dal corridoio di<br />
accesso a cuccette con basso consumo di<br />
paglia. Questo materiale, accumulato su<br />
platea, non raggiunge 1 m di altezza e ha<br />
la tendenza ad adagiarsi. Si tratta di un<br />
prodotto difficile da gestire così com’è e si<br />
dovrà operare per ottenere un letame più<br />
compatto o un liquame, utilizzando pratiche<br />
diverse di gestione della lettiera o<br />
attraverso la separazione della frazione<br />
solida delle deiezioni.<br />
Evacuazione del liquame a mezzo di<br />
raschiatori: le forze che si esercitano sui<br />
raschiatori sono meno forti rispetto al letame.<br />
I raschiatori a cavo, a catena, a barra o<br />
semoventi possono essere utilizzati senza<br />
difficoltà. Più i corridoi sono lunghi e<br />
maggiore dovrà essere la frequenza con cui<br />
azionare i raschiatori per evitare tracimazioni<br />
dentro le cuccette (figura 50).<br />
I liquami poco pagliosi hanno la tendenza<br />
a cavalcare i raschiatori o a passare<br />
sotto di essi. Le pale del raschiatore<br />
48<br />
Alta Qualità<br />
Figura 50 – Fossa di ricevimento dello stallatico e del<br />
liquame paglioso<br />
Figura 51 – Modalità per la movimentazione del<br />
letame (da BTPL, 2001)<br />
dovranno essere sovente controllate e le<br />
canalizzazioni dovranno favorire l’invio<br />
delle deiezioni verso le strutture di stoccaggio.<br />
<strong>Il</strong> movimento alternativo del raschiatore<br />
fa convogliare e scaricare le deiezioni<br />
in una canaletta sottostante che le porta,<br />
poi, a una vasca di raccolta. Questa soluzione<br />
– richiede 30±40 W/m di lunghezza<br />
di trasporto e si muove a velocità di<br />
0,1±0,2 m/s – necessita di attenta manutenzione<br />
anche se ridotta al minimo. La<br />
produttività di lavoro sale a 50±60<br />
capi/addetto per ora, inclusa la pulizia<br />
della parte posteriore delle cuccette.<br />
Separazione delle fasi e ripresa del materiale:<br />
come accennato, per consentire una<br />
buona gestione di questi prodotti è necessaria<br />
la separazione delle fasi solida e liquida<br />
possibilmente prima del trasferimento<br />
verso le strutture di stoccaggio.<br />
La separazione può essere fatta al<br />
momento della raschiatura, per sgocciolamento<br />
su area con pavimento fessurato o<br />
per spremitura meccanica (es. con pistone).<br />
Le opere per lo stoccaggio: se non può<br />
essere realizzata la separazione fra le fasi<br />
liquide e solide, la soluzione più adatta è la<br />
realizzazione di una idonea fossa. Le deiezioni<br />
solide e liquide vengono spinte nella<br />
stessa fossa e ciò creerà problemi al<br />
momento della ripresa e dello spandimento.<br />
Questa soluzione può convenire a chi<br />
utilizza forconi o benne per sollevare il<br />
letame. E’ preferibile non vuotare mai<br />
completamente la fase liquida. Questo<br />
permette alla fase solida di galleggiare e di<br />
distribuirsi meglio su tutta la superficie<br />
della fossa. Per la stessa ragione è preferibile<br />
riempire la fossa da pareti verticali e<br />
non da un piano inclinato (figura 51).<br />
Questo tipo di fossa riceve e trattiene<br />
le acque di pioggia e presenta un rapporto<br />
sfavorevole fra volume utile e volume<br />
totale. Esso presenta ugualmente delle difficoltà<br />
di realizzazione pratica e di tenuta<br />
nel caso di volumi elevati.<br />
<strong>Il</strong> letame paglioso è quello che, posto<br />
su letamaia, può essere impilato senza<br />
problemi fino a oltre 2 m di altezza. Questi<br />
letami possono provenire: da stalle a<br />
stabulazione fissa con paglia, da stalle a<br />
stabulazione libera con lettiera permanente,<br />
da aree a lettiera inclinata per manze o
per bovini da carne; dall’area confinante<br />
fra lettiera e zona di esercizio; dalla corsia<br />
di accesso di cuccette groppa a groppa con<br />
paglia (oltre 3 kg/giorno di paglia per cuccetta);<br />
dalla corsia di cuccette testa a testa,<br />
se le deiezioni vengono separate prima<br />
dello stoccaggio. Tutti i letami producono<br />
liquidi di sgrondo, colaticci, che devono<br />
essere stoccati in apposita cisterna separata<br />
(figura 52).<br />
Evacuazione del letame: l’evacuazione<br />
dalle aree di riposo e di esercizio si effettua<br />
utilizzando caricatori frontali o lame spingitrici<br />
(queste ultime montate anteriormente<br />
o posteriormente) accoppiabili a<br />
trattori. Nel caso delle aree di riposo, tuttavia,<br />
tale operazione viene svolta con frequenza<br />
molto rarefatta. L’impegno di<br />
lavoro relativo (ogni qualche settimana o<br />
anche ogni qualche mese), risulta dell’ordine<br />
di 1,0, 1,5 ore-uomo/capo-anno.<br />
<strong>Il</strong> trattore, munito di raschiatore, viene<br />
dedicato a questa funzione per ragioni<br />
igieniche e per evitare le manovre di montaggio/smontaggio<br />
del raschiatore. Malgrado<br />
il maggior investimento iniziale, i<br />
raschiatori automatici, ruspette, sono da<br />
preferire perché permettono di effettuare<br />
più interventi giornalieri senza spostare<br />
cancelli e senza disturbare gli animali.<br />
Questi raschiatori necessitano, tuttavia, di<br />
regolare controllo e manutenzione. <strong>Il</strong> letame<br />
paglioso esercita resistenze rilevanti e<br />
asimmetriche sui bracci del raschiatore. E’<br />
dunque meglio scegliere un sistema con<br />
asta a moto alternato, mosso da circuito<br />
idraulico.<br />
La scelta si orienterà su un raschiatore<br />
a V o su un raschiatore a U con braccio<br />
perpendicolare diritto, pesante e con all’estremità<br />
alette incernierate. Con questo<br />
tipo di letame diventa problematica l’utilizzazione<br />
dei raschiatori in tratti di edificio<br />
di lunghezza superiore a 80 m.<br />
I raschiatori hanno tendenza a lisciare<br />
il pavimento e a renderlo scivoloso. E’<br />
consigliabile rigare le aree pavimentate<br />
prima della messa in funzione dell’edificio<br />
(Figura 53).<br />
Trasferimento verso le aree di accumulo:<br />
si possono adottare diversi sistemi per<br />
trasferimento: diretto o per ripresa meccanica.<br />
<strong>Il</strong> trasferimento diretto in letamaia<br />
posta allo stesso livello del corridoio<br />
raschiato necessita una ripresa, con benna<br />
Alta Qualità<br />
montata su trattore, almeno una o due<br />
volte alla settimana per accumulare correttamente<br />
il letame.<br />
La caduta su una letamaia sottostante,<br />
se lo permette la orografia del terreno,<br />
presenta il vantaggio di una miglior separazione<br />
della frazione liquida dalla fase<br />
solida. Essa necessita di interventi di<br />
ripresa meno frequenti nella letamaia.<br />
I sistemi di ripresa a mezzo di piccoli<br />
raschiatori o catene, sono complessi,<br />
costosi da mantenere, sensibili al gelo e<br />
non esimono dall’intervento periodico in<br />
letamaia con il trattore. Essi però permettono<br />
il trasferimento automatico del letame<br />
raschiato quando la letamaia non può<br />
essere situata sul prolungamento della<br />
stalla.<br />
I sistemi a pressione con pistone sono<br />
meno delicati di quelli a catena e non<br />
sono sensibili al gelo. <strong>Il</strong> letame è spinto da<br />
Figura 52 – Modalità di riempimento della fossa<br />
Figura 53 – Pavimento con rigature per limitare lo<br />
scivolamento delle bovine<br />
49
un pistone idraulico in una conduttura<br />
sotterranea, che può essere lunga oltre 50<br />
m, che arriva in centro alla letamaia. Questa<br />
installazione lascia una grande libertà<br />
di collocazione delle piattaforme di stoccaggio<br />
e libertà di circolazione attorno ad<br />
esse. La condotta interrata permette anche<br />
l’attraversamento di strade (figura 54).<br />
Flushing: sistema idraulico di evacuazione<br />
che consiste nell’invio periodico di<br />
forti flussi di acqua sul pavimento con<br />
conseguente elevata diluizione delle deiezioni.<br />
Ciò comporta sovradimensionamenti<br />
delle vasche di stoccaggio. E’ poco<br />
utilizzato perché va adottato solo su edifici<br />
appositamente progettati (figura 55). <strong>Il</strong><br />
sistema, nel caso di problemi sanitari, può<br />
favorire la diffusione di germi patogeni.<br />
Fessurato: permette di affrancarsi dal<br />
vincolo del raschiamento ma necessita di<br />
fosse più costose sotto le quali va realizzato<br />
un sistema di canalette che fa spostare<br />
il materiale solido per flottazione (figura<br />
56).<br />
I sistemi a ricircolo (figura 57) di parte<br />
dei liquami a mezzo di apposite pompe<br />
con portate di 50±60 l/s consentono di<br />
ottenere liquami più concentrati anche se<br />
presentano spesso problemi di intasamento.<br />
Soluzioni più complete, in merito,<br />
prevedono:<br />
– un dispositivo ossigenatore sommerso<br />
nella vasca esterna di accumulo, avente<br />
il compito di facilitare il processo di<br />
degradazione della sostanza organica<br />
(maturazione) con conseguente deodorizzazione<br />
del liquame;<br />
50<br />
Alta Qualità<br />
Figura 54 – Lo stallatico (liquame paglioso o letame<br />
fluido) può essere agevolmente pompato verso le opere<br />
di stoccaggio, facilitando il lavoro (da BTPL, 2001)<br />
– una pompa di prelievo del liquame parte<br />
del quale viene riciclato nella cunetta<br />
disposta sotto il pavimento della stalla,<br />
provvedendo così all’asportazione di un<br />
materiale più o meno concentrato.<br />
<strong>Il</strong> tutto richiede l’installazione di<br />
potenze di 10±15 W/m3 di vasca. Soluzioni<br />
analoghe possono essere utilizzate<br />
anche su pavimenti pieni.<br />
Vasche di stoccaggio: possono avere<br />
Figura 56 – <strong>Il</strong> flushing, molto diffuso negli USA,<br />
richiede una progettazione specifica della stalla<br />
Figura 57 – Percorso del liquame sotto il pavimento<br />
fessurato (da BTPL, 2001)<br />
Figura 58 – <strong>Il</strong> ricircolo dei liquami è stato più volte<br />
proposto come mezzo per la veicolazione delle deiezioni,<br />
ma presenta problemi manutentivi ancora irrisolti<br />
(da Pellizzi, 1996)<br />
Figura 59 – L’agitazione del liquame dovrà protrarsi<br />
per periodi più o meno lunghi in relazione alla forma<br />
della vasca
forma diversa (a pianta circolare, ellittica,<br />
quadrata, rettangolare, trapezoidale) per<br />
ragioni aziendali ma occorre considerare<br />
che al momento della agitazione del liquame,<br />
per omogeneizzare il prodotto da<br />
spandere, l’operazione potrà protrarsi per<br />
un tempo più o meno lungo in relazione<br />
alla forma della vasca stessa (Figura 59).<br />
3.3.2.13 –La disinfezione delle<br />
superfici di allevamento<br />
Le superfici a contatto con gli animali<br />
o con i loro escrementi o fluidi organici<br />
vanno periodicamente disinfettati per<br />
ridurre la presenza di microrganismi<br />
potenzialmente patogeni. I prodotti<br />
potenzialmente impiegabili sono molti e<br />
va posta molta attenzione al loro uso<br />
(tabella 21)<br />
4 - IL COSTO DELLA STALLA<br />
4.1 – Premessa<br />
L’investimento in edifici strumentali,<br />
per alcuni tipi di aziende a indirizzo zoo-<br />
Alta Qualità<br />
tecnico, esclusi i cosiddetti allevamenti<br />
senza terra, risulta compreso tra il 30% e<br />
il 50% del valore del terreno agrario. Inoltre,<br />
stalle e fabbricati a esse connessi condizionano<br />
il bilancio aziendale per l’influenza<br />
che hanno su:<br />
– quantità e qualità della produzione;<br />
– indice di trasformazione degli alimenti;<br />
– produttività del lavoro di macchine e<br />
impianti;<br />
– consumi energetici;<br />
– costi fissi di produzione.<br />
La possibilità di risparmiare in modo<br />
significativo solo sul costo delle stalle è,<br />
forse, poco realistica e occorre fare attenzione<br />
che strutture edilizie inadeguate,<br />
portano a gravi ripercussioni sul bilancio<br />
globale dell’azienda. Infatti, vengono<br />
indirettamente interessati i costi dell’alimentazione<br />
per la riduzione dell’indice di<br />
conversione, i costi della manodopera e<br />
delle macchine, per il loro impiego irrazionale,<br />
il valore della produzione, per le<br />
precarie condizioni igieniche e sanitarie e<br />
per il calo della produzione.<br />
Ne deriva che il costo per unità di pro-<br />
TABELLA. 21<br />
Basi razionali e metodi d’impiego dei disinfettanti nella lotta contro le malattie trasmissibili (Cancellotti , 1986).<br />
CONDIZIONE O LUOGO<br />
STALLA VUOTA<br />
PRODOTTI CONSIDERATI Concentrazione<br />
d’uso<br />
Impiego<br />
- Disinfezione di base - Derivati fenolici e cresolici<br />
- Derivati aldeidici: soluzione acquosa<br />
4% Pavimenti<br />
saponosa di formalina 2% Pareti<br />
- Clorexidina in soluzione acquosa 1%<br />
- Disinfezione dopo malattia - Composti dell’ammonio quaternario:<br />
benzoxomio cloruro in soluzione acquosa 1%<br />
- Insetticidi a scopo<br />
C.s.<br />
- Composti a base di esteri fosforici<br />
C.s. C.s.<br />
profilattico<br />
ANIMALI PRESENTI<br />
0,5-1% Tutte le superfici<br />
- Disinfezione in caso di - Iodofori 1% Tutte le superfici 1 o 2<br />
pericolo d’infezione volte per settimana<br />
- Lavaggio animali - Sali quaternari d’ammonio 2-4% Mammella prima del parto<br />
- Disinfezione mangiatoie e<br />
2% Ogni giorno<br />
abbeveratoi<br />
- Pulizia e disinfezione<br />
- Sali quaternari d’ammonio 1%<br />
attrezzature di stalla - Iodofori 0,5-1% Una volta per settimana<br />
Tutte le superfici<br />
- Lotta contro ectoparassiti<br />
ULTERIORI MISURE<br />
- Esteri fosforici se necessario<br />
- Lotta ai funghi nei sili Iodofori 2% Superficie interna dei sili<br />
ogni 6-8 settimane<br />
- Mezzi di trasporto<br />
- Vasche di disinfezione<br />
Derivati aldeidici 2% Dopo ogni viaggio<br />
all’ingresso della stalla Derivati fenolici e cresolici 4% Cambiare ogni 3-6 giorni<br />
51
dotto può aumentare, ai limiti estremi,<br />
del 30%.<br />
Occorre ricordare che, per quanto<br />
attiene il rapporto fra edificio e ambiente,<br />
nei bovini da latte, l’indice di trasformazione<br />
cala dell’1% per ogni grado di<br />
abbassamento della temperatura al di sotto<br />
di quella critica inferiore (che è, però,<br />
nelle nostre zone, abbastanza bassa da non<br />
creare problemi) e al di sopra di quella critica<br />
superiore.<br />
Considerando che il costo dell’alimentazione<br />
può rappresentare fino al 50% del<br />
costo totale di produzione, risulta chiaro<br />
che variazioni nel coefficiente di trasformazione<br />
come quelle indicate possono<br />
avere rilevanti conseguenze sul bilancio<br />
aziendale. Va, però, considerata la durata<br />
massima del periodo sfavorevole.<br />
Una voce del costo di produzione sulla<br />
quale i ricoveri hanno diretta influenza<br />
é quella relativa all’impiego di manodopera.<br />
Infatti, si ha una enorme variazione del<br />
modulo zootecnico (numero di capi<br />
dominabili da un uomo) considerando<br />
ricoveri più o meno sofisticati.<br />
“Capitale sostitutivo” la quantità di<br />
capitale (rappresentato da macchine,<br />
attrezzi e impianti) la cui quota annua di<br />
ammortamento é pari a quella della<br />
manodopera risparmiata. Si tratta cioè,<br />
della cifra massima che si può convenientemente<br />
investire, una volta capitalizzata,<br />
in edifici e attrezzature per risparmiare<br />
una certa quantità di lavoro.<br />
I ricoveri incidono direttamente sul<br />
bilancio aziendale attraverso la loro quota<br />
di ammortamento.<br />
<strong>Il</strong> costo d’uso della stalla per vacche da<br />
latte (ammortamento + manodopera +<br />
energia + manutenzione), incide sul costo<br />
di produzione per l’8-12%.<br />
Orientativamente il costo iniziale della<br />
stalla deve essere ripagato con la produzione<br />
ottenibile in 8-12 mesi. Perciò più<br />
costa la stalla e maggiore deve essere l’ammontare<br />
della produzione .<br />
Costruire una stalla rappresenta un<br />
investimento importante per un allevamento<br />
da latte. L’incidenza della stalla sul<br />
costo del litro di latte è di 15-40 centesimi<br />
per la durata del periodo di ammortamento<br />
(10 e 15 anni ).<br />
E’ dunque importante stimare fin dall’inizio<br />
l’ordine di grandezza del costo del-<br />
52<br />
Alta Qualità<br />
la stalla per definire la capacità massima di<br />
indebitamento dell’allevatore e orientare<br />
la riflessione verso soluzioni accettabili sul<br />
piano finanziario.<br />
4.2 - Tempi di lavoro<br />
In relazione al tipo di stabulazione e al<br />
livello di meccanizzazione, passano da 25<br />
a 10 min/capo/giorno (e meno). Ciò<br />
significa dominare da 15 a 40 capi/giorno<br />
per unità lavorativa. <strong>Il</strong> 50-80% del tempo<br />
è destinato alla mungitura. <strong>Il</strong> 10-20% al<br />
governo degli animali e asportazione deiezioni<br />
e 20-40% all’alimentazione.<br />
I tempi di lavoro e i conseguenti fabbisogni<br />
di manodopera possono essere<br />
disaggregati in relazione alle attività che si<br />
svolgono nell’allevamento. Tempi medi di<br />
lavoro indicativi, riferiti ai diversi tipi di<br />
stalla, sono riportati nella tabella 22.<br />
4.3 - <strong>Il</strong> costo della stalla nuova<br />
<strong>Il</strong> costo di una stalla nuova, chiavi in<br />
mano, può variare fra 2.500 e 5.000 euro<br />
per vacca, compresi i sili e le opere per lo<br />
stoccaggio delle deiezioni. <strong>Il</strong> prezzo dipenderà<br />
dal tipo di edificio, dalla sua localizzazione,<br />
dalle scelte tecniche, dai costi di<br />
sistemazione dei terreni (eventuali terrazzamenti,<br />
allacciamento alla rete idrica,<br />
elettrica ecc.).<br />
I valori per capo su cui orientarsi sono<br />
i seguenti:<br />
– sala di mungitura: 1.800-2.500 euro<br />
per stallo (considerare che la mungitura<br />
dovrebbe durare fra 1,5 e 2,0 ore e che<br />
normalmente vi sono da 10 a 12 capi<br />
per gruppo di mungitura);<br />
– edificio per la mungitura da 1.800 a<br />
2.500 euro per stallo;<br />
– stabulazione animali da 900 a 1.600<br />
euro per capo;<br />
– silo da silomais, 30 euro per metro cubo<br />
insilato;<br />
– silo concentrati da 300 a 450 euro per<br />
capo;<br />
– cuccette: oltre 250 euro per vacca;<br />
– fosse sotto fessurato: circa 300 euro per<br />
vacca;<br />
– raschiatore liquami: circa 250 euro per<br />
vacca;<br />
– stoccaggio reflui (liquami): da 300 a<br />
600 euro per vacca.
TABELLA 22<br />
Tempi medi di lavoro per differenti tipi di stalle.<br />
Alta Qualità<br />
Stalla Modalità di esecuzione operazioni Tempo<br />
tot. medio<br />
N. capi Tipo e disposizione Alimentazione Pulizia e governo Mungitura (min/capogiorno)<br />
10 Fissa, in fila unica, con Manuale Manuale con carriola Con carrello mobile 28-32<br />
corsia di alimentazione a un secchio<br />
Fissa, groppa a groppa, Manuale Manuale con carriola Manuale 34-40<br />
con corsia unica<br />
centrale<br />
20 Fissa, in fila unica, con Meccanica, Meccanica, Con carrello mobile 22-26<br />
corsia di alimentazione con trasportatore con trasportatore a un secchio<br />
Fissa, groppa a groppa, Manuale Meccanica, Con carrello mobile 30-34<br />
con corsia unica con trasportatore a un secchio<br />
centrale<br />
40 Fissa, testa a testa, Meccanica, con carro Meccanica, Con carrello mobile 16-20<br />
con corsia di autoscaricante con trasportatore a due secchi<br />
alimentazione o trasportatore<br />
Fissa, testa a testa, Meccanica, con carro Asportazione Con carrello mobile 14-18<br />
senza lettiera e autoscaricante idraulica a due secchi<br />
pavimento fessurato o trasportatore<br />
Libera con lettiera Alla posta, con carro Trattore con pala Con sala a 4 poste 10-12<br />
permanente autoscaricante frontale a tandem<br />
o trasportatore<br />
80 Fissa, testa a testa, con Meccanica, con carro Meccanica, con Fissa alla posta con 12-16<br />
corsia di alimentazione autoscaricante trasportatore 4 gruppi<br />
o trasportatore<br />
Fissa, testa a testa, Meccanica, con carro Asportazione Sala a spina di pesce 10-12<br />
senza lettiera e autoscaricante idraulica a 8 poste<br />
pavimento fessurato o trasportatore<br />
Libera con lettiera Autoalimentazione Trattore con pala Sala a spina di pesce 6-8<br />
permanente pascolo frontale a 8 poste<br />
53
Allegati<br />
Allegato A<br />
La ventilazione delle stalle<br />
A.1 – <strong>Il</strong> fabbricato<br />
<strong>Il</strong> fabbricato all’interno del quale vengono sistemate le bovine (su lettiera o in cuccette)<br />
deve garantire buone condizioni ambientali, soprattutto per quanto attiene<br />
alla ventilazione invernale ed estiva, alla luce, alla evacuazione delle deiezioni, al<br />
movimento degli animali ecc. In realtà le diverse componenti dei fabbricati devono<br />
essere fra loro armoniosamente correlate per evitare che un singolo fattore possa<br />
compromettere il funzionamento dell’intero sistema.<br />
Per la definizione planimetrica della stalla, occorre ricordare che per favorire la circolazione<br />
dell’aria non si devono mettere troppe file di cuccette: meglio 4 file invece<br />
che 6 o più. L’effetto della ventilazione di fa sentire sulla frequenza respiratoria:<br />
67 cicli/min (con 4 file); 72 cicli/min (con 6 file), e ciò sta a significare una minore<br />
presenza di ossigeno nell’aria e, quindi la necessità di incrementare la ventilazione.<br />
In generale, l’edificio deve risultare il più possibile aperto per favorire la circolazione<br />
dell’aria. Quindi, niente pareti laterali (o semplici o muretti di arresto per le bovine).<br />
Solo il lato nord può essere parzialmente chiuso. Le pareti laterali devono essere<br />
alte oltre 5 m e aperte per almeno 3,5 m. <strong>Il</strong> tetto deve avere una pendenza superiore<br />
al 33%, ovvero deve elevarsi di 1 m ogni 3 m. <strong>Il</strong> che significa, per una stalla a<br />
6 file di cuccette larga circa 38 m, una altezza al colmo di oltre 12 m. Peraltro le stalle<br />
tradizionali presentano tetti con pendenze decisamente più elevate e, dove possibile,<br />
si deve far riferimento ad esse.<br />
Lo scarico dell’aria al colmo avviene lungo una apertura continua che occupa l’1,7%<br />
della superficie coperta. In caso di eccesso di ventosità, le pareti laterali possono<br />
essere protette sia con teli avvolgibili in plastica, sia con reti permeabili (la percentuale<br />
di apertura va rapportata in modo inverso alla velocità del vento).<br />
In pratica, durante l’estate, occorre assicurare 40-60 ricambi all’ora che possono<br />
scendere a 4 nei periodi più freddi.<br />
Per favorire la ventilazione estiva per effetto camino occorre che l’aria venga riscaldata<br />
anche con il contributo del sole e, pertanto, è opportuno evitare l’isolamento<br />
del tetto, ma ciò può portare a problemi di condensa nel periodo invernale.<br />
Migliori condizioni ambientali comportano una maggior ingestione di sostanza secca:<br />
ciò si traduce in una maggiore produttività.<br />
A.2 - La ventilazione della stalla<br />
Serve a modificare il rapporto fra i costituenti dell’aria (problema invernale) e a sottrarre<br />
calore agli animali (problema estivo).<br />
La ventilazione può essere:<br />
– naturale (se sfrutta il vento o le differenze di temperatura);<br />
– meccanica (se utilizza ventilatori).<br />
Una vacca di 650 kg in inverno elimina oltre 12 litri di acqua al giorno sotto forma<br />
di vapore acqueo, ovvero l’equivalente di 1 mm di pioggia tutti i giorni all’interno dell’edificio<br />
che deve assolutamente essere evacuata per evitare un invecchiamento<br />
accelerato dell’edificio.<br />
Vi sono, inoltre, potenziali gravi conseguenze igienico-sanitarie dovute a:<br />
– sviluppo di microrganismi, favorito dall’umidità, che originano mastiti, metriti e<br />
zoppie;<br />
– problemi respiratori dovuti a una eccessiva concentrazione di ammoniaca (i bovini<br />
sono molto sensibili alle affezioni polmonari).<br />
E’ possibile ottenere una buona ventilazione naturale dell’edificio se si rispettano i<br />
seguenti principi:<br />
– evacuazione dell’aria calda e umida dal cupolino del tetto;<br />
– ingresso dell’aria lungo le pareti e le testate;<br />
– corretto orientamento dell’edificio in relazione ai venti dominanti.<br />
A.2.1 - La ventilazione per effetto camino<br />
Si basa sul principio che l’aria fredda esterna, entrando nell’edificio, si riscalda al<br />
contatto con gli animali e la lettiera che emana calore. L’aria diminuisce la sua densità<br />
(espandendosi) e si sposta verso l’alto caricandosi di umidità, gas e polveri e li<br />
sposta fuori dall’edificio. La portata d’aria (m3 evacuati/h) è favorita da:<br />
– differenza di temperatura e umidità fra interno ed esterno dell’edificio;<br />
– differenza di altezza fra ingresso e uscita dell’aria;<br />
54
– rapporto fra le superfici di ingresso e di uscita dell’aria;<br />
– influenza dei venti dominanti che investono l’edificio.<br />
Per il calcolo della portata si utilizza la seguente formula semplificata:<br />
(m3/h)<br />
Allegati<br />
dove: Ka = dipende dal rapporto fra le superfici di ingresso e uscita (da figura A.1);<br />
Ai = superficie della apertura di ingresso, m2;<br />
h = differenza di quota fra ingresso e uscita aria, m;<br />
Dt = differenza di temperatura fra interno ed esterno.<br />
A.2.2 – La ventilazione per effetto vento<br />
Sfrutta particolari condizioni locali (vicinanza a laghi o mare o aree fondovallive).<br />
La ventilazione sarà soprattutto assicurata dal vento che soffia sull’edificio attraverso<br />
elementi permeabili o fessure regolabili (possibilmente in modo automatico)<br />
per limitare i rischi di correnti d’aria.<br />
A.2.3 - La ventilazione meccanica<br />
Richiede il calcolo delle portate attraverso conoscenze di psicrometria<br />
e di fisiologia animale, per quanto attiene al vapore acqueo e al calore prodotto<br />
dagli animali in condizioni estive e invernali. Si tratta di dati ricavati da prove in<br />
camere metaboliche in cui gli animali sono tenuti isolati. Per riportare i valori tabellati<br />
alle condizioni pratiche di allevamento, occorre moltiplicare tali dati con opportuni<br />
coefficienti.<br />
Ventilazione meccanica invernale: il calcolo richiede la conoscenza della umidità<br />
emessa dagli animali.<br />
Ventilazione estiva: si presuppone che l’aria si riscaldi nel lambire gli animali. Pertanto,<br />
è necessario introdurre un Dt compreso fra 1 e 10 °C come dato di progetto.<br />
Tabella A.1 - Calore e umidità prodotti dai bovini in condizioni invernali ed estive<br />
Categoria Età Peso vivo Temperatura Calore Umidità<br />
(kg) critica sensibile emessa per<br />
interna prodotto respirazione<br />
Vitelli nascita 12 45 16 120 95<br />
settimane 90 200 150<br />
135 250 192<br />
180 375 (290) 155 (221)<br />
226 390 (310) 163 (237)<br />
Manze 272 2 425 (330) 176 (251)<br />
317 435 (350) 180 (269)<br />
363 445 (370) 185 (279)<br />
Vacche 500 2 900 (633)* 185 (521)<br />
* I numeri tra parentesi si riferiscono a rilevamenti effettuati a temperature di 16°C<br />
Tabella A.2 – Calore prodotto dai bovini in condizioni estive<br />
Categoria Età Peso vivo Calore sensibile prodotto<br />
(kg) in estate (21°C) (W)<br />
Vitelli nascita 12 45 110<br />
settimane 90 170<br />
210<br />
180 250<br />
270<br />
Manze 272 280<br />
300<br />
363 320<br />
Vacche 500 530<br />
55
Allegati<br />
N.B.: per trasformare i kg/h in m3/h si possono utilizzare i valori del volume specifico<br />
dell’aria contenuti nel diagramma psicrometrico, figura A.2, (circa 0,75 m3/kg<br />
per le basse temperature invernali e 0,87 m3/kg per le elevate temperature estive).<br />
A.2.4 - L’ingresso dell’aria<br />
L’ingresso d’aria: in periodo invernale, in presenza di finestrature o pareti fessurate,<br />
deve avvenire ad almeno 2 m al di sopra dell’area di stabulazione degli animali.<br />
Nel caso di lettiera accumulata, si considera come quota di riferimento il livello massimo<br />
raggiunto dalla lettiera. Gli ingressi d’aria saranno posti sulle pareti e sulle<br />
testate. Esse devono preferibilmente essere ripartite su tutta la lunghezza dell’edificio<br />
piuttosto che limitarle a certe zone.<br />
<strong>Il</strong> calcolo delle superfici di ingresso è basato sui dati della tabella A.3.<br />
Tabella A.3 - Superfici di ingresso in condizioni invernali in aree potenzialmente<br />
ventilate (prossime al mare) (da BTPL, 2001)<br />
Categoria animale Ae (m2/capo) Au (m2/capo)<br />
Vacca da latte > 7000 kg/anno 0,3 0,15<br />
Vacca da latte fra 5000 e 7000 kg/anno 0,3 0,15<br />
Vacca allattante con vitello 0,24 0,12<br />
Torelli di peso max 600 kg<br />
Manza da 400 kg<br />
0,24 0,12<br />
Vacca asciutta<br />
Maschio di peso max 350 kg<br />
Manza da 200 kg<br />
Vitello di allevamento da 150 kg<br />
0,16 0,08<br />
in edificio specializzato<br />
Vitello da carne bianca di 150 kg<br />
0,08 0,04<br />
Vitello da ristallo da 50 kg 0,04 0,02<br />
Al fine di evitare le correnti d’aria le aperture saranno dotate di reti antivento per<br />
ridurre la velocità dell’aria in ingresso. Ciascuna rete frangivento è caratterizzata da<br />
due coefficienti tecnici (Tabella A.4):<br />
E, efficacia, coefficiente di riduzione della velocità del vento;<br />
CM, coefficiente moltiplicatore, che permette di calcolare la superficie dei frangivento<br />
in relazione alla superficie di ingresso richiesta.<br />
Tabella A.4 – Coefficienti tecnici e caratteristiche delle reti frangivento (da BTPL,<br />
2001)<br />
Efficacia (riduzione della velocità del vento)<br />
Coefficiente moltiplicatore CM<br />
50-95%<br />
(equivalente a 1 m2 di ingresso libero)<br />
Caratteristiche delle reti frangivento<br />
1,5-7,0<br />
Protezione contro la pioggia Cattiva<br />
Isolamento termico e acustico Cattivo<br />
Luminosità Buona<br />
Longevità Buona se ben messa in opera<br />
Vantaggi Facilità d’impiego<br />
Possibilità di essere amovibile<br />
Inconvenienti Pessimo isolante termico e acustico<br />
Si sporca facilmente<br />
Costo indicativo (Euro/m2) 3-10 (15-50 se amovibile)<br />
Esempio, 1 m2 di apertura libera corrisponde a 2,6 m2 di rete frangivento con un CM<br />
di 2,6.<br />
Esiste in commercio una gamma di prodotti la cui efficacia varia da 0,5 a 0,95 e il<br />
coefficiente moltiplicatore da 1,5 a 9,0.<br />
In estate, nelle regioni calde, queste entrate d’aria sono a volte insufficienti. E’ allo-<br />
56
Allegati<br />
ra necessario utilizzare dei serramenti amovibili o pannelli smontabili o reti frangivento<br />
che si possono arrotolare.<br />
A.2.5 – Le uscite dell’aria<br />
Per assicurare una ventilazione corretta è indispensabile dotare il cupolino di paravento.<br />
Esso va sempre previsto nelle nuove costruzioni (Figura A.3).<br />
La larghezza minima dell’apertura, per essere efficace, deve essere di 15 cm. La sua<br />
dimensione esatta è funzione del numero di animali e della larghezza dell’edificio (a<br />
titolo indicativo, contare da 1 a 10 cm per metro di larghezza).<br />
<strong>Il</strong> cupolino con para-vento ben installato riduce fortemente l’entrata di pioggia nell’edificio<br />
ma non l’entrata di neve. Le strutture in legno devono essere protette dall’umidità.<br />
Ristrutturando, nei casi in cui non sia possibile aprire un cupolino, occorre individuare<br />
altre modalità per fare uscire l’aria:<br />
– l’eliminazione delle lastre del tetto dal lato dei venti dominanti e loro sostituzione<br />
con lastre perforate;<br />
– lastre di copertura sollevate e bloccate con tasselli;<br />
– feritoie nel senso di ondulazione delle lastre;<br />
– la ventilazione con ventilatori, nel caso in cui non sia possibile trovare altre soluzioni.<br />
Criteri generali di progettazione per la ventilazione: per poter sfruttare l’effetto<br />
vento o l’effetto camino e, più in generale, per poter creare le migliori condizioni<br />
ambientali occorre conoscere, innanzi tutto, come si caratterizza, da un punto di<br />
vista climatico, l’area su cui sorgerà la stalla, tenendo conto del sistema di allevamento<br />
prescelto (stabulazione per tutto l’anno o stabulazione limitata ai soli periodi<br />
invernali).<br />
Per la Lombardia, sono stati raccolti i dati climatici delle principali aree di produzione<br />
lattiera in zone di pianura (Figura A.4).<br />
Confrontando tali dati con le esigenze ambientali dei bovini si può osservare (Figura<br />
A.5) come:<br />
– non esistano località e periodi in cui le vacche possano essere considerate in condizioni<br />
di stress da freddo;<br />
Figura A.1 – Valori di Ka e Kv per il calcolo delle<br />
portate sfruttando l’effetto vento (Kv) o l’effetto camino<br />
(Ka) in relazione al rapporto fra aree di ingresso e<br />
uscita (da Hoepli, 1997)<br />
Figura A.2 – Diagramma psicrometrico di Carrier<br />
che consente di ricavare i principali parametri dell’aria<br />
conoscendo le temperature a bulbo asciutto e a<br />
bulbo umido<br />
Figura A.3 – Cupolino idoneo per aree ventose (da<br />
Arntjen System, 2002)<br />
Figura A.4 – Andamento annuale temperature minime<br />
e massime a Soresina (da ERSAL, 1997)<br />
57
Allegati<br />
– piuttosto rilevante è, invece, il periodo in cui si superano i valori limite superiori<br />
che fanno entrare l’animale in condizioni di stress da caldo;<br />
– la ventosità è piuttosto scarsa e rilevante solo durante fasi temporalesche.<br />
Conseguenza di quanto sopra è che, almeno in pianura lombarda, non è necessario<br />
progettare edifici per la difesa dal freddo ma deve essere data priorità alla difesa<br />
dal caldo.<br />
Dato che non si può contare sull’effetto vento, la progettazione deve basarsi solo<br />
sull’effetto camino.<br />
La formula semplificata, prima esposta, sull’effetto camino mostra chiaramente<br />
come il massimo beneficio si ottenga ampliando al massimo le aperture d’ingresso<br />
dell’aria. Ciò sta a significare che le pareti devono essere il più possibile alte e libere<br />
da serramenti per poter far entrare la massima quantità di aria alla minore velocità.<br />
E’ evidente che, in inverno, aumentando la superficie di ingresso e, conseguentemente,<br />
la quantità di aria che lambisce l’animale, si otterranno delle differenze di<br />
temperatura (Dt) piuttosto limitate. E ciò è vantaggioso perché la conseguente velocità<br />
dell’aria è ridotta e, quindi, non fastidiosa per gli animali. In estate, invece, c’è<br />
bisogno di far circolare aria e<br />
occorre favorire l’aumento della<br />
ventilazione. Ma ciò crea problemi<br />
in quanto molto spesso l’aria<br />
esterna è addirittura più calda di<br />
quella interna. Ecco, pertanto, la<br />
necessità di sfruttare l’effetto<br />
sole. Infatti, in un edificio concepito<br />
come quello riportato in figura<br />
A.6, occorre realizzare tetti non<br />
isolati che assorbono l’energia<br />
solare e, riscaldandosi, trasmettono<br />
parte della energia all’aria sottostante,<br />
facendo aumentare considerevolmente<br />
la temperatura e,<br />
Figura A.5 – Andamento annuale temperature minime e massime<br />
a Soresina e zona di indifferenza termica delle bovine da<br />
latte (da ERSAL, 1997)<br />
Figura A.6 – Stalla progettata per favorire la ventilazione per effetto camino<br />
58<br />
quindi, innescando la circolazione<br />
per effetto camino.<br />
Analizzando singolarmente le conseguenze<br />
dovute agli effetti della
Allegati<br />
geometria delle aperture di ingresso e di uscita e delle differenze di temperatura,<br />
come riportato nelle figure A7, A8, A9, A10 si può ribadire l’importanza di realizzare<br />
strutture leggere, semplici ma dalla corretta geometria per ottenere condizioni<br />
ambientali ideali.<br />
Va fatto rilevare che le bovine non rispondono repentinamente a condizioni<br />
ambientali sfavorevoli, sul piano teorico. Infatti, un conto è superare i 30°C nel<br />
mese di maggio e un conto è il farlo nel mese di luglio. La differenza fra le due condizioni<br />
risiede principalmente nell’escursione della temperatura fra giorno e notte<br />
(alta in maggio e bassa in luglio e con forte valore dell’UR dell’aria) e dal fatto che<br />
proprio la presenza degli animali fa aumentare di alcuni gradi la temperatura interna<br />
rispetto a quella esterna. Ma ciò significa registrare condizioni di stress da caldo<br />
per tutto l’arco delle 24 ore. E’, infatti, in questi periodi che si registrano i maggiori<br />
cali nella produzione di latte (Figura A.11).<br />
Figura A.7 – Soluzioni costruttive confrontate per<br />
determinare la portata d’aria nel caso di ventilazione<br />
naturale<br />
Figura A.8 – Effetto del variare del rapporto fra ingresso<br />
e uscita aria nel caso dei due edifici di figura A.7<br />
Figura A.9 – Effetto del variare della dimensione della<br />
superficie di uscita sulla portata d’aria<br />
Figura A.10 – Effetto del variare di Dt sulla portata<br />
d’aria<br />
Figura A.11 – Considerando un incremento di 5°C<br />
della temperatura interna rispetto all’esterno, si può<br />
individuare un periodo in cui le bovine sono in condizioni<br />
di stress termico per tutte le 24 ore, con conseguente<br />
caduta di produzione<br />
59
Allegati<br />
Allegato B<br />
La gestione dei reflui da allevamento<br />
B.1 – Generalità<br />
Obiettivo è quello di restituire alle colture, attraverso una gestione agronomicamente<br />
corretta, i macro nutrienti (N, P, K) presenti nelle deiezioni animali. Pertanto<br />
all’allevamento andrà sempre associata una certa superficie di terreno (di proprietà,<br />
in affitto o in comodato).<br />
Per calcolare l’ammontare della superficie necessaria per un allevamento o, viceversa,<br />
si possono scegliere due strade, basando la distribuzione:<br />
sull’N disponibile e accettare un eccesso di concimazione fosfatica e potassica;<br />
sul P e provvedere ad una integrazione di N chimico.<br />
Nel primo caso, pur con le limitazioni imposte dalle normative vigenti (170 kg/ha<br />
nelle aree vulnerabili e 340 kg/ha nelle altre), le superfici di spandimento risultano<br />
inferiori a quelle calcolabili nel secondo caso.<br />
B.2 - Composizione dei liquami<br />
Gli elementi che costituiscono gli effluenti zootecnici sono:<br />
– feci, più o meno consistenti in funzione della specie e del tipo di alimentazione;<br />
– urine, prodotte in quantità variabili in funzione dell’alimentazione, della possibilità<br />
di accedere agli abbeveratoi, del tipo di allevamento e della stagione;<br />
– lettiera, utilizzata in alcune tipologie di allevamento per migliorare il comfort e l’igiene<br />
degli animali (i prodotti generalmente utilizzati sono: la paglia, gli stocchi di<br />
mais, la segatura, le foglie, la torba ecc.), ha la funzione di assorbire la frazione<br />
più liquida delle deiezioni;<br />
– scarti degli alimenti, la loro presenza dipende dal tipo di stabulazione e dal sistema<br />
di distribuzione;<br />
– acque di diluizione, costituite dalle acque di veicolazione dei liquami, da quelle per<br />
il lavaggio dei locali, da quelle dovute alle perdite degli abbeveratoi automatici e<br />
da quelle meteoriche dirette o indirette.<br />
<strong>Il</strong> prodotto finale può quindi presentare concentrazione e composizione variabili in<br />
relazione a: tipologia di stabulazione; modalità di conduzione dell’allevamento;<br />
modalità di trattamento e conservazione delle deiezioni; peso e razza; alimentazione<br />
(natura e digeribilità dei foraggi e dei mangimi); additivi: acqua, paglia, residui di<br />
foraggio; stato di fermentazione. Valori esatti vanno rilevati analiticamente. Nella<br />
tabella B.1 sono riportati valori orientativi, fonte ASAE, di produzione per capo e<br />
relativa composizione.<br />
Le deiezioni animali possono essere classificate nel modo che segue.<br />
Stallatico: miscuglio di feci, urina e paglia, palabile.<br />
– Letame: miscuglio solido di feci, urina e paglia (maturato 3-4 mesi), palabile.<br />
– Colaticcio: parte liquida separata dal letame.<br />
– Liquame fresco: deiezioni solide e liquide che non hanno subìto fermentazioni<br />
(meno di 2 gg). Pompabile in condutture, diventa palabile quando il contenuto di<br />
acqua è inferiore all’85%.<br />
– Liquame liquido: liquame con aggiunta di > 20% di acqua.<br />
– Liquame paglioso: liquame mescolato a una piccola quantità di paglia o di residui<br />
di foraggio.<br />
B.3 - La gestione delle deiezioni animali<br />
Tutti gli scarti dell’allevamento zootecnico possono essere reimpiegati nella produzione<br />
agricola ma, se in eccesso, vanno portati in altre aziende per evitare accumuli<br />
di sostanze nutritive e conseguenti rischi di ruscellamento e lisciviazione. Se nell’azienda<br />
non entrano prodotti è evidente che tutto quanto rimane della produzione<br />
deve essere riutilizzato. Solo il quantitativo di nutrienti corrispondente alla produzione<br />
venduta e agli elementi volatilizzati (NH3, N2O, NO2, ecc.) andrà reintegrata.<br />
I reflui zootecnici, più o meno diluiti, per ragioni igieniche ed agronomiche non possono<br />
essere scaricati continuamente e direttamente sul suolo, ma devono essere<br />
stoccati per un periodo più o meno lungo e subire un trattamento di stabilizzazione<br />
(aerobica o anaerobica) eventualmente preceduto dalla separazione solido/liquido.<br />
I trattamenti di depurazione totale pur ammessi dalla legge, per motivi economici<br />
e pratici, dovrebbero essere limitati alle sole acque provenienti dalle sale di<br />
mungitura.<br />
60
Allegati<br />
Tabella B.1 - Produzione e caratteristiche delle deiezioni zootecniche fresche<br />
prodotte da 1000 kg di peso vivo e per giorno (da ASAE, 1999)<br />
Parametro Unità di misura* Tipo di animali<br />
Vacche Bovini Vitelli<br />
Carne<br />
Deiezioni totali ++ kg media § 86 58 62<br />
d. s. 17 17 24<br />
Urine kg media 26 18 **<br />
d.s. 4,3 4,2 **<br />
Densità kg/m3 media 990 1000 1000<br />
d.s. 63 75 **<br />
Solidi totali kg media 12 8,5 5,2<br />
d.s. 2,7 2,6 2,1<br />
Solidi vol. kg media 10 7,2 2,3<br />
d.s. 0,79 0,57 **<br />
BOD5 kg media 1,6 1,6 1,7<br />
d.s. 0,48 0,75 **<br />
DOC kg media 11 7,8 5,3<br />
d. s. 2,4 2,7 **<br />
pH media 7,0 7,0 8,1<br />
d.s. 0,45 0,34 **<br />
Azoto kg media 0,45 0,34 0,27<br />
Kjeldal ° d.s. 0,096 0,073 0,045<br />
Azoto kg media 0,079 0,086 0,12<br />
ammoniacale d.s. 0,083 0,052 0,016<br />
Fosforo totale kg media 0,094 0,092 0,066<br />
d.s. 0,024 0,027 0,011<br />
Ortofosfato kg media 0,061 0,030 **<br />
d.s. 0,0058 ** **<br />
Potassio kg media 0,29 0,21 0,28<br />
d.s. 0,094 0,061 0,10<br />
Calcio kg media 0,16 0,14 0,059<br />
d.s. 0,059 0,11 0,049<br />
Magnesio kg media 0,071 0,049 0,033<br />
d.s. 0,016 0,015 0,023<br />
Zolfo kg media 0,051 0,045 **<br />
d.s. 0,010 0,0052 **<br />
Sodio kg media 0,052 0,030 0,086<br />
d.s. 0,026 0,023 0,063<br />
Ferro ° g media 12 7,8 0,33<br />
d.s. 6,6 5,9 **<br />
Zinco ° g media 1,8 1,1 13<br />
d.s. 0,65 0,43 **<br />
Rame ° g media 0,45 0,31 0,048<br />
d.s. 0,14 0,12 **<br />
* Tutti i valori sono al lordo dell’umidità<br />
+ Esistono differenze all’interno delle specie in base al tipo di allevamento ma non<br />
sono stati trovati sufficienti dati per giustificare una differenziazione. Le tipiche<br />
masse di peso vivo considerate sono: vacche 640 kg; bovini da carne 360 kg;<br />
vitelli a carne bianca 91 kg<br />
++ Feci e urine appena prodotte (o al piede dell’animale)<br />
§ I parametri medi all’interno di ciascuna specie allevata sono costituiti da varie<br />
popolazioni di dati. <strong>Il</strong> massimo numero di dati puntuali per ciascuna specie è:<br />
vacche 85; bovini da carne 50; vitelli a carne bianca 5<br />
° Tutti i valori relativi ai nutrienti sono dati in forma elementare<br />
** Dati non disponibili.<br />
61
Allegati<br />
B.3.1 - Strutture e impianti necessari per la gestione dei reflui zootecnici<br />
Sono necessarie le seguenti attrezzature:<br />
– per la separazione solido/liquido: vasca di bilanciamento, separatore, platea per<br />
accumulo e maturazione del solido separato, condutture per il pompaggio dei<br />
liquidi;<br />
– per la stabilizzazione: vasche e lagoni, in grado di contenere il liquame per almeno<br />
120-180 giorni e più, dotati di pompe per aerazione o omogeneizzazione ed<br />
eventualmente coperti con manti per il recupero del biogas prodotto, e platee;<br />
– per lo spandimento in campo: impianti fissi o mobili o macchine.<br />
Per la depurazione (processi aerobici e anaerobici);<br />
Altre considerazioni possono essere effettuate con riferimento:<br />
– al tempo di permanenza all’interno dell’edificio (le deiezioni possono essere<br />
asportate frequentemente e accumulate su platee o in vasche poste all’esterno,<br />
oppure permanere all’interno dell’edificio per tutto il tempo necessario per consentire<br />
lo spandimento, > 120 giorni);<br />
– alla consistenza dei reflui che possono essere a basso (letame) o alto (liquame)<br />
contenuto di acqua e che vengono rispettivamente accumulati su platee o in vasche;<br />
– alle modalità di evacuazione che possono essere: meccaniche (uso di ruspette) atte<br />
per reflui a basso contenuto di acqua; idrauliche (uso di acqua o degli stessi<br />
reflui stabilizzati per veicolare i liquami freschi).<br />
B.3.2 - Separazione dei solidi<br />
Consente di rimuovere fisicamente i solidi grossolani dai liquami, una buona parte<br />
di nutrienti e gran parte della carica microbica potenzialmente patogena. Si ottiene,<br />
così, un prodotto palabile facilmente vendibile (dopo maturazione o compostaggio)<br />
in caso di eccedenza di nutrienti rispetto ai fabbisogni delle colture. La<br />
separazione può essere di tipo: meccanico, fisico, chimico.<br />
L’operazione di separazione può precedere quella di accumulo (meglio) o seguire<br />
immediatamente ad essa.Un impianto di separazione prevede: una fossa di bilanciamento<br />
del liquame in arrivo (per consentire alle macchine di operare in continuo);<br />
le macchine per la separazione; una platea, possibilmente coperta, per l’accumulo<br />
e la maturazione aerobica del solido separato; una conduttura di convogliamento<br />
dei liquidi di sgrondo alla vasca di accumulo (Figura B.1).<br />
Per il dimensionamento della fossa di bilanciamento occorre conoscere la portata<br />
di liquami in uscita dall’allevamento nel corso delle 24 ore e suddividerla per 3 (8 h<br />
di accumulo) o 4 (6 h di accumulo).<br />
Le macchine per la separazione delle parti solide, possono essere costituite da semplici<br />
vagli fissi, rotativi, a spazzola o vibranti.<br />
Le portate variano da 10 a 25 m3/h. L’assorbimento di energia è di 1,5-4 Wh/kg di<br />
solidi separati.<br />
Le macchine per la separazione delle parti solide possono essere costituite da semplici<br />
vagli fissi, rotativi o vibranti. I modelli rotativi funzionano sul principio di una<br />
superficie cilindrica filtrante, in metallo, che lascia passare la frazione liquida, trattenendo<br />
all’esterno quella solida (Figure B.2, B.3).<br />
Si tratta di attrezzature semplici che, da un lato, forniscono un prodotto ancora ricco<br />
di umidità (45÷60%) lasciando, dall’altro, un fluido con s.s. £ 3∏4%. La capacità<br />
teorica di lavoro è 6 - 8 l/s per m2 di<br />
superficie filtrante; l’assorbimento di<br />
energia è di 80∏90 Wh/kg di solidi separati.<br />
Macchine più complesse, sfruttano il<br />
principio della reazione centrifuga per<br />
effetto della veloce rotazione di un cilindro<br />
presentante la superficie esterna<br />
perforata. La parte solida ricade verso il<br />
basso e viene poi recuperata. L’efficacia<br />
è, in questo caso, maggiore di quella dei<br />
vagli; al contrario, la spesa di energia<br />
raggiunge i 15-100 Wh/kg di solidi separati<br />
per portate di 5-6 m3/h.<br />
Le prestazioni dei separatori, in termini<br />
Figura B.1 – Schema semplificato di un sistema di<br />
gestione dei reflui zootecnici (da Hoepli, 1997)<br />
62<br />
di solidi ed elementi nutritivi asportati<br />
sono riportate nella tabella B.2.
Figura B.2 – Roto-vaglio, si tratta di un’attrezzatura<br />
molto diffusa negli allevamenti bovini (da Piccinini,<br />
2000)<br />
Allegati<br />
Figura B.3 – Separatore a coclea elicoidale che<br />
consente di ottenere solidi separati ispessiti (da Piccinini,<br />
2000)<br />
Tabella B.2 – Possibilità di applicazione, efficienze ottenibili nella rimozione della<br />
sostanza secca e dei nutrienti (N e P) e caratteristiche della frazione solida<br />
separata con dispositivi diversi (dati CRPA, aggiornati al maggio 1997).<br />
Dispositivo di separazione Efficienza di<br />
separazione(a)<br />
Frazione solida separata<br />
SS N P SS N P kg<br />
(%) (%) (%) (%) (kg•t-1) (kg•t-1) •m-3(b)<br />
Vaglio centrifugo 20-25 4-7 8-12 15-19 3,0-4,5 1,0-2,3 20-40<br />
asse verticale 25-30 10-12 20-25 20-22 5,0-6,0 3,0-3,4 110-120<br />
Separatore cilindrico 20-30 5-10 10-17 18-20 4,0-5,0 5,0-8,0 50-60<br />
rotante 40-55 25-35 25-40 18-20 3,3-4,5 0,8-1,2 160-320<br />
Separatore a –– –– –– –– –– –– ––<br />
compressione elicoidale (c) 30-45 15-25 10-20 20-25 2,9-3,7 0,5-1,0 80-200<br />
Centrifughe ad asse 50-75 20-35 60-70 20-28 7,0-11,0 6,0-10,0 100-200<br />
orizzontale (d) –– –– –– –– –– –– ––<br />
(a) kg di sostanza secca (SS), di azoto (N) e di fosforo (P) che rimangono nella frazione<br />
solida per ogni 100 kg di SS, N e P presenti nel liquame avviato al trattamento.<br />
I dati quindi forniscono la percentuale in peso di SS, N e P separata nella<br />
frazione solida.<br />
(b) Quantità (kg) di frazione solida separata per ogni m3 di liquame avviato al trattamento<br />
di separazione.<br />
(c) I dati riportati si riferiscono a prove condotte con liquame di bovine da latte (6-<br />
11% SS), proveniente dalle corsie di alimentazione e riposo e dal paddock in<br />
cemento di stalle libere (area Parmigiano-Reggiano e Grana Padano).<br />
(d) L’applicazione della centrifugazione ai liquami bovini (da carne e da latte) anche<br />
se teoricamente applicabile con buoni risultati, trova raramente giustificazione<br />
tecnica ed economica nella realtà padana<br />
La platea per l’accumulo di solidi separati va dimensionata in relazione alla quantità<br />
di solidi giornalmente prodotti e al tempo di permanenza nel centro aziendale di<br />
detti solidi (generalmente superiore a 3 mesi).<br />
Conservazione dei liquami e del letame: per questa materia consultare sempre la<br />
legislazione regionale e i regolamenti d’igiene locali.<br />
63
Allegati<br />
Nei diversi allevamenti si ottengono i prodotti che seguono, con le caratteristiche<br />
riportate in Tabella B.3 e B.4.<br />
Tabella B.3 – Peso medio relativo a ciascuna categoria di animali (da CNR – Reflui,<br />
1999)<br />
Categoria animali<br />
BOVINI<br />
Limiti di peso o di età Peso vivo (kg)<br />
Capo da latte in produzione > 15 mesi 500-600*<br />
Vacche da carne 600<br />
Manze e manzette (capo da rimonta) 6-15 mesi 300<br />
manzette 6-10 mesi 220<br />
manze 10-15 mesi 380<br />
Vitelloni da ingrasso 6-15 mesi 350<br />
Vitelli in svezzamento 0-6 mesi 100<br />
Vitelli a carne bianca 130<br />
Tori da riproduzione 800<br />
Tabella B.4 - Tipologia di allevamento, produzioni unitarie di reflui e superfici unitarie<br />
di stabulazione (da CNR – Reflui, 1999)<br />
tipologia di allevamento liquame letame o materiale Quantità sup unitaria di<br />
palabile di paglia stabulazione schema<br />
(l/100kg m3/100kg (kg/100kg t/100kg (kg/100kg (m2/capo) costrutp.v.<br />
giorno) p.v. anno p.v. giorno) p.v. anno p.v. giorno) tivo<br />
BOVINI DA LATTE<br />
stabulazione fissa con paglia 2.5 0.9 7 2.6 0.5 n° poste 16<br />
stabulazione fissa senza paglia 9 3.3 n° poste 17<br />
stabulazione libera su lettiera permanente 4 1.46 6 2.2 1.0 6.5 (1) 18<br />
stabulazione libera su cuccetta senza paglia<br />
stabulazione libera con cuccette con paglia<br />
9 3.3 n° cuccette 19 o 20<br />
(groppa a groppa) 5.5 2.0 4 1.5 0.5 n° cuccette 20<br />
stabulazione libera con cuccette con paglia (testa a testa)<br />
stabulazione libera a cuccette con paglia totale<br />
3.5 1.3 6 2.2 0.5 n° cuccette 19<br />
(anche nelle aree di esercizio) 2.5 0.9 7 2.6 0.5 n° cuccette 20<br />
stabulazione libera su lettiera inclinata<br />
BOVINI DA CARNE, RIMONTA E BUFALINI<br />
2.5 0.9 7 2.6 0.5 5.5 (1) 22<br />
stabulazione fissa 1.5 0.5 6 2.2 0.5 n° poste 16-17<br />
stabulazione libera su fessurato 7 2.6 2.5(2)-3.0(3) 23<br />
stabulazione libera con lettiera solo in area di riposo 3.5 1.3 4.5 1.6 1 3.5(2)-5.0(3) 18<br />
stabulazione libera su cuccetta senza paglia<br />
stabulazione libera con cuccette con paglia<br />
7 2.6 n° cuccette 19 o 20<br />
(groppa a groppa) 4.5 1.6 3 1.1 0.5 n° cuccette 20<br />
stabulazione libera con cuccette con paglia (testa a testa) 2.5 0.9 5 1.8 0.5 n° cuccette 19<br />
stabulazione libera con paglia totale 1 0.4 7 2.6 1.0 4.0(2)-5.0(3) 24<br />
stabulazione libera su lettiera inclinata 1 0.4 7 2.6 1.0 3.5(2)-5.0(3) 22<br />
svezzamento vitelli su lettiera 1 0.4 6 2.2 1.0 2.0 24<br />
svezzamento vitelli su fessurato<br />
(1) solo area di riposo - (2) bestiame da carne - (3) rimonta<br />
6 2.2 1.5 23<br />
Stalle per bovini a stabulazione fissa con lettiera: stallatico che viene portato e fatto<br />
maturare in concimaia (L. n. 1155 del 1927 per stalle con più di due capi).<br />
Stalle libere per bovini, a lettiera permanente: si provvede a periodiche aggiunte di<br />
paglia nella zona di riposo in cui avviene la maturazione.<br />
Stalle libere per bovini, a cuccette: si ottengono deiezioni fluide, spesso senza<br />
aggiunta di lettiera, da asportare con sistemi meccanici o idraulici.<br />
Nella zona di esercizio delle stalle libere si raccolgono liquami, spesso diluiti con elevate<br />
quantità di acqua. La zona di alimentazione e i corridoi di accesso sono spesso<br />
provvisti di pavimento fessurato con sottostante cisterna di accumulo.<br />
B.3.3. - Strutture per accumulo deiezioni nei diversi tipi di allevamento<br />
Concimaia a piattaforma con pozzetto: costituita da una o più platee impermeabili<br />
(limitate da muretti di contenimento alti 30-40 cm) con pendenze del 2-3% siste-<br />
64
Allegati<br />
mate in modo tale che il colaticcio venga convogliato in pozzetto interrato, con pareti<br />
e fondo impermeabili. Questo liquido non deve mai essere immesso in acque<br />
superficiali. Le platee, di forma rettangolare, quadrata o semicircolare, devono avere<br />
larghezza max. 4 m se le operazioni di movimentazione avvengono su un solo<br />
lato; 6-8 m se la platea è accessibile su due lati dal trattore. Per ubicazione della<br />
concimaia, considerare una distanza minima dall’abitazione di 25 m; 10 m per stalle<br />
con meno di 20 capi grossi o che formano un corpo unico con la casa (vedansi<br />
leggi e regolamenti sanitari R.D. n. 1265 del 27/7/34). <strong>Il</strong> dimensionamento del pozzetto<br />
viene effettuato raddoppiando il valore delle precipitazioni medie che arrivano<br />
sulla platea.<br />
La letamaia coperta<br />
La copertura della letamaia permette di diminuire le quantità di liquidi di sgrondo<br />
da stoccare e da spandere. <strong>Il</strong> maggior costo dovuto alla copertura sarà compensato<br />
dal minor volume di fossa e dal minor costo di spandimento e dal maggior contenuto<br />
di nutrienti.<br />
I pilastri della tettoia devono essere assolutamente collocati all’esterno della letamaia<br />
per non creare impedimenti al carico del letame e per evitarne la corrosione<br />
rapida. <strong>Il</strong> lato sottopioggia del letame va eventualmente protetto con un muro.<br />
Vasche o cisterne per letame liquido o liquame: occorrono pareti e fondo impermeabili,<br />
resistenti all’azione aggressiva dei liquami.<br />
Conservazione sotto pavimento fessurato: fossa profonda 1-2 m e larga quanto<br />
superficie pavimento. A estremità fossa, prevedere saracinesca per scarico periodico<br />
in altra vasca dove il liquame viene ripreso da carrobotte o da pompa per essere<br />
sparso. Si possono prevedere anche bocchette laterali di svuotamento per aspirazione<br />
diretta da sottofessurato con carrobotte. Infine, il liquame può essere fatto<br />
fluire in continuo con opportuno stramazzo verso grande fossa di testata, a fondo<br />
piano. Dalle fosse sotto fessurato sono possibili esalazioni di gas tossici (NH3, H2S)<br />
a causa di fermentazioni. Prevedere, quindi, sistemi di ventilazione meccanica, con<br />
fuoriuscita aria dal basso (edifici chiusi o semi-chiusi) o realizzare strutture che<br />
consentano una ventilazione naturale idonea (edifici aperti).<br />
Liquami accumulati in fossa a fianco della stalla: soluzione costruttiva indicata per<br />
allevamenti dove le deiezioni vengono portate all’esterno a mezzo di sistemi meccanici<br />
o idraulici. La sua funzione è quella di vasca di sollevamento e bilanciamento.<br />
Nella fossa è generalmente inserita una pompa in grado di trasferire il liquame<br />
nella vasca di accumulo vera e propria o consentire il ricircolo. La vasca di accumulo<br />
può essere di tipo interrato profonda 3-4 m, di forma rettangolare in calcestruzzo<br />
armato, riempita per gravità. Quando le falde sono molto alte, la profondità della<br />
fossa è ridotta. <strong>Il</strong> liquame viene pompato da questa fossa direttamente in vasca di<br />
accumulo fuori terra realizzata in calcestruzzo armato o acciaio (vetrificato).<br />
Lagoni: in Italia sono poco diffusi nel settore bovino e si realizzano quando si è in<br />
presenza di liquami molto diluiti. Sono profondi da 1 m (aerobici) a 9 m (anaerobici),<br />
scavati nel terreno o ricavati grazie a idonei sbarramenti dove l’orografia lo consente.<br />
La profondità dei lagoni dipende: dalla quantità di deiezioni e acque di lavaggio<br />
provenienti dall’allevamento, più 0,2 m di liquido che rimane nella vasca dopo lo<br />
svuotamento, più franco parete per prevenire tracimazioni, più (0,6 m) eventuale<br />
franco richiesto per le operazioni di aerazione (si veda figura B.4). Prima dell’immissione<br />
del liquame, la frazione solida grossolana va opportunamente separata da<br />
quella liquida. Se il lagone è dotato di troppo pieno, questo deve consentire l’evacuazione<br />
di > 1,5 volte il flusso massimo influente giornaliero.<br />
Prima di realizzare i lagoni sono necessarie indagini preliminari da parte di geologi<br />
per stabilire la natura del suolo, che dovrebbe essere a bassa permeabilità. È<br />
comunque consigliabile rivestire questi invasi con manti impermeabilizzanti e/o alla<br />
additivazione del suolo con materiali quali la bentonite. <strong>Il</strong> livello di progetto della<br />
Figura B.4 – Schema semplificato di un lagone<br />
65
Allegati<br />
superficie inferiore deve trovarsi ad almeno 0,25 m al di sopra del livello più elevato<br />
della falda freatica.<br />
La durata totale dell’accumulo, per i reflui da allevamenti bovini da latte, va da un<br />
minimo di 120 a oltre 300 giorni in relazione all’andamento climatico, alle colture,<br />
alle tecniche di distribuzione adottate e al tipo di suolo.<br />
<strong>Il</strong> fattore lettiera consente di stimare l’influenza del volume della lettiera stessa sul<br />
volume totale e dipende dalla quantità di lettiera impiegata, dalle sue caratteristiche<br />
(spazi vuoti, contenuto iniziale di umidità e capacità di assorbimento dell’umidità).<br />
L’uso di lettiera va eliminato o ridotto al minimo nel caso di sistema basato su<br />
liquame. <strong>Il</strong> fattore di diluizione include l’acqua di veicolazione delle deiezioni, le<br />
acque di lavaggio della sala di mungitura, l’acqua persa dai rubinetti e abbeveratoi,<br />
acqua meteorica di ruscellamento (da tetti, aree scoperte ecc.). Occorre limitare la<br />
diluizione facendo in modo che la concentrazione dei solidi non scenda al di sotto<br />
dell’8-10% per ridurre i costi di stoccaggio.<br />
Vasche di accumulo e lagoni vanno posti ad almeno 90 m dai pozzi e dalle abitazioni<br />
e opportunamente schermati con alberi posti ad almeno 9 m e recintati per<br />
sicurezza persone; devono essere collocati sottovento rispetto alle abitazioni (consultare<br />
regolamenti locali di igiene).<br />
Carichi agenti sui serbatoi interrati di stoccaggio dei liquami:<br />
Carico sulle pareti. I carichi di progetto applicati alle pareti sono di tipo idrostatico.<br />
La spinta dovuta al terreno nei serbatoi interrati, dipende dal tipo di terreno e dalla<br />
sua umidità. Se non c’è liquame presente, il terreno spinge verso l’interno e perciò<br />
la parete verrà armata verso l’esterno. La spinta dovuta al liquame viene invece<br />
assorbita dal terreno posto all’esterno (profondità max. 2,5 m). Per vasche molto<br />
profonde l’armatura viene messa su entrambi i lati della parete.<br />
Se i veicoli devono muoversi a meno di 1,5 m dalla parete del serbatoio, occorre considerare<br />
un sovraccarico uniforme di 500 kg/m2 (4,8 kPa) da aggiungere al carico<br />
laterale esterno.<br />
Carichi di progetto per le solette di copertura dei serbatoi per liquami: 200 kg/m2<br />
(1,9 kPa) più carico neve per solette costruite ad almeno 40 cm da terra e non<br />
accessibili ad animali o attrezzature; 750 kg/m2 (7,3 kPa) se la soletta deve reggere<br />
il bestiame; 200 kg/m2 (1,9 kPa) se deve reggere piccoli animali o persone. 5000<br />
kg (4,8 kPa) di carico assiale se la soletta è accessibile ai trattori e ai carribotte,<br />
equivalenti a due carichi concentrati di 2500 kg (2,4 kPa) distanziati di 1,2 m e<br />
orientati in ogni direzione dal coperchio del serbatoio.<br />
Vasche o serbatoi fuori terra: problema prioritario è quello della tenuta. Le vasche<br />
circolari (o al più quadrate) sono preferibili per periodi di ritenzione molto lunghi<br />
mentre quelli rettangolari (con rapporto fra i lati fino a 5 a 1) sono preferibili per<br />
tempi di ritenzione brevi.<br />
Materiali: c.a. gettato in opera o precompresso, acciaio vetrificato, legno. Platea: su<br />
terreno buono è sufficiente platea di 12 cm di calcestruzzo su film di polietilene o su<br />
tessuto non tessuto. Migliore doppia platea con strato drenante intermedio. Su terreni<br />
con portanza limitata, è opportuno ricorrere a palificazioni.<br />
B.3.4 - Trattamento dei liquami per l’impiego agronomico<br />
Si deve ottenere una stabilizzazione dei liquami (abbattimento di > 60% del BOD5,<br />
domanda biochimica di ossigeno in 5 giorni di incubazione) che può essere raggiunta<br />
rapidamente per via aerobica (insufflando aria nella massa) o, più lentamente,<br />
per via anaerobica (escludendo il liquame dal contatto con l’aria). La frazione<br />
solida dei reflui zootecnici può essere sottoposta a compostaggio (fermentazione<br />
aerobica di materiali palabili effettuata su platee o in campo). La massa va sempre<br />
omogeneizzata prima dello spandimento.<br />
Per programmare l’ammontare dei reflui da spandere si deve considerare il contenuto<br />
di azoto nei reflui è riportato in tabella B.5.<br />
a) Omogeneizzazione del liquame. Serve per evitare la separazione fra le diverse<br />
fasi soprattutto nel caso in cui non vi sia separazione solido/liquido:<br />
– paglia e residui grossolani tendono ad affiorare, si asciugano e formano una crosta<br />
galleggiante e impermeabile, ricca di sostanza organica;<br />
– le componenti pesanti formano un deposito sul fondo della fossa;<br />
– le parti solubili, contenenti N (ureico ed ammoniacale) e K sono contenute fra le<br />
due fasi precedenti.<br />
L’assenza di aerazione favorisce le fermentazioni anaerobiche che producono gas<br />
66
Allegati<br />
Tabella B.5 - Azoto prodotto da bovini; valori al lordo delle perdite per emissioni<br />
di ammoniaca; ripartizione tra liquame e letame; perdite percentuali conseguenti<br />
alla rimozione allo stoccaggio e allo spandimento; valori al campo al netto delle<br />
perdite (da CNR – Reflui, 1999)<br />
Categoria animale Azoto escreto Perdite di Azoto Azoto al campo Carico<br />
(al lordo delle perdite) (% dell’escreto) (al netto delle perdite) animale<br />
(kg N/100 kg p.v. x a) (kg N/100 kg p.v. x a)<br />
nel nel TOTALE Rimo- Stoc- Spandi- TOTALE nel nel TOTALE (q p.v./ha)<br />
liquame letame zione caggio mento liquame letame<br />
(2) (1) (2) (%) (3) (%) (4) (%) (5) (%) (6) (6) (7)<br />
Bovini da latte 16,40 17 11 17 45 9,0 18,9<br />
- fissa o libera senza lettiera 16,40 9,0<br />
- libera su lettiera perman.<br />
- fissa con lett., libera con paglia<br />
anche in aree eserc. libera<br />
7,30 9,10 4,0 5,0<br />
su lettiera inclinata 4,60 11,80 2,5 6,5<br />
- cuccette groppa a groppa 10,00 6,40 5,5 3,5<br />
- cuccette testa a testa 6,40 10,00 3,5 5,5<br />
Altri bovini 12,40 10 9 14 33 8,3 20,4<br />
- libera su fessurato 12,40 8,3<br />
- fissa con paglia<br />
- libera con lettiera solo in area<br />
2,70 9,70 1,8 6,5<br />
riposo<br />
- libera con paglia anche in aree<br />
6,20 6,20 4,2 4,1<br />
eserc.; libera lettiera inclinata 1,80 10,60 1,2 7,1<br />
- vitelli su fessurato 12,40 8,3<br />
- vitelli su lettiera 2,10 10,30 1,4 6,9<br />
maleodoranti (NH3, H2S ecc.) imprigionati sotto la crosta e che si liberano in occasione<br />
della prima agitazione. Essa favorisce anche la formazione di gas inodori più<br />
pericolosi quali CH4 e CO2. Questi gas sono più pesanti dell’aria e si accumulano sul<br />
fondo delle fosse, chiuse o semichiuse, dove possono provocare la morte quasi<br />
istantanea di persone che vi entrano senza adeguate protezioni.<br />
L’agitazione del contenuto delle fosse è, quindi, indispensabile per attivare le fermentazioni<br />
aerobiche e:<br />
– rompere la crosta superficiale;<br />
– impedire la formazione di depositi sul fondo della fossa, che ne riducono la capacità<br />
in tempi più o meno lunghi;<br />
– rendere il liquame più omogeneo e più liquido e quindi più facile da spandere;<br />
– ripartire gli elementi minerali fra tutto il liquame;<br />
– ridurre la produzione di gas maleodoranti o nocivi.<br />
Questa agitazione potrà essere realizzata:<br />
– regolarmente con un miscelatore o con una pompa di ricircolo, una volta alla settimana;<br />
– a mezzo di dispositivi specifici di aerazione per iniezione d’aria e agitazione con<br />
piccole eliche.<br />
I miscelatori sono costituiti da un’elica a 2∏3 pale curve, con ∆ = 20∏25 cm, azionata<br />
da un gruppo motoriduttore di tipo protetto (se opera esternamente al liquame)<br />
o sommerso. La velocità di rotazione è compresa fra 1500 e 3000 giri/min, con<br />
potenze installate sino a 8∏10 kW. Un miscelatore di questo tipo ha capacità di<br />
movimentazione sino a 1.5 m3/s.<br />
Altra soluzione è costituita dalle pompe agitatrici o agitatrici-trituratrici, azionabili<br />
da motore elettrico o dalla p.d.p. del trattore. Nel primo caso, l’agitazione della massa<br />
è ottenuta a mezzo del ricircolo del liquame che viene aspirato dalla pompa e reimmesso,<br />
a elevata pressione, a mezzo di ugelli di grosso diametro opportunamente<br />
distribuiti all’interno della vasca. Per le pompe agitatrici si hanno modelli: centrifughi,<br />
caratterizzati da portate fino a 80 l/s con pressioni massime di emissione<br />
fino a 12 bar; monovite, con portate fino a 80 l/s e pressioni fino a 70 bar. Le potenze<br />
richieste sono 50∏70 W per ogni l/s di portata. Le pompe agitatrici-trituratrici<br />
(maceratori), invece, pure azionabili da motore elettrico o tramite la p.d.p., hanno la<br />
girante dotata di coltelli di forma appropriata. Questi provvedono, unitamente alla<br />
67
Allegati<br />
miscelazione, a triturare le parti più grossolane (paglie, fieno e altri residui vegetali).<br />
In questo caso, le portate arrivano a oltre 80 l/s con richieste di potenza di<br />
200∏220 W per ogni l/s di portata, se di tipo sommerso, e 80∏100 W per ogni l/s<br />
di portata, se di tipo superficiale.<br />
La necessità di agitare efficacemente il liquame pone problemi alla tipologia di fossa<br />
(figura B.5):<br />
– la forma deve essere possibilmente circolare;<br />
– la profondità non deve eccedere i 4 m;<br />
– il sistema di circolazione del liquame sotto il pavimento fessurato deve essere del<br />
tipo a serpentina.<br />
Nel caso di fosse di grande capacità andranno previsti molti punti di agitazione.<br />
I vari sistemi di agitazione dovranno essere dimensionati correttamente perché presentano<br />
un costo elevato che viene spesso sotto stimato.<br />
b) Trattamenti aerobici. Consistono nell’immettere ossigeno atmosferico nei liquami<br />
in quantità sufficiente a favorire lo sviluppo dei microrganismi aerobi. L’ossigenazione<br />
può avere lo scopo di deodorizzare i liquami o di stabilizzarli.<br />
Deodorizzazione aerobica: la vasca è dimensionata per un tempo di ritenzione di<br />
120 gg; è necessaria una potenza installata dell’ordine di 4-7 W/m3 di vasca e l’azionamento<br />
dell’ossigenatore per 10-20 min/h. La spesa energetica è di 20-40<br />
Wh/m3 di vasca per giorno. La quantità di aria immessa è di 20-30 m3/m3 di liquame<br />
immesso giornalmente. L’efficienza massima di dissoluzione dell’ossigeno<br />
rispetto a quello contenuto nell’aria immessa è del 10% e l’efficienza di ossigenazione<br />
è di 1,2-1,5 kg di O2 disciolto/kWh. Temperatura raggiunta all’interno della<br />
massa di liquame è di 30 °C.<br />
La spesa energetica può variare da 110 a 270 Wh/capo per giorno rispettivamente<br />
per reflui, da stalle da carne e da latte. <strong>Il</strong> costo risultante di questo tipo di trattamenti<br />
è tale da consigliarne l’uso solo per la deodorizzazione. Ciò è da attuare solo<br />
in vicinanza di centri abitati e per risolvere problemi di contenzioso per molestia da<br />
odori.<br />
c) Lagunaggio anaerobico. Vasche e lagoni, grazie alla lunga durata media dello<br />
stoccaggio imposta per legge, consentono di effettuare il trattamento anaerobico a<br />
temperatura ambiente. È preferibile coprire il lagone con una struttura galleggiante<br />
per permettere il recupero del biogas che si produce naturalmente dalla degradazione<br />
della sostanza organica in composti inorganici (ione ammonio) e biogas<br />
(metano 50-75% e anidride carbonica 20-40%). <strong>Il</strong> coefficiente di trasformazione<br />
dei SV (solidi volatili, ovvero della frazione organica) in biogas è di 0,1 m3 di biogas<br />
per kg di solidi volatili immessi.<br />
d) Digestione anaerobica controllata. Avviene in serbatoi a tenuta d’aria in cui i<br />
liquami raggiungono temperature di 30-35 °C (mesofilia). I valori di trasformazione<br />
dei SV in biogas sono di poco superiori a quelli citati precedentemente per la digestione<br />
anaerobica a temperatura ambiente (che è meno costosa). In ogni caso, a valle<br />
del digestore va realizzata la vasca di accumulo che consente di ottemperare alle<br />
disposizioni di legge.<br />
e) Compostaggio: si hanno modificazioni della sostanza organica che viene umifi-<br />
68<br />
Figura B.5 – Catena di lavoro<br />
per il compostaggio di stallatico
Allegati<br />
cata per attività biologica e si ha contemporanea distruzione di batteri patogeni<br />
contenuti nelle deiezioni. Viene mantenuto un ambiente aerobico nella massa del<br />
prodotto che dopo qualche giorno raggiunge 70-75°C. Gli impianti aziendali sono<br />
del tipo a platea (preferibilmente coperta). L’impianto consente di ridurre l’umidità<br />
a valori del 25-30% in 30-60 giorni. Inconvenienti: emissione di odori e consistenti<br />
perdite di N. <strong>Il</strong> consumo energetico è di 7-15 kWh/t di prodotto immesso nell’impianto<br />
(figura B.5).<br />
B.3.5 - Prestazioni e criteri di scelta tecnico-operativa<br />
Le macchine destinate all’asportazione delle deiezioni vanno valutate in base alle<br />
prestazioni in termini di efficacia di lavoro e di resistenza nel tempo dei materiali<br />
utilizzati. Infatti, esse risultano fortemente soggette ad azioni di erosione dovute<br />
all’attrito e all’attacco corrosivo dovuto agli acidi organici liberati durante la degradazione<br />
delle deiezioni. Vanno pertanto curati la qualità dei materiali e il programma<br />
di manutenzione.<br />
La scelta tecnico-operativa è correlata alla dimensione e al livello di meccanizzazione<br />
adottato per 1’allevamento. Sono, in generale, da preferire le soluzioni di più<br />
elevata automazione perché più affidabili e meno sgradite per la manodopera. <strong>Il</strong><br />
tempo massimo di lavoro umano da dedicare allo svolgimento di queste operazioni<br />
non deve superare 2 min/capo al giorno.<br />
Circa, invece, le macchine per il trattamento la scelta deriva dalle soluzioni impiantistiche<br />
the si intendono adottare. Esse, come si è visto, sono basate su due alternative<br />
fondamentali di trattamento: aerobico a anaerobico.<br />
Nel primo caso, si debbono realizzare impianti comportanti elevate spese energetiche<br />
e una certa riduzione del potere fertilizzante (N) della massa iniziale.<br />
Nel secondo caso, invece, sono possibili interessanti recuperi energetici. La destinazione<br />
del biogas prodotto è mirata alla produzione di energia sia termica<br />
(mediante bruciatori), sia meccanica (o elettrica) mediante 1’alimentazione di motori<br />
endotermici opportunamente adattati.<br />
Anche con questa soluzione, tuttavia, va tenuto presente il fatto the ti trattamento<br />
mira a consentire un’utilizzazione agronomica delle deiezioni con relativa deodorizzazione.<br />
Pertanto, la produzione di energia va considerata come «sottoprodotto»<br />
del trattamento stesso, anche se esso appare di non trascurabile significato economico.<br />
In tabella B.6 sono riportati i principali parametri medi operativi delle macchine<br />
impiegate per 1’asportazione a il trattamento delle deiezioni bovine.<br />
Tabella B.6 - Principali parametri operativi delle macchine impiegate per l’asportazione<br />
e il trattamento delle deiezioni bovine (da Pellizzi, 1998).<br />
Pompe<br />
Parametri Unità Evacuatori Raschiatori Agitatrici Agitatrici<br />
Velocità di<br />
di misura a farfalla trituratrici<br />
avanzamento<br />
Potenza<br />
m/s 0,10-0,15 0,10-0,20 - -<br />
specifica W/m 25-40 25-40 - -<br />
richiesta<br />
Capacità<br />
W per l/s - - 50-70 80-220<br />
operativa capi/h 50-60 40-50 - -<br />
di lavoro l/s - - 50-80 50-60<br />
Considerazioni economiche: l’analisi dei costi va definita in relazione ai risultati<br />
ottenibili dalla gestione dei liquami, che possono essere solo agronomici o anche<br />
energetici. Per la sola utilizzazione agronomica, l’unico trattamento è costituto dallo<br />
stoccaggio, ed è necessaria la presenza di impianti e attrezzature di spandimento<br />
idonee. I costi relativi all’utilizzazione agronomica sono difficili da determinare<br />
perché ci si trova di fronte ad un notevole numero di opzioni (Tabella B.7). Indicativamente<br />
esso ha incidenza nell’ordine del 3% del costo di produzione, ma può essere<br />
superiore soprattutto nel caso di impiego di reflui molto diluiti.<br />
Nel caso, invece, di produzione di energia, per esprimere un giudizio di convenienza,<br />
occorre determinare il reale livello di utilizzazione dell’energia prodotta, comparandone<br />
il costo con quello delle fonti tradizionali di approvvigionamento.<br />
69
Allegati<br />
Tabella B.7 - Quadro riassuntivo sui sistemi di gestione dei diversi tipi di refluo<br />
Origine Deiezioni Evacuazione Opere di Modalità<br />
del prodotto da stoccare e trasferimento stoccaggio di ripresa<br />
lettiera letame raschiatore o letamaia coperta spandiletame<br />
accumulata paglioso forcone montato (fossa per liquidi (spandiliquame)<br />
su trattore di sgrondo)<br />
lettiera inclinata raschiatore<br />
stabulazione fissa automatico<br />
corridoio fra pistone<br />
cuccette groppa<br />
a groppa<br />
cuccette con<br />
spingi letame<br />
molta paglia<br />
bordo della<br />
idem<br />
lettiera idem<br />
cuccette letame fluido raschiatore o letamaia spandiletame<br />
poco pagliate liquame forcone montato in fossa spandiliquame<br />
(1-3 kg di paglia paglioso su trattore spandiletame<br />
/giorno) con portellone<br />
di tenuta<br />
bordo della zona raschiatore fossa per<br />
di alimentazione automatico<br />
flushing (se non<br />
c’è paglia)<br />
separazione<br />
necessaria<br />
liqui-letame<br />
cuccette con poca liquame poco raschiatore su fossa con spandiliquame<br />
paglia (< 1 kg/ paglioso trattore maceratore<br />
giorno-capo) raschiatore<br />
automatico<br />
flushing<br />
maceratore<br />
canaletta liquame<br />
conduttura di<br />
grande diametro<br />
in PVC<br />
o miscelatore<br />
fessurato con liquame pompa di fossa con spandiliquame<br />
cuccette con trasferimento miscelatore<br />
materassino e canaletta liquame (circolazione<br />
segatura o paglia conduttura di liquame)<br />
trinciata grande diametro<br />
in PVC<br />
grande area di liquame diluito pompa di fossa di spandiliquame<br />
esercizio esterna trasferimento decantazione,<br />
canaletta liquame trattamento<br />
conduttura di<br />
grande diametro<br />
in PVC<br />
sistema di<br />
trattamento<br />
70
Allegato C<br />
Spazio per conservazione alimenti e lettiera<br />
Allegati<br />
C.1 – Premessa<br />
<strong>Il</strong> complesso zootecnico comprende oltre alle stalle, anche i depositi di foraggi e di<br />
materiale di lettiera.<br />
I foraggi essiccati e la paglia possono essere conservati sotto forma di: erba disidratata;<br />
fieno imballato (grandi balle e balle tradizionali); fieno sfuso; paglia (grandi<br />
balle e balle tradizionali).<br />
I foraggi con s.s. 30-75% possono essere conservati in sili verticali o orizzontali.<br />
Gli alimenti concentrati possono essere conservati in: sacchi; sili verticali; sfusi a<br />
terra (Figura C.1).<br />
<strong>Il</strong> dimensionamento viene fatto in base ai volumi occupati.<br />
I fattori più importanti da considerare ai fini costruttivi sono densità e massa volumica<br />
(Tabella C.1).<br />
Tabella C.1 - Densità e volume relativi a<br />
diversi alimenti<br />
Kg/m? m?/t<br />
Insilato in fossa 400-800 1,4<br />
Insilato sciolto 400 2,3<br />
Fieno sciolto 50-100 12<br />
Fieno imballato 130-200 9<br />
Paglia sciolta 40 23<br />
Paglia imballata 70-140 14<br />
Polpa di bietola 660 1,5<br />
Farina di frumento 500 2,0<br />
Frumento macinato 710 1,4<br />
Orzo macinato 450 2,3<br />
Mais macinato 580 1,8<br />
Pellets 650 1,5<br />
N.B. Dato che massa e densità sono<br />
influenzate dall’umidità del prodotto, ci<br />
può essere una variazione del 5%<br />
rispetto ai dati riportati<br />
Figura C.1 – Deposito dei diversi tipi di alimento (da<br />
Hoepli, 1997)<br />
C.2 – Sili per foraggi<br />
L’insilamento consiste nella conservazione di foraggi con contenuto di sostanza<br />
secca variabile dal 30 al 75%. Più frequentemente, con U > 60% in ambiente acido<br />
e anaerobico. Tale conservazione può essere naturale o orientata; l’anaerobiosi è<br />
difficile da realizzare quando la s.s. è > 50%. I due parametri che qualificano un insilato<br />
sono: contenuto in s.s. e massa volumica. L’ottenimento di un mezzo acido<br />
dipende dal contenuto di s.s. e dal tasso di glucidi del foraggio conservato.<br />
Obiettivi da raggiungere e regole da rispettare:<br />
- scegliere correttamente i foraggi da insilare;<br />
- trinciare uniformemente il foraggio;<br />
- riempire rapidamente il silo e comprimere bene il prodotto.<br />
- evitare inquinamento con terra;<br />
- insilare la massima quantità di s.s. (ovvero con la minore umidità);<br />
- ottenere condizioni di anaerobiosi;<br />
- raggiungere bassi valori di pH il più velocemente possibile;<br />
- ottenere una fermentazione omolattica;<br />
- utilizzare con attenzione i conservanti (batteriostatici e acidi);<br />
- contrastare lo sviluppo di clostridi, muffe, lieviti;<br />
- ottenere un prodotto dalle caratteristiche organolettiche e qualitative compatibili<br />
con le esigenze fisiologiche dell’animale;<br />
I sili verticali possono essere: ermetici, a compressione, ciclatori. Quelli orizzontali:<br />
a trincea, a fossa, a corridoio, a cumulo.<br />
Attualmente i sili (quasi tutti di tipo orizzontale), vengono utilizzati per ottenere il<br />
fienosilo (fieno ad elevata umidità circa 50%), il silomais (insilato di mais integrale,<br />
circa 65% di umidità), il pastone di mais (insilato della sola spiga, circa 40% di umi-<br />
71
72<br />
Allegati<br />
dità). Per trasformare le tonnellate di sostanza secca in tonnellate di insilato, si stima<br />
la percentuale di umidità dell’insilato di mais e si moltiplica il peso per il fattore<br />
sotto riportato:<br />
Umidità dell’insilato (%): 40 45 50 55 60 65 70<br />
moltiplicare il peso della s.s. per: 1.6 1.8 2.0 2.2 2.5 2.8 3.3<br />
<strong>Il</strong> prodotto più importante è l’insilato di mais (di cui vengono distribuiti 10-30<br />
kg/capo·giorno). Nel calcolare la quantità di s.s. da insilare per capo si deve tener<br />
conto di perdite di conservazione e spreco normale in mangiatoia (= 10%) (Tabelle<br />
C.2 e C.3).<br />
Le perdite di valore nutritivo dell’insilato sono legate al grado di ermeticità del silo.<br />
<strong>Il</strong> silomais è suscettibile di deterioramento una volta a contatto dell’aria; occorre<br />
quindi ogni giorno rimuovere uno strato più grande di quello che può penetrare l’aria<br />
nello stesso tempo (> 15 cm/giorno). Per ridurre le perdite, importante è il grado<br />
di compattamento ottenibile inizialmente.<br />
Massa volumica = 350-900 kg/m3 (media 700). Effluente del silo: è nullo al 62% di<br />
umidità. Esso ha pH bassissimo; è corrosivo per i metalli; erode il cemento. <strong>Il</strong> calcestruzzo<br />
deve avere la seguente composizione 1:2:4 con 330 kg/m3 di cemento.<br />
Tabella. C.2 – Razione alimentare giornaliera orientativa per bovine da latte (senza<br />
impiego di foraggio verde)<br />
Silomais (kg) Fieno (kg) Concentrati (*) (kg)<br />
Vacche in piena lattazione 10-30 2-6 8<br />
Vacche a metà o fine lattazione 15-30 2-6 5<br />
(*) 1 kg di concentrato ogni 3 kg di latte. In totale max 4,0% del peso vivo in sostanza secca<br />
Tabella C.3 - Perdite medie di prodotto (con umidità del 45-60%) in sili orizzontali<br />
e verticali (da FBIC)<br />
Tipo di silo Perdita percentuale<br />
Ermetico verticale 5 1-11<br />
Verticale in calcestruzzo 6 2-12<br />
Orizzontale a trincea o corridoio 15 10-25<br />
Cumulo (sviluppo orizzontale) 20 12-25<br />
C.2.1 - Sili orizzontali<br />
Geometria del silo: le dimensioni dipendono in larga misura dalle attrezzature di<br />
carico e scarico. Benna su trattore: h = 1,8-2,0 m (8-10 t/h). Forcone su trattore: h =<br />
2-3 m. Dessilatrice specializzata: 3-5 m (12-15 t/h). Le attrezzature per lo scarico non<br />
devono smuovere la massa e devono lasciare le superfici pulite.<br />
C.2.2 - Pagliai e fienili<br />
Paglia e fieno, in grandi o piccole balle, vanno protetti dagli agenti atmosferici per<br />
preservarli dallo sviluppo di muffe. Gli edifici hanno un lato aperto per consentire<br />
migliore circolazione dei mezzi per manipolazione e trasporto. Per consentirne l’essiccazione,<br />
il fieno viene posto sotto tettoie con pavimento fessurato per permettere<br />
ventilazione del cumulo. Fieno sciolto o in balle di medio-bassa densità. Portate<br />
d’aria indicative = 400-900 m3/h per m2 di superficie. Pressione statica è = 20-70<br />
Pa a seconda che si tratti di fieno sciolto o imballato. Altezza cumulo, per sicurezza,<br />
< 6 m; larghezza = 12 m; lunghezza multipla dell’interasse fra i pilastri (4-5 m)<br />
(Figura C.3). Pagliai e fienili vanno isolati dagli altri edifici per problemi di incendio.<br />
<strong>Il</strong> consumo di fieno varia in relazione al tipo di alimentazione fra 1 e 5 kg/giorno per<br />
capo. <strong>Il</strong> consumo di paglia medio, (per stalle che ne prevedono l’uso) = 1-6 kg/giorno<br />
per capo.<br />
Figura C.2<br />
Caratteristiche del silo<br />
per silomais (da Hoepli, 1997)<br />
Figura C.3<br />
Fienile/pagliaio con<br />
tetto solarizzabile<br />
(da Hoepli, 1997)
Allegato D<br />
Rischi e precauzioni nell’allevamento bovino da latte<br />
Allegati<br />
D.1 - Generalità<br />
L’entrata in vigore del D.L.vo 626/94 comporta per gli allevatori<br />
• la presa di coscienza delle modalità con le quali si opera in azienda, con particolare<br />
riferimento, nel nostro caso, alla stalla e alle operazioni vi si svolgono nonché<br />
alle condizioni ambientali;<br />
• l’individuazione di situazioni di pericolo;<br />
• 1’ adozione di idonee misure per ridurre i rischi e la qualità dell’ambiente di lavoro;<br />
Con riferimento alle operazioni di stalla, i problemi che si possono incontrare sono<br />
i seguenti<br />
• rischio biologico: per contatto diretto di estese parti del corpo umano con la bovina<br />
e per contatto con escrementi ed urina;<br />
• rischio fisico: per calci o calpestamento da parte della bovina;<br />
• posizione di lavoro: accovacciata a fianco dell’animale;<br />
• movimentazione carichi : per trasporto secchi pieni di latte e/o per spostamento<br />
gruppi di mungitura.<br />
Importante è, anche, la Direttiva CEE 92/117 – misure di protezione da zoonosi specifiche,<br />
per gli aspetti legati alla manodopera.<br />
D.2 – Rumore<br />
Nell’allevamento bovino da latte si possono raggiungere pericolosi livelli di rumorosità<br />
che variano in relazione al grado di meccanizzazione.<br />
Non è infrequente, infatti, imbattersi in macchine (trattori, carri unifeed semoventi,<br />
trinciapaglia ecc.) caratterizzate da rumorosità compresa fra 90-100 dBA.<br />
Gli studi sulla sordità indotta dal rumore nell’ambito dell’allevamento bovino da latte<br />
sono pochi (ILO, Enciclopedia of Occupational Health and Safety), tuttavia essi<br />
concordano nell’affermare che si riscontrano deficit che influenzano in maniera<br />
predominante le frequenze più elevate e interessano soggetti di tutte le età. In alcuni<br />
studi vengono evidenziate perdite di udito superiori all’orecchio sinistro piuttosto<br />
che al destro e ciò è probabilmente dovuto alla posizione prevalente del tubo di<br />
scappamento.<br />
<strong>Il</strong> calcolo della esposizione viene effettuato seguendo il metodo indicato nel D.L.vo<br />
277/92. Se si superano i valori di 85 dBA è obbligatoria una visita specialistica su<br />
base annua; se ci si trova al di sotto di tale valore ci si può limitare alle visite di routine<br />
dal medico competente.<br />
La prevenzione non può che passare attraverso: l’abbattimento dei rumori alla fonte;<br />
la turnazione della manodopera, quando possibile; l’adozione di cuffie o tappi<br />
per orecchie.<br />
D.3 - Prodotti chimici<br />
L’allevatore è in contatto con quasi tutti i prodotti chimici utilizzati in agricoltura<br />
(fertilizzanti, fitofarmaci ecc.) oltre a quelli specifici della sua attività quali quelli per<br />
il lavaggio degli impianti di mungitura. I prodotti per i lavaggi basici contengono<br />
generalmente il 35% di soda (NaOH) o, nel caso dei lavaggi acidi, il 22,5% di acido<br />
fosforico. <strong>Il</strong> contatto con questi prodotti può causare danni. Sono state osservate<br />
scottature cutanee o danni a cornea o congiuntiva ecc. Si tratta di situazioni che<br />
possono essere prevenute utilizzando un sistema automatico di lavaggio a circuito<br />
chiuso. In assenza di sistemi automatici occorre impedire, ai non addetti, l’accesso<br />
ai prodotti citati. I misurini vanno accuratamente sciacquati dopo l’uso.<br />
L’esposizione a farmaci, varia da antibiotici a progestinici, a inibitori di prostaglandine,<br />
a ormoni. L’accesso a questi prodotti va limitato al solo personale qualificato.<br />
D.4 – Polveri<br />
Le polveri organiche che si incontrano negli allevamenti danno luogo a reazioni<br />
complesse anche di tipo allergenico. Le polveri contengono, infatti, endotossine,<br />
beta-glucani, istamine e altri materiali biologicamente attivi (Olenchock et al. 1990).<br />
In certe operazioni si raggiungono livelli di polverosità totale di 50 mg/m3 e di 5<br />
mg/m3 di polvere respirabile. Queste polveri sono spesso dovute a foraggi o lettiere<br />
contaminati da microrganismi, movimentati all’interno di spazi chiusi. L’esposizione<br />
a queste polveri genera spesso polmoniti da ipersensibilità, polmone dell’a-<br />
73
Allegati<br />
gricoltore, asma, bronchiti croniche con frequenza doppia rispetto alla popolazione<br />
non esposta (Rylander e Jacobs, 1994).<br />
Le frequenze aumentano quando si è di fronte ad alimenti umidi e nelle stalle<br />
chiuse.<br />
L’essiccazione del foraggio e la distribuzione <strong>manuale</strong> del fieno e della lettiera costituiscono<br />
fattori aggravanti per la comparsa delle malattie professionali associate<br />
alle polveri.<br />
Per minimizzare l’ammontare, la crescita o la aerosalizzazione dei microrganismi,<br />
l’allevatore può, a esempio, ricorrere a materiali di lettiera alternativi alla paglia<br />
ammuffita; può stoccare la paglia e il fieno in luogo asciutto, riparato e ventilato,<br />
oppure può adottare dispositivi per inumidire la paglia nel momento in cui viene<br />
trinciata. Ma può anche attivare un impianto di ventilazione e, infine, indossare idonee<br />
mascherine.<br />
D.5 – Allergeni<br />
Gli allergeni, quali forfora animale e acari che vivono nel fienile, possono costituire<br />
un grosso problema per gli allevatori.<br />
Uno studio ha evidenziato che le popolazioni di acari si estendono anche alle abitazioni<br />
degli allevatori (Van Hage-Hamasten, Johansson and Hogland, 1985). L’allergia<br />
da acari e forfora è stata confermata come problema in molte parti del mondo<br />
dove ha dato luogo a molte reazioni allergiche (Marx et al. 1993). Queste includono<br />
la congestione nasale, l’irritazione agli occhi, le dermatiti allergiche e soprattutto<br />
l’asma. Quest’ultima può generare attacchi immediati o ritardati (anche di 12 h)<br />
anche in individui non considerati asmatici.<br />
Dato che il contatto dell’allevatore con gli allergeni è continuo e dura tutta la vita,<br />
viene interessato un numero sempre crescente di soggetti.<br />
La prevenzione è difficile da mettere in atto.<br />
Le terapie adottate sono molto varie e combinano trattamenti antinfiammatori con<br />
broncodilatatori, steroidi topici ecc.<br />
D.6 - Rischio ergonomico<br />
I dati sui problemi muscolo-scheletrici non sono completi.<br />
Tuttavia gli allevatori bovini presentano maggiori rischi di artriti ad anche e ginocchi<br />
se confrontati con la popolazione generica. Anche i rischi per spalle e schiena<br />
sono più elevati. L’ergonomia costituisce, quindi, un rischio importante.<br />
L’allevatore può portare pesi superiori a 40 kg, è esposto alle vibrazioni delle macchine<br />
agricole ecc. ma è il lavoro di mungitura ad essere più pesante ergonomicamente.<br />
In una stalla a posta fissa l’addetto si piega o si accoscia per 4-6 volte durante<br />
la mungitura di ogni singolo capo e ciò avviene per tutti i capi a lui affidati per<br />
due volte al giorno, per tutto l’anno e per decenni. Già il trasferimento del gruppo<br />
di mungitura da una posta all’altra causa un ulteriore sforzo alle estremità superiori.<br />
Soluzioni proposte nei paesi scandinavi di realizzare binari sospesi su cui far<br />
scorrere il gruppo di mungitura devono ancora trovare idonea diffusione (figura<br />
D.1). In una stalla a stabulazione libera dotata di sala di mungitura, le cose vanno<br />
decisamente meglio in quanto l’uomo, se la fossa del mungitore è ben proporzionata,<br />
lavora in posizione eretta (figura D.2) e non deve trasportare i gruppi di mungitura.<br />
In questo caso, però, entra in gioco un altro fattore, ovvero la frequenza con<br />
la quale viene spostato un carico (il gruppo di mungitura, nel nostro caso) con il<br />
braccio teso (figura D.3), che fa ulteriormente ridurre l’ammontare del massimo<br />
carico movimentabile.<br />
Figura D.1 – Sistema che consente<br />
di ridurre lo sforzo necessario per<br />
trasportare i gruppi di mungitura<br />
(da Alfa Laval Agri, 1994)<br />
74<br />
Figura D.2 – Posizione corretta di<br />
lavoro del mungitore che deve<br />
mantenere la schiena eretta (da<br />
Alfa Laval Agri, 1994)<br />
Figura D.3 – L’ammontare del<br />
carico che può essere spostato da una<br />
persona dipende dalla posizione delle<br />
braccia rispetto al corpo (nel disegno)<br />
e dalla frequenza con la quale<br />
i carichi stessi vengono spostati (da<br />
HSE, 1998)
Allegato E<br />
L’allevamento biologico della vacca da latte<br />
Allegati<br />
E.1 Premessa<br />
Trattare il tema della “zootecnia biologica” significa non tanto suggerire un diverso<br />
modo di produrre ma un diverso modo di vivere e ciò è valido anche per coloro che<br />
acquistano i prodotti biologici, che sono disposti a pagare di più ciò che intrinsecamente<br />
vale di più e costa di più.<br />
Le produzioni biologiche non sono una alternativa alle produzioni intensive ma<br />
bensì il modello verso cui agricoltura e zootecnia devono tendere affinché si possano<br />
riaffermare quei valori o concetti, quali quelli di: eticità di produzione; di agricoltura<br />
sostenibile ecc., che si dovranno necessariamente adottare per far fronte ai<br />
grandi problemi alimentari e ambientali in cui tutti siamo coinvolti e per i quali l’agricoltura<br />
gioca un ruolo chiave.<br />
Gli ambientalisti affermano che l’agricoltura inquina a causa dei fitofarmaci, dei fertilizzanti<br />
e dei reflui zootecnici e che distrugge il paesaggio. I salutisti sono preoccupati<br />
dei residui di fitofarmaci, antibiotici ecc. negli alimenti e della perdita di proprietà<br />
organolettiche dei prodotti. Le frange estremiste anti-globalizzazione accusano<br />
le politiche agricole di creare artificialmente surplus.<br />
Sicuramente gli agricoltori si trovano a lottare con profitti estremamente ridotti o<br />
negativi ma non è certo buttandosi sul biologico che si risolvono i problemi. Infatti,<br />
così come non tutti possono diventare buoni imprenditori, non tutti i buoni imprenditori<br />
possono diventare produttori biologici.<br />
La produzione biologica è una scelta di vita e, più ancora, una filosofia di vita. L’agricoltura<br />
biologica aspira ad essere in armonia con la natura. Questa idea pervade<br />
tutti gli aspetti dell’attività agricola: dalle modalità di controllo di parassiti e patologie<br />
al trattamento del bestiame, all’integrazione dell’azienda con l’ambiente naturale,<br />
alla vendita dei prodotti, ai rapporti di lavoro. L’agricoltura biologica minimizza<br />
l’uso di forme di energia non rinnovabile. Fertilizzanti chimici e fitofarmaci vengono<br />
sintetizzati partendo dal petrolio ne richiedono elevate quantità per estrarli o<br />
lavorarli. Basti pensare, a questo proposito, che per produrre 1 kg di fertilizzante<br />
azotato sono necessari, fra costi diretti e indiretti di energia, oltre 2 kg di petrolio.<br />
L’agricoltura biologica non è il mondo del basso input perché non ricorre (o vi ricorre<br />
in modo moderato) a fertilizzanti chimici e fitofarmaci ma è invece un sistema<br />
che ricorre in misura ridotta a risorse esterne e cerca di ottimizzare i cicli interni<br />
all’azienda.<br />
La produttività per addetto e per ettaro non è la più elevata ma lo diventa se ci si<br />
riferisce all’unità di mezzo tecnico impiegato.<br />
L’agricoltura biologica non inquina perché non vengono utilizzati principi attivi pericolosi<br />
per l’uomo e per l’ambiente.<br />
I sottoprodotti che vengono considerati rifiuti dall’agricoltura intensiva sono la base<br />
dell’agricoltura biologica.<br />
L’azienda deve essere predisposta alla conversione e vi devono essere clima adatto<br />
e suolo adatto.<br />
Non è possibile mantenere sistemi monocolturali o sistemi intensivi di allevamento<br />
suino o avicolo perché contravvengono ai princìpi dell’agricoltura biologica.<br />
Con la pubblicazione del regolamento 1804/99 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione<br />
Europea del 24 agosto 1999 e con l’emanazione dei DD.MM. 4 agosto 2000 e 29<br />
marzo 2001, colmano in parte, il vuoto legislativo del settore (manca ancora, infatti,<br />
la regolamentazione regionale).<br />
<strong>Il</strong> testo della normativa è frutto di compromessi per conciliare i diversi sistemi zootecnici<br />
esistenti in Europa ed è, quindi, complicato e ricco di deroghe e possibilità di<br />
interpretazione.<br />
In definitiva, cardini principali dell’allevamento biologico sono:<br />
Rispetto dell’etologia e del benessere animale;<br />
Riduzione al minimo dell’impatto ambientale dell’allevamento;<br />
Impiego di alimenti biologici.<br />
Le indicazioni sulle tipologie stabulative e sui metodi di gestione dell’allevamento,<br />
sul rapporto fra superficie agricola aziendale e consistenza degli animali allevati,<br />
sulla produzione e somministrazione di alimenti sono di rilevante importanza. Nell’allevamento<br />
biologico, tutti gli animali, appartenenti ad una stessa unità di produzione,<br />
devono essere allevati nel rispetto delle norme contenute nel regolamento<br />
CEE 2092/91.<br />
75
76<br />
Allegati<br />
E.2 - Gestione e strutture di allevamento<br />
E.2.1 - La gestione dell’allevamento<br />
<strong>Il</strong> regolamento CE n. 1804/99 vincola la gestione dell’azienda zootecnica biologica<br />
ad una serie di norme che, per l’allevamento dei bovini da latte, vanno dalla garanzia<br />
del libero movimento per gli animali, alla prescrizione di una superficie stabulativa<br />
adeguata, dall’assicurazione di una accessibilità a pascoli o aree esterne alla<br />
predisposizione di una zona di riposo a lettiera confortevole e correttamente<br />
dimensionata, al facile accesso alle mangiatoie e agli abbeveratoi, alla stabulazione<br />
in ambienti luminosi e aerati. Come logica conseguenza, non sono proponibili forme<br />
di allevamento in gabbia e la presenza di pavimentazioni totalmente fessurate.<br />
Ma non sono neppure proponibili allevamenti senza terra.<br />
Nella scelta delle razze occorre tener conto delle esigenze della produzione e delle<br />
capacità di adattamento degli animali alle condizioni ambientali esistenti, dando<br />
preferenza alle razze e ai sottotipi autoctoni.<br />
I soggetti per la rimonta possono provenire, in percentuali e con modalità definite, da<br />
altri allevamenti biologici e, solo in casi particolari, da allevamenti convenzionali.<br />
Nello stesso allevamento possono coesistere, fino al 2008, animali allevati biologicamente<br />
o no purché appartenenti a specie differenti.<br />
La gestione dell’allevamento, soprattutto in termini di alimentazione e condizioni<br />
ambientali, deve favorire la resistenza alle malattie e alla prevenzione delle stesse.<br />
E’ vietato l’uso di trattamenti preventivi allopatici (quelli, cioè, basati sul contrasto<br />
dell’agente patogeno), di stimolatori della crescita, di ormoni per sincronizzazione<br />
dei calori, ecc.. Per la cura degli animali ammalati si deve ricorrere all’omeopatia e<br />
alla medicina naturale che stimolano e fortificano le risposte del sistema immunitario.<br />
L’uso di medicinali di sintesi non viene, però, escluso.<br />
L’alimentazione deve rispondere ai fabbisogni degli animali e gli alimenti devono<br />
provenire da colture biologiche preferibilmente aziendali (almeno il 35% della<br />
sostanza secca) e/o essere sottoprodotti derivati dalla trasformazione di prodotti<br />
biologici. <strong>Il</strong> ricorso ad alimenti biologici extra-aziendali è considerato come integrazione<br />
delle produzioni aziendali.<br />
Durante il periodo di conversione le coltivazioni aziendali destinate alla produzione<br />
di alimenti per il bestiame devono seguire le norme dell’agricoltura biologica.<br />
I prodotti zootecnici, possono essere commercializzati come biologici solo dopo un<br />
periodo minimo di allevamento degli animali secondo il metodo biologico.<br />
Deve essere tenuto un registro con indicati ingressi e uscite di animali, alimentazione<br />
e profilassi seguita. Tutti gli animali dell’allevamento devono essere identificati<br />
singolarmente.<br />
<strong>Il</strong> rapporto fra consistenza del bestiame allevato e superficie agricola aziendale<br />
dipende dalla possibilità di distribuire un massimo di 170 chilogrammi ad ettaro<br />
all’anno di azoto, proveniente da deiezioni zootecniche.<br />
Le aziende che praticano il metodo di produzione biologico possono stabilire convenzioni<br />
con altre aziende e imprese biologiche per permettere lo spargimento delle<br />
deiezioni eccedenti il quantitativo di azoto indicato.<br />
Le questioni più spinose sono da risolvere per l’applicazione della direttiva essenzialmente<br />
due: l’apporto massimo annuale di deiezioni animali al campo e il corrispondente<br />
carico di bestiame; le tipologie di allevamento e di stabulazione, legate<br />
anche al tipo di refluo che è necessario produrre per rispettare i principi dell’agricoltura<br />
biologica.<br />
Fermo restando l’apporto massimo annuale di deiezioni animali al terreno corrispondente<br />
a 170 chilogrammi all’anno di azoto per ettaro di Sau (Superficie agricola<br />
utilizzata), occorre definire il numero di animali, per le diverse categorie, corrispondente<br />
a questo quantitativo di azoto (l’UE propone l’equivalenza con 2 UBA<br />
ovvero con 2 vacche o 5 vitelli per ettaro). Trattandosi, però, di azoto al campo e di<br />
un sistema che limita il ricorso a mezzi tecnici esterni, va da sé che vi è l’interesse<br />
ad adottare soluzioni che limitano le perdite per volatilizzazione dell’azoto.<br />
Per quanto riguarda le tipologie di allevamento e di stabulazione dei bovini da latte,<br />
le questioni riguardano l’obbligo del pascolo e il divieto di realizzare stalle a stabulazione<br />
fissa, derogabile solo se sussistono determinate condizioni di benessere<br />
e se gli edifici sono stati costruiti prima del 24 agosto 2000 (figura E.1)<br />
E.2.2 - Tipologie di stabulazione<br />
I locali di stabulazione devono rispettare le esigenze degli animali allevati e, in particolare,<br />
il loro benessere e la loro libertà di movimento.
Allegati<br />
L’animale può, quindi, scegliere, movendosi autonomamente, l’ambiente di volta in<br />
volta ideale in relazione al clima ma anche ai rapporti sociali.<br />
La stalla a stabulazione fissa viene ammessa, previa autorizzazione dell’organismo<br />
di controllo, soltanto:<br />
– in edifici realizzati prima del 24 agosto 2000 (per un periodo transitorio che scade<br />
il 31 dicembre 2010), purché vengano rispettati i requisiti relativi alla ginnastica<br />
funzionale (predisposizione di paddock o pascoli accessibili) e al benessere animale<br />
(pavimentazione della posta realizzata in conglomerati termoisolanti su cui<br />
viene posta la lettiera);<br />
– per un singolo animale per un limitato periodo di tempo e per motivi di sicurezza<br />
o benessere dell’animale stesso;<br />
– nel caso di “piccole” aziende (non viene specificata la dimensione), nel caso in cui<br />
non sia possibile allevare gli animali in gruppi adeguati ai requisiti di comportamento;<br />
in questo caso è necessario prevedere l’accesso a paddock o a zone di<br />
pascolo almeno 2 volte alla settimana (se le condizioni climatiche lo consentono).<br />
La stabulazione libera, a lettiera o a cuccette, è invece indicata per la costruzione<br />
di nuove stalle.<br />
In queste stalle le vacche devono essere divise in gruppi omogenei: vitelli, manzette,<br />
manze, manze gravide, vacche in asciutta e vacche in lattazione. Queste ultime,<br />
a loro volta, devono essere suddivise in due o più gruppi di produzione, in base allo<br />
stadio di lattazione e/o al livello produttivo, per differenziare la razione alimentare.<br />
E’ necessario predisporre un apposito locale di isolamento per animali malati o feriti;<br />
tali animali non devono avere accesso a pascoli o paddock riservati ai capi in produzione.<br />
<strong>Il</strong> locale isolamento o infermeria può essere realizzato ex novo o derivare dall’adattamento<br />
di un locale preesistente<br />
E.2.3 - Paddock e pascoli<br />
Contrariamente alla tendenza in atto negli allevamenti intensivi e in quelli (per ora<br />
pochi) dotati di impianti di mungitura robotizzati, tutti i bovini devono poter accedere<br />
a pascoli o a paddock ogni qualvolta lo consentano:<br />
– le loro condizioni fisiologiche;<br />
– le condizioni climatiche;<br />
– lo stato del terreno (possono essere concesse deroghe per un periodo transitorio<br />
che scade il 31 dicembre 2010 alle aziende aventi edifici costruiti anteriormente al<br />
24 agosto 1999).<br />
Se però i bovini sono allevati in stabulazione libera o hanno accesso ai pascoli<br />
durante il periodo primaverile-estivo, non è obbligatorio prevedere una zona di<br />
esercizio.<br />
I paddock, pavimentati hanno il vantaggio di poter essere<br />
utilizzati per tutto l’anno, ma andrebbero coperti per evitare<br />
di dover raccogliere e stoccare anche le acque piovane<br />
che vi scorrono sopra, mentre i paddock in terra hanno<br />
un’agibilità limitata ai mesi primaverili-estivi. La soluzione<br />
ideale è quella di realizzare paddock agibili per tutto<br />
l’anno interponendo, fra corpo stalla e paddock in terra,<br />
un’area di esercizio pavimentata (figura E.1).<br />
E.2.4 - Mangiatoie e abbeveratoi<br />
Gli animali devono disporre di un accesso agevole alle<br />
mangiatoie e agli abbeveratoi. In stalle a stabulazione<br />
libera è opportuno dotare le mangiatoie di rastrelliere<br />
autocatturanti per limitare la competitività alimentare<br />
(nel caso di distribuzione contemporanea dell’alimento),<br />
per ridurre lo spreco di foraggio e facilitare gli interventi<br />
veterinari in genere o riproduttivi in particolare.<br />
La stalla va dotata di abbeveratoi a vasca collocati, in relazione<br />
al tipo di stalla, o nei pressi della zona di alimentazione<br />
o nei pressi di quella di esercizio (figura E.2).<br />
E.2.5 - Pavimentazione e superficie stabulativa<br />
I requisiti fondamentali della pavimentazione delle zone<br />
di stabulazione coperte sono:<br />
– elevato potere autopulente, cioè un rapido e completo<br />
Figura E.1 – <strong>Il</strong> paddock consente<br />
alle bovine di godere dei<br />
benefici dovuti al sole<br />
Figura E.2 – Gli abbeveratoi<br />
devono essere del tipo a vasca,<br />
meglio se ribaltabili per facilitare<br />
la pulizia (da Arntjen<br />
System, 2002)<br />
77
Allegati<br />
allontanamento delle deiezioni, in modo da limitare lo sviluppo di microrganismi<br />
e infezioni;<br />
– superficie di calpestio liscia ma non scivolosa o abrasiva, priva di spigoli vivi o<br />
protuberanze, in modo da limitare i casi di lesioni traumatiche, in particolare agli<br />
arti e ai capezzoli;<br />
– essere almeno per metà a pavimento pieno.<br />
Nella zona di stabulazione deve essere prevista un’area di riposo - confortevole,<br />
pulita, asciutta e correttamente dimensionata – a pavimento pieno con sovrastante<br />
lettiera di paglia o di “altri materiali naturali adatti”. Non si possono perciò, utilizzare<br />
in allevamenti biologici, materiali sintetici, come i materassini e i tappetini in<br />
gomma o materiale elastomerico (figura E.3).<br />
La superficie di stabulazione per le vacche da latte (ovvero la superficie realmente<br />
disponibile per la stabulazione degli animali) è pari a 6 metri quadrati per capo<br />
(superficie di stabulazione coperta) a cui vanno aggiunti almeno 4,5 metri quadrati<br />
per capo per i paddock; possono essere concesse deroghe per un periodo transitorio,<br />
che scade il 31 dicembre 2010, alle aziende aventi edifici costruiti prima del<br />
24 agosto 1999.<br />
La densità del bestiame nei pascoli deve essere sufficientemente bassa in modo da<br />
evitare che il suolo diventi fangoso e che il cotico erboso venga eccessivamente<br />
deteriorato.<br />
Le superfici di stabulazione del toro riproduttore sono pari a 10 metri quadrati per<br />
capo (superficie di stabulazione coperta) e a 30 metri quadra per capo di paddock;<br />
anche in questo caso valgono le deroghe citate.<br />
E.2.6 - <strong>Il</strong> controllo ambientale<br />
Per ottenere un microclima ottimale occorre agire:<br />
– sull’isolamento termico, che riduce l’effetto delle variazioni della temperatura<br />
esterna sulla temperatura dell’aria all’interno del locale d’allevamento;<br />
– sulla ventilazione che apporta, in inverno, aria fresca riducendo la concentrazione<br />
dei gas nocivi e del vapore acqueo. In estate, la ventilazione permette di asportare<br />
il calore sensibile prodotto dagli animali e il calore dovuto all’irraggiamento solare.<br />
La ventilazione consente di eliminare le polveri e il microbismo atmosferico;<br />
– sul raffrescamento estivo, che sfrutta il principio della sottrazione di calore per<br />
evaporazione, nei casi in cui risulti difficile mantenere la temperatura ambiente a<br />
valori accettabili;<br />
– sull’illuminazione naturale.<br />
E.2.7 - Stoccaggio delle deiezioni<br />
I contenitori per lo stoccaggio del liquame e del letame devono essere dimensionati<br />
in modo da ridurre l’inquinamento puntuale e diffuso delle acque superficiali e di<br />
falda.<br />
La legislazione vigente a livello di bacino del Po stabilisce che i recipienti per lo<br />
stoccaggio del liquame e del letame devono avere una capacità utile complessiva<br />
non inferiore al volume prodotto rispettivamente in 120 e 90 giorni.<br />
E.2.8 - <strong>Il</strong> trasporto degli animali<br />
<strong>Il</strong> trasporto degli animali deve avvenire rispettando la normativa nazionale (decreto<br />
legislativo 20 ottobre 1998, n.388 – Attuazione della direttiva 95/29/CE relativa<br />
Figura E.3 – <strong>Il</strong> materassino in gomma va opportunamente<br />
coperto con paglia o altro materiale accettato<br />
per l’allevamento biologico Figura E.4 – I vitelli vanno allevati su lettiera<br />
78
Allegati<br />
alla protezione degli animali durante il trasporto) e comunitaria (Direttiva 95/29/CE<br />
del 29 giugno 1995 che modifica la Direttiva 91/628/CEE relativa alla protezione<br />
degli animali durante il trasporto) in vigore.<br />
Gli animali, durante il trasporto e la fase che precede la macellazione, devono essere<br />
trattati in modo da ridurre al minimo l’affaticamento, la sofferenza e lo stress; in<br />
particolare, durante le operazioni di carico e scarico è vietato l’utilizzo della stimolazione<br />
elettrica.<br />
E.2.9 - Allevamento dei vitelli<br />
Per quanto riguarda l’allevamento dei vitelli, a partire dal 24 agosto 2000, valgono<br />
le norme definite dalle direttive 91/629/CEE e 97/2/CE sul benessere animale.<br />
Le principali disposizioni riguardanti la loro stabulazione sono:<br />
– i box individuali, consentiti soltanto per vitelli di età non superiore a 1 settimana,<br />
devono avere pareti divisorie forate, che consentano un contatto diretto, visivo e<br />
tattile tra i vitelli; un’altezza pari a 0,8 l’altezza al garrese del vitello e una lunghezza<br />
pari alla lunghezza dell’animale, misurata dalla punta del naso all’estremità<br />
caudale della tuberosità ischiatica, moltiplicata per 1,1;<br />
– una superficie minima per capo nei box multipli pari a 1,5 metri quadrati per ogni<br />
vitello dal peso inferiore a 150 chilogrammi, a 1,7 metri quadrati per un vitello dal<br />
peso compreso fra 150 e 220 chilogrammi e 1,8 metri quadrati per un vitello dal<br />
peso superiore a 220 chilogrammi;<br />
– i locali di stabulazione devono consentire ad ogni vitello di “coricarsi, giacere,<br />
alzarsi ed accudire a se stesso senza difficoltà, e di vedere altri vitelli”; se si utilizza<br />
un attacco, questo deve consentire all’animale tali movimenti;<br />
– la zona di riposo deve essere confortevole, pulita, adeguatamente asciutta e “non<br />
dannosa” per i vitelli; nel caso di vitelli di età inferiore a due settimane deve essere<br />
prevista una lettiera adeguata (figura E.4);<br />
– le pavimentazioni devono essere antisdrucciolevoli, prive di asperità, adeguate<br />
alle dimensioni e al peso dei vitelli e costituire una superficie rigida, piana e stabile.<br />
79
Premessa<br />
Gestione allevamento<br />
vacche da latte<br />
Le attuali forme d’allevamento, caratterizzate<br />
da un’impostazione decisamente<br />
intensiva, non devono essere per forza,<br />
associate ad un concetto di scarso benessere<br />
per gli animali che, invece, grazie a soluzioni<br />
gestionali e alimentari più corrette,<br />
possono godere di un ambiente che consente<br />
loro una migliore risposta qualitativa<br />
e quantitativa. Le soluzioni gestionali e alimentari<br />
più attente sono in grado di assecondare<br />
i bisogni delle bovine e sono adottate<br />
da sempre più allevatori. La crescente<br />
attenzione verso le esigenze degli animali è<br />
confermata dalle stesse vacche, attraverso<br />
una sempre più efficiente risposta produttiva<br />
sia dal punto di vista qualitativo che<br />
quantitativo. <strong>Il</strong> formidabile lavoro di<br />
miglioramento genetico ha reso oggi le<br />
vacche potenzialmente sempre più produttive,<br />
se, questo potenziale è espresso,<br />
dipende da una corretta e idonea gestione<br />
in grado di limitare ogni possibile causa di<br />
stress, sociale, ambientale e nutrizionale.<br />
Con questi tipi di vacche appare quindi<br />
contro ogni logica fare dei passi indietro<br />
nelle tecniche d’allevamento, in nome<br />
di un ritorno alla presunta “ naturalità”<br />
nella produzione del latte. La piena efficacia<br />
nell’applicazione delle più moderne<br />
tecniche d’allevamento e alimentazione<br />
delle bovine sono legate al fattore uomo.<br />
MAURO CODELUPPI<br />
Zootecnico<br />
Foto 1<br />
Alta Qualità<br />
Qualsiasi soluzione tecnica proposta per<br />
migliorare la produttività e il benessere<br />
animale, non ha alcun valore se il personale<br />
aziendale è scarsamente motivato nel<br />
proprio lavoro, quindi, non esegue con<br />
perizia e cura anche le più semplici e routinarie<br />
operazioni di stalla. (foto 1)<br />
1.0 - Le razze vacche da latte<br />
Principalmente si possono considerare<br />
la Frisona, la Bruna e la Jersey.<br />
Frisona Italiana. L’Italia, è il primo<br />
paese, ad aver iniziato a selezionare il ceppo<br />
europeo di razza Frisona con sangue<br />
Holstein di provenienza USA e Canada.<br />
Nel 1929 iniziarono le prime importazioni<br />
di riproduttori Holstein dagli USA. Da<br />
allora, gli allevatori italiani hanno iniziato<br />
a sostituire il loro patrimonio di frisone,<br />
con la linea Holstein. La selezione da oltre<br />
50 anni, ha permesso d’essere terzi al<br />
mondo dopo USA e Canada, per la<br />
purezza del patrimonio di Frisone con la<br />
linea Holstein. La marcata attitudine alla<br />
produzione del latte della frisona italiana,<br />
se gestita e alimentata correttamente, in<br />
strutture realizzate adeguatamente in base<br />
alle esigenze con facilità possono essere<br />
superati i 100 q.li di latte a lattazione di<br />
305 giorni con valori di grasso oltre al<br />
3,50% e 3,30 di proteine. Gli obiettivi di<br />
selezione possono essere diversi. Ogni<br />
azienda di vacche da latte dovrebbe porsi<br />
i propri. Per produrre latte di qualità non<br />
bisogna dimenticare, le caratteristiche<br />
morfologiche delle mammelle, la mungibilità,<br />
e la percentuale di grasso e proteine<br />
nel latte. (foto 2)<br />
Bruna. La razza Bruna allevata in Italia<br />
trae origine dal “ceppo” Bruna alpina o<br />
di Schwyz, autoctona della Svizzera cen-<br />
81
trale rinsanguato con il “ceppo americano<br />
“Brown Swiss. La bruna alpina è entrata<br />
in Italia nel sedicesimo secolo, ma solo nel<br />
1850 trova espansione nelle vallate alpine,<br />
fino ad arrivare nelle grandi cascine lombarde.<br />
(foto 3)<br />
La selezione dei bovini di razza Bruna<br />
ha come obiettivo la produzione di soggetti<br />
di buona mole, statura e peso, di<br />
costituzione robusta e corretta conformazione,<br />
precoci per sviluppo e produttività,<br />
fecondi e longevi, di buona nevrilità, con<br />
attitudine ad elevate e costante produzione<br />
di latte ad alto titolo di grasso e proteine,<br />
in grado di fornire convenienti produzioni<br />
di carne, dotati d’alto potere d’assimilazione<br />
per lo sfruttamento di tutti i<br />
foraggi aziendali. In condizioni d’allevamento<br />
normale, la vacca Bruna può produrre<br />
oltre 80 quintali di latte a lattazione<br />
di 305 giorni, con oltre il 3,90% di grasso<br />
e 3,35 di proteine, con presenza di proteine<br />
di qualità, la k-caseina BB. Una<br />
Foto 2<br />
Foto 3<br />
82<br />
Alta Qualità<br />
Foto 4<br />
caratteristica che consente alla razza d’essere<br />
competitiva nel panorama nazionale,<br />
oltre alla qualità del latte è la sua longevità.Tra<br />
i principali obiettivi di selezione<br />
che un allevatore di brune deve porsi è<br />
scegliere riproduttori con ottime caratteristiche<br />
di mungibilità.<br />
Jersey. La razza Jersey, in Italia, ha origini<br />
dall’importazione di un nucleo d’animali<br />
dalla Danimarca nel 1987. (foto 4)<br />
L’interesse verso questi animali nasce<br />
dalle particolari qualità del loro latte, che<br />
ha suscitato e suscita, in misura sempre<br />
maggiore, l’interesse dell’industria. <strong>Il</strong> latte<br />
Jersey consente rese più alte rispetto a<br />
quello d’altre razze maggiormente allevate,<br />
avendo un maggiore e migliore contenuto<br />
in materia utile.<br />
Gli animali dimostrano un’eccezionale<br />
noncuranza a condizioni ambientali climatiche<br />
umide e ventose, non soffrono<br />
l’allevamento in compagnia d’altre razze,<br />
si adattano facilmente alle nuove tecnologie,<br />
ed hanno attitudini alla rusticità del<br />
pascolo anche in montagna. La Jersey è<br />
entrata nella realtà zootecnica italiana di<br />
buona parte delle regioni italiane, sia in<br />
stalle di solo Jersey, sia come “additivo<br />
grasso – proteine” in allevamenti d’altre<br />
razze con problemi di titoli, soprattutto di<br />
Frisone. La produzione media delle Jersey,<br />
in Italia, può raggiungere i 50 quintali a<br />
lattazione di latte con oltre il 5,80 % di<br />
grasso e 4,20% di proteine.
2.0 - <strong>Il</strong> benessere<br />
Le vacche “felici” sono le più sane, più<br />
fertili, più longeve, più produttive (quantità<br />
e qualità) e quindi più efficienti con<br />
soddisfazione, anche economica, dell’allevatore.<br />
Indipendentemente da questi vantaggi,<br />
esiste una direttiva comunitaria la<br />
98/58 recepita con decreto, che regolamenta<br />
il rispetto del benessere degli animali<br />
da reddito. In questa direttiva vengono<br />
stabiliti i doveri dell’allevatore nei confronti<br />
degli animali che detiene e sono<br />
indicati con discreta precisione le attenzioni<br />
che egli deve avere: alimentazione,<br />
personale, ricoveri ecc.. Secondo D. Sauvant<br />
(1994) gli obiettivi delle produzioni<br />
animali nel tempo possono essere così<br />
elencati. Nel 1960 l’obiettivo principale<br />
era la produzione, poi l’efficienza, la qualità<br />
dei prodotti, l’ambiente. Intorno<br />
all’anno 2000 si è iniziato con il benessere<br />
animale, poi seguirà la traccabilità. La<br />
posizione di quegli allevatori che altro<br />
perseguono il massimo profitto, e ad ogni<br />
costo, senza alcun rispetto per la natura e<br />
per il benessere animale è certamente criticabile.<br />
L’uomo, proprio perché in grado<br />
di scelte autonome e intelligenti, ha il<br />
dovere, di esercitare la sua superiorità<br />
secondo la logica del custode della natura<br />
e non del profittatore. Ne consegue che i<br />
diritti degli animali discendono dai doveri<br />
che gli uomini hanno nei confronti della<br />
natura e, l’allevatore deve tenerne conto.<br />
(foto 5)<br />
Esistono un numero elevato di definizioni<br />
di benessere animali, fra cui la più<br />
nota è quella delle cinque libertà (Fawc,<br />
1993), in pratica ogni animale dovrebbe<br />
essere libero:<br />
Da fame sete malnutrizione;<br />
Da condizioni climatiche avverse;<br />
Da dolore, ferite, malattie;<br />
Di esprimere un comportamento<br />
naturale;<br />
Da paura e da stress eccessivo.<br />
L’origine di tali traguardi per gli animali<br />
è verosimilmente l’idealizzazione di<br />
quanto si ritiene accadere in natura per gli<br />
animali selvatici. La realtà, proprio in<br />
natura, è ben diversa giacché esistono in<br />
molti casi difficoltà a trovare alimenti,<br />
acqua, e difendersi dai parassiti. Se ne<br />
deduce che la differenza genetica, l’espe-<br />
Foto 5<br />
Alta Qualità<br />
rienza maturata, può modificare sostanzialmente<br />
la risposta al medesimo stimolo<br />
stressante e possono esserci animali felici e<br />
animali che soffrono.<br />
Vi sono diverse modalità per valutare<br />
lo stato di benessere delle bovine:<br />
Un approccio basato sulle sensazioni<br />
degli animali (dolore, sofferenza, piacere,<br />
eccetera..), ma non è certo da utilizzare<br />
nella pratica; (foto 6)<br />
Un approccio di tipo funzionale, vale a<br />
dire basato sulla buon’espressione delle<br />
principali funzioni biologiche che si con-<br />
Foto 6<br />
83
cretizza nello stato di salute, nella fertilità,<br />
nella longevità, nella mancanza di comportamenti<br />
anomali, in sostanza anche in<br />
una buona produttività (per quantità e<br />
qualità).<br />
Un approccio rivolto a comparare la<br />
realtà con la situazione naturale degli animali.<br />
Un approccio dal più ritenuto rispondente<br />
è quello di valutare:<br />
L’allevamento nel suo complesso:<br />
microclima, edifici, attrezzature, management,<br />
ecc in rapporto alle migliori esigenze<br />
degli animali;<br />
All’alimentazione, vista in termini tali<br />
da coprire le esigenze delle diverse categorie<br />
d’animali senza comprometterne lo<br />
stato di salute;<br />
All’animale stesso e in particolare al<br />
suo aspetto (pelo, stato d’ingrassamento,<br />
presenza di ferite, eccetera), alla diffusione<br />
delle malattie, o anomalie metaboliche,<br />
alla fertilità, alla quantità e qualità del latte,<br />
al comportamento generale (timoroso,<br />
se lecca inutilmente, se rumina, se è<br />
assonnato.<br />
3.0 - La gestione dell’allevamento<br />
L’allevamento delle vacche da latte è<br />
senza dubbio una delle attività più difficili<br />
che oggi si possono intraprendere. L’allevatore<br />
in diversi casi è contemporaneamente,<br />
agricoltore, imprenditore, operaio,<br />
… e deve affrontare ogni giorno problemi<br />
d’organizzazione del lavoro, di scelte tecniche<br />
agronomiche, di commercializzazione<br />
dei prodotti rapporti con i fornitori<br />
e con enti pubblici. Se, non ha una profonda<br />
passione per il proprio lavoro, e,<br />
non unisce la volontà a migliorare appli-<br />
84<br />
Alta Qualità<br />
Foto 7 - L’allevatore molte volte si può trovare smarrito<br />
di fronte a tanti dati. Per gestire correttamente il<br />
proprio allevamento deve iniziare ad utilizzarli e<br />
interpretarli in modo corretto.<br />
cando le tecniche della gestione più corrette,<br />
difficilmente riuscirà ad ottenere<br />
un’impresa zootecnica veramente valida,<br />
al passo coi tempi e in grado di permettere<br />
un utile economico. (foto 7)<br />
E’ convinzione comune di diversi allevatori<br />
che l’alimentazione delle vacche sia<br />
il fattore principale sia fa la differenza tra<br />
una azienda con produzioni per capo elevate<br />
rispetto agli altri. L’alimentazione è<br />
importante, ma non bisogna sottovalutare<br />
gli aspetti della gestione della riproduzione<br />
e produzione. La gestione e organizzazione<br />
della riproduzione di un allevamento<br />
di vacche da latte, l’allevatore può<br />
intervenire, può, fare scelte adeguate alle<br />
necessità dell’allevamento in base al clima,<br />
alla stagione, di conseguenza può intervenire<br />
sulla produttività dell’allevamento e<br />
di conseguenza sulla redditività.<br />
Compito dell’allevatore di vacche da<br />
latte per gestire correttamente l’allevamento<br />
è riuscire ad ottenere le maggiori<br />
produzioni, nella sua realtà aziendale con<br />
il minor sforzo economico. Visto che l’allevamento<br />
è costituito da animali dove<br />
ognuno di loro ha una propria biologia,<br />
una propria genetica, una propria morfologia,<br />
una propria individualità, una propria<br />
fisiologia, compito dell’allevatore è di<br />
ottenere il massimo da ognuna delle sue<br />
vacche. Per ottenere questo è importante<br />
conoscere ciò che avviene in azienda e<br />
tentare di prevedere cosa potrà avvenire<br />
nel breve e medio termine. Diventa indispensabile<br />
una corretta registrazione dei<br />
dati con sistemi attendibili di archiviazioni<br />
ed elaborazioni dove sia possibile effettuare<br />
previsioni sia a breve sia medio e<br />
lungo termine attendibili.<br />
Con i dati di previsioni attendibili, a<br />
disposizione, è possibile fare scelte aziendali,<br />
agronomiche, e di mercato consone<br />
all’azienda. Nell’allevamento di vacche da<br />
latte non è possibile improvvisare. Tutto<br />
deve essere programmato. Chi ha provato<br />
ad avventurarsi in improvvisazioni, si trovato<br />
con problemi e difficoltà.<br />
4.0 - L’autocontrollo<br />
La produzione del latte in Italia ha vissuto<br />
nell’ultimo decennio importanti<br />
cambiamenti che ha coinvolto l’azienda<br />
agricola talvolta in modo talmente radica-
le da comprometterne la sopravvivenza.<br />
La pressione normativa per una gestione<br />
dei pericoli igienico sanitari a livello dell’industria<br />
di trasformazione si estende<br />
progressivamente all’allevamento dal punto<br />
di vista di filiera alimentare “ dal campo<br />
alla tavola”. In questo contesto la redditività<br />
ed il futuro dell’azienda agricola<br />
dipendono dalla capacità di produrre una<br />
materia prima con elevate caratteristiche<br />
igienico – sanitarie e merceologiche in<br />
modo economicamente competitivo. In<br />
altre parole la gestione della stalla deve<br />
ispirarsi ai principi dell’autocontrollo e di<br />
assicurazione della qualità così come già<br />
avvenuto per il caseificio.<br />
In stalla diventa importante conoscere<br />
gli obiettivi reali, di un sistema di gestione<br />
impostato secondo i principi dell’autocontrollo,<br />
al di là degli obblighi di legge o<br />
contrattuali. Obiettivo principale è produrre<br />
latte di elevata qualità, principalmente<br />
igienico sanitaria ma contemporaneamente<br />
anche di composizione. <strong>Il</strong><br />
secondo obiettivo, che comincia a diventare<br />
comune a qualunque sistema di<br />
gestione basato sulla documentazione, è la<br />
codifica delle attività dell’aziendali che<br />
assumono rilevante importanza ai fini della<br />
qualità delle produzioni. <strong>Il</strong> raggiungimento<br />
di tale obiettivo apre in fine le porte<br />
ai successivi, definendo in maniera<br />
chiara e documentata i principi da rispettare<br />
per mantenere da un lato la qualità<br />
raggiunta, obiettivo della costanza di qualità,<br />
ed evidenziando dall’altro, gli ambiti<br />
di miglioramento attraverso l’analisi dei<br />
dati raccolti. Una volta identificati i punti<br />
forti ed i punti deboli dell’allevamento<br />
l’intervento mirato nel ridurre eventuali<br />
sprechi, e nell’ottimizzare le procedure<br />
produttive si tradurrebbe in una maggior<br />
redditività e competitività dell’allevamento<br />
di vacche da latte. L’impostazione di un<br />
sistema documentato di produzione di<br />
latte può successivamente essere utilizzato<br />
per ottenere riconoscimenti di vario livello,<br />
dalla certificazione di processo alla certificazione<br />
di prodotto o di tracciabilità.<br />
Una ipotesi di documentazione per un<br />
allevamento di vacche da latte per il raggiungimento<br />
l’obiettivo “qualità latte”,<br />
potrebbe essere:<br />
– Introduzione, movimentazione, vendita<br />
e controllo sanitario della mandria,<br />
Alta Qualità<br />
– Manutenzione e pulizia ambienti di stabulazione,<br />
– Manutenzione e pulizia delle attrezzature,<br />
– Mungitura<br />
– Alimentazione<br />
– Messa in asciutta,<br />
– Trattamenti in lattazione.<br />
Tali attività sono quelle ritenute generalmente<br />
“determinanti “ per il raggiungimento<br />
dell’obiettivo di prevenire condizioni<br />
che possono diventare critiche per la<br />
salubrità del prodotto.<br />
5.0 - Organizzazione aziendale i<br />
compiti del personale<br />
Ogni impresa, qualsiasi azienda è indispensabile,<br />
anche se a gestione familiare,<br />
predisponga un mansionario con i compiti<br />
e le attività di ogni persona. La predisposizione<br />
del mansionario è ancora più<br />
importante nell’allevamento di vacche da<br />
latte, in quanto oltre ai lavori e le attività<br />
di routine vi sono le attività periodiche o<br />
legate allo stato di salute degli animali. Le<br />
vacche da latte sono esseri viventi, come<br />
tali hanno esigenze straordinarie frequenti<br />
e imprevedibili. Se non ci si organizza<br />
con efficienze, ma si lascia al buon senso<br />
delle singole persone, l’impresa non regge<br />
e i problemi aumenteranno in continuo.<br />
In un allevamento di vacche da latte le<br />
ipotetiche figure professionali con mansioni<br />
tecniche potrebbero essere così identificate:<br />
– Addetti all’alimentazione<br />
– Addetti alle pulizie e lettiere<br />
– Addetti alla mungitura<br />
– Addetti ai vitelli e rimonta<br />
– Addetti alle cure, mascalcia, inseminatore,<br />
parti, osservazione calori<br />
– Imprenditore o Direttore azienda –<br />
amministrazione<br />
In allevamenti di modeste e medie<br />
dimensioni la stessa persona svolge tutte le<br />
mansioni, oppure la stessa persona copre<br />
le attività di diverse figure professionali.<br />
L’allevamento delle vacche da latte è<br />
molto complesso e, se ad ogni persona<br />
non è dettagliato il da farsi, per iscritto,<br />
oggi più di ieri, con l’ingresso in azienda<br />
di persone con scarsa preparazione zootecnica,<br />
molte attività non sono svolte nei<br />
tempi utili e questo porta a perdite eco-<br />
85
nomiche in quanto non si raggiungono gli<br />
obiettivi di qualità e quantità minimi di<br />
sopravvivenza per l’azienda.<br />
Per l’allevamento di vacche da latte è<br />
basilare anche la scelta delle persone.<br />
Devono avere confidenza con gli animali,<br />
devono sapersi avvicinare, non devono<br />
muoversi in modo brusco, non devono<br />
urlare e non devono maltrattarli.<br />
PRIMA PARTE<br />
1.0 - <strong>Il</strong> ciclo biologico<br />
Che cosa è un animale? Dal punto di<br />
vista zootecnico un animale è una macchina<br />
che è impiegata per trasformare<br />
alcuni prodotti in altri più utili all’uomo.<br />
Una vacca da latte è una macchina alla<br />
quale si somministrano alimenti e dalla<br />
quale si ricava latte e carne a non voler<br />
considerare il resto (letame, pelle, ecc). In<br />
che cosa una macchina animale, una vacca,<br />
differisce da una macchina meccanica,<br />
un trattore? Entrambi hanno un<br />
costo, sono soggetti a guasti, la vacca si<br />
ammala e il trattore si rompe la biella, si<br />
consumano, la vacca invecchia, e, quindi<br />
si devono rinnovare; entrambi reagiscono<br />
agli stimoli: premendo il bottone dell’avviamento<br />
il trattore si mette in moto, così<br />
la vacca entrando in sala di mungitura si<br />
dispone e scarica il latte. La differenza<br />
sostanziale e basilare, risiede nel fatto che<br />
la vacca è capace di riprodursi e nel farlo<br />
genera un essere che gli somiglia moltissimo,<br />
una vacca non partorirà mai un<br />
leone o una formica o un pesce, e, se è<br />
bianca e nera darà per la sua parte un<br />
figlio con gli stessi colori del mantello, e,<br />
se produce molto latte tenderà a dare<br />
figlie molto produttive. Un animale non<br />
si moltiplica agamicamente, in altre<br />
parole senza accoppiamento, in altre<br />
parole senza unione del gamete maschile<br />
(spermatozoo) con il femminile (ovulo),<br />
come invece può avvenire in molte piante.<br />
E’ proprio nei gameti che si devono<br />
ricercare i motivi della somiglianza in<br />
parte marcata fra genitori e figli e in<br />
genere tra animali imparentati. Si ha un<br />
nuovo individuo quando un gamete<br />
maschile (spermatozoo) si unisce ad un<br />
gamete femminile (ovulo) formando lo<br />
zigote. Tale unione avviene nel grembo<br />
materno a seguito di un atto fecondativo,<br />
86<br />
Alta Qualità<br />
naturale (accoppiamento), artificiale<br />
(inseminazione strumentale). Nello zigote<br />
è già presente il nuovo individuo che<br />
deriva dall’unione degli spermatozoo del<br />
padre con l’ovulo della madre con i propri<br />
patrimoni genetici.Poiché ogni individuo,<br />
per i nostri scopi (la selezione), è<br />
definibile dei caratteri che presenta, i<br />
genitori sono responsabili dei caratteri<br />
dei figli.<br />
2.0 - Fecondazione<br />
Come sopra esposto l’inizio della nuova<br />
vita è la fecondazione. Possiamo effettuare<br />
le fecondazioni delle vacche in<br />
modo strumentale, oggi è la più praticata,<br />
oppure naturale con l’accoppiamento del<br />
toro alla vacca. La inseminazione artificiale<br />
ha ottimi risultati, quando all’interno<br />
dell’azienda è presente un in seminatore,<br />
appositamente addestrato e con apposito<br />
patentino di autorizzazione. L’inseminatore<br />
aziendale opera sotto la vigilanza di<br />
un medico veterinario. L’addetto alle inseminazioni<br />
deve essere persona presente in<br />
azienda e disponibile anche nei giorni<br />
festivi.<br />
Un allevamento di vacche da latte, di<br />
dimensioni medio grandi, deve avere il<br />
contenitore del seme (bidone) con all’interno<br />
il seme dei tori che si intende utilizzare.<br />
La scelta dei tori da utilizzare sulle<br />
diverse vacche deve essere fatta in base al<br />
loro patrimonio genetico, e, comunque<br />
deve essere il risultato dell’elaborazione dei<br />
dati fatti dalle associazioni nazionali di razza<br />
(piani di accoppiamento). Ogni allevamento<br />
di vacche da latte avrà i propri<br />
obiettivi di miglioramento delle proprie<br />
vacche. Non bisogna però dimenticare,<br />
Foto 8
oggi più di ieri, la qualità del latte, le caratteristiche<br />
morfologiche delle mammelle e<br />
dei capezzoli, nonché la mungibilità.<br />
3.0 - L’inseminazione<br />
La inseminazione strumentale da ottimi<br />
risultati negli allevamenti dove sono<br />
identificati con cura e attenzione i calori e<br />
dove esistono piani di controlli ginecologici<br />
sulle vacche accurati e attenti e effettuati<br />
da medici veterinari specialisti. E’<br />
opportuno valutare con attenzione, la<br />
situazione riproduttiva delle vacche che<br />
dopo tre interventi inseminativi non<br />
rimangono gravide. Con il proprio veterinario,<br />
se i casi sono frequenti, è opportuna<br />
identificare le cause e ricorrere ai rimedi,<br />
ovviamente per vacche di medio valore<br />
genetico. Le future vacche dovrebbero<br />
essere figlie delle migliori vacche della<br />
stalla. (foto 8)<br />
La tendenza della maggior parte degli<br />
allevatori inseminare le manze (frisona)<br />
quando hanno raggiunto i 70% del peso<br />
adulto medio delle vacche presenti in allevamento<br />
circa 420 Kg età 15/16 mesi.Per<br />
ottimizzare la produzione di latte la manza<br />
dopo il primo parto dovrebbe pesare<br />
dal 85 al 90 % del peso che avrà da animale<br />
maturo. Un parametro demografico<br />
molto importante che l’allevatore dovrebbe<br />
sempre tener monitorato nel tempo nel<br />
suo allevamento, è”l’età media al primo<br />
parto”. Detto parametro è di particolare<br />
interesse in quanto influenza la riproduttività,<br />
la produttività e la velocità di<br />
miglioramento. L’età media al primo parto<br />
può essere determinato dall’allevatore.<br />
In merito alla inseminazione delle vacche<br />
è importante fare chiarezza sulla scelta<br />
degli obiettivi aziendali. In base agli<br />
obiettivi scelti si dà una diversa interpretazione<br />
dei dati e parametri relativi alla<br />
riproduzione. Le scelte aziendali possono<br />
essere suddivise in tre categorie:<br />
– L’allevatore che vuole produrre solo latte<br />
“ mandria come unico capo”<br />
– L’allevatore che vuole produrre latte e<br />
un po’ di genetica<br />
– L’allevatore che vuole produrre genetica<br />
e latte “attenzione ad ogni singolo capo”<br />
Ci occuperemo in particolar modo<br />
dell’allevatore che ha scelto di produrre<br />
latte e di qualità, di conseguenza non<br />
accenneremo alle scelte strategiche di chi<br />
ha scelto di produrre genetica, non accenneremo<br />
ai sistemi rapidi di selezione né ai<br />
sistemi di miglioramento genetico. Indicazioni<br />
elementari, per le prime due categorie<br />
di allevatori, è porsi obbiettivi di<br />
miglioramento delle proprie vacche sulla<br />
qualità del latte, morfologia mammella,<br />
mungibilità e non avere problemi al parto,<br />
Una vacca da latte entra in sala di<br />
mungitura due volte al giorno, se ha problemi<br />
alla mammella di conseguenza non<br />
è possibile utilizzare correttamente gli<br />
automatismi di mungitura, diventa a<br />
rischi cellule e mastiti, è un grosso peso da<br />
gestire all’interno dell’allevamento.<br />
4.0 - <strong>Il</strong> calore<br />
Una buona pratica e molto utile per<br />
evitare problemi di fertilità entro 30 giorni<br />
dal parto è opportuno far fare a tutte le<br />
vacche almeno una esplorazione da un<br />
veterinario esperto (cisti, piometrie, involuzione<br />
corretta dell’utero). Se esistono<br />
problemi effettuare quanto indicato dal<br />
veterinario, diversamente si deve osservare<br />
il calore evidente tra i 38/50 giorni dal<br />
parto. <strong>Il</strong> segno più affidabile di calore è la<br />
disponibilità della bovina a farsi montare,<br />
anche se ci sono altri segni che devono<br />
attirare l’attenzione degli allevatori: la vacca<br />
muggisce, è nervosa, scala tentativi di<br />
monta e annusa la vulva delle altre vacche.<br />
E’ importante registrare questo calore in<br />
quanto, il successivo che deve avvenire<br />
dopo 20+-1 giorno è opportuno inseminare<br />
artificialmente. Va ricordato che il<br />
calore dura 12-16 ore e l’ovulazione avviene<br />
14 ore dopo la fine della manifestazione<br />
dell’estro. (foto 9)<br />
Foto 9<br />
Alta Qualità<br />
87
Se dopo 50 giorni dal parto non si è<br />
rilevato il calore di una bovina è opportuno<br />
rifarla visitare dal ginecologo.<br />
In questo periodo curare con molta<br />
attenzione l’alimentazione, è una fase<br />
molto delicata.<br />
Un aspetto sempre più presente nelle<br />
stalle nel ventunesimo secolo, è la difficoltà<br />
nell’identificare i calori. Le cause sono<br />
molteplici, dalla poca presenza di personale<br />
in stalla, personale non qualificato,<br />
locali stalla di pavimentazioni e dimensioni<br />
inadeguate, non ultimi gli aspetti alimentari<br />
legati ai livelli produttivi raggiunti.<br />
L’allevatore che segue la propria stalla<br />
per identificare i calori deve visitare l’allevamento<br />
nei momenti di tranquillità degli<br />
animali almeno tre volte al giorno per 20<br />
minuti: prima delle ore 7, verso le 13, e<br />
dopo le 18. Tutto il personale che lavora<br />
in stalla dovrebbe essere sempre dotato di<br />
un foglio e una biro per registrare le vacche<br />
in calore, zoppe ecc. in qualsiasi<br />
momento della giornata. Queste informazioni<br />
all’addetto alle inseminazioni, permettono<br />
di avere più gravidanze.<br />
Esistono da alcuni anni in commercio<br />
delle apparecchiature più o meno sofisticate<br />
che misurano l’attività delle vacche<br />
all’interno della stalla. Questa attività trasmessa<br />
ad un computer dotato di più o<br />
meno sofisticato software è in grado di<br />
indicare la mobilità della vacca. Abbinata<br />
ad altre informazioni come la produzione<br />
di latte o l’ultimo calore registrato, indica<br />
il calore della vacca. Dove sono stati introdotte<br />
queste apparecchiature si è aumentato<br />
l’identificazione delle vacche in calore e<br />
con un numero maggior di gravidanze.<br />
Se non si rilevano calori su alcune vacche<br />
in collaborazione con il veterinario è<br />
possibile l’attuazione di protocolli ormonali<br />
specifici vi permetterà di evitare una<br />
fecondazione alla ceca.<br />
Per produrre latte di qualità è opportuno<br />
avere la mandria con un numero<br />
medio di giorni di lattazione compreso da<br />
150 a 165 per tutti i mesi dell’anno. Una<br />
buana gestione riproduttiva della mandria<br />
prevede che la prima inseminazione dopo<br />
il parto avvenga il primo calore dopo il<br />
48° giorno dal parto. Solo per quelle vacche<br />
molto produttive, (il 10 % della mandria)<br />
si aspetta il calore successivo per la<br />
prima inseminazione.<br />
88<br />
Alta Qualità<br />
5.0 - La gravidanza<br />
Per avere certezza della gravidanza è<br />
opportuno effettuare la diagnosi. <strong>Il</strong> periodo<br />
ottimale di diagnosi è opportuno concordarlo<br />
con il veterinario aziendale.<br />
Le attenzioni per gli animali gravidi<br />
sono quelli di evitare stress e colpi di qualsiasi<br />
natura, una adeguata e corretta alimentazione.<br />
Per le manze, oltre alla corretta<br />
alimentazione (no gli scarti delle vacche<br />
o il capello dell’insilato) e opportuno un<br />
ambiente e paddock puliti e spaziosi per<br />
potersi muovere. La manza è la futura vacca<br />
di conseguenza bisogna prestare tutte le<br />
attenzioni perché cresca in modo corretto.<br />
L’allevatore deve andare periodicamente<br />
nel box delle manze parlargli, evitare che si<br />
spaventano devono diventare docili e<br />
mansuete. Particolare attenzione al tipo di<br />
lettiera, ai pavimenti per evitare problemi<br />
ai piedi, le condizioni igieniche. Al sesto<br />
mese di gravidanza la manza deve iniziare<br />
a frequentare l’ambiente della stalla delle<br />
vacche da latte. (Foto 10)<br />
Se le dimensioni dell’allevamento permettono<br />
di avere un gruppo di solo primipare<br />
sia come partorienti sia in lattazione è<br />
una ottima soluzione. Se invece la dimensione<br />
dell’allevamento e l’organizzazione<br />
dei gruppi impone che le primipare vadano<br />
nello stesso gruppo delle vacche è<br />
opportuno mettere le manze gravide appena<br />
dopo il 6° mese con il gruppo delle<br />
asciutte. Questo permette loro di ambientarsi,<br />
di ricevere la flora microbica del nuovo<br />
ambiente, evitare stress e colpi dalle<br />
vacche adulte. Fare il possibile per mettere<br />
più manze nello stesso momento con le<br />
asciutte. Alcuni giorni prima della data<br />
prevista del parto è opportuno far passare<br />
manze lasciarle annusare, sia in sala di attesa<br />
sia in sala di mungitura. Questo gli<br />
ridurrà il trauma delle prime mungiture.<br />
Foto 10
6.0 - L’asciutta<br />
La bovina in condizioni fisiche normali<br />
dovrebbe essere messa in asciutta tra<br />
212 e 218 giorni di gravidanza. Una bovina<br />
magra tra 205 e 212. Una bovina a bassa<br />
produzione tra 200 e 206. Le bovine<br />
grasse si possono mungere oltre i 218<br />
giorni di gravidanza.<br />
Un periodo di asciutta troppo corto<br />
determina una bassa qualità del colostro.<br />
Dati indicativi ottimali, della percentuale<br />
delle vacche in asciutta in un allevamento,<br />
il 5% della mandria dovrebbe avere una<br />
asciutta inferiore ai 40 giorni, il 90% della<br />
mandria dovrebbe avere una asciutta<br />
compresa tra 41 e 69 giorni e solo il 5 %<br />
dovrebbe avere una asciutta superiore a 70<br />
giorni.<br />
Le vacche in condizioni fisiche normali<br />
14/16 giorni, primipare 14/21 giorni<br />
(in funzione del BCS), per le vacche<br />
magre 14/21 giorni, per le vacche grasse<br />
4/6 giorni.<br />
<strong>Il</strong> sistema e il metodo di mettere in<br />
asciutta le vacche è opportuno parlarne<br />
con il proprio veterinario, in quanto i fattori<br />
che intervengono sono diversi e allevamento<br />
per allevamento va scelto il sistema<br />
più appropriato.<br />
Non bisogna dimenticare che alla vacca<br />
dobbiamo dare segnali chiari e precisi.<br />
Perciò diventa basilare non dimenticare<br />
quanto segue:<br />
La vacca che produce oltre 20 Kg di<br />
latte è opportuno metterla per alcuni giorni<br />
(5/7 giorni) prima della messa in<br />
asciutta, a dieta (no concentrati) meglio se<br />
in un box a parte o con le asciutte, in<br />
modo che la produzione tenda a calare,<br />
continuando a mungerla due volte al giorno<br />
<strong>Il</strong> giorno della messa in asciutta, mungerla<br />
a fondo, controllando bene la mammella,<br />
che non rimanga latte<br />
Pulire e disinfettare i capezzoli e con la<br />
massima igiene introdurre nel capezzolo,<br />
il prodotto consigliato dal veterinario per<br />
asciutte<br />
Prendere i capezzoli, uno per volta con<br />
due dita chiudere lo sfintere e con l’altra<br />
mano massaggiare per almeno tre minuti<br />
dal basso verso l’alto<br />
Mettere il post dipping o meglio quei<br />
prodotti filmanti per asciutta<br />
Rimettere la vacca nel box asciutta e<br />
andare a verificare dopo 4/5 giorni lo stato<br />
della mammella.<br />
Nel periodo di asciutta della vacca,<br />
come il periodo pre-parto curare con molta<br />
attenzione l’alimentazione adeguata e<br />
bilanciata.<br />
7.0 <strong>Il</strong> parto<br />
Alta Qualità<br />
L’evento di un parto è molto importante,<br />
in quanto è il momento “ della vita”<br />
dove si costruisce il futuro dell’allevamento,<br />
come rimonta che produzione di latte.<br />
E’ importante la presenza dell’uomo sia<br />
per la vacca sia il vitello. L’avvicinarsi del<br />
parto l’operatore se deve accorgere il<br />
quanto sulla vacca, oltre al rigonfiamento<br />
della mammella, si notano arrossamenti e<br />
rigonfiamenti delle labbra vulvari, rilassamento<br />
dei legamenti che si estendono dalle<br />
vertebre caudali alle punte ischiatiche,<br />
dalla vulva fuoriesce filamento vischioso,<br />
irrequietezza. (foto 11)<br />
Prima che il parto abbia luogo la bovina<br />
deve essere messa in un box della stalla,<br />
isolata che potrebbe essere definita<br />
“sala parto”. In diverse realtà aziendali le<br />
vacche partoriscono nello stesso box delle<br />
asciutte. I rischi di mortalità sono superiori.<br />
La sala parto deve essere un box con<br />
Foto 11 - Curare il vitello appena nato. In alto: accurata<br />
pulizia del cordone ombelicale; sopra: disinfettare<br />
il cordone ombelicale.<br />
89
tanta paglia pulita di superficie tale che la<br />
vacca possa avere libertà di movimento. <strong>Il</strong><br />
box deve essere attrezzato con armadietto<br />
disinfettanti, saponi, e medicinali per le<br />
prime cure al vitello, cordino da tiro e un<br />
rotolo di carta per asciugarsi e pulire le<br />
mani.<br />
<strong>Il</strong> (La) vitello (a) è un giovane organismo<br />
debole e indifeso al quale si debbono<br />
prestare le massime cure per assicurargli<br />
la migliore crescita. (rimando a testi specifici<br />
le cure e le tecniche corrette per il<br />
vitello appena nato). In un allevamento<br />
ben condotto e dove si è attenti ai parti,<br />
la perdita di vitelli dovrebbe rimanere al<br />
di sotto del 5%. L’ottimale per il vitello<br />
sarebbe poterlo lasciare con la madre<br />
almeno per qualche ora così può prendere<br />
al più presto il colostro.In genere, si<br />
tende a somministrare una quantità di<br />
colostro pari al 5-6% del peso vivo del<br />
vitello entro le prime sei ore di vita, o il<br />
10-12% entro le 24 ore. Vitelli di media<br />
o grande taglia dovrebbero ricevere<br />
rispettivamente 1,5 –2 litri di colostro,<br />
con il primo pasto, e continuare ad assumerlo<br />
per i primi tre – quattro giorni di<br />
vita due volte al giorno. Un aspetto<br />
importante è quello igienico: il colostro<br />
assunto direttamente dalla bovina può<br />
essere contaminato da batteri tra i quali<br />
E.coli, che sono assorbiti a livello intestinale<br />
da parte del vitello con seri problemi.<br />
Al momento del parto preoccuparsi<br />
anche della vacca (foto 12). È un momento<br />
di stress, di conseguenza è opportuno<br />
predisporre con l’alimentarista aziendale<br />
una integrazione particolare, per rimettere<br />
in moto il rumine senza razioni eccessivamente<br />
acidogene e garantire un apporto<br />
di energia by-pass elevato.<br />
90<br />
Alta Qualità<br />
Foto 12 - <strong>Il</strong> veterinario dovrebbe eseguire una visita<br />
post partum per assicurarsi che non ci siano lesioni<br />
interne<br />
8.0 La vitella<br />
Nell’allevamento di vacche da latte<br />
però, dobbiamo fare delle considerazioni<br />
in quanto le vitelle saranno le future vacche,<br />
di conseguenza dobbiamo evitare che<br />
eventuali germi contagiosi dalla madre<br />
possano essere trasmessi alla figlia. (foto<br />
13) Sempre più allevatori, per essere certi<br />
di poter produrre latte di qualità, e per<br />
arrivare a non avere in stalla vacche con<br />
microrganismi contagiosi (aureus, agalactiae…)<br />
e con cellule elevate, già dalla<br />
nascita del vitello adottano le seguenti<br />
procedure:<br />
Se all’interno dell’allevamento sono<br />
presenti vacche con aureus o agalactiae è<br />
opportuno evitare che le figlie delle vacche<br />
infette prendano il colostro dalle<br />
madri. In questi casi è opportuno che l’azienda<br />
si organizzi con la banca del colostro.<br />
In pratica il colostro in surplus delle<br />
vacche sane è conservato a uno – 2° C per<br />
una settimana, oppure congelato a – 20°<br />
C per un anno in bottiglie da uno – 2 litri.<br />
Al momento dell’utilizzo si scongela lentamente<br />
con acqua < 50°C evitare il surriscaldamento<br />
e si porta alla temperatura di<br />
36/ 37°C per l’utilizzo. I vitelli maschi<br />
possono bere il colostro direttamente dal-<br />
Foto 13 - Somministrazione del colostro subito dopo<br />
la nascita, appena il vitello è in grado di assumerlo<br />
Foto 14 - Stoccaggio del colostro congelato in bottiglie<br />
o buste di nylon con data e numero della vacca
la madre anche se con contagiosi, perciò<br />
possono rimanere con la madre almeno 4/<br />
6 ore. (foto 14)<br />
Se all’interno dell’allevamento non ci<br />
sono vacche con contagiosi, meglio se i<br />
vitelli sia femmine sia maschi possono<br />
rimanere 4 / 6 ore con la madre a prendere<br />
al più presto il colostro.<br />
<strong>Il</strong> (La) vitello (a), una volta separato<br />
dalla madre, è condotto in una area appositamente<br />
adibita alla sua stabulazione.<br />
Particolare attenzione è rivolta alla “sanitizzazione”<br />
dell’ambiente prima dell’introduzione<br />
del neonato, e, alla pulizia e alla<br />
disinfezione delle attrezzature utilizzate<br />
per la somministrazione dell’alimento. I<br />
residui di feci ed urine che si sono accumulati<br />
nel ciclo precedente e che non<br />
sono adeguatamente rimossi costituiscono<br />
una fonte di patogeni per l’apparato digerente<br />
e respiratorio.<br />
<strong>Il</strong> vitello neonato è consigliabile metterlo<br />
in box singoli opportunamente progettati<br />
e predisposti, meglio se i luoghi<br />
fuori dalla stalla e con pavimenti lavabili.<br />
(foto 15)<br />
Alla vitella, la futura vacca, è opportuno<br />
effettuare controlli e interventi chirurgici<br />
Se esistono capezzoli soprannumerari,<br />
è opportuno toglierli con i corretti sistemi<br />
appena dopo la nascita. Mentre la decorazione<br />
va fatta tra la seconda e sesta settimana<br />
con un normale brucia corna. Se si<br />
utilizzano stick e pastiglie caustiche in<br />
genere provocano maggior disagio dei 15<br />
s del brucia - corna. <strong>Il</strong> (la) vitello (a) appe-<br />
Foto 15 - Allattatrice per vitelli<br />
Alta Qualità<br />
na dopo la nascita va identificato con<br />
metodi temporanei o permanenti per<br />
mezzo di targhette applicate all’orecchio,<br />
catenelle, collari, strisce sugli arti, con<br />
inchiostro sulla cute. L’identificazione<br />
permanente prevede il tatuaggio, marchiatura<br />
sulla pelle a caldo o a freddo, chimiche,<br />
fotografie, impianto di microchip<br />
a livello sottocutaneo, bolo.<br />
E’ indispensabile registrare i dati relativi<br />
al vitello compilando apposite schede.<br />
Alle vitelle, future vacche da latte, è<br />
opportuno che il personale durante la distribuzione<br />
dell’alimento tocchi, accarezzi,<br />
parli con tono calmo, porre le dita per<br />
succhiare, sono associati a minori manifestazione<br />
di timore. Importante che siano<br />
sempre le stesse persone ad occuparsi dei<br />
vitelli, meglio le donne, poiché la presenza<br />
di sconosciuti innalza il livello di ansia.<br />
Come già detto i vitelli devono essere<br />
tenuti in ambienti diversi rispetto a quelli<br />
che ospitano le lattifere al fine di evitare il<br />
diffondersi di diarree da coliformi e da<br />
non deprimerne l’accrescimento. Le soluzioni<br />
di stabulazione ottimali per i vitelli<br />
sono:<br />
Fino a 30-45 giorni di età collocazione<br />
in box singolo, o in apposito locale pulito,<br />
meglio all’esterno riparato dalle correnti<br />
di aria, vento e pioggia. I box devono essere<br />
dotati di abbeveratoi e mangiatoia.<br />
Da 30-45 giorni fino a sei mesi in box<br />
collettivo.<br />
La manzetta di 300 Kg box a lettiera<br />
permanente meglio se anche il paddock<br />
per aumentare il movimento.La manza da<br />
450 Kg box a lettiera permanente con<br />
zona di riposo distinta da quella di alimentazione,<br />
con paddock per mantenere<br />
il movimento. Se da vacca vanno su cuccette,<br />
meglio abituarle in questa fase con<br />
cuccette adeguate.<br />
Tutta la rimonta deve avere ambienti<br />
puliti, acqua potabile e pulita a volontà.<br />
Oltre a una corretta alimentazione<br />
bisogna seguire l’incremento giornaliero<br />
(dai 550 ai 750 grammi giorno) e prestare<br />
attenzione a qualche soggetto con vizi<br />
(succhiare) che possa compromettere la<br />
futura vacca. Mantenere osservato i calori<br />
e registrarli per scegliere il momento più<br />
corretto per la inseminazione.<br />
A titolo esemplificativo e perché sia<br />
argomento di discussione si riporta un<br />
91
semplice calcolo delle esigenze in capi di<br />
rimonta di un allevamento di 100 vacche<br />
in produzione e con rimonta interna. Nell’esempio<br />
seguente si sono considerate<br />
Percentuali di aumento del 15%<br />
Per le manze e del 20% per le vitelle<br />
Interparto medio = 390<br />
Numero medio parti/vacca per anno<br />
=365/390 =0.94<br />
Numero medio parti/vacca per carriera<br />
= 3,5<br />
Quota media di rimonta = (0.94X<br />
100) /3,5 = 27%<br />
Vacche riformate per anno = 27<br />
Fabbisogno manze da 12 a 29 mesi =<br />
27x 1,15 =31<br />
Fabbisogno vitelle manzette da zero –<br />
12 mesi = 31x 1,2 = 37<br />
L’allevatore attento e diligente (tranne<br />
per fatti eccezionali o straordinari),<br />
dovrebbe essere in grado di avere la<br />
rimonta interna con la possibilità di selezionare<br />
(eliminare le vacche problema)<br />
senza dover attingere con frequenza dal<br />
mercato. Diventa importante riuscire a<br />
prevenire e programmare il futuro. Meglio<br />
acquistare vitelle o manzette che vacche in<br />
lattazione.<br />
9.0 Organizzazione aziendale<br />
Quando è possibile sia nei medi sia<br />
grandi allevamenti di vacche da latte,<br />
poter suddividere le diverse categorie di<br />
animali in due grandi categorie:<br />
La rimonta suddivisa in:<br />
Vitelle fino a 50 giorni<br />
Vitelle da 50 giorni a sei mesi<br />
Manzette da sei mesi circa 330 Kg<br />
Manze da oltre 330 kg a 450 kg<br />
Manze gravide<br />
Le vacche suddivise in:<br />
Asciutte (tre gruppi)<br />
In lattazione almeno tre gruppi (fresche,<br />
gravide, fine lattazione)<br />
Gli allevamento di dimensioni medio<br />
– grande è opportuno creare il gruppo<br />
delle primipare<br />
Le vacche con determinati problemi<br />
sanitari, alla mammella, o, in cura è<br />
opportuno che siano raggruppate in un<br />
gruppo a parte e che entrino in sala di<br />
mungitura per ultime. (vedi <strong>manuale</strong> del<br />
mungitore “<strong>Granlatte</strong>”). (foto 16)<br />
Queste sono indicazioni di massima in<br />
92<br />
Alta Qualità<br />
Foto 16<br />
quanto la suddivisione in gruppi delle<br />
vacche è legata a diversi fattori, in particolare<br />
alla disposizione e superficie dei locali<br />
stalla, alla tecniche di alimentazione<br />
all’impostazione dell’allevamento. Se la<br />
suddivisione delle vacche in funzione del<br />
loro stato di lattazione e in gruppi di alimentazione,<br />
ne esalta la produzione individuale,<br />
ma è necessario una maggiore<br />
attenzione e maggior lavoro per spostare<br />
le vacche da un gruppo all’altro. I cancelli<br />
separatori che possono essere introdotti<br />
all’uscita della sala di mungitura sono un<br />
valido aiuto per chi deve movimentare le<br />
vacche.<br />
La suddivisione in gruppi delle vacche,<br />
oltre a tenere come riferimento di base lo<br />
stato di lattazione e le esigenze alimentari,<br />
nelle stalle dove sono presenti vacche con<br />
microrganismi contagiosi nel latte<br />
(Aureus e Agalactiae), e che intendono<br />
risanare l’allevamento, devono avere il<br />
gruppo delle infette (queste problematiche<br />
sono state ampiamente trattate nel<br />
“<strong>manuale</strong> del mungitore” pubblicato da<br />
<strong>Granlatte</strong>).<br />
Una attenzione particolare va riservata<br />
alle primipare, almeno fino all’ingravidamento,<br />
cioè tenerle in un gruppo a parte.La<br />
primipara è meno stressata, non va
in competizione, con le altre vacche, perché<br />
è rimasta con le stesse compagne con<br />
cui aveva già stabilito una gerarchia di<br />
mandria fin dai box delle manze, mangiano<br />
di più, si riducono i problemi di chetosi<br />
a tutto vantaggio della fertilità.<br />
Al fine di evitare lo stress alle vacche<br />
da latte è importante organizzare le visite<br />
del veterinario in modo tale da evitare che<br />
le vacche rimangono bloccate per diverse<br />
ore in piedi in rastrelliera senza avere la<br />
possibilità di poter andare a bere. Questo<br />
episodio, abbastanza frequente, si evidenzia<br />
in diverse stalle. Per porre rimedio<br />
bisogna concordare la presenza del veterinario<br />
in azienda ad orari stabiliti, in cui le<br />
vacche sono ad alimentarsi in rastrelliera.<br />
SECONDA PARTE<br />
1.0 Le patologie podali<br />
Le patologie podali costituiscono un<br />
notevole problema economico all’interno<br />
dell’azienda di vacche da latte, poiché<br />
determina la riduzione di produzione, latte<br />
di scarsa qualità, con aumento di cellule<br />
e mastiti, sino all’eliminazione e il<br />
deprezzamento a volte totale degli animali.<br />
Oltretutto le sindromi riguardano spesso<br />
gli animali appena entrati in produzione,<br />
limitando quindi la potenzialità produttiva<br />
dell’intero allevamento. Se le cause<br />
delle patologie podali sono molteplici, i<br />
fattori predisponenti sono più ristretti; tra<br />
questi principalmente s’individuano il<br />
tipo di pavimentazione, la tipologia di<br />
stabulazione; il pareggio funzionale, non<br />
fatto o malfatto; fattori alimentari collegati<br />
a mancanze, soprattutto minerali, vitaminiche<br />
e ammino-acidi oppure squilibri<br />
a livello di salubrità delle proteine, dei<br />
carboidrati e della fibra. La presenza d’aflatossine,<br />
micotossine, nei prodotti utilizzati<br />
per l’alimentazione anche in quantità<br />
ammesse, portano a problemi podali alle<br />
vacche. (foto 17)<br />
Le lettiere sovraccariche e umide,<br />
come le corsie bagnate costringono lo zoccolo<br />
a rimanere continuamente nell’umidità<br />
per questo diventano limitato il suo<br />
indurimento. (foto 18)<br />
Le cause predisponenti e dirette legate<br />
all’alimentazione possono così elencarle:<br />
– Alimenti altamente fermentescibili;<br />
– Amidi e zuccheri in eccesso e sbilanciati;<br />
– Proteine in eccesso e sbilanciate;<br />
– L’acidosi;<br />
– La chetosi;<br />
– Le razioni povere di fibra a lenta fermentazione<br />
– L’ingestione di sostanze tossiche vegetali<br />
(tossine) e chimiche (conservanti<br />
pesticidi);<br />
La presenza delle problematiche sopra<br />
esposte richiede interventi particolari da<br />
parte dell’alimentarista che oltre a correggere<br />
la razione e a conoscere meglio la<br />
qualità dei prodotti oltre ad imporre i<br />
metodi corretti di distribuzione degli alimenti,<br />
deve intervenire con un maggior<br />
utilizzo di tamponi (bicarbonato di sodio,<br />
carbonato di calcio, ossido di magnesio,<br />
acetati, propinati e lieviti) e alti dosaggi<br />
d’elementi ad azione sequestrante (bentonite,<br />
sepiolite, zeoliti, estratti di jucca, alla<br />
presenza d’alimenti contaminati da tossi-<br />
Foto 17<br />
Foto 18<br />
Alta Qualità<br />
93
ne, oppure alte concentrazioni d’azoto<br />
ammoniacale.<br />
Le cause predisponenti, l’acidosi cronica,<br />
la sindrome della vacca grassa e vacca<br />
magra, gli squilibri alimentari, le mancanze<br />
di vitamina A, Zinco, Rame, errato<br />
rapporto Ca/P, accadono sintomatologie<br />
de d’immunodepressione e alla predisposizione<br />
all’attacco dei batteri.<br />
Responsabili delle lesioni ai tessuti<br />
molli e al cheratogeno. Queste problematiche<br />
si risolvono correggendo la razione<br />
nei momenti di stress.<br />
Un grosso aiuto, sia come prevenzione<br />
sia cura, è l’effettuazione di routine di<br />
bagni podalici con prodotti disinfettanti e<br />
indurenti. Esistono in commercio prodotti<br />
opportunamente formulati. Una soluzione<br />
di solfato di rame al 5%, o di formalina<br />
al 5% una volta la settimana<br />
garantisce la giusta consistenza dei tessuti<br />
degli zoccoli. I bagni podali, vanno fatti<br />
con un certo metodo. La soluzione disinfettante<br />
deve essere pulita (80 litri, 50 passaggi).<br />
In base alla capacità della vasca si<br />
calcolano i passaggi. Non serve far passare<br />
le vacche in una soluzione sporca e per più<br />
giorni. Meglio un solo passaggio quando<br />
ancora la soluzione provvista di disinfettante<br />
possa arrivare ai tessuti del piede, è<br />
sbagliato far passare le vacche nella vasca,<br />
quando la soluzione è eccessivamente<br />
inquinata. L’assenza, del lavapiedi in sala<br />
d’attesa e la presenza di grigliato nelle corsie<br />
può portare ad avere sullo zoccolo uno<br />
strato secco impenetrabile dalla soluzione<br />
disinfettante di sterco secco.<br />
In queste condizioni i bagni podali<br />
non hanno risultato se non si ammorbidisce<br />
lo strato di sostanza organica.<br />
Per le stabulazioni fisse come in sala di<br />
mungitura per i piccoli allevamenti è possibile<br />
disinfettare gli zoccoli, irrorandoli<br />
con l’utilizzo di pompe a spalla con le soluzioni<br />
sopra citate.<br />
<strong>Il</strong> piede della bovina ha solo quattro<br />
ossa per piede protette da tessuto corneale,<br />
simile a quello delle unghie umane. I<br />
movimenti bruschi sono ammortizzati da<br />
tessuti molli, i tendini, e i muscoli e dalle<br />
articolazioni delle ossa. La pianta del piede<br />
leggermente arcuata e l’unghione, hanno<br />
la funzione di ammortizzare e togliere la<br />
pressione dai tessuti duri.<br />
Noi dobbiamo cercare di eliminare le<br />
94<br />
Alta Qualità<br />
eccedenze di corno, ristabilire l’equilibrio<br />
tra i due unghioni e riportare il piede ad<br />
una forma che rientri nella gamma cosiddetta<br />
“normale”, sperando che la bovina<br />
possa adattare la sua andatura ad uno<br />
schema meno doloroso. La maggior parte<br />
dei problemi ai piedi sono dovute alle<br />
lesioni che si verificano sul corno dell’unghione,<br />
dovute a cause infiammatorie,<br />
tranne le dermatiti.<br />
Per verificare i problemi ai piedi è<br />
opportuno è quello di riconoscere le anomalie:<br />
– Le lesioni al corno dell’unghione possono<br />
includere la colorazione gialla della<br />
suola<br />
– La separazione della linea bianca<br />
– L’emorragia della suola<br />
– Le ulcere della suola<br />
– L’erosione del tallone<br />
– L’increspatura orizzontali della parete<br />
dell’unghione<br />
– La doppia suola<br />
– Le laminiti<br />
Per avere sempre vacche da latte non<br />
stressate e che con maggiore facilità producono<br />
latte di qualità e in quantità, è<br />
opportuno intervenire in prevenzione.<br />
Diventa importante provvedere al pareggio<br />
funzionale almeno due volte all’anno. I<br />
periodi consigliati sono in prossimità della<br />
messa in asciutta, dove si effettua l’intervento<br />
più importante e significativo. <strong>Il</strong><br />
secondo intervento di pareggio funzionale,<br />
per correggere eventuali errori commessi<br />
nell’intervento precedente, e, per affinare<br />
correzioni necessarie nei primi venti giorni<br />
successivi al parto.<br />
<strong>Il</strong> pareggio funzionale deve essere effettuato<br />
da personale qualificato, deve conoscere<br />
il piede.<br />
Nella scelta della nuova stalla valutate<br />
il tipo di pavimento adeguato per le vostre<br />
vacche.<br />
2.0 - Body Condition Score (BCS)<br />
negli allevamenti di vacche da<br />
latte<br />
<strong>Il</strong> Body Condition Score (BCS) è una<br />
misura soggettiva delle riserve corporee di<br />
grasso.<br />
Le vacche sono valutate con sistemi<br />
che esprimono un punteggio che copre
una scala che va da uno a cinque. Una vacca<br />
con BCS=1 è considerata smunta, patita,<br />
emaciata, con BCS=2 è magra, con<br />
BCS=3 è in media, con BCS=4 è grassa,<br />
con BCS=5 è da considerare obesa.<br />
Questa scala è ulteriormente suddivisa<br />
in quarti di punto.<br />
Sulla ripetibilità del BCS esistono alcuni<br />
dubbi in quanto essendo una valutazione<br />
soggettiva, il punteggio può variare in<br />
funzione dell’operatore. Diversi ricercatori<br />
hanno individuato che un punto di differenza<br />
nel BCS, può essere equivalente a 56<br />
Kg di peso.<br />
<strong>Il</strong> punteggio BCS ottimale per una<br />
vacca al parto dovrebbe essere tra 3 e 3,5.<br />
Per l’allevatore di vacche per produrre<br />
latte di qualità superiore deve seguire<br />
costantemente la mandria e deve aver presente<br />
costantemente le condizioni corporee.<br />
<strong>Il</strong> BCS e un sistema di punteggiatura<br />
riconosciuto tra tecnici ed è di valido aiuto<br />
se realizzato con metodo. Altro sistema<br />
oggi in uso in diverse aziende è la pesatura<br />
delle vacche. Diventa importante, trovare<br />
il tempo per analizzare e interpretare i dati.<br />
Se si rilevano dati e poi non si trova il tempo<br />
per interpretarli, per decidere le soluzioni<br />
a i problemi. Si sono fatti investimenti<br />
in tecnologie che non portano nessun<br />
vantaggio.<br />
L’interpretazione del punteggio del<br />
peso corporeo delle vacche all’interno della<br />
mandria può essere visto in diverse prospettive.<br />
Una prima prospettiva, può essere data<br />
dal cambiamento di condizioni a seconda<br />
dello stadio di lattazione. Una seconda<br />
prospettiva da una condizione corporea<br />
della mandria in questo mese rispetto a<br />
quella del mese precedente. Una terza prospettiva<br />
si riferisce al confronto tra diversi<br />
gruppi di animali della stessa azienda. La<br />
differente condizione corporea, tra un<br />
gruppo e l’altro, può essere un riflesso dello<br />
stadio di lattazione e dal criterio secondo<br />
il quale sono costituiti i gruppi.<br />
Per ogni singolo animale la condizione<br />
corporea può essere seguita dall’asciutta e<br />
quindi attraverso la lattazione. Per avere<br />
maggiori dettagli sul BCS si rimanda a<br />
James D. Ferguson University of Pennsylvania;<br />
School of Veterinary Medicine “<br />
Introduzione di un programma di control-<br />
lo del Body Condition Score negli allevamenti<br />
di vacche da latte”.<br />
3.0 - I dati negli allevamenti di<br />
vacche da latte<br />
L’imprenditore zootecnico, più degli<br />
altri imprenditori, ha bisogno di avere<br />
informazioni sulle vacche del proprio<br />
allevamento per valutare, prevedere,<br />
gestire e decidere le scelte. L’allevatore di<br />
vacche da latte, rispetto ad altri imprenditori,<br />
ha bisogno di maggior dati. L’allevatore<br />
opera con animali, che hanno un<br />
loro ciclo biologico, per avere un vacca<br />
che produca latte dalla fecondazione della<br />
madre passano oltre 30 mesi. Gli<br />
imprenditori dell’industria o del commercio<br />
per produrre o commercializzare<br />
un bene non devono attendere così tanto<br />
tempo. L’allevatore ha a che fare con essere<br />
viventi, dove le variabili che intervengono<br />
sono certamente superiori, rispetto<br />
ad un progetto per la fabbricazione di un<br />
bene o alla programmazione di una macchina.<br />
(foto 19)<br />
L’attività zootecnica, quindi, consiste<br />
nell’utilizzazione degli animali quali mezzo<br />
per la trasformazione di alcuni prodotti<br />
in altri più consoni alle necessità dell’uomo.<br />
L’animale impegnato in produzioni<br />
zootecniche latte carne uova, eccetera,<br />
può essere visto come una vera e propria<br />
macchina, il cui rendimento deve<br />
essere ottimizzato.<br />
La vacca si differenzia di una qualunque<br />
altra macchina per almeno due aspetti<br />
essenziali. <strong>Il</strong> primo, la vacca non è un<br />
prodotto di serie, (nessuna vacca è uguale<br />
Foto 19<br />
Alta Qualità<br />
95
ad un’altra), la vacca ha la capacità di<br />
riprodursi e quindi di protrarsi nel tempo.<br />
Questa ultima caratteristica rende possibile<br />
il perfezionamento sia naturale sia con<br />
l’intervento dell’uomo. L’uomo, quindi,<br />
allevatori tecnici, ricercatori, con le loro<br />
scelte, possono ottimizzarne il rendimento<br />
e perfezionarle secondo le esigenze produttive.<br />
All’allevatore, nasce quindi l’esigenza<br />
di effettuare scelte le più appropriate possibili<br />
per il proprio allevamento di vacche<br />
da latte. Le scelte meno avventurose sono<br />
quelle risultanti dal frutto di esperienze e<br />
conoscenze precedenti. Ecco la necessità<br />
di avere in ogni allevamento dati storici<br />
per analizzare ciò che è avvenuto e in base<br />
a determinati criteri statistici analizzare e<br />
prevedere ciò che potrà avvenire a breve a<br />
medio e lungo termine.<br />
In questi ultimi tempi un valido aiuto<br />
agli allevatori sia di piccola sia grande<br />
dimensione aziendale, la stà dando l’informatica<br />
con personal computer di costi<br />
accessibili e facili da utilizzare, con eventuali<br />
palmari, per raccogliere e verificare i<br />
dati direttamente in stalla in mezzo agli<br />
animali. I software disponibili sono diversi,<br />
al momento dell’acquisto è importante<br />
conoscerne l’analisi e quello che realmente<br />
fanno. In molti casi sono solo degli<br />
archivi e non fanno nessuna elaborazione.<br />
Molti di questi programmi sono stati realizzati<br />
all’estero e i termini utilizzati nelle<br />
traduzioni non permettono di capire correttamente<br />
il significato.<br />
Le aziende di vacche da latte sprovviste<br />
di computer aziendale, possono avere i<br />
dati elaborati sottoponendo il proprio<br />
allevamento ai controlli della produttività<br />
e iscrizione dei soggetti ai libri genealogici.<br />
In questo secondo caso l’allevatore<br />
dovrà organizzarsi per registrare a mano<br />
su registri gli eventi che si verificano nel<br />
periodo dell’intercontrollo e attendere l’elaborazione.<br />
L’allevatore non solo deve alimentare e<br />
mungere le vacche, ma deve dedicare tempo<br />
alla registrazione dei dati, elaborarli e<br />
interpretali per fare scelte le meno avventurose<br />
possibili. Ogni tanto deve fermarsi<br />
a ragionare per scegliere.<br />
Le registrazioni che l’allevatore deve<br />
fare per ogni singola vacca e manza in età<br />
fertile, o con sistemi manuali o con stru-<br />
96<br />
Alta Qualità<br />
menti automatici per permettere successive<br />
elaborazioni possono così essere identificate:<br />
– Data parto con identificazione figlio/a<br />
– Body Condition Score (BCS) (secondo<br />
il criterio scelto)<br />
– Visite ginecologiche<br />
– Calori sia delle vacche sia delle manze<br />
– Inseminazioni sia delle vacche sia delle<br />
manze con data e toro<br />
– Diagnosi di gravidanza positive / negative<br />
– Produzione di latte giornaliera o mensile<br />
– Grasso e proteine del latte<br />
– Cellule<br />
– Soggetti venduti con la causa di eliminazione<br />
– Soggetti acquistati<br />
– Malattie<br />
– Riepilogo analisi latte di massa<br />
– Scheda con data di nascita genealogia<br />
valutazioni morfologiche e indici genetici<br />
– Scheda riproduttiva riepilogativa<br />
– Scheda produttiva riepilogativa<br />
– Scheda sanitaria<br />
– Scheda manzette con valutazioni<br />
– Eventi stalla straordinari<br />
Registrando con metodo o su supporto<br />
cartaceo per poi passarli ad un centro<br />
per l’elaborazione oppure registrare direttamente<br />
sul proprio computer è possibile<br />
mantenere monitorato l’andamento dell’allevamento.<br />
Di seguito cerchiamo di<br />
dare alcune indicazioni del significato dei<br />
dati essenziali per gestire un allevamento<br />
di vacche da latte.<br />
– L’età al primo parto<br />
– L’età al parto<br />
Sono informazioni utili per verificare<br />
se sono entro i valori programmati e di<br />
confronto con le altre aziende. Valori soddisfacenti<br />
sono 26 +- due mesi al primo<br />
parto, più tredici mesi per ogni parto successivo;<br />
– Numero medio lattazione, indicano se<br />
la mandria in produzione è giovane o<br />
vecchia, valore indicativo ottimale 2,8-<br />
3,0<br />
– Numero medio giorni di lattazione,<br />
l’ottimale da 150 a 165 giorni. Valori<br />
superiori indicano vacche che si mungono<br />
da tanto tempo, presenza di un<br />
numero maggiore di cellule.
4.0 - I dati produttivi<br />
I dati quantitativi di latte, come la<br />
percentuale di grasso e proteina deve essere<br />
analizzato con particolare attenzione.<br />
Oltre alla quantità, come valore assoluto,<br />
è legata a fattori genetici, alimentari,<br />
ambientale eccetera, è importante seguire<br />
la curva di lattazione di ogni singola vacca<br />
o di un gruppo di vacche. <strong>Il</strong> latte prodotto<br />
nei primi 100 giorni di lattazione, da<br />
101 a 240, quando avviene il picco massimo<br />
di produzione dopo il parto, la persistenza<br />
della produzione, il calo di produzione<br />
giornaliero, la quantità di latte prodotta<br />
al momento dell’asciutta, sono tutte<br />
informazioni che permettono all’allevatore<br />
di capire quali errori stà commettendo<br />
nella gestione del suo allevamento.<br />
Per aiutare a comprendere meglio le<br />
informazioni sopra esposte esistono dei<br />
programmi che in automatico esprimono<br />
queste informazioni produttive. Mi riferisco<br />
alla previsione di latte prodotto a 305<br />
giorni di lattazione, che in anticipo considerando<br />
i fattori ambientali che possono<br />
interferire sulla produzione di latte, tipo,<br />
mese del parto, il numero delle lattazione,<br />
età al parto e livello produttivo, prevedono<br />
il latte grasso e proteine che produrrà<br />
la vacca a 305 giorni di lattazione. Visto<br />
che il dato crea con particolari coefficienti<br />
matematici, la curva prevista di produzione,<br />
diventa quindi facile confrontarla<br />
con la produzione reale sia per il periodo<br />
di lattazione che per la produzione giornaliera,<br />
e con segni quantitativi in positivo<br />
e in negativo mantengono monitorato<br />
la produzione della singola vacca, o, del<br />
gruppo di vacche, o, dell’intera mandria.<br />
Resta all’allevatore o ai tecnici aziendali<br />
valutare i segni negativi o positivi presenti<br />
se corrispondono alle aspettative oppure<br />
diventano necessari interventi per<br />
migliorare.<br />
5.0 - I dati delle cellule individuali<br />
Una attenzione particolare, quando in<br />
possesso, dei dati relativi al numero delle<br />
cellule per vacca. Devono essere analizzati<br />
con molta attenzione, in particolare quando<br />
esistono elaborazioni fatte da alcune<br />
Associazioni Allevatori che riportano<br />
anche il numero di cellule dei mesi prece-<br />
Alta Qualità<br />
denti con a fianco indicazioni dello stato<br />
di salute della mammella. Per meglio<br />
apprezzare l’importanza della necessità di<br />
mantenere le cellule nel latte a valori molto<br />
bassi (< 100.000 cellule), ed è possibile,<br />
in diversi stampati sia per vacca sia per<br />
il totale vacche in lattazione presenti in<br />
allevamento, sono riportati i Kg di latte<br />
persi a causa del numero di cellule (linear<br />
score). <strong>Il</strong> linear score è un parametro<br />
numerico progressivo da uno a otto cui<br />
corrispondono valori di cellule. Ad ogni<br />
punto di score corrisponde il raddoppio<br />
di cellule: score 1 = 25.000 cellule, score 8<br />
= 3.200. 000 cellule. Sono espressi altri<br />
9indicatori relative alla stato della mammella.<br />
In particolare: a = bovina asciutta;<br />
Cr = bovina cronica, cioè con almeno tre<br />
conte di cellule mensili superiori alle<br />
400.000; C = bovina clinica, ultima conta<br />
cellulare oltre 800.000; N = normale,<br />
nessuna conta oltre le 300.000 cellule.<br />
Ottimi indicatori per evidenziare lo stato<br />
di salute delle mammelle sono i dati relativi<br />
alla conducibilità elettrica del latte.<br />
Esistono diversi sistemi, più o meno<br />
attendibili. Diventa importante per l’allevatore<br />
saper leggere le informazioni che le<br />
strumentazioni rilevano e trasmettono.<br />
Ogni allevamento, ogni vacca, ogni<br />
impianto, ha dati individuali diversi. L’abilità<br />
resta nel saperli interpretare in<br />
modo corretto.<br />
<strong>Il</strong> tecnico, l’allevatore dovrebbero<br />
meditare di più questi dati e attuare tutti<br />
gli accorgimenti indispensabili per le vacche<br />
da latte per mantenere le mammelle<br />
sane. Dall’analisi dei dati delle cellule possono<br />
essere evidenziate problematiche di<br />
diversa natura, dallo stress di alcuni animali,<br />
al non corretto sistema di mungitura,<br />
all’ambiente stalla non idoneo, ad una<br />
alimentazione con foraggi e mangimi in<br />
uno stato di conservazione inadeguato.<br />
Avendo a disposizione il numero di cellule<br />
individuali è possibile elaborarli per<br />
raggruppare le vacche in base al numero<br />
di cellule e ipotizzare le cellule del latte di<br />
massa escludendo le vacche con le cellule<br />
più alte. Con l’eliminazione di queste<br />
poche vacche o la messa in asciutta, si può<br />
ritornare ad avere latte con cellule molto<br />
basse.<br />
Gli allevamenti di vacche da latte,<br />
anche quelli che non usufruiscono dei ser-<br />
97
vizi delle Associazioni Allevatori almeno<br />
tre volte l’anno dovrebbero effettuare un<br />
prelievo individuale di latte e determinarne<br />
la percentuale di grasso e proteine e la<br />
conta cellulare. I dati dovrebbero essere<br />
conservati o su carta, meglio se su supporto<br />
informatico con possibilità di elaborazioni.<br />
Per mantenere monitorato la razione<br />
che è distribuita alle vacche in termini di<br />
bilanciamenti energetici in funzione del<br />
livello produttivo, una analisi da fare<br />
almeno una volta al mese o sul latte di<br />
massa, meglio se possibile, sul latte dei<br />
singoli gruppi, in particolare il gruppo dei<br />
primi 100 giorni di lattazione, è la quantità<br />
dell’urea nel latte.<br />
6.0 - I dati riproduttivi<br />
Per ottenere i migliori risultati in termini<br />
di quantità e qualità del latte, di cellule<br />
somatiche e di carica batterica oltre<br />
FAC-SIMILE<br />
98<br />
Alta Qualità<br />
alla dotazione genetica delle vacche è<br />
necessaria una corretta gestione dell’allevamento,<br />
in particolare la situazione<br />
riproduttiva. Quando si parla di utilizzo<br />
dei dati per fare analisi e valutazioni tecniche<br />
devono essere di qualità, attendibili<br />
e completi, le approssimazioni non servono<br />
a nessuno e portano a decisioni errate.<br />
Ogni allevamento di vacche da latte<br />
dovrebbe avere i propri registri opportunamente<br />
predisposti per registrare correttamente<br />
tutti gli eventi riproduttivi,<br />
meglio se dotati di strumenti informatici<br />
con appositi programmi di gestione aziendale.<br />
Tutti i dati riproduttivi che sono<br />
espressi sottoforma di medie aziendali delle<br />
singole bovine possono nascondere al<br />
loro interno, a parità di valore, situazioni<br />
differenti dovute all’ampiezza della distribuzione<br />
dei singoli valori. E’ importante<br />
interpretare anche la distribuzione dei dati<br />
(deviazione standard). <strong>Il</strong> primo parametro<br />
in termini di importanza per capire la<br />
S T A M P A S I T U A Z I O N E R I P R O D U T T I V A - 14/11/02 Pag. 1<br />
—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />
N.Az. Matr.bovina D.nascita Data n. Aborto gg par par Ultima t par n. Data r. gg ipp<br />
ppx marca<br />
bovina /Matr.padre parto p. /Asc. part /ca /pf fecond f /uf f diagnosi dg lt p.i.manze<br />
anagrafe<br />
—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />
M 37 IT031000216350 02 31/12/00<br />
02 BS G 40155 BRADAMANTE 02 MO E 2467 96*<br />
M 38 IT018000216353 02 10/03/01 16/08/02 A 2 1257 93<br />
02 IT024PV003C646 PIROCCO DEMAND COATTO IT 027 MN 107 C 047 102 02 BS I 19264<br />
AQUILA NICK GLEN ET TL<br />
M 39 IT069000216354 02 16/03/01 11/09/02 A 3 742 73<br />
02 IT097500000316 GHEZZI LAREDO UNIVERSO 02 RC E 10394 100* 02 VI B 46842<br />
ATREIUS CUBE<br />
M 40 IT036000216355 02 02/05/01 16/07/02 A 1 839 79<br />
IT 020 500006611 103* 02 CR S 21701 CASELLE DAVON ET<br />
M 41 IT089000216358 02 05/09/01 1207 92<br />
02 IT019500041738 MONDIAL FELITE ET 02 RC E 2465 94<br />
M 42 IT069000216359 02 27/10/01 1033 87<br />
02 PV C 39282 DADO LUKE MONTU’ TL 02 RC 41132 88<br />
M 43 IT083000216360 02 16/10/01 1104 89<br />
02 BS H 7603 AQUILA MASCOT DREAMER 02 MO D 49944 92<br />
V 84 02BAD31913 03/09/94 08/11/01 5 371 60 20/05/02 A 193 3 371 370<br />
476<br />
02 US000002018759 DRENDEL MELVIN GRANT T 02 MO 117420 58* 68 TC 68 BLU<br />
BELGA (TORO CARNE)<br />
V 85 02RAD33592 03/01/95 Asciutta 5 364 88 11/02/02 A 88 1 276<br />
342 371<br />
02 RE D 19141 PAPEN 02 MO C 30351 59* 02 BS H 17670 OLMO PRE-<br />
LUDE TUGOLO MF<br />
V 88 02MOD41132 10/10/95 27/10/01 5 383 62 07/06/02 A 223 4 383 363<br />
506<br />
02 BO D 24569 MARCO 02 MO C 38830 61* 02 IT098500085305 GEA<br />
BRETT PILADE ET
FAC-SIMILE<br />
situazione riproduttiva di un allevamento<br />
di vacche da latte è l’interparto medio. In<br />
pratica quanti giorni trascorrono mediamente<br />
su tutte le vacche dell’allevamento<br />
da un parto all’altro. Se riusciamo a fecondare<br />
le vacche dopo il parto mediamente a<br />
85 giorni, ne deriva che riusciamo ad avere<br />
un vitello all’anno per vacca (escluso le<br />
primipare). Sarebbe un buon risultato un<br />
interparto medio di 365 giorni. Le variabili<br />
che intervengono a modificare questi<br />
parametri, sono molteplici, dalla dimensione<br />
dell’allevamento, al livello produttivo,<br />
alle scelte alimentari alle scelte genetiche,<br />
ma principalmente dalle scelte manageriali.<br />
La lunghezza dell’interparto è influenzata<br />
da un altro parametro molto importante<br />
chiamato parto/concepimento. In<br />
pratica quanti giorni trascorrono tra l’ultimo<br />
parto e l’inizio della nuova gravidanza.<br />
Alta Qualità<br />
—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />
S T A M P A S I T U A Z I O N E R I P R O D U T T I V A - 14/11/02 Pag. 2<br />
—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />
N.Az. Matr.bovina D.nascita Data n. Aborto gg par par Ultima t par n. Data r. gg ipp<br />
ppx marca<br />
bovina /Matr.padre parto p. /Asc. part /ca /pf fecond f /uf f diagnosi dg lt p.i.manze<br />
anagrafe<br />
—————————————————————————————————————————————————————————————————-<br />
V 102 IT027MN107C047 02 27/11/98 08/10/02 2 37 37 577<br />
02 MI O 11718 02 MN M 34298<br />
V 104 IT0TO000202719 02 15/09/99 Asciutta 1 404 133 16/02/02 A 133 1 373<br />
416<br />
02 MI I 35736 DEL SANTO CORSARO 02 MO D 27823 82* 02 IT019500187438<br />
GO-FARM LANTZ CAVALIER<br />
V 105 IT063000202720 02 27/09/99 23/10/01 1 387 223 03/06/02 A 223 1 387<br />
506<br />
02 PV C 19649 PIROCCO LEADMAN BONITO 02 MO D 31913 84 68 TC 68 BLU<br />
BELGA (TORO CARNE)<br />
V 106 IT034000202723 02 18/11/99 18/10/01 1 392 148 15/05/02 A 209 2 392<br />
492<br />
02 TO A 4817 02 MO D 49944 92 02 IT098500085305 GEA BRETT<br />
PILADE ET _<br />
FAC-SIMILE<br />
<strong>Il</strong> periodo, parto/concepimento va<br />
analizzato con molta attenzione, in quanto<br />
deve essere scorporato dai seguenti fattori<br />
che devono far meditare i tecnici e gli<br />
allevatori. <strong>Il</strong> primo fattore e il periodo di<br />
attesa volontaria, è la decisione dell’allevatore<br />
ad attendere un certo numero di giorni<br />
prima di inseminare la vacca. Se il<br />
periodo è inadeguato è facile intervenire a<br />
modificarlo. Come già detto la prima<br />
inseminazione al calore successivo ai 48<br />
giorni dopo il parto (vacche normali). <strong>Il</strong><br />
secondo fattore è il tasso di rilevamento<br />
calori. Se le vacche non si vedono in calore,<br />
consultare il veterinario per effettuare<br />
visite ginecologiche, l’alimentarista per<br />
controllare la razione del gruppo delle fresche,<br />
stare in stalla per 20 minuti tre volte<br />
al giorno (ore 7, 13, 20) per osservare i<br />
calori. Installare dispositivo di misura attività<br />
vacche. <strong>Il</strong> terzo fattore, il tasso di con-<br />
Stampa eventi riproduttivi - gg. 45<br />
* Calore/ * gg. * n. * Ult. * Calore probabile * Evento osservato * Matricola e nome toro *<br />
* Fecondare * part * fc * cal. * * Data ! Tipo * Data ! Tipo * sg lt ! Numero ! Nome *<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* M 37 * E 22 * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* M 41 * E 14 * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* V 102 * 37 * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* V 93 * 41 * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* V 91 * 258 * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />
99
100<br />
Alta Qualità<br />
cepimento, in pratica quante volte inseminare<br />
per avere il concepimento. Un<br />
valore medio sulle vacche di due interventi<br />
inseminativi per concepimento è accettabile.<br />
Se superiore è opportuno meditare<br />
su alcuni aspetti, la qualità del seme, le<br />
tecniche di fecondazione, la gestione dell’asciutta,<br />
il post partum, migliorare la<br />
gestione alimentare in particolare il bilancio<br />
energetico, non deve essere negativo,<br />
aiutandosi con il Body Condition Score.<br />
Se una percentuale elevata di vacche non<br />
rimane gravida dopo il 3° intervento inseminativo,<br />
bisogna intervenire con rapidità<br />
a risolvere il problema, in quanto il peggioramento<br />
delle condizioni produttive e<br />
qualitative del latte, avviene dopo alcuni<br />
mesi.<br />
Per produrre latte di qualità e a basso<br />
contenuto di cellule dove l’uomo inteso<br />
come imprenditore, allevatore, tecnico<br />
può intervenire a creare le condizioni ottimali,<br />
oltre a curare gli aspetti alimentari<br />
deve porsi come obiettivi di avere lattazioni<br />
non eccessivamente lunghe di conseguenza<br />
deve avere parti con periodicità<br />
medie poco superiori all’anno.<br />
Diventa indispensabile tenere monitorato<br />
i diversi fattori, per intervenire in<br />
anticipo quando si intravede qualche dato<br />
anomalo. Alcuni fattori da monitorare sia<br />
riferiti alle vacche che alle manze sono:<br />
– Vacche non inseminate numero e percentuale,<br />
giorni dal parto (misura l’attesa)<br />
– Vacche con osservato calori numero e<br />
percentuale giorni dal parto<br />
– Vacche non osservato calori numero e<br />
giorni dal parto<br />
– Vacche con prima inseminazione giorni<br />
dal parto<br />
– Vacche con seconda inseminazioni giorni<br />
dal parto<br />
– Vacche con tre e oltre inseminazioni<br />
giorni dal parto<br />
– Vacche non gravide totale e percentuali<br />
– Vacche gravide dopo diagnosi<br />
– Numero medio interventi inseminativi<br />
per concepimento (ottimale 1,5- 2)<br />
– Numero medio parto concepimento<br />
giorni (80)<br />
– Previsione messa in asciutta vacche<br />
(ottimale 15 - 16 %)<br />
– Previsione parti, numero medi giorni di<br />
FAC-SIMILE<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* Osservare * gg. * n. * n.gg. * Ritorno * Evento osservato * Matricola e nome toro *<br />
* ritorni * part * fc * feco. * * Data ! Tipo * Data ! Tipo * sg lt ! Numero ! Nome *<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* M 39 * E 20 * 3 * 64 * 10/11-16/11 * ! * ! * ! ! *<br />
* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* V 90 * 233 * 2 * 64 * 10/11-16/11 * ! * ! * ! ! *<br />
* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />
* V 90 * 233 * 2 * 64 * 26/10 * ! * ! * ! ! *<br />
* * * * * * ! * ! * ! ! *<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* Asciutta * gg.al * Giorni * Asciutta * Data evento * N o t e *<br />
* * parto * latt. * dopo il * * *<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* V 92 * 35 * 346 * 10/09 * * *<br />
* * * * * * *<br />
* V 106 * 100 * 392 * 14/11 * * *<br />
* * * * * * *<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* Parto * N.az. * gg. * Parto probabile * D a t i d e l n a t o * Diff. * *<br />
* * vacca * grav. * * Data ! sx ! vm ! n.az ! sg lt ! numero ! peso * parto * *<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* V 97 * ——- * 301 * 17/10-06/11 * ! ! ! ! ! ! * * *<br />
* * * * * ! ! ! ! ! ! * * *<br />
* V 101 * ——- * 297 * 21/10-10/11 * ! ! ! ! ! ! * * *<br />
* * * * * ! ! ! ! ! ! * * *<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*
FAC-SIMILE<br />
lattazione (ottimale 152)<br />
– Previsione percentuale vacche in lattazione<br />
(ottimale 84%)<br />
– Lunghezza media asciutta giorni<br />
– Vacche vendute cause<br />
– Primipare entrate<br />
– % primipare secondipare terzipare e<br />
oltre<br />
– Età media mandria<br />
– Numero medio di parti<br />
Tutte queste informazioni e come tanti<br />
altri indici che misurano il patrimonio<br />
genetico dell’animale confrontati con<br />
l’anno precedente, o, a cinque anni fa, o<br />
confrontati con gli allevamenti con le stesse<br />
caratteristiche della zona permettono di<br />
capire quali sono gli errori eventualmente<br />
e come correggerli per il futuro.<br />
Non meno importanti sono le liste di<br />
attenzione che con vari modi o sistemi<br />
all’interno di un allevamento di vacche da<br />
latte devono circolare. Ci si riferisce a liste<br />
giornaliere sia per gli operatori di stalla<br />
che per il veterinario dove sono indicati<br />
secondo parametri scelti dall’azienda, le<br />
vacche da effettuare le visite post partum<br />
e ginecologiche, da osservare calori, da<br />
fecondare, effettuare diagnosi di gravidanza,<br />
da effettuare BCS, da asciugare, da<br />
cambiare gruppo, prossime al parto. Le<br />
tecniche gestionali dell’allevamento della<br />
vacca per latte di qualità sono a livelli di<br />
Alta Qualità<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
_ Stampa eventi riproduttivi - gg. 45<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* Parto * N.az. * gg. * Parto probabile * D a t i d e l n a t o * Diff. * *<br />
* * vacca * grav. * * Data ! sx ! vm ! n.az ! sg lt ! numero ! peso * parto * *<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* V 95 * ——- * 293 * 25/10-14/11 * ! ! ! ! ! ! * * *<br />
! ! * * *<br />
* * * * * ! ! ! ! ! ! * * *<br />
*————————————————————————————————————————————————————————————————*<br />
* A n i m a l i u s c i t i *** E v e n t i s t r a o r d i n a r i *<br />
* N.aziendale * Num.matricola * Data * Causa *** N.aziendale * Num.matricola * Descrizione<br />
evento *<br />
*————————————————————————————————————————-<br />
_ Stampa scheda ginecologica - 14/03/2003 - gg. 30 *——————-*————<br />
—————————————————————————————————————————————————*<br />
* V 91 * Non fecondata - Parto: 01/03/2002 ( 258 gg) *<br />
* * *<br />
* V 93 * Controllo post parto - Parto: 04/10/2002 ( 41 gg) *<br />
* * *<br />
* V 102 * Controllo post parto - Parto: 08/10/2002 ( 37 gg) *<br />
* * *<br />
*——————-*—————————————————————————————————————————————————————*<br />
conoscenze molto elevati e devono rispondere<br />
a determinate regole. Gli spazi per<br />
allevatori avventurieri occasionali sono<br />
sempre più ridotti. Ogni giorno l’allevatore<br />
che desidera produrre un latte di qualità<br />
almeno il 50% delle informazioni sopra<br />
riportate deve averle in mente o poterle<br />
leggere e dedurne l’andamento. Se così<br />
non è non potrà mai produrre latte di alta<br />
qualità o biologico.<br />
Vista l’importanza dell’autocontrollo<br />
negli allevamenti di vacche da latte,<br />
potrebbe essere un motivo per incominciare<br />
ad educare gli allevatori a rimanere<br />
meno tempo sul trattore e di più ad una<br />
tastiera di un computer per registrare e<br />
meditare dati elaborati del proprio allevamento.<br />
Per produrre latte di qualità e latte<br />
biologico, non bisogna eccedere e chiedere<br />
troppo alla natura. Bisogna rispettarne<br />
i suoi ritmi con le attenzioni le più corrette.<br />
Se da una mandria di 100 vacche<br />
nascono all’anno 48 – 50 femmine. Almeno<br />
40 – 42 devono arrivare al parto e 38<br />
– 40 devono diventare vacche in produzione.<br />
Questo significa che la natura ci<br />
mette in condizioni di ricambiare le vacche.<br />
Nella sostituzione, esiste si, la possibilità<br />
di eliminare quelle con problemi<br />
produttivi riproduttivi e sanitari, ma<br />
anche mantenere la mandria molto giova-<br />
101
102<br />
Alta Qualità<br />
ne con una genetica migliore. <strong>Il</strong> latte ad<br />
alta qualità e biologico, non bisogna<br />
dimenticare, che si inizia a produrlo nel<br />
“momento in cui assistiamo a un parto” e<br />
che “permettiamo ad una vitella di crescere<br />
bene”, di non morire, con una alimentazione<br />
adeguata e con prodotti sani per<br />
diventare una ottima vacca.<br />
Troppo di frequente ci si dimentica<br />
che la qualità del latte si ottiene anche<br />
gestendo in modo naturale e corretto la<br />
riproduzione e, avere, una mandria con<br />
vacche giovani.<br />
Non bisogna dimenticare che l’uomo<br />
inteso come allevatore, può modificare la<br />
produzione di latte delle proprie vacche<br />
intervenendo sui seguenti fattori ambientali:<br />
– Foto - periodo (rapporto ore di luce /<br />
ore di buio)<br />
– Micro - ambiente termico interno ed<br />
esterno al ricovero<br />
FAC-SIMILE<br />
Azienda: Pinco via Strada Nazionale<br />
– <strong>Il</strong> vento<br />
– Foraggio umido, ammuffito, terroso<br />
– Errori alimentari<br />
– Cambiamento improvviso della dieta<br />
– Variazione rapida del numero dei pasti<br />
giornalieri<br />
– Variazione orario di distribuzione della<br />
razione<br />
– Spostamento da un box all’altro<br />
– Cambiamento del personale<br />
– Variazione orari di mungitura<br />
– Trattamenti profilattici<br />
– Gestione corretta della riproduzione<br />
– Gestione corretta dell’asciutta<br />
– Gestione corretta degli ambienti<br />
In conclusione, si può affermare che,<br />
se si lavora in prevenzione, tranne per i<br />
casi eccezionali, con le attuali conoscenze<br />
e possibile produrre latte di alta qualità e<br />
biologico, senza la necessità di continue<br />
spese per cure od altro.<br />
Vacca 19/06 18/07 14/09 17/10 %1 %2 lt gg RNK IGV ILQ IGVg IGVp Punt. Giudizi g. EVM<br />
305 c.p. Marca<br />
84 14,00 17,60 13,20 12,00 -10,0 5 371 16 253 -161 -7,00 -1,00 78 B + + B 7041 6956 -10,0<br />
02BOD000031913<br />
* 85 18,00 19,80 5 276* 23 -494 -34 -10,00 -8,00 82 + + M + 7949 7860 0,6<br />
02MN0000033592<br />
88 20,00 17,40 15,20 12,20 -24,6 5 383 29 209 82 1,00 -4,00 82 B M + + 8901 8653<br />
13,6 02BO0000041132<br />
90 28,00 30,60 18,80 13,00 -44,6 5 233 17 -756 -142 -34,00-16,00 82 + M + +<br />
93 33,60 4 41 25 -88 8 10,00 80 B + + B 02TA0000001023<br />
94 14,00 18,00 14,00 6,00 3 435 53 315 430 -3,00 13,00 81 B M M + 8752 8130<br />
11,7 02MIE000002465<br />
* 95 16,00 18,40 4 263* 28 -120 60 5,00 79 B + M + 7203 6997 -8,7<br />
02MNE000002466<br />
M KG/L 17,69 19,69 13,92 16,60 288,3 163 232 4,06 6,93 43,9<br />
%1: differenza tra penultimo e ultimo controllo; %2: differenza tra primo e ultimo controllo<br />
Primipare 3 Media EVM 7975 +1,86% capi 3 Media punti 80 -0,43% capi 2<br />
Secondipare 4 Media EVM 8107 +3,56% capi 3 Media punti 80 +0,61% capi 3<br />
Pluripare 9 Media EVM 7670 -2,03% capi 8 Media punti 80 -0,12% capi 8<br />
Media AIA 16 Media EVM 7829 capi 16 Media punti 80 capi 13
FAC-SIMILE<br />
RIEPILOGO DATI AZIENDA<br />
Alta Qualità<br />
n. Data gg n. Latte Latte % Gr. Prot. Cas. Media Cellule Cellule Cellule Cellule Perdita<br />
Stato<br />
az. Parto lt lt 14/09 17/10 — 17/10/2002 Cell. (Score) (Score) (Score) (Score) latte<br />
san.<br />
% % % 4 cnt 19/06/02 18/07/02 14/09/02 17/10/02 gg. u.c.<br />
84 08/11/2001 343 5 13,20 12,00 -10,00 3,26 3,29 2,53 449 400 (5) 396 (4) 414 (5) 624 (5) **<br />
2,84 93,73 C<br />
85 A 15/11/2001 5 49 47 (1) 51 (2) —- —-<br />
88 27/10/2001 355 5 15,20 12,20 -24,59 3,47 3,63 2,79 760 524 (5) 762 (5) 1004 (6) 838 (6) **<br />
3,17 104,68 C<br />
90 26/03/2002 205 5 18,80 13,00 -44,62 3,63 3,60 2,77 1681 1384 (6) 1400 (6) 2481 (7) 1826 (7)<br />
4,05 133,61 C<br />
94 05/09/2001 407 3 14,00 6,00-133,33 3,62 3,95 3,04 614 395 (4) 559 (5) 606 (5) 1305 (6)<br />
*** 3,67 121,13 N.Campioni 10 10 10 10 10 10 15 15 10 10<br />
Media 260 13,92 16,60 3,58 3,35 2,57 328 570 647 414<br />
FAC-SIMILE<br />
Dati num. num. Primipare Pluripare<br />
riassuntivi vacche vacche 1 (2) 3 (8)<br />
————————————————————————————————————————————————————————————————<br />
Cellule: 0-300 4 40% Proteine: 0-3.00 1 10% Stato san. C (Clinico) 3<br />
38%<br />
301-600 2 20% 3.01-3.40 3 30% Cr (Cronico)<br />
601-900 2 20% 3.41-.... 6 60% N (Normale) 1 50%<br />
901-... 2 20%<br />
Valor medio linear score 3,58 6,66<br />
Grasso: 0-3.20 0 Caseina: 0-2.30 1 10%<br />
3.21-3.70 6 60% 2.31-2.60 3 30%<br />
3.71-.... 4 40% 2.61-.... 6 60%<br />
Campione 19/06/2002 Gr.: 4,03 (PV 4,15) Prot.: 3,13 (PV 3,22) Caseina: 2,41 Cellule: 331 Lattosio:<br />
4,70 Urea:<br />
Campione 18/07/2002 Gr.: 3,55 (PV 3,66) Prot.: 3,36 (PV 3,46) Caseina: 2,59 Cellule: 600 Lattosio:<br />
4,67 Urea:<br />
Campione 14/09/2002 Gr.: 3,66 (PV 3,77) Prot.: 3,41 (PV 3,51) Caseina: 2,63 Cellule: 712 Lattosio:<br />
4,43 Urea:<br />
Campione 17/10/2002 Gr.: 3,64 (PV 3,75) Prot.: 3,39 (PV 3,49) Caseina: 2,61 Cellule: 547 Lattosio:<br />
4,49 Urea:<br />
_<br />
Le medie di: grasso, proteine, cellule sono ponderate rispetto alla quantita’ di latte<br />
Linear Score: Parametro numerico progressivo da 1 a 8 a cui corrispondono valori di cellule; a ogni<br />
punto di score corrisponde il raddoppio di cellule: Score 1 = 25000 cellule, Score 8 = 3200000 cellule<br />
A = Bovina asciutta Stato salute Cr = Cronico: almeno tre conte oltre 400<br />
E = Bovina eliminata C = Clinico: ultima conta oltre 800<br />
N = Normale: nessuna conta oltre 300<br />
103
Introduzione<br />
L’alimentazione delle bovine<br />
e la qualità del latte<br />
<strong>Il</strong> latte è un alimento fondamentale<br />
per l’alimentazione umana di tutte le età<br />
per le sue molteplici proprietà nutrizionali<br />
ma anche per i derivati che si possono<br />
ottenere fra cui spiccano molti formaggi<br />
rinomati (Parmigiano Reggiano, Mozzarella,<br />
Caciocavallo, Gorgonzola) ma anche<br />
prodotti fermentati come yogurt, kefyr<br />
ecc…<br />
Al fine di rispondere al meglio alle esigenze<br />
del consumatore per qualsiasi delle<br />
sue destinazioni è importante che il prodotto<br />
sia di elevata qualità. Ma cosa s’intende<br />
per qualità? La qualità del latte è un<br />
concetto complesso che può essere distinto<br />
in diversi aspetti:<br />
– quello nutrizionale (contenuto di grasso,<br />
proteine, lattosio, minerali, vitamine<br />
ecc…),<br />
– quello igienico sanitario (carica microbica,<br />
germi coliformi, batteri sporigeni,<br />
presenza di sostanze inibenti ecc…),<br />
– quello organolettico (colore, odore,<br />
sapore).<br />
Anche se da soli non bastano, il benessere<br />
e la buona salute dell’animale sono<br />
necessari per l’ottenimento di un prodotto<br />
di qualità assoluta. Per questi scopi<br />
bisogna quindi curare l’alimentazione e la<br />
gestire al meglio l’ambiente in cui vivono<br />
le bovine ed in particolare quello in cui<br />
vengono munte. Sarà poi altrettanto<br />
importante l’attenzione al rispetto delle<br />
diverse condizioni igieniche e di temperatura<br />
per la manipolazione stoccaggio e<br />
conservazione del latte.<br />
La nutrizione degli animali è una<br />
scienza affascinante e, per quanto notevoli<br />
siano le conoscenze fino ad oggi acquisite,<br />
è ancora ricca di interrogativi. È<br />
PAOLO PEZZI<br />
Dipartimento di Morfofisiologia e Produzioni Animali<br />
Facoltà di Veterinaria, Bologna<br />
Alta Qualità<br />
infatti assai difficoltoso lo studio dell’importanza<br />
di ogni singolo nutriente in<br />
quanto sono numerose e complesse le<br />
interazioni fra gli stessi principi nutritivi,<br />
così risulta spesso impossibile determinarne<br />
l’esatto fabbisogno per ogni animale.<br />
Purtroppo, la crescente competitività<br />
economica dei mercati globali obbliga i<br />
produttori di qualsiasi bene a ridurre i<br />
costi per rimanere sugli stessi mercati.<br />
Nella nostra realtà nazionale la riduzione<br />
del costo del litro di latte passa obbligatoriamente<br />
per una elevata produzione di<br />
ogni animale che si accompagna ad un<br />
aumento parallelo dei fabbisogni nutrizionali.<br />
Tanto più tali fabbisogni sono ragguardevoli<br />
e maggiori saranno le difficoltà<br />
di soddisfarli a pieno. Le bovine da latte<br />
ad alta produzione essendo fra gli animali<br />
con la più elevata efficienza di conversione<br />
dell’alimento in derrate alimentari, e<br />
nella fattispecie di latte, sono quindi assai<br />
esposte a rischi di pericolose patologie dismetaboliche<br />
e carenziali. È quindi fondamentale<br />
mantenere un’elevata capacità<br />
d’ingestione e somministrare alimenti sani<br />
e ricchi di proprietà nutritive.<br />
PARTE PRIMA<br />
Gli alimenti<br />
Gli alimenti per i bovini possono essere<br />
distinti schematicamente in due grandi<br />
categorie: foraggi e mangimi (o concentrati).<br />
Anche se non sempre è facile classificare<br />
un alimento in una delle due suddette<br />
categorie si può affermare che i<br />
foraggi rappresentino la componente più<br />
naturale dell’alimentazione degli erbivori<br />
e sono caratterizzati dalla ricchezza di<br />
fibra mentre i mangimi servono essenzial-<br />
105
mente per apportare molti principi nutritivi<br />
in poco spazio come richiesto dagli<br />
animali più selezionati. (foto 1)<br />
1 - I foraggi<br />
I foraggi sono costituiti dalle essenze<br />
botaniche, coltivate o spontanee, che in<br />
parte o come insieme di fusto foglie ed<br />
eventualmente anche fiori e frutti vengono<br />
somministrate agli animali. Come<br />
sopra accennato la caratteristica nutrizionale<br />
tipica dei foraggi è la ricchezza di<br />
fibra, presente in forma fisicamente percepibile<br />
sia alla vista che al tatto: la cosiddetta<br />
“fibra lunga”. (foto 2) Gli altri principi<br />
alimentari: proteine, vitamine e<br />
minerali sono presenti in quantità assai<br />
variabili mentre i grassi ed i carboidrati<br />
con funzione energetica (amido) sono<br />
sempre piuttosto scarsi. In funzione del<br />
metodo di conservazione i foraggi possono<br />
essere distinti in:<br />
– verdi,<br />
– insilati,<br />
– affienati e<br />
– disidratati.<br />
Foto 1<br />
106<br />
Alta Qualità<br />
Foto 2 - Sorgo in collina.<br />
1.1 - I Foraggi verdi<br />
Le erbe che gli animali assumono nei<br />
pascoli sono quelle più tenere e giovani ed<br />
apportano gran parte dei nutrienti di cui<br />
abbisognano: energia, proteine, minerali e<br />
vitamine. Gli animali allevati in stabulazione,<br />
e quindi non mantenuti al pascolo,<br />
possono essere alimentati con i foraggi<br />
verdi qualora i prati o gli erbai vengano<br />
sfalciati ed immediatamente portati agli<br />
animali in allevamento. Tuttavia, questa<br />
ideale forma di somministrazione dei<br />
foraggi non è attuabile nella pratica quotidiana<br />
e quindi occorre che le caratteristiche<br />
dei foraggi verdi siano conservate al<br />
meglio nel tempo e nello spazio. Le tecniche<br />
di raccolta, conservazione ed immagazzinamento<br />
dei foraggi devono trasferire<br />
nel tempo la loro disponibilità per gli<br />
animali, ma al contempo devono anche<br />
permettere la migliore conservazione possibile<br />
di tutte le proprietà nutrizionali dei<br />
foraggi verdi. A tal fine i principali metodi<br />
di conservazione utilizzati sono:<br />
– l’insilamento,<br />
– la fienagione,<br />
– la disidratazione.<br />
1.2 - Gli insilati<br />
L’insilamento è certamente la tecnica<br />
più economica di conservazione del foraggio,<br />
ma comporta la necessità di sottoporlo<br />
ad una serie di processi fermentativi che<br />
ne modificano numerose proprietà chimico-nutrizionali<br />
ed organolettiche. L’insila-
mento viene eseguito soprattutto nelle aree<br />
a clima umido dove non è possibile essiccare<br />
i foraggi naturalmente, a causa appunto<br />
delle frequenti precipitazioni atmosferiche<br />
e delle temperature relativamente basse.<br />
Nella pratica la tecnica di insilamento<br />
comporta l’accumulo, in tempi rapidi, di<br />
foraggio con contenuto di umidità variabile<br />
dal 40% al 70% all’interno di apposite<br />
strutture chiamate “sili”, occorre quindi<br />
comprimere per eliminare l’aria e chiudere<br />
nel più breve tempo possibile la massa. È<br />
necessario poi attendere lo sviluppo di<br />
opportune fermentazioni (la lattica in particolare)<br />
che si completano nell’arco di circa<br />
3-4 settimane. <strong>Il</strong> principio utilizzato con<br />
l’insilamento è infatti l’acidificazione con<br />
acido lattico prodotta dalla fermentazione<br />
omonima a partire da zuccheri semplici<br />
presenti nei foraggi verdi.<br />
Con l’insilamento, oltre a questa trasformazione<br />
riguardante i glucidi, vengono<br />
modificate numerose altre sostanze ed<br />
in particolare una porzione variabile delle<br />
proteine può subire degradazioni a fonti<br />
di azoto più elementari quali amine biogene<br />
ed ammoniaca. Queste ultime possono<br />
risultare tossiche per gli individui<br />
che le assumono. Inoltre si possono talora<br />
verificare fenomeni putrefattivi (quando<br />
la massa foraggiera è troppo umida e/o<br />
ricca di proteine) o di eccessiva respirazione<br />
e produzione di acido acetico ed alcool<br />
etilico (quando la massa è troppo secca<br />
e/o la temperatura ambientale troppo elevata).<br />
A ciò si aggiunge che gli insilati,<br />
una volta sottoposti alla fermentazione<br />
lattica ed atteso il tempo necessario alla<br />
dispersione del calore prodotto, sono<br />
suscettibili di ripresa di fenomeni fermentativi<br />
durante l’utilizzo. Queste problematiche<br />
sono la conseguenza del fatto che il<br />
foraggio viene utilizzato umido e quindi<br />
l’acqua in esso contenuta può permettere<br />
a batteri, a funghi o a entrambi di originare<br />
ulteriori e deleteri processi fermentativi.<br />
La stessa ossidazione che si verifica<br />
quotidianamente nelle parti più periferiche<br />
come il fronte di avanzamento della<br />
massa stoccata è un fenomeno inevitabile<br />
e tanto più dannoso quanto minore sarà la<br />
velocità di consumo del foraggio. Una<br />
volta aperta una trincea di insilato l’allevatore<br />
è quindi obbligato ad utilizzarne una<br />
determinata quantità con regolarità pena<br />
Alta Qualità<br />
appunto la rapida degradazione del prodotto<br />
stesso. Queste caratteristiche costituiscono<br />
spesso vincoli non trascurabili<br />
per la praticità d’uso dell’insilato.<br />
Gli insilati quindi, dovendo fermentare<br />
per essere preparati, e soprattutto<br />
potendo subire ulteriori processi fermentativi<br />
indesiderati, sono spesso trattati con<br />
additivi con funzione stimolante la crescita<br />
batterica (per lo più biologici) oppure<br />
con funzione più semplicemente conservante<br />
(ad esempio acido propionico, formico,<br />
sorbico, benzoico, o loro sali). Queste<br />
sostanze possono agire sia come antibatterici<br />
che come antifungini.<br />
Nel caso del fieno-silo realizzato con<br />
balloni fasciati è opportuno ricordare che<br />
ogni unità fa storia a sé e quindi è bene<br />
aprirli ed ispezionarli uno per uno prima<br />
di immetterli nel carro miscelatore. (foto<br />
3)<br />
Principali aspetti degli insilati<br />
– sono economici,<br />
– permettono basse perdite di raccolta,<br />
– consentono di essere preparati in minor<br />
tempo rispetto ai fieni (minore interferenza<br />
agenti atmosferici e più precoce<br />
stadio vegetativo di raccolta),<br />
– sono rischiosi per la salute animale in<br />
quanto umidi:<br />
– ospitano spesso fermentazioni anomale<br />
al loro interno ma soprattutto<br />
– vanno consumati in tempi rapidi pena<br />
la pericolosissima ripresa dei processi<br />
fermentativi indesiderati (e ciò è vero<br />
sia nella massa conservata che sull’alimento<br />
distribuito in greppia).<br />
– sono più ricchi di spore di clostridi (la<br />
famiglia del botulino) e pertanto vietati<br />
nell’alimentazione delle bovine il cui<br />
Foto 3 - Carro semovente mentre carica insilato<br />
107
latte venga destinato alla trasformazione<br />
in formaggi tipici a lunga stagionatura,<br />
– sono più ricchi di amine biogene (cadaverina,<br />
putrescina, istamina e tiramina)<br />
ed ammoniaca che si formano in conseguenza<br />
delle fermentazioni di cui al<br />
punto precedente,<br />
– sono più poveri di proteina vera (in<br />
quanto essa viene in parte degradata<br />
durante i processi fermentativi) e di<br />
zuccheri semplici, anch’essi degradati<br />
durante i processi fermentativi,<br />
– sono meno appetibili per gli animali (a<br />
parità di stadio vegetativo di raccolta)<br />
rispetto ai fieni od ai disidratati,<br />
– nel caso dei balloni fasciati è bene sempre<br />
aprirli ed ispezionarli prima di<br />
immetterli nel carro miscelatore,<br />
– sono più difficili da trinciare rispetto ai<br />
fieni in quanto umidi<br />
1.3 - I fieni<br />
La fienagione è tradizionalmente utilizzata<br />
per conservare i foraggi nelle aree<br />
temperato-secche, mediterranee, come<br />
nella maggior parte del nostro Paese. Si<br />
tratta di una tecnica di conservazione<br />
mediante essiccazione naturale all’aria ed<br />
al sole. <strong>Il</strong> foraggio sfalciato viene lasciato<br />
essiccare al sole e quindi raccolto secco dal<br />
terreno previa pressatura sotto forma di<br />
balle. Quest’ultima pratica, pur non strettamente<br />
necessaria, viene attuata nella<br />
stragrande maggioranza dei casi per ridurre<br />
i tempi e la manodopera di raccolta e di<br />
trasporto e per ridurre altresì gli spazi di<br />
immagazzinamento. L’essiccazione del<br />
foraggio lo preserva da fenomeni di alterazione<br />
senza che si debbano utilizzare,<br />
come spesso si fa con gli insilati, conservanti<br />
chimici. La fienagione rispetto all’insilamento<br />
causa purtroppo un aumento<br />
delle perdite meccaniche di raccolta: il<br />
foraggio essiccato è assai più friabile di<br />
quello umido e buona parte delle foglie<br />
(soprattutto nel caso delle leguminose)<br />
cade a terra durante le operazioni di fienagione.<br />
La perdita è grave se si considera<br />
che è nelle foglie che si concentrano<br />
numerosi nutrienti a cominciare dalle proteine.<br />
<strong>Il</strong> foraggio affienato subisce perdite<br />
lievi, soprattutto di zuccheri solubili per<br />
fenomeni di respirazione, immediatamen-<br />
108<br />
Alta Qualità<br />
te dopo lo sfalcio, mentre è all’interno<br />
delle balle pressate (di forma cilindrica o<br />
di parallelepipedo) che si possono verificare<br />
le perdite più ingenti. Infatti l’umidità<br />
residua (20%-30%), a causa della compressione<br />
cui viene sottoposto il foraggio,<br />
determina l’avvio di fenomeni di fermentazione,<br />
detti volgarmente “cottura”, che<br />
possono raggiungere intensità notevole.<br />
Inoltre nel caso di pressatura ad umidità<br />
sostenute non sono infrequenti episodi di<br />
ammuffimento che rendono inutilizzabile<br />
il fieno per l’alimentazione. La fienagione<br />
quindi è il classico sistema di conservazione<br />
del foraggio nei climi aridi o comunque<br />
non piovosi; infatti la pioggia è la<br />
principale nemica della buona riuscita di<br />
tale pratica. Purtroppo il rischio di pioggia<br />
è sempre presente nella maggior parte<br />
delle realtà italiane per cui un accorciamento<br />
dei tempi di esposizione alle<br />
intemperie sarebbe quanto mai utile.<br />
Principali aspetti dei fieni:<br />
– sono, se ben prodotti, sicuri in quanto<br />
secchi e quindi i processi fermentativi<br />
indesiderati sono ostacolati al meglio,<br />
– richiedono più tempo e manodopera<br />
per la preparazione e quindi sono più<br />
soggetti agli agenti atmosferici,<br />
– sono più poveri di nutrienti nobili che<br />
si concentrano nelle foglie in quanto<br />
queste subiscono perdite più o meno<br />
evidenti,<br />
– nel caso dei balloni (la norma) è bene<br />
sempre aprirli ed ispezionarli prima di<br />
immetterli nel carro miscelatore per<br />
scartare quelli soggetti ad eccessiva “cottura”<br />
o addirittura all’ammuffimento<br />
od ancora ad difetti diversi,<br />
– la trinciatura per la realizzazione del<br />
piatto unico è più semplice rispetto ai<br />
balloni fasciati ma è comunque assai più<br />
lunga e costosa rispetto ai disidratati.<br />
1.4 - I foraggi disidratati<br />
La disidratazione, è la tecnica più<br />
recente delle tre ricordate, è quella che permette<br />
di mantenere al meglio le proprietà<br />
chimico-nutrizionali ed organolettiche dei<br />
foraggi verdi di partenza. Trattandosi di un<br />
processo industriale è facilmente attuabile<br />
nelle più diverse realtà climatiche, anche se<br />
un certo grado di pre-essiccazione in campo<br />
dei foraggi è indubbiamente utile per
idurne i costi energetici. Le aree che tradizionalmente<br />
producono fieni sono quindi<br />
quelle che meglio si adattano anche a<br />
questo tipo di processo: i principali produttori<br />
in Europa sono soprattutto i Paesi<br />
latini (Spagna Francia e Italia). Questa<br />
metodologia di conservazione prevede<br />
generalmente, una prima fase di campo<br />
che riduce il contenuto di umidità da circa<br />
l’80% originario al 50-60%. Questa<br />
fase è quindi assai più breve di quella prevista<br />
dalla fienagione e spesso anche di<br />
quella che si effettua per l’insilamento. I<br />
rischi di esposizione alle intemperie sono<br />
ridotti al minimo ed anche le perdite di<br />
foglie per movimentazione sono minime.<br />
<strong>Il</strong> foraggio immesso nell’impianto di disidratazione,<br />
viene portato in pochi minuti<br />
ad un’umidità del 10% circa, minimizzando<br />
i rischi di ripresa di qualsiasi tipo di<br />
attività fermentativa post-trattamento.<br />
L’elevato peso specifico dell’erba medica<br />
disidratata in balloni o pellet (varia da<br />
450 a 700 chilogrammi/m3), a differenza<br />
del fieno, consente quindi di immagazzinare<br />
grandi quantità di prodotto secco in<br />
uno spazio minore. L’erba medica disidratata<br />
così “confezionata”, facilita la movimentazione,<br />
il trasporto, la distribuzione<br />
oltre a ridurre al minimo gli sprechi in<br />
fase di somministrazione agli animali e il<br />
dispendio di tempo e di energia per la<br />
trinciatura del foraggio. Infine, con l’erba<br />
medica disidratata, l’allevatore può disporre<br />
di un prodotto costante per tutto la<br />
stagione migliorando le caratteristiche<br />
delle razioni e riducendo le spese di stoccaggio<br />
dei foraggi.<br />
I prodotti disidratati presentano i<br />
seguenti aspetti:<br />
– costi superiori<br />
– tempi rapidi di preparazione da cui:<br />
– ridotte perdite meccaniche di raccolta e<br />
– modesti rischi di danneggiamento per le<br />
precipitazioni atmosferiche,<br />
– alimenti più stabili e sicuri (i rischi di<br />
alterazione del foraggio (eccessiva tostatura,<br />
fermentazione pre o post disidratazione)<br />
sono limitati alla fase di lavorazione<br />
e sono quasi sempre avvertibili<br />
dall’esterno del ballone).<br />
– movimentazione, immagazzinamento e<br />
utilizzazo semplificati,<br />
– maggiore ricchezza di nutrienti presenti<br />
nei foraggi verdi,<br />
– maggiore omogeneità e quindi di più<br />
agevole inserimento nel razionamento,<br />
– è sempre buona norma ispezionare i<br />
balloni prima di immetterli nel carro,<br />
– è possibile acquistare il prodotto trinciato<br />
nella misura giusta per essere incluso<br />
nel piatto unico (riduzione tempi e costi<br />
di preparazione).<br />
2 - I mangimi<br />
Come sopra accennato i mangimi<br />
hanno la funzione di concentrare principi<br />
nutritivi in poco spazio per andare in contro<br />
al meglio alle esigenze degli animali<br />
più produttivi.<br />
A seconda della prevalenza di uno o<br />
dell’altro principio nutritivo nel mangime<br />
si parlerà di concentrati:<br />
– energetici,<br />
– proteici mentre alcuni sottoprodotti<br />
possono essere somministrati agli animali<br />
come<br />
– fibrosi (cioè ricchi della componente<br />
peculiare dei foraggi ma in forma non<br />
fisicamente percepibile come negli stessi<br />
foraggi).<br />
I principali mangimi energetici sono<br />
costituiti dalle granelle di cereali (mais,<br />
orzo, frumento, sorgo, avena, segale, riso)<br />
che sono ricche di amido non bisogna<br />
comunque dimenticare gli olii vegetali<br />
(palma, cocco, soia) utilizzati per grassare<br />
i mangimi. (foto 4)<br />
I cruscami e gli altri sottoprodotti dell’industria<br />
molitoria si possono anch’essi<br />
considerare facenti parte dei concentrati<br />
energetici ma sono sicuramente inferiori<br />
ai cereali d’originei in quanto a contenuto<br />
di amido (e quindi di energia) mentre<br />
sono più ricchi di fibra. (foto 5)<br />
Foto 4<br />
Alta Qualità<br />
109
Foto 5<br />
I mangimi proteici sono invece classicamente<br />
rappresentati dalle leguminose in<br />
granella (soia, pisello, fava, cece, lupino).<br />
Tuttavia sul mercato mondiale sono<br />
essenzialmente i sottoprodotti derivati<br />
dall’estrazione chimica o talora meccanica<br />
dell’olio dai semi di soia che fanno la parte<br />
del leone. Dai sopra menzionati processi<br />
si ricavano rispettivamente farine di<br />
estrazione e panelli. Oltre a farine di estrazione<br />
e panelli di altre oleaginose esistono,<br />
quali fornitori di proteine anche i sottoprodotti<br />
della distillazione dei cereali ma<br />
la loro disponibilità sul mercato è ovviamente<br />
inferiore. Esistono infine altri<br />
mangimi proteici, quali i sottoprodotti<br />
delle amiderie (ad esempio la semola glutinata<br />
di mais) e dell’industria enologica<br />
(vinacce, vinaccioli).<br />
I mangimi proteici sono purtroppo<br />
caratterizzati, più facilmente di altri, da<br />
problematiche igienico-sanitarie in dipendenza<br />
della loro origine, spesso extraeuropea.<br />
I tempi di trasporto particolarmente<br />
lunghi pongono quindi problemi di conservazione<br />
(soprattutto qualora provengano<br />
o attraversino aree caratterizzate da cli-<br />
110<br />
Alta Qualità<br />
Foto 6 - Fibrometro<br />
mi caldi e/o caldo umidi). Sono quindi<br />
più soggetti a contaminazioni da micotossine<br />
prodotte da aspergilli quali le aflatossine<br />
(le più temibili e quelle per le quali<br />
sono previsti i limiti più severi).<br />
Occorre infine precisare che qualsiasi<br />
sottoprodotto dell’industria agroalimentare,<br />
come ad esempio gli scarti dell’industria<br />
biscottiera possono costituire parte<br />
dei mangimi composti per gli animali.<br />
(foto 6)<br />
3 - La scelta degli alimenti<br />
È pleonastico dire che la buona qualità<br />
degli alimenti per il bestiame è la caratteristica<br />
principale per poter fornire alle<br />
bovine la migliore alimentazione. Per<br />
potersi definire di buona qualità gli alimenti<br />
devono essere:<br />
– sani e ben conservati,<br />
– nutrienti ed<br />
– appetibili.<br />
3.1 - Sanità e stato di conservazione<br />
Con l’aggettivo “sano” si intende<br />
essenzialmente l’assenza di qualsiasi<br />
sostanza, residuo, microrganismo patogeno<br />
o suo metabolica che possano causare<br />
intossicazioni, tossinfezioni, avvelenamenti<br />
o semplicemente patologie da parte<br />
di molecole pericolose per la salute umana<br />
oltre che per quella animale. Fra gli esempi<br />
più comuni ricordiamo:<br />
– le muffe e le micotossine da esse derivate,<br />
– i pesticidi (esteri fosforici, carbamati,<br />
organoclorurati ecc…),<br />
– i clostridi,<br />
– i nitrati ed i nitriti,<br />
– l’ammoniaca, le amine biogene ed altri<br />
cataboliti delle proteine,<br />
– i perossidi (indice di ossidazione per<br />
irrancidimento dei grassi),<br />
– i metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio<br />
ecc…),<br />
– altri inquinanti ambientali come il benzene,<br />
– certi conservanti vietati (parabeni ad<br />
esempio).<br />
Per quanto riguarda l’aspetto della<br />
sanità gli alimenti da preferire saranno:<br />
– secchi anziché umidi (freschi o insilati)
perché l’acqua è fonte di vita per i batteri<br />
e le muffe e quindi ogni alimento<br />
umido è notevolmente più rischioso per<br />
l’apporto di micotossine, ammoniaca,<br />
nitriti, perossidi ecc…Inoltre i prodotti<br />
umidi sono più spesso trattati con conservanti<br />
proprio per evitare pericolose<br />
fermentazioni;<br />
– puliti e non imbrattati con terra, colaticcio,<br />
polvere, smog (ricco di piombo<br />
e/o benzene);<br />
– poveri di grassi, la grassatura delle razioni<br />
è bene che sia effettuata, quando<br />
necessaria, con prodotti specifici, ben<br />
controllati e soprattutto con elevato turnover,<br />
vale a dire che devono essere consumati<br />
in breve tempo e controllati ad<br />
ogni approvvigionamento.<br />
A proposito delle modalità di accertamento<br />
delle eventuali presenze di sostanze<br />
indesiderate occorre precisare che gli<br />
accertamenti di laboratorio per la presenza<br />
di:<br />
– micotossine (aflatossine, fumonisina,<br />
vomitossina, zearalenone ecc…),<br />
– nitrati,<br />
– metalli pesanti<br />
– ammoniaca, acido butirrico ecc… (insilati),<br />
– non sostituiscono mai, ma completano<br />
soltanto l’esame visivo ed olfattivo realizzato<br />
in campo dall’allevatore e dal<br />
tecnico nutrizionista. L’esame di laboratorio<br />
sui foraggi non deve essere quindi<br />
mai visto come un alibi di eventuali<br />
problemi riscontrati sugli animali. Questi<br />
sono invece molto più spesso dovuti<br />
a carenze nutrizionali che non ad<br />
eccessivi apporti di sostanze tossiche.<br />
3.2 - Concentrazione e biodisponibilità<br />
di nutrienti<br />
Gli alimenti più nutrienti sono quelli<br />
che riescono ad apportare all’animale le<br />
maggiori quantità di principi nutritivi<br />
nell’unità di peso. È ovvio quindi che, a<br />
parte la ricchezza intrinseca dell’alimento<br />
in tali principi, è fondamentale la digeribilità<br />
e quindi la loro biodisponibilità.<br />
Siccome questa caratteristica è inversamente<br />
correlata con l’abbondanza di fibra<br />
ed in particolare di lignina, tanto minore<br />
sarà il contenuto di lignina di un alimen-<br />
Alta Qualità<br />
to e tanto più quest’ultimo sarà nutriente.<br />
Questo discorso non è valido soltanto per<br />
i mangimi ma anzi lo è soprattutto per i<br />
foraggi. I mangimi sono infatti caratterizzati<br />
da una vastissima varietà di origine e<br />
composizione mentre i foraggi che classicamente<br />
provengono tutti dalla parte<br />
aerea delle piante mostrano le seguenti<br />
caratteristiche comuni:<br />
– il contenuto di proteina è inversamente<br />
correlato a quello di fibra e di lignina,<br />
– il contenuto di zuccheri solubili è inversamente<br />
correlato a quello di fibra e di<br />
lignina,<br />
– il contenuto acidi organici è inversamente<br />
correlato a quello di fibra e di<br />
lignina,<br />
– il contenuto vitamine è inversamente<br />
correlato a quello di fibra e di lignina.<br />
Dal momento che la quantità di<br />
sostanza secca ingerita è inversamente correlata<br />
al quantitativo di fibra (almeno per<br />
la maggior parte delle razioni per bovini)<br />
ne consegue che i foraggi con basso contenuto<br />
di componenti fibrose e di lignina<br />
in particolare verranno assunti in quantità<br />
nettamente superiori rispetto a quelli più<br />
maturi (cioè provenienti da piante raccolte<br />
ad uno stadio vegetativo avanzato).<br />
Si può quindi affermare che nutriente<br />
per un alimento è quasi sempre sinonimo<br />
di povero di fibra ed in particolare per i<br />
foraggi significa originato da pianta giovane.<br />
3.3 - Appetibilità<br />
Oltre che dal gusto delle bovine, l’appetibilità<br />
degli alimenti è determinata,<br />
dalle loro caratteristiche organolettiche.<br />
Alcuni concetti espressi a proposito della<br />
sanità dei prodotti possono chiaramente<br />
riguardare anche l’appetibilità, ad esempio<br />
l’imbrattamento con colaticcio, terra e<br />
polvere o l’odore di ammoniaca, di proteine<br />
degradate, di perossidi (grassi rancidi)<br />
od ancora il sapore di certe micotossine<br />
(vomitossina).<br />
Tutte queste caratteristiche negative è<br />
bene che siano ovviamente assenti mentre<br />
soprattutto per quanto riguarda i foraggi<br />
sono da considerare anche le qualità positive<br />
rappresentate da olii essenziali oltre<br />
che ai sopra citati zuccheri solubili ed acidi<br />
organici. Anche sotto l’aspetto dell’ap-<br />
111
112<br />
Alta Qualità<br />
petibilità i foraggi giovani sono superiori a<br />
quelli maturi.<br />
Obiettivo Foraggi<br />
– Cercare di anticipare al massimo gli<br />
sfalci.<br />
– Le leguminose sono più proteiche ma<br />
anche più lignificate delle graminacee<br />
– Controllare le concimazioni minerali in<br />
terreni sottoposti a spandimento di<br />
liquami.<br />
– Sconsigliare la pratica dell’insilamento<br />
qualora i tempi di lavoro previsti siano<br />
troppo lunghi.<br />
– Acquistare soltanto foraggi super per le<br />
bovine in lattazione (bassa fibra ed alta<br />
proteina).<br />
– Normalmente e consigliabile usare molti<br />
foraggi giovani e pochi mangimi molto<br />
“concentrati” piuttosto che molti<br />
mangimi fibrosi.<br />
4. I foraggi giovani<br />
Per quanto si è detto fino ad ora i<br />
foraggi raccolti ad un precoce stadio vegetativo,<br />
con qualsiasi tecnica vengano conservati<br />
purché ben eseguita, meritano una<br />
citazione particolare. Essi non saranno<br />
mai abbastanza riconosciuti per la ricchezza<br />
in nutrienti indispensabili per gli animali.<br />
Sicuramente una parte più o meno<br />
importante di tali apporti non è ancora<br />
stata adeguatamente studiata e capita. In<br />
particolare, oltre alle proteine ed alle loro<br />
frazioni andranno considerati gli apporti<br />
in peptidi ed aminoacidi, quelli di vitamine,<br />
quelli degli acidi organici, la biodisponibilità<br />
dei minerali, ecc…<br />
Tuttavia, vale la pena di ricordare che<br />
l’enorme divario nutrizionale fra i foraggi<br />
molto giovani e quelli maturi implica<br />
ovviamente l’inserimento nella razione<br />
delle bovine in maniera assai differente; in<br />
particolare, volendo fornire all’animale gli<br />
stessi apporti nutrizionali con foraggi<br />
molto giovani piuttosto che maturi occorrerà:<br />
– impiegare quantità di foraggio nettamente<br />
superiori<br />
– utilizzare quantità di concentrati nettamente<br />
inferiori<br />
– utilizzare un concentrato con tenore di<br />
proteine e di fibra inferiore<br />
– utilizzare un concentrato con livello di<br />
amidi e di zuccheri solubili superiore<br />
– saranno inoltre necessarie minori integrazioni<br />
minerali e vitaminiche.<br />
In altre parole il migliore mangime da<br />
accoppiare ad una razione caratterizzata<br />
da foraggi giovani è basato sui cereali che<br />
fra l’altro sono ormai da anni assai più<br />
economici delle materie prime proteiche.<br />
Infine occorre ricordare che le bovine più<br />
produttive estrinsecano al meglio le loro<br />
potenzialità con i foraggi giovani perché<br />
questi consentono di realizzare le razioni<br />
apportanti la maggiore quantità di<br />
nutrienti. Queste diete sono caratterizzate<br />
da relativamente elevati livelli di mangimi<br />
Figura 1. Variazioni dei contenuti delle componenti fibrose, della proteina e del valore nutritivo relativo nell’erba<br />
medica in funzione dello stadio vegetativo della pianta.
oltre che di foraggi e questo è possibile<br />
soltanto se l’ingestione da parte degli animali<br />
è veramente notevole. ( foto 7)<br />
Elevata ingestione – apporti nutrizionali –<br />
produzione di latte – qualità del latte –<br />
elevato benessere<br />
Un altro aspetto fondamentale, oltre a<br />
quello nutrizionale, per il quale i foraggi<br />
giovani sono insostituibili nelle razioni è<br />
quello organolettico; sicuramente questo<br />
aspetto è di difficile studio ed infatti assai<br />
poco conosciuto. Gli olii essenziali contenuti<br />
nelle essenze foraggere conferiscono<br />
sicuramente peculiarità organolettiche<br />
difficilmente imitabili dall’industria (si<br />
tratta spesso di molecole chimiche a<br />
struttura terpenica assai complesse) e<br />
quindi non disponibili nei prodotti commerciali.<br />
Le componenti in zuccheri solubili<br />
(saccarosio, fruttosio) ed in acidi<br />
organici (malico, citrico, fumarico ecc…)<br />
che condizionano notevolmente il sapore<br />
dell’alimento sono anch’esse poco conosciute<br />
anche se si tratta di frazioni relativamente<br />
voluminose nella composizione<br />
chimica dei foraggi verdi.<br />
PARTE SECONDA<br />
La gestione dell’alimentazione<br />
1 - Massima ingestione per<br />
migliori apporti nutrizionali<br />
L’alimentazione della bovina in lattazione<br />
ad alta produzione, come accennato<br />
in introduzione, contrappone le necessità<br />
fisiologiche di mantenimento dell’animale<br />
a quelle della mammella che drena<br />
quantità imponenti di nutrienti dal torrente<br />
circolatorio. Visto che occorre massimizzare<br />
l’ingestione di alimento l’apparato<br />
digerente è quindi messo a dura prova<br />
e sia il rumine che la restante porzione<br />
del tratto gastrointestinale devono lavorare<br />
con elevata efficienza oltre che ovviamente<br />
con celerità.<br />
Indipendentemente dal tipo di alimentazione<br />
adottato nell’allevamento<br />
(sistema tradizionale o secondo il piatto<br />
unico, con tutte le possibili varianti) le<br />
bovine devono quindi assumere l’alimento<br />
il più spesso possibile e comunque a<br />
volontà (della vacca e non dell’uomo).<br />
Alta Qualità<br />
Principi fondamentali della tecnica di<br />
alimentazione delle bovine da latte<br />
1. Alimentare a volontà le bovine in lattazione<br />
con foraggi (o con alimento<br />
nel caso del piatto unico)<br />
2. Frazionare al massimo i pasti di mangime<br />
nell’arco delle 24 ore (automatico<br />
con il piatto unico)<br />
Al fine di massimizzare l’assunzione di<br />
sostanza secca si può intervenire su diversi<br />
fronti:<br />
– sulla scelta accurata degli alimenti,<br />
– sul buon bilanciamento della razione,<br />
– sulla tecnica di preparazione e di somministrazione<br />
degli alimenti,<br />
– sul management aziendale,<br />
– sulla struttura dell’allevamento.<br />
Già si è accennato all’importanza dell’appetibilità<br />
degli alimenti, sia dei foraggi<br />
che dei mangimi e quindi oltre alla<br />
cura della scelta dei prodotti di cui approvigionarsi<br />
sul mercato può essere talora<br />
utile spendere qualcosa in più per differenziare<br />
gli apporti di materie prime<br />
anche con l’obiettivo di migliorare l’appetibilità<br />
della razione: ad esempio è consigliabile<br />
inserire fra i cereali una certa<br />
quota di orzo in contrapposizione alla<br />
diffusa pratica monocereale basata sul<br />
solo mais.<br />
L’alimento assunto dovrebbe essere il<br />
più possibile equilibrato nel senso della<br />
proporzione dei vari nutrienti rispetto ai<br />
fabbisogni dell’animale e nel tempo<br />
(principalmente nel rapporto energia e<br />
proteine) questo concetto è particolarmente<br />
importante per la massimizzazione<br />
del lavoro del rumine chiamato a produrre<br />
acidi grassi volatili assorbiti dall’animale<br />
già nei prestomaci e proteine microbiche<br />
digerite ed assorbite a livello intestinale.<br />
Foto 7 - Campo di medica pronta allo sfalcio<br />
113
1.1 - La gestione dell’alimentazione<br />
col sistema tradizionale<br />
Nell’alimentazione tradizionale i concentrati<br />
vengono somministrati separatamente<br />
dai foraggi, questa situazione è<br />
contraria alle esigenze del rumine di avere<br />
a disposizione contemporaneamente substrati<br />
proteici ed energetici a grado di<br />
degradabilità omogeneo. Ne consegue che<br />
è bene suddividere i pasti di mangime in<br />
più frazioni opportunamente distanziate<br />
nel tempo durante tutte le 24 ore. È chiaro<br />
che l’impiego di autoalimentatori permette<br />
di raggiungere i migliori risultati in<br />
questo senso. I foraggi dovrebbero invece<br />
essere sempre a disposizione non soltanto<br />
per raggiungere l’obiettivo di massimizzare<br />
l’ingestione di sostanza secca ma per<br />
evitare che l’animale assuma mangimi che<br />
non siano “tamponati” dall’effetto della<br />
fibra dei foraggi. Gli sbalzi di pH, ammoniaca<br />
e quant’altro indotti nel rumine dai<br />
114<br />
Alta Qualità<br />
Foto 8 - Mais in zona montana<br />
concentrati vengono infatti ridotti dalla<br />
presenza di foraggi ben strutturati negli<br />
stessi prestomaci.<br />
Dopo un lungo periodo di digiuno,<br />
come può succedere in alcuni allevamenti<br />
al mattino, è bene somministrare all’inizio<br />
foraggio lungo anche non molto appetibile.<br />
I foraggi più appetibili andranno invece<br />
somministrati dopo i pasti di mangime<br />
quando l’appetito tende a decrescere.<br />
Da quanto appena accennato sull’alimentazione<br />
tradizionale si evince che non<br />
esiste uno schema rigido ottimale mentre<br />
sarà sufficiente rispettare alcuni principi.<br />
Principi da rispettare nel caso di alimentazione<br />
a tecnica tradizionale<br />
1. Somministrare prima il fieno al mattino<br />
è utile soprattutto laddove i foraggi<br />
non vengano lasciati a disposizione a<br />
volontà;<br />
2. L’amido velocemente fermentabile<br />
(fiocchi, orzo, pastoni) e le fonti di<br />
proteina poco degradabile (Soia trattata,<br />
farine di origine animale) possono<br />
essere convenientemente somministrati<br />
subito dopo il fieno;<br />
3. A rumine vuoto sono da preferire i<br />
concentrati con minore contenuto di<br />
amido o con carboidrati meno fermentabili<br />
e si possono usare convenientemente<br />
anche fonti proteiche ad<br />
elevata degradabilità;<br />
4. I foraggi più appetibili è bene che vengano<br />
somministrati immediatamente<br />
dopo i concentrati;<br />
5. I foraggi meno appetibili è bene che<br />
vengano somministrati lontani dal<br />
pasto di mangime quando l’appetito<br />
dell’animale è massimo.<br />
1.2 - La gestione dell’alimentazione<br />
col piatto unico (Unifeed)<br />
<strong>Il</strong> piatto unico è la tecnica che più si<br />
presta al rispetto delle necessità fisiologiche<br />
dell’animale tuttavia è importante che<br />
siano ben compresi, da parte dell’allevatore<br />
gli obiettivi, le tecniche di preparazione<br />
e di gestione di questa tecnica. (foto 8)<br />
Ad esempio, il fatto che questa tecnica<br />
permetta di raggiungere rapporti foraggi:concentrati<br />
più bassi e quindi più<br />
rischiosi implica il rispetto della continua<br />
disponibilità di alimento oltre che della
uona omogeneità dello stesso. I rischi<br />
sono quelli dell’aumento di incidenza di<br />
patologie digestive quali: blocchi ruminali,<br />
dislocazioni dell’abomaso, enteriti di<br />
vario genere ecc… Infatti, se l’animale<br />
effettua cernite nell’unifeed o rimane senza<br />
poter mangiare per diverse ore assumerà<br />
troppi concentrati in un ridotto lasso di<br />
tempo. (foto 9)<br />
Gli obiettivi fondamentali da perseguire<br />
con il piatto unico sono quelli di alimentare<br />
a volontà l’animale con un alimento<br />
omogeneo (e quindi con lunghezze<br />
di taglio dei foraggi e umidità della<br />
massa opportunamente combinate).<br />
Obiettivi del piatto unico<br />
– Fornire la massima quantità di alimento<br />
all’animale<br />
– Evitare che l’animale sia impossibilitato<br />
ad alimentarsi per lunghi tratti della<br />
giornata<br />
– Massima omogeneità dell’alimento<br />
(impedimento alla cernita) grazie a<br />
regolazione di<br />
– lunghezza di taglio del foraggio<br />
– umidità della massa<br />
La tecnica del piatto unico presenta<br />
una serie di vantaggi a carico delle necessità<br />
fisiologiche dell’animale che può alimentarsi<br />
in maniera migliore e più equilibrata<br />
ma sicuramente vi sono anche vantaggi<br />
pratico-applicativi quali la possibilità<br />
di preparare il mangime in azienda personalizzandolo<br />
al meglio e consentendo<br />
così di fare economia sull’acquisto delle<br />
materie prime. D’altro canto gli svantaggi<br />
riguardano soprattutto i piccoli allevamenti<br />
dove la necessità di manodopera<br />
(rispetto all’uso degli autoalimentatori<br />
può aumentare) e non è sempre possibile<br />
diversificare l’alimentazione fra gli animali<br />
con diverse necessità.<br />
Vantaggi del piatto unico rispetto all’alimentazione<br />
tradizionale<br />
1. Massimizzazione dell’ingestione di<br />
mangimi con minori rischi di disfunzioni<br />
ruminali e quindi maggiori<br />
apporti nutrizionali<br />
2. Massimizzazione del lavoro del rumine<br />
per maggiore sincronismo di apporti di<br />
substrati per le fermentazioni<br />
3. Riduzione delle problematiche relative<br />
alla diversa appetibilità dei componenti<br />
della razione<br />
4. Possibilità di preparare il concentrato<br />
specifico in allevamento e di aggiungere<br />
integrazioni mirate, anche di quelle<br />
non appetibili<br />
5. Massima economia di acquisto dei<br />
mangimi (materie prime)<br />
Svantaggi del piatto unico rispetto all’alimentazione<br />
tradizionale con autoalimentatori<br />
1. Diversificazione delle razioni soltanto<br />
per gruppi (problematico nei piccoli<br />
allevamenti)<br />
2. Impiego di manodopera non indifferente<br />
(rispetto agli autoalimentatori)<br />
3. Aumento dei costi energetici per la<br />
trinciatura del foraggio<br />
La preparazione del piatto unico (foto<br />
10) può essere effettuata in diversi modi<br />
ma sicuramente lo schema che segue è il<br />
più razionale e quasi obbligato per i carri<br />
miscelatori verticali che altrimenti hanno<br />
difficoltà a trinciare il fieno. In ogni modo<br />
Foto 9 - Pisello proteico<br />
Foto 10<br />
Carro per piatto unico<br />
semovente.<br />
Alta Qualità<br />
115
116<br />
Alta Qualità<br />
è fondamentale che la lunghezza di taglio<br />
del foraggio lungo sia omogenea e quindi<br />
necessariamente ridotta: non più di 2-4<br />
cm. Se così non è sicuramente tale lunghezza<br />
sarà disomogenea e quindi il piatto<br />
unico permetterà agli animali di effettuare<br />
cernite.<br />
Schema di preparazione del piatto unico<br />
1. Caricamento dei concentrati<br />
2. Caricamento dei foraggi lunghi<br />
3. Trinciatura degli stessi<br />
4. Caricamento dei foraggi trinciati<br />
5. Miscelazione (possibilmente senza<br />
trinciare: carri con controcoltelli<br />
retrattili),<br />
6. Eventuale aggiunta di acqua<br />
7. Scarico in greppia.<br />
2 - Massimizzare la quantità e la<br />
qualità del latte<br />
La produzione del latte dipende, oltre<br />
che dalle potenzialità produttive degli animali<br />
anche dalla disponibilità di nutrienti<br />
necessari alla sua sintesi e quindi è fondamentale,<br />
come già accennato, massimizzare<br />
l’ingestione di sostanza secca. I fattori<br />
in grado di influenzare tale assunzione di<br />
alimento tuttavia, non riguardano soltanto<br />
gli alimenti ma anche la gestione dell’alimentazione,<br />
il management dell’allevamento<br />
e la struttura dello stesso allevamento.<br />
Obiettivo ingestione di sostanza secca<br />
1. Fornire alle vacche in abbondanza<br />
foraggi il più possibile:<br />
a) giovani,<br />
b) ben conservati,<br />
c) sani.<br />
2. Fornire sempre foraggi (tradizionale) o<br />
alimento (piatto unico) a volontà<br />
3. Non eccedere con gli apporti di mangimi<br />
4. Attenzione impiego grassi by-pass<br />
(appetibilità).<br />
5. Somministrare ben distribuiti nel tempo<br />
i mangimi (alimentazione tradizionale).<br />
6. Bilanciare bene la razione<br />
7. In caso di obbligo di uso di foraggi<br />
vecchi e/o poco appetibili trinciare<br />
particolarmente corto (piatto unico).<br />
8. Ottimizzare il management e la struttura<br />
dell’allevamento:<br />
a) curare l’igiene delle greppie (piastrellate<br />
o verniciate)<br />
b) fornire posti greppia confortevoli e<br />
adeguati al numero di animali<br />
(non meno del 90% dei capi)<br />
c) ridurre le attese per la mungitura<br />
(suddivisione in gruppi della mandria,<br />
e/o adeguato numero di<br />
gruppi mungitori: almeno 1 per<br />
ogni 9-10 capi)<br />
d) ridurre le distanze fra la zona di<br />
riposo e la corsia di alimentazione,<br />
e) ridurre gli stress termici ed in particolare<br />
mantenere fresca la corsia<br />
di alimentazione,<br />
f) curare con tempestività le patologie<br />
podali (soprattutto nellastabulazione<br />
libera).<br />
Tuttavia non è sufficiente che l’alimentazione<br />
sia<br />
– abbondante, deve essere al contempo<br />
– equilibrata nei diversi apporti nutrizionali<br />
e<br />
– costante durante l’arco della lattazione.<br />
Infatti, va osservato che l’aspetto temporale<br />
è altresì fondamentale per massimizzare<br />
la quantità e la qualità del latte.<br />
In sintesi occorre dare fiducia all’animale<br />
per tutta la lattazione (Figura 2).<br />
Tutto ciò sarà possibile soltanto se l’animale<br />
sarà mantenuto in condizione da<br />
assicurargli una buona salute nel senso<br />
dell’assenza di patologie ma anche un<br />
accettabile stato di benessere e comfort<br />
dell’ambiente in cui vive. Oltre all’attenzione<br />
che si deve porre alla gestione dell’alimentazione<br />
è quindi importante che<br />
venga posta attenzione alla confortevolezza<br />
delle aree di riposo comunque esse siano<br />
strutturate. Nel caso della lattiera permanente<br />
lo spazio deve essere adeguato<br />
(almeno 7 m2 per animale) ed il rinnovo<br />
della lettiera deve essere frequente in<br />
maniera da garantire l’igiene (dovrà essere<br />
più ravvicinato se la struttura prevede<br />
paddock scoperti sui quali piove o nevica.<br />
La soluziuone a cuccette, assai più diffusa<br />
per i più ridotti costi di gestione, deve<br />
invece innanzitutto prevedere un corretto<br />
dimensionamento in funzione della taglia<br />
degli animali poi deve essere realizzata<br />
con una superficie sufficientemente soffice<br />
per evitare lesioni agli arti ed infine
essere mantenuta pulita con la necessaria<br />
frequenza.<br />
Obiettivo quantità latte<br />
1. Nell’alimentazione delle bovine da latte<br />
ad alta produzione si deve massimizzare<br />
l’ingestione di sostanza secca.<br />
2. Nel valutare una razione considerare<br />
sempre prima l’ingestione di alimento<br />
e successivamente gli apporti energetici<br />
e proteici. Prima in termini assoluti<br />
e successivamente percentuali<br />
3. Occorre sempre garantire una buona<br />
salute ed un elevato benessere agli animali<br />
Non è facile rispettare in maniera duratura<br />
nel tempo le condizioni sopra esposte<br />
per il mantenimento di un’elevata produzione<br />
quantitativa, è sicuramente ancor<br />
più difficile accoppiare a tale situazione<br />
anche una elevata qualità del latte. Tuttavia<br />
non è affatto vero che elevata quantità<br />
significhi al contempo scarsa qualità, anzi,<br />
nella maggior parte delle realtà il titolo di<br />
proteine (uno dei più apprezzati e remunerati<br />
parametri) è superiore negli allevamenti<br />
più produttivi e questo perché in<br />
questi ultimi le bovine sono alimentate di<br />
più ed, evidentemente, meglio.<br />
Figura 2.<br />
Alta Qualità<br />
Per ottenere una buona qualità del latte<br />
e sicuramente fondamentale oltre al<br />
rispetto della salute e del benessere dell’animale<br />
anche massimizzare il lavoro del<br />
rumine. Questo aspetto è vero soprattutto<br />
in funzione del titolo proteico. Anche per<br />
migliorare la percentuale di grasso del latte<br />
le fermentazioni ruminali sono fondamentali<br />
ma oggi sappiamo che alcuni lipidi<br />
insaturi (detti CLA) possono determinare<br />
un abbassamento di questo parametro<br />
in presenza di un rumine perfettamente<br />
funzionante.<br />
Obiettivo qualità latte<br />
1. Massimizzare il lavoro del rumine permettendo<br />
all’animale di assumere frequentemente<br />
fonti di energia e proteine<br />
velocemente degradabili.<br />
2. Flate-rate feeding: quantità fissa di<br />
mangimi per tutta la lattazione, in<br />
particolare è fondamentale non ridurre<br />
eccessivamente la somministrazione<br />
di mangimi nella seconda fase di lattazione.<br />
Questo errore provoca una<br />
carenza energetica e proteica che conduce<br />
a:<br />
a) riduzione della persistenza di lattazione<br />
b) peggioramento della qualità del<br />
117
118<br />
Alta Qualità<br />
latte in termini di titoli proteici,<br />
caseinici, lipidici, del livello acidità<br />
(inferiore) e dell’indice lattodinamografico<br />
(coagulazione lenta).<br />
3. Foraggi giovani a volontà<br />
4. Mantenimento di una buona salute<br />
dell’animale e del suo fegato in particolar<br />
(epatoprotettori).<br />
2.1 - Massimizzare il lavoro del<br />
rumine<br />
<strong>Il</strong> lavoro del rumine può essere massimizzato<br />
grazie alla presenza contemporanea,<br />
al suo interno di fonti energetiche e<br />
proteiche fermentescibili e complementari<br />
per le esigenze della mcropopolazione<br />
presente. I foraggi giovani, le polpe di barbabietola<br />
ed il pastazzo d’agrumi sono<br />
sicuramente fra i migliori apportatori di<br />
fibra velocemente degradabile; i cereali,<br />
specie se umidi o trattati termicamente<br />
(fioccati, estrusi ecc…), sono invece i classici<br />
apportatori di carboidrati non fibrosi,<br />
anche se non bisogna dimenticare il<br />
melasso (ricchissimo di zuccheri solubili e<br />
quindi immediatamente disponibili per le<br />
fermentazioni); infine sul versante proteico,<br />
oltre alle materie prime già trattate, fra<br />
le quali spicca per importanza commerciale<br />
la farina di estrazione di soia, non bisogna<br />
dimenticare di nuovo i foraggi giovani,<br />
specialmente di leguminose.<br />
Obiettivo fermentazioni ruminali<br />
1. <strong>Il</strong> lavoro del rumine dipende dalla<br />
presenza di substrati energetici e proteici<br />
che devono essere presenti contemporaneamente<br />
al suo interno.<br />
2. La massima efficienza si ottiene con<br />
apporti continui (pasti frequenti) di<br />
substrati energetici e proteici facilmente<br />
fermentiscibili.<br />
3. I foraggi giovani sono classicamente i<br />
migliori apportatori di proteina fermentescibile.<br />
4. In generale la proteina richiesta deve<br />
essere nobile e facilmente degradabile.<br />
5. I cereali sono i classici apportatori di<br />
energia fermentescibile.<br />
6. La granella umida (pastoni) è più fermentescibile<br />
di quella secca.<br />
7. Le granelle secche di mais e sorgo<br />
(amido “lento”) traggono notevole<br />
giovamento dalla macinazione fine o<br />
da trattamenti ancora più energici:<br />
fioccatura, estrusione.<br />
PARTE TERZA<br />
Alcuni consigli<br />
Un problema che si può presentare<br />
all’allevatore è la presenza di aflatossine<br />
nel latte. Infatti, la Comunità Europea,<br />
con regolamento CE 1525 del 16 luglio<br />
1998, ha stabilito tenori massimi ammissibili<br />
per alcuni contaminanti presenti nei<br />
prodotti alimentari. In particolare il legislatore<br />
si è soffermato a considerare la<br />
pericolosità della presenza di aflatossine<br />
M1 nel latte. dal primo gennaio 1999, la<br />
soglia massima di aflatossina M1 nel latte<br />
è stata fissata a 50ppt (parti per trilione<br />
o nano grammi/chilo), pena la non<br />
commerciabilità del latte.<br />
Dal punto di vista scientifico le micotossine<br />
sono prodotti del metabolismo di<br />
alcuni tipi di funghi. I ceppi fungini in<br />
grado di produrre questi metabolismi<br />
sono numerosi e numerose sono le tossine<br />
identificate fino ad oggi.La zona di possibile<br />
contaminazione degli alimenti, che<br />
può iniziare dal campo e perdurare durante<br />
le fasi di coltivazione e raccolta senza<br />
subire modifiche (anzi spesso rinforzarsi<br />
durante la posa in magazzino e nelle<br />
diverse fasi di trasformazione, di stoccaggio,<br />
e di trasporto, rendono obbligatorio<br />
l’attenzione ad ogni fase della produzione<br />
e di trasformazione di un alimento. Inoltre<br />
l’elevata stabilità termica di questi<br />
metabolici fa sì che i processi di trasformazione<br />
(pellettatura, fiaccatura, tostatura,<br />
eccetera) non siano in grado di ridurne<br />
la tossicità.<br />
ppm (parte per milione = mg/kg (milligrammo/chilo)<br />
ppb (parti per bilione = mg/kg (microgrammi/chilo)<br />
ppt (parti per trilione) = ng/kg ( nanogrammi/chilo)<br />
equivalenze: uno ppm = 1.000 ppb = 1.000.000 ppt<br />
In molti allevamenti, la presenza dell’aflatossina<br />
B1 negli alimenti sono le<br />
maggiori responsabili del passaggio di<br />
aflatossine M1 nel latte.<br />
La sensibilità e la volontà dell’allevatore,<br />
collaborando con il proprio tecnico alimentarista<br />
di fiducia e disponibile ad eliminare<br />
il proprio mais se contaminato o
ad un rapporto di massima chiarezza con<br />
il proprio fornitore di mangime, il problema<br />
può essere corretto.<br />
Quindi il problema della contaminazione<br />
da aflatossine nel latte, è un problema<br />
gestibile, perché una volta rilevato<br />
risulta di facile e veloce correzione. La<br />
difficoltà maggiore è di tipo diagnostico,<br />
cioè individuare in modo rapido gli alimenti<br />
contaminati nella razione delle<br />
bovine da latte. Ciò impone un monitoraggio<br />
continuo, del latte prodotto, oltre<br />
che una azione di controllo delle forniture<br />
di alimenti in stalla, sia esse prodotte in<br />
azienda sia acquistate per prevenire l’immissione<br />
nel processo produttivo di alimenti<br />
contaminati da aflatossine B1.<br />
<strong>Il</strong> problema delle aflatossine nel latte è<br />
un problema di filiera e, come tale va<br />
affrontato.<br />
Nel caso di alimenti acquistati vanno<br />
perciò tenuti sottocontrollo i fornitori,<br />
verificandone la capacità di eseguire controlli<br />
a monte sulle derrate in entrata e a<br />
gestire la derrata in modo adeguato (stoccaggio,<br />
essiccazione, manipolazione del<br />
prodotto, trasporto ecc.), mentre per gli<br />
alimenti prodotti in azienda sarebbe<br />
opportuno mettere in atto una serie di<br />
misure preventive per garantirne la qualità.<br />
Se viene riscontrato un livello superiore<br />
ai valori ammessi nel latte di massa ( 30<br />
–40 ng/kg), livello di attenzione), di aflatossine<br />
M1 nel latte l’allevatore deve darne<br />
comunicazione immediata a chi ritira il<br />
latte.<br />
In azienda deve:<br />
– Considerare i componenti a rischio nella<br />
razione<br />
– Rilevare se sono state introdotte nella<br />
razione nuove partite di mangime semplici<br />
o composti negli ultimi giorni ed<br />
eventualmente sostituirli<br />
– Far analizzare immediatamente i componenti<br />
più a rischio della razione presso<br />
un laboratorio affidabile . Eventualmente<br />
farsi assistere da persona competente<br />
– Se le aflatossine M1 nel latte di massa<br />
superano i 50 ng/kg, togliere immediatamente<br />
dalla razione i concentrati a<br />
rischio aflatossina e sostituirli con un<br />
mangime sicuro...<br />
– Per tentare di inattivare le micotossine<br />
presenti negli alimenti sono stati messi<br />
Alta Qualità<br />
in atto diverse tecnologie di carattere<br />
fisico (pulitura, lavaggio, setacciatura<br />
applicazione del calore....,) chimico,<br />
(ammoniaca idrossido di calcio, formaldeide)<br />
biologico, (allumina, silice, zeoliti<br />
carbone attivo, eccetera), ma la maggior<br />
parte delle tecniche sono poco pratiche,<br />
inefficaci, costose e potenzialmente<br />
pericolose.<br />
1 - I correttori dietetici<br />
La grande lattifera in molte situazioni<br />
non ce la fa a nutrirsi a sufficienza e,<br />
volendola soccorrere si interviene con<br />
concentrati, di conseguenza, è esposta<br />
maggiormente all’acidosi. Per abbassare il<br />
rischio dell’acidosi non rimane che utilizzare<br />
gli alcalinizzanti, gli stimolatori dei<br />
batteri e gli erogatori di energia. Tra questi<br />
elenchiamo:<br />
– Bicarbonato di sodio<br />
– Carbonato di calcio<br />
– Ossido di magnesio<br />
– Lieviti<br />
– Glicole propilenico<br />
2 - I lieviti<br />
Appartengono alla grande famiglia dei<br />
probiotici. Sempre più sono utilizzati nell’alimentazione<br />
animale. Sono prodotti<br />
biologici e naturali. Sono microrganismi<br />
viventi che, ingeriti in quantità sufficiente,<br />
esercitano un effetto positivo sulla<br />
salute: colonizzazione del tratto gastro –<br />
intestinale, normalizzazione del transito,<br />
stimolazione delle difese immunitarie dell’intestino<br />
e apporto di nutrienti benefici.<br />
I lieviti vanno utilizzati nei momenti e le<br />
sfide difficili del rumine della vacca da latte.<br />
Da quindici giorni prima del parto<br />
fino al terzo – quarto mese di lattazione,<br />
quando la produzione di latte è elevata ed<br />
i fabbisogni alimentari sono importanti.<br />
L’aggiunta di lievito tende a far aumentare<br />
l’ingestione e a tamponare eventuali<br />
squilibri nella razione. In razioni ricche di<br />
cereali e amido, per limitare i rischi di sub<br />
acidosi, i lieviti esercitano una azione protettiva,<br />
mantenendo stabile il ph e l’attività<br />
ruminale. In periodi di stress (cambio<br />
alimentazione, periodi di forte caldo,<br />
modifiche alle strutture eccetera) i lieviti<br />
limitano i disturbi digestivi.<br />
119
3 - Vacche in transizione<br />
La vacca che si trova nei giorni immediatamente<br />
successivi al parto è conosciuto<br />
come Transitin Cow ed il periodo è<br />
chiamato Transition period. In questa fase<br />
l’animale subisce i maggiori problemi,<br />
alcune delle principali dismetabolie cui va<br />
incontro, sono:<br />
– Chetosi e fegato grasso<br />
– Dislocazione dell’abomaso<br />
– Acidosi ruminali e laminiti<br />
– Caduta del grasso del latte<br />
Una richiesta elevata di energia nelle<br />
prime fasi della lattazione è fisiologica. In<br />
diversi casi la vacca non riesce a coprire il<br />
suo fabbisogno, con ciò che ingerisce. Di<br />
conseguenza utilizza il grasso di riserva.<br />
Dall’incompleta ossidazione dei grassi<br />
(NEFA) si formano i corpi che tonici.<br />
Come si previene – Risulta essenziale<br />
una adeguata alimentazione alla preparazione<br />
al parto e i primi 10 giorni successivi<br />
al parto. In particolare, massimizzare<br />
l’ingestione, evitare rapidi cambi di dieta,<br />
evitare alimenti poco appetibili, non provocare<br />
stress ambientali (box e sala parto),<br />
controllo BCS. Con il proprio tecnico alimentarista<br />
valutare se è necessario in questa<br />
fase interventi straordinari con somministrazioni<br />
di glicole e o sodio propinato o<br />
similari.<br />
Non bisogna dimenticare che si possono<br />
evitati i problemi sopra citati se è curata<br />
una buona ingestione di fibra lunga da<br />
parte della vacca durante il periodo di vera<br />
asciutta. Se nel periodo di asciutta nella<br />
razione è frequente una presenza di concentrati<br />
eccessiva, soprattutto amidi, limita<br />
l’assunzione di sostanza secca, con una<br />
riduzione della capacità investiva e un relativo<br />
ingrassamento non desiderato della<br />
vacca. Nell’asciutta la fibra lunga è essenziale<br />
per garantire la maggior distensione<br />
possibile del rumine, contrastata dallo sviluppo<br />
del feto. La ridotta ingestione di<br />
sostanza secca dopo il parto, in diretta relazione<br />
alla minore ingestione durante l’asciutta,<br />
sopratutte nelle ultime fasi, è la<br />
causa di chetosi e dislocazioni, che riducono<br />
moltissimo il potenziale produttivo<br />
dell’animale. Risulta essenziale che gli alimenti<br />
che forniscono fibra, siano di qualità<br />
e privi di aflatossine, vomitossine, giacché<br />
ne limiterebbero l’assunzione.<br />
120<br />
Alta Qualità<br />
3.1 - Riducono l’ingestione degli<br />
alimenti:<br />
– Acidi grassi derivanti dalle fermentazioni<br />
anomale degli insilati e fasciati<br />
(esempio l’acido butirrico)<br />
– L’eccesso di ammoniaca<br />
– Prodotti contaminati da fusariosi nel<br />
mais, come vomitossine<br />
– Durante la conservazione attacchi da<br />
funghi e quindi contaminazione con<br />
micotossine<br />
– Le ossidazioni a carico di farine, granelle<br />
e foraggi<br />
– <strong>Il</strong> sapore sgradevole dei prodotti ricorrente<br />
nei grassi e negli alimenti oleosi,<br />
perciò è basilare l’integrità dei semi di<br />
soia, cotone, ma anche mais<br />
– Miscelate conservate e trattate non correttamente.<br />
Evitare fermentazioni e<br />
aumenti di temperatura<br />
– La corretta umidità della miscelata<br />
– Nel piatto unico evitare la separazione<br />
tra concentrati e le fibre meno appetibili<br />
(verificare lunghezza taglio fibra e la<br />
sostanza secca)<br />
– <strong>Il</strong> numero ridotto di posti in mangiatoia<br />
ostacoli e percorsi difficoltosi<br />
4 - La somministrazione degli<br />
alimenti<br />
La somministrazione degli alimenti<br />
può influenzare di per se le fermentazioni<br />
ruminali e di conseguenza il rendimento<br />
degli alimenti, soprattutto con elevati<br />
impieghi di concentrati. L’ingestione di<br />
alimenti comporta, a livello ruminale, un<br />
abbassamento del Ph conseguente alla<br />
produzione di acidi grassi volatili. L’entità<br />
e la durata di questa flessione sono legate<br />
alla velocità con cui sono attaccati i substrati<br />
da fermentare. I concentrati hanno<br />
tempi più lunghi dei foraggi.<br />
4.1 - La distribuzione del piatto<br />
unico<br />
<strong>Il</strong> sistema più sicuro per evitare fermentazioni<br />
il piatto unico dovrebbe essere<br />
distribuito due volte il giorno. Diventa<br />
indispensabile la distribuzione due volte il<br />
giorno nei periodi più caldi dell’anno e<br />
nelle zone di forte ventosità, poiché il vento<br />
asciuga e fa perdere appetibilità.
La distribuzione del piatto unico<br />
dovrebbe avvenire in corrispondenza dell’uscita<br />
degli animali dalla sala di mungitura.<br />
Se in questo momento non c’è alimento<br />
somministrato fresco, oppure non<br />
è possibile accedere alla mangiatoia, le<br />
vacche si coricano, oltre al contatto dei<br />
capezzoli ancora aperti, con la lettiera, ma<br />
soprattutto nei periodi caldi e freddi accedono<br />
successivamente ma in modo limitato<br />
alla foraggiata. Nei periodi più critici<br />
può essere utile movimentare gli animali e<br />
avvicinare più volte nella giornata l’unifeed<br />
alla mangiatoia. Se la distribuzione<br />
del piatto unico è effettuata una sola volta<br />
il giorno, all’uscita della sala di mungitura<br />
le vacche dovrebbero trovare l’unifeed<br />
avvicinato alla mangiatoia. Per rendere<br />
veloce questa operazione esistono macchine,<br />
appositamente studiate, da applicare<br />
ad un normale trattore agricolo dotate<br />
di spazzole circolari, che dopo aver raccolto<br />
le vacche in sala di attesa qualsiasi operatore<br />
in pochi minuti può avvicinare la<br />
strisciata alla mangiatoia.” Non dimenticare<br />
mai di aprire la rotoballa di fieno o<br />
altro a terra, rimuovere il foraggio prima<br />
di introdurre nel carro”. Se sono presenti,<br />
terra pietre, parti ammuffite, od altro<br />
impurità, possono essere separate e non<br />
introdotte nel carro.<br />
Foto 12 - Abbeveratoio a bacinella<br />
Alta Qualità<br />
Foto 11 - Stalla con corsia di alimentazione.<br />
4.2 - La tecnica tradizionale<br />
L’assenza di sistemi meccanizzati,<br />
diventa basilare accertare quanti pasti di<br />
concentrati possono essere realizzati nel<br />
corso della giornata e curare l’ordine di<br />
distribuzione degli alimenti. In particolare<br />
i pasti a base di mangimi superiori a 2,<br />
0 kg ognuno è bene far precedere la distribuzione<br />
di foraggi di buona qualità e<br />
molto appetibili. Questo ordine di distribuzione<br />
si è rilevato capace di migliorare i<br />
titoli lipidici del latte e l’utilizzazione<br />
digestiva della fibra. (foto 11)<br />
121
5 - Abbeverata<br />
Nei periodi più caldi o i più freddi<br />
l’assunzione di acqua può limitare l’ingestione.<br />
Con il caldo, maggiore sudorazione,<br />
ed eccessiva perdita di sali minerali,<br />
Quantità abnorme di acqua a discapito<br />
della sostanza secca. Rimedio. Integrazione<br />
minerale per riequilibrare il livello salino.<br />
Con il freddo , acqua a temperature<br />
basse, perciò si rallentano le fermentazioni<br />
ruminali. (foto 12)<br />
E’ indiscutibile l’elemento più importante<br />
per la vacca da latte e può condizionarla<br />
sia per indisponibilità, che per scarsa<br />
qualità.<strong>Il</strong> consumo di acqua di una vacca<br />
cambia in funzione della temperatura<br />
ambientale. Per una vacca che produce 28<br />
kg il giorno, il consumo di acqua a temperatura<br />
ambiente di 37°c è doppio<br />
rispetto ad un ambiente con temperatura<br />
di 10°c . per ogni kg di sostanza secca<br />
ingerita una vacca può consumare da 3 a<br />
6 l di acqua in funzione della temperatura<br />
ambiente.Le vacche più produttive possono<br />
consumare 180 l di acqua il giorno.<br />
122<br />
Alta Qualità<br />
Suggerimenti<br />
– Mettere abbeveratoi in sala di attesa e<br />
all’uscita dalla sala di mungitura<br />
– Gli abbeveratoi devono essere posti<br />
all’ombra e visibili<br />
– Velocità di erogazione > di 20 litri il<br />
minuto<br />
– Livello acqua non < a 8 –9 cm<br />
– Un abbeveratoio ogni 20 vacche<br />
– Temperatura acqua 18 - 22 °c<br />
– Pulire e disinfettare abbeveratoi con<br />
soluzioni disinfettanti (cloro) una volta<br />
ogni 15 giorni<br />
6 - <strong>Il</strong> carro del piatto unico<br />
SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE DELLE CARATTERISTICHE FISICHE DEL FORAGGIO<br />
(Mertens, 1997)<br />
<strong>Il</strong> carro unifeed è utilizzato tutti i giorni.<br />
le vacche devono essere alimentate in<br />
modo corretto tutti giorni. Diventa quindi<br />
basilare, dopo un ’acquisto fatto secondo<br />
criteri tecnici corretti e legati alle esigenze<br />
dimensionali e caratteriali dell’azienda,<br />
mantenerlo efficiente e in sicurezza.<br />
<strong>Il</strong> principale aspetto da non dimenticare<br />
è evitare di eliminare le protezioni<br />
che evitano all’operatore di essere inavvertitamente<br />
fresato dal gruppo desilatore,<br />
Classificazione Lunghezza Graminacee Graminacee Insilato Medica Medica Concenteorica<br />
Taglio<br />
Fieno Insilato di mais fieno insilato trati<br />
Lungo<br />
Trinciatura<br />
Lungo<br />
grossolana<br />
Trinciatura<br />
4,8-8,0 Grossolano Grossolano Lungo<br />
media grossolana 2,4-4,0<br />
Trinciatura<br />
Medio Medio Grossolano Grossolano<br />
media<br />
Trinciatura<br />
1,2-2,0 fine fine medio Medio grossolano<br />
medio fine<br />
Trinciatura<br />
0,6-1,0<br />
fine 0,3-0,5<br />
Macinato 0,15–0,25 Macinato Macinato<br />
o pellettato<br />
Schiacciato<br />
Macinatura<br />
pellettato pellettato<br />
grossolana 1,25<br />
Macinatura media 0,90<br />
Macinatura fine o<br />
Mix<br />
pellettatura 0,63 pellettato
evitare di legare i portelli di protezione al<br />
gruppo fresa e organi in movimento.<br />
Oltre alle manutenzioni di sostituzione<br />
olio, secondo le indicazioni del costruttore,<br />
perché con il tempo si danneggiano i<br />
parti dei riduttori e si può arrivare al grippaggio.<br />
Questo oltre al forte costo della<br />
riparazione, non è possibile alimentare le<br />
vacche per alcuni giorni, se non si trova<br />
un altro carro.<br />
Una particolare attenzione che l’allevatore,<br />
o l’incaricato all’utilizzo del carro,<br />
è il costante controllo dell’usura dei coltelli.<br />
Diventa difficile dare indicazioni,<br />
dopo quante ore devono essere sostituiti,<br />
giacché la loro usura è legata dalle caratte-<br />
Alta Qualità<br />
ristiche e dalla tipologia degli alimenti utilizzati<br />
in razione. In condizioni normali si<br />
può in ogni caso indicare che i coltelli della<br />
coclea centrale in un carro orizzontale,<br />
devono essere sostituiti dopo 300 ore di<br />
lavoro. Per avere una buona qualità di<br />
taglio, e, che il foraggio non si scaldi e<br />
rimanga soffice periodicamente è opportuno<br />
correggere e tarare i coltelli, mantenendo<br />
la parte affilata verso il foraggio da<br />
tagliare e a giusta distanza dal fondo. Evitare<br />
che sulle coclee rimangano impigliate<br />
metri di reti e fili di roto balle. E’ consigliabile<br />
effettuare giornalmente la pulizia<br />
del carro.<br />
123
Profilo del Gruppo Granarolo<br />
S.p.a.<br />
Granarolo e la passione<br />
per l’alta qualità<br />
ANDREA BORSARI<br />
Direttore Ricerca Sviluppo Assicurazione Qualità Granarolo Spa<br />
<strong>Il</strong> gruppo Granarolo è un’impresa leader<br />
in Italia nel settore lattiero-caseario,<br />
primo nel latte fresco pastorizzato con circa<br />
il 30% di quota di mercato e secondo<br />
nel latte UHT a lunga conservazione con<br />
quota di circa il 12%. Capofila del gruppo<br />
e principale azionista è il Consorzio<br />
Cooperativo <strong>Granlatte</strong> costituito da una<br />
rete di produttori di latte associati sia singolarmente<br />
che come cooperative di raccolta<br />
latte. Fanno parte del gruppo Gra-<br />
Alta Qualità<br />
narolo le società controllate Sail sita a<br />
Gioia del Colle (Bari), Centrale del Latte<br />
di Milano, Calabria Latte (Cosenza),<br />
Vogliazzi (Caresanablot - Vercelli), azienda<br />
produttrice di specialità gastronomiche<br />
e piatti pronti, Agriok società che gestisce<br />
un portale agricolo su internet per la fornitura<br />
di prodotti e servizi per le imprese<br />
agricole.<br />
I nove stabilimenti, dislocati in varie<br />
aree del territorio italiano, utilizzano in<br />
prevalenza latte crudo locale e delle regioni<br />
limitrofe e sono situati a:<br />
Novara (latte fresco e UHT), Milano<br />
125
126<br />
Alta Qualità<br />
(latte fresco e UHT), Mogliano Veneto<br />
(latte fresco), Soliera (latte UHT, panna<br />
UHT e latti speciali); Bologna (latte e<br />
panna freschi; caseificio), Rimini (latte<br />
fresco), Castel S. Pietro Terme (yogurt);<br />
Anzio (latte e panna freschi), Gioia del<br />
Colle (latte fresco e UHT).<br />
La gamma dei prodotti lattiero-caseari<br />
realizzati negli stabilimenti sopra citati è<br />
molto ampia e comprende latte fresco<br />
pastorizzato di Alta Qualità, latte e panna<br />
freschi, latte pastorizzato a temperatura<br />
elevata (linea Più Giorni), latte Prima<br />
Natura Bio da Agricoltura Biologica, latte<br />
e panna UHT a lunga conservazione,<br />
mozzarelle, stracchini, squacquerone,<br />
ricotta, mascarpone, yogurt di vario tipo,<br />
latti speciali dietetici, latte ad Alta Digeribilità,<br />
dessert.<br />
La Mission di Granarolo<br />
La Granarolo di oggi porta con sé<br />
buona parte dei valori e degli obiettivi delle<br />
Cooperative, degli agricoltori, delle<br />
maestranze che l’hanno via via costruita<br />
nell’arco di alcuni decenni, fino a farla<br />
diventare una società primaria e di alta<br />
reputazione nel settore lattiero-caseario<br />
italiano.<br />
La Mission di Granarolo è di creare<br />
valore per gli attori del processo di filiera<br />
agroalimentare e lavorare per sviluppare i<br />
seguenti obiettivi:<br />
– Soddisfazione del consumatore, con la<br />
fornitura di prodotti salubri, genuini,<br />
freschi, naturali, tipici;<br />
– Soddisfazione del cliente, tramite qualità<br />
del servizio e dei prodotti, l’innova-
zione e il dialogo;<br />
– Soddisfazione del produttore socio,<br />
valorizzando la produzione di latte sicuro<br />
e di qualità e l’impegno a valorizzarla;<br />
– Soddisfazione del personale, con il riconoscimento<br />
della competenza e la professionalità;<br />
– Soddisfazione dell’azionista, con l’equa<br />
remunerazione del capitale investito.<br />
Granarolo vuole essere l’impresa<br />
dell’“Alta Qualità” e della “filiera agroalimentare”,<br />
che lavora nel modo migliore il<br />
latte crudo fornito da <strong>Granlatte</strong> per ottenere<br />
prodotti freschi, sicuri, buoni, e di<br />
Alta Qualità, da distribuire sul mercato<br />
italiano e internazionale; tutte queste attività<br />
vengono svolte salvaguardando l’ambiente<br />
e riducendo gli impatti sulla natura,<br />
rispettando le persone e utilizzando comportamenti<br />
etici e di responsabilità sociale.<br />
Politica della Qualità del latte<br />
Granarolo si è distinta da molto tempo<br />
nel praticare una politica di miglioramento<br />
continuo della qualità del latte per<br />
ottenere sia un latte crudo migliore, più<br />
igienico e sicuro, sia per ottenere da tale<br />
materia prima dei prodotti lattiero-caseari<br />
migliori per competere sul mercato con<br />
qualità superiore e riconoscibile. Questa<br />
politica è stata attivata con gli allevatori<br />
già in tempi lontani a partire dalla seconda<br />
metà degli anni ’70, tra i primi in Italia,<br />
con l’attuazione di grandi piani di<br />
refrigerazione capillare del latte alla stalla<br />
ed estesi programmi di profilassi della<br />
mastite bovina e di assistenza e manutenzione<br />
degli impianti di mungitura; in<br />
parallelo si svolgevano incontri e corsi di<br />
formazione per tecnici e allevatori.<br />
Nel 1984 è sta intrapresa, dopo alcuni<br />
anni di sperimentazione e rodaggio, la<br />
remunerazione differenziata della qualità<br />
del latte (pagamento latte a qualità) sulla<br />
base della determinazione di parametri<br />
analitici obiettivi di composizione del latte,<br />
caratteristiche microbiologiche e sanitarie.<br />
Questo meccanismo ha incentivato<br />
progressivamente la produzione di latte<br />
con caratteristiche qualitative migliori<br />
premiandolo rispetto a latte più scadente,<br />
che deve essere sottoposto a detrazioni di<br />
prezzo.<br />
Alta Qualità<br />
Tali anni di miglioramento hanno<br />
consentito a Granarolo di iniziare subito<br />
nel 1992 a produrre latte fresco di Alta<br />
Qualità, quando è entrata completamente<br />
in vigore la legge n° 169 del 1989.<br />
Nel corso del tempo la crescita quantitativa<br />
è stata imponente e oggi il latte di<br />
Alta Qualità rappresenta oltre il 52 % del<br />
totale del latte fresco pastorizzato prodotto<br />
da Granarolo.<br />
Ai fini del pagamento a qualità, l’analisi<br />
completa del latte crudo dei singoli<br />
allevatori e quello delle masse su autocisterna<br />
alla consegna alle banchine degli<br />
stabilimenti, viene eseguita nel laboratorio<br />
centrale a Bologna, che è dotato di<br />
modernissimi strumenti per il controllo<br />
automatico dei campioni di latte e per l’emissione<br />
rapida dei risultati di analisi e dei<br />
certificati e l’invio su rete internet dei dati<br />
per l’Alta Qualità.<br />
<strong>Il</strong> laboratorio Centrale è stato accreditato<br />
fin dal 1993 e ha un sistema di gestione<br />
della qualità certificato, a garanzia dell’affidabilità,<br />
competenza e indipendenza.<br />
In tale laboratorio si eseguono anche le<br />
analisi periodiche per la ricerca di aflatossina<br />
M1 nel latte e analisi particolari per il<br />
monitoraggio di varie famiglie di antibiotici,<br />
eventuali residui di trattamenti con<br />
farmaci delle bovine.<br />
Politiche di qualità e sistemi di<br />
gestione certificati<br />
In parallelo agli impegni e alle attività<br />
svolte nella produzione primaria di latte,<br />
si è svolta nel tempo una progressiva e<br />
intensa attività di creazione dei sistemi di<br />
Gestione e di Assicurazione Qualità, negli<br />
stabilimenti di trattamento del latte, con<br />
lo scopo di garantire il mantenimento delle<br />
caratteristiche qualitative della materia<br />
prima e la regolarità, affidabilità e sicurezza<br />
del processo produttivo, dagli ingressi<br />
negli stabilimenti fino alla distribuzione<br />
dei prodotti.<br />
In pratica è stato applicato progressivamente<br />
un sistema basato in prevalenza<br />
su buone pratiche di lavorazione e controllo<br />
qualità, dapprima non completamente<br />
formalizzate e integrate tra loro, e<br />
che successivamente è stato trasformato in<br />
sistemi organizzati e conformi alle norme<br />
internazionali della serie ISO 9000, certi-<br />
127
128<br />
Alta Qualità<br />
ficati da Enti di Certificazione indipendenti<br />
e accreditati.<br />
I certificati dei Sistemi di Qualità sono<br />
riconosciuti a livello internazionale e permettono<br />
di attribuire, con dichiarazione,<br />
alle aziende una capacità di gestire completamente<br />
i requisiti della qualità e di<br />
conseguenza la produzione di prodotti<br />
conformi a livelli di qualità prestabiliti e<br />
costanti.<br />
<strong>Il</strong> processo produttivo nei vari stabilimenti<br />
di trattamento termico e confezionamento,<br />
o nella trasformazione casearia<br />
o nella produzione di yogurt, è inquadrato<br />
in un metodo di valutazione dei rischi,<br />
di individuazione dei punti critici e di<br />
controllo e gestione di tali punti allo scopo<br />
di assicurare l’ igenicità e la sicurezza<br />
alimentare.<br />
Questo metodo chiamato HACCP<br />
(Hazard Analysis Critical Control Point =<br />
Analisi dei Pericoli e dei Punti Critici di<br />
Controllo) è usato in tutti gli stabilimenti<br />
Granarolo, in quanto obbligatorio per<br />
legge, ed è inserito nel sistema di gestione<br />
della qualità. Gli obiettivi principali sono<br />
di ricevere latte, materie prime, ingredienti,<br />
e materiali di confezionamento in conformità<br />
ai requisiti di legge e agli standard<br />
aziendali di qualità; tutte le forniture sono<br />
sottoposte a un controllo di qualità.<br />
Tutto il processo produttivo, nelle<br />
varie fasi e stadi di lavorazione, e gli stoccaggi<br />
e movimentazioni vengono tenuti<br />
sotto stretto controllo per evitare difettosità<br />
e raggiungere le specifiche aziendali; i<br />
prodotti forniti, opportunamente campionati,<br />
sono sottoposti a numerosi controlli<br />
e analisi per accertare il rispetto dei<br />
requisiti.<br />
Alcune speciali linee di prodotto come<br />
il latte fresco di Alta Qualità e i suoi prodotti<br />
derivati come yogurt e mozzarella e<br />
anche la linea Prima Natura Bio (latte ad<br />
alta pastorizzazione, stracchino, mozzarella,<br />
yogurt, ottenuti con latte da agricoltura<br />
biologica), sono lavorate in modo separato<br />
e in tempi distinti rispetto al latte<br />
comune, per garantire l’individuazione e<br />
la rintracciabilità ed impedire miscelazioni<br />
ed eventuali contaminazioni.<br />
Granarolo ha un settore di Assicurazione<br />
Qualità che presidia varie aree quali:<br />
– Progettazione e revisione dei piani<br />
Haccp;<br />
– Progettazione e implementazione dei<br />
processi di certificazione:<br />
– Coordinamento delle procedure di controllo<br />
qualità e di controllo del processo<br />
produttivo;<br />
– Gestione dei reclami;<br />
– Attività di ispezione sui siti produttivi e<br />
di distribuzione e i trasporti.<br />
Tutti gli stabilimenti del gruppo Granarolo<br />
hanno già ottenuto una certificazione<br />
ISO 9000 o hanno in corso l’implementazione<br />
del sistema qualità certificabile.<br />
Nella tabella sono presentate le certificazioni<br />
dei siti produttivi al 31/12/02.<br />
Granarolo, in coerenza con la propria<br />
missione, si è anche impegnata sul versante<br />
della protezione dell’ambiente e della<br />
riduzione degli impatti industriali, anche<br />
con lo scopo di assicurare il rispetto delle<br />
leggi ambientali; ha introdotto sistemi di<br />
gestione ambientale in tutti i siti produttivi,<br />
ottenendo già alcune certificazioni di<br />
conformità alla norma internazionale ISO<br />
14001 e in alcuni stabilimenti anche la<br />
certificazione europea EMAS: lo stabilimento<br />
di produzione dello yogurt a<br />
Castel S. Pietro Terme è stato il primo in<br />
Italia ad ottenere la certificazione EMAS<br />
nel settore agroalimentare.<br />
Gli stabilimenti sono impegnati nel<br />
controllare e ridurre tutti gli impatti sull’ambiente<br />
e nell’impiegare le migliori<br />
pratiche per la gestione di acqua, energia,<br />
depurazione, rifiuti ecc…<br />
Granarolo e <strong>Granlatte</strong> hanno già<br />
effettuato alcune ricerche per la valutazione<br />
degli impatti ambientali nell’attività<br />
agricola e di allevamento del bestiame per
CERTIFICAZIONI SITI PRODUTTIVI GRUPPO GRANAROLO<br />
la produzione di latte: tali attività hanno<br />
un impatto importante che dovrebbe<br />
essere conosciuto e gestito dagli agricoltori.<br />
In un prossimo futuro è stato previsto<br />
di attivare iniziative di sensibilizzazione e<br />
di formazione degli operatori agricoli sui<br />
temi di gestione ambientale in modo da<br />
trasferire su tutta la filiera di produzione<br />
del latte metodi di gestione razionale e<br />
sicura che tutelino l’ambiente, l’uomo e il<br />
latte prodotto.<br />
Filiera controllata e rintracciabilità<br />
di filiera<br />
Nel corso degli anni Granarolo ha<br />
sempre sviluppato una politica industriale<br />
di collaborazione e legame con le strutture<br />
zootecniche di produzione del latte nelle<br />
varie aree territoriali dove sono presenti<br />
gli stabilimenti di produzione e dove si è<br />
ricollocato tale latte sottoforma di prodotti<br />
finiti. In pratica un sistema di filiera<br />
agricola dalla stalla alla tavola del consumatore<br />
che è stato proposto su gran parte<br />
del territorio nazionale.<br />
<strong>Il</strong> Consorzio <strong>Granlatte</strong> e Granarolo<br />
hanno lanciato nell’autunno del 2000<br />
un’importante progetto per le due filiere<br />
del latte di Alta Qualità e Biologico: creazione<br />
e applicazione di un sistema Haccp<br />
di prevenzione dei rischi e di gestione della<br />
sicurezza alimentare e della rintracciabilità<br />
delle materie prime nelle varie fasi del-<br />
Alta Qualità<br />
Sito produttivo ISO ISO ISO EMAS Certificato Certificazione Certificazione<br />
Bologna<br />
9001 9002 14001 di Prodotto rintracciabilità<br />
di filiera<br />
filiera controllata<br />
Pastorizzato<br />
Bologna<br />
25/07/02 31/07/02 30/10/02 18/10/02 18/10/02<br />
Caseificio 14/07/01 31/07/02 30/10/02 18/10/02 18/10/02<br />
Bologna 19/05/93<br />
laboratorio 25/05/01<br />
Castel S. Pietro 13/12/96 13/12/00 21/03/01 22/12/00 18/10/02 18/10/02<br />
Anzio 11/07/97 02/05/00 18/10/02 18/10/02<br />
Novara 11/02/00 18/10/02 18/10/02<br />
Soliera 14/04/99 28/12/01 16/10/01<br />
Centrale di Milano 20/07/98 18/10/02 18/10/02<br />
Vogliazzi 24/05/02<br />
l’allevamento delle bovine da latte, della<br />
refrigerazione e raccolta, del controllo e<br />
della lavorazione del latte e della distribuzione<br />
primaria dei prodotti.<br />
Tutte queste attività sono svolte nel<br />
rispetto di un disciplinare tecnico e<br />
seguendo procedure e istruzioni operative<br />
che comportano anche la necessaria ed<br />
importante registrazione su moduli o su<br />
fogli elettronici dei controlli e azioni effettuate;<br />
inoltre tutte le materie prime e i<br />
prodotti in lavorazione sono completamente<br />
identificabili e rintracciabili nei<br />
vari spostamenti e nelle varie fasi della<br />
filiera.<br />
La partenza del progetto ha visto all’inizio<br />
il coinvolgimento di un gruppo di<br />
sette stalle pilota su cui è stato messo a<br />
punto il sistema; poi il sistema è stato progressivamente<br />
ampliato a tutti i produttori<br />
delle due filiere specializzate e infine nel<br />
settembre del 2002 il Consorzio <strong>Granlatte</strong><br />
e poi Granarolo hanno ottenuto per<br />
primi in Italia nel settore lattiero-caseario<br />
la completa certificazione per la filiera<br />
controllata e la rintracciabilità del latte<br />
fresco di Alta Qualità e del latte Prima<br />
Natura Bio e di alcuni loro prodotti derivati;<br />
la certificazione è stata conferita da<br />
CSQA (Certificazione Sistemi Qualità<br />
Agroalimentari) organismo riconosciuto a<br />
livello internazionale.<br />
La certificazione di Filiera Controllata<br />
si estende su 297 aziende agricole, distribuite<br />
in 11 regioni, con un volume com-<br />
129
plessivo di 209 milioni di litri all’anno, pari<br />
al 15 % della quota nazionale del latte.<br />
Nella filiera controllata le principali<br />
attività messe in campo per il controllo<br />
dei punti critici sono:<br />
– Valutazione, controllo e rintracciabilità<br />
degli alimenti zootecnici sia acquistati<br />
sia autoprodotti;<br />
– Identificazione e conservazione dei prodotti<br />
disinfettanti, farmaci e detergenti;<br />
– Controllo e registrazione dei trattamenti<br />
di profilassi e di cura eseguiti sulle<br />
bovine;<br />
– Registrazione del piano alimentare e<br />
della razione per i vari gruppi di bovine<br />
e la rintracciabilità degli alimenti zootecnici<br />
usati;<br />
– Identificazione dei siti di stoccaggio e<br />
preparazione degli alimenti e controllo<br />
della pulizia dei contenitori;<br />
– Controllo dell’igiene, sicurezza ed efficienza<br />
della mungitura, e della temperatura<br />
e funzionamento dei frigoriferi del<br />
latte;<br />
– Controllo delle caratteristiche igieniche,<br />
sanitarie e di composizione del latte di<br />
ogni allevamento.<br />
La rintracciabilità e la separazione fisica<br />
del latte è garantita durante le fasi di<br />
raccolta e trasporto fino agli stabilimenti.<br />
Ad ogni consegna di latte crudo allo<br />
stabilimento, viene identificata la provenienza<br />
e vengono prelevati campioni per il<br />
controllo qualità e accettazione del latte<br />
verificando: composizione del latte, eventuali<br />
residui di sostanze antibiotiche, carica<br />
batterica totale e cellule somatiche.<br />
Inoltre viene applicato un programma<br />
di controlli specifici cadenzato nel tempo<br />
per il controllo di agenti contaminanti<br />
quali aflatossina M1 (proveniente da<br />
mangimi contaminati da aflatossine B1 e<br />
B2), che viene ricercata ogni mese su tutte<br />
le raccolte di latte e dal cui esito scattano<br />
eventuali controlli mirati per la ricerca<br />
di singoli allevamenti con problema. Altri<br />
controlli vengono eseguiti sulle masse di<br />
raccolta per l’analisi di contaminanti<br />
ambientali quali metalli pesanti, PCB e<br />
residui di prodotti usati in agricoltura<br />
quali antiparassitari organofosforati, organoclorurati,<br />
diserbanti, insetticidi.<br />
Nel corso del processo industriale svolto<br />
negli stabilimenti, viene mantenuta la<br />
rintracciabilità del latte e delle materie<br />
130<br />
Alta Qualità<br />
prime seguendo e registrando gli spostamenti<br />
e le fasi di lavorazione nei reparti;<br />
inoltre tutti i punti vengono accuratamente<br />
sorvegliati e controllati dagli operatori<br />
e da strumenti di misura e registrazione<br />
continua; in alcune fasi si effettuano<br />
anche campionamenti di prodotti e semilavorati<br />
per eseguire opportune analisi.<br />
Naturalmente il sistema è regolato in<br />
modo che in caso di eventuali malfunzionamenti<br />
o irregolarità immediatamente<br />
scattono contromisure di ripristino degli<br />
standard o di blocco del processo produttivo<br />
o di separazione di materiali.<br />
Sui prodotti finiti eseguiamo un intenso<br />
controllo qualità per accertare la sicurezza<br />
dei nostri prodotti, tramite analisi di<br />
routine chimiche, microbiologiche, fisiche<br />
e sensoriali; inoltre vengono periodicamente<br />
effettuate le analisi speciali di<br />
ricerca dei contaminanti ambientali.<br />
La permanenza dei prodotti nelle celle<br />
frigorifere di stabilimenti e depositi, la<br />
continuità della catena del freddo e le fasi<br />
di trasporto con automezzi refrigerati<br />
sono sottoposte a sorveglianza della temperatura<br />
con controlli puntuali e con termoregistrazione<br />
continua.<br />
Gli ispettori di Granarolo tengono<br />
sotto controllo, oltre alle temperature,<br />
anche le condizioni igieniche di magazzini<br />
e automezzi di trasporto primario e<br />
secondario in tutte le regioni italiane dove<br />
il Gruppo distribuisce tutti i giorni i suoi<br />
prodotti.<br />
Granarolo deve garantire al consumatore<br />
finale la sicurezza, l’igiene, genuinità<br />
e bontà dei propri prodotti lattiero-caseari:<br />
il metodo di lavoro usato nella filiera<br />
controllata comporta condivisione di<br />
obiettivi tra i vari operatori e rapporti stabili<br />
lungo tutta la filiera e permette così di<br />
affrontare il mercato in modo più competitivo<br />
con un offerta di prodotti di elevata<br />
qualità ed eccellenza.<br />
Ricerca e Sviluppo e Innovazioni<br />
tecnologiche<br />
Granarolo ha da molto tempo riconosciuto<br />
l’importanza e la rilevanza strategica<br />
della ricerca applicata nel proprio settore<br />
per innovare in termini di nuovi prodotti<br />
e nuovi processi di lavorazione e<br />
confezionamento.
Come risaputo il sistema di ricerca italiano<br />
pubblico e privato purtroppo da<br />
parecchio tempo non riesce a ottenere<br />
risorse, investimenti e a tenere il passo di<br />
crescita dei principali paesi industriali;<br />
Granarolo, comunque, ha sempre dedicato<br />
delle risorse proprie e di finanziamenti<br />
pubblici, ottenuti per progetti specifici,<br />
con la finalità di progettare e realizzare<br />
prodotti nuovi per il mercato o nuovi processi<br />
per ottenere gli stessi prodotti con<br />
nuove tecniche e migliori caratteristiche<br />
qualitative.<br />
Nel periodo dal 1990 al 2002, sono<br />
stati realizzati ben 37 prodotti nuovi ed<br />
alcuni di questi sono in pratica i capostipiti<br />
di una gamma di ulteriori referenze<br />
differenziate per gusto.<br />
Tralasciando la linea Granarolo che ha<br />
una gamma completa di prodotti freschi e<br />
a lunga conservazione, si ricordano brevemente<br />
le altre principali linee di prodotti:<br />
– Alta Qualità: latte fresco pastorizzato,<br />
yogurt, mozzarella, stracchino, Burro,<br />
dessert;<br />
– Prima Natura Bio: latte, yogurt, stracchino,<br />
mozzarella, uova;<br />
– Vivi Vivo: latte e yogurt con caratteristiche<br />
dietetiche, contenenti il probiotico<br />
LGG;<br />
– Accadì: linea dietetica con latte ad alta<br />
digeribilità UHT e latte a basso contenuto<br />
di lattosio e con vitamine ad alta<br />
pastorizzazione e media conservazione;<br />
– Linea ad alta pastorizzazione ESL: latte<br />
Più Giorni, latte Leggero, panne da<br />
montare, bevande golose a base di latte.<br />
Le linee di azione nell’ambito della<br />
ricerca e sviluppo di Granarolo hanno<br />
come premessa fondamentale la valorizzazione<br />
della qualità naturale originale del<br />
latte e delle materie prime.<br />
I procedimenti di lavorazione applicati<br />
da Granarolo sono stati quindi studiati,<br />
ammodernati e ottimizzati per impiegare<br />
modalità di trattamento, impianti e macchine<br />
che, nel rispetto di elevate condizio-<br />
Alta Qualità<br />
ni igieniche, garantiscono la salvaguardia<br />
dei sapori e dei valori nutrizionali in equilibrio<br />
con appropriate durate nella fase di<br />
commercializzazione e consumo dei prodotti.<br />
Principi di base sono la nostra scelta<br />
di escludere sostanze quali conservanti,<br />
coloranti ed additivi che hanno la funzione<br />
di coprire o correggere carenze e difetti<br />
delle materie prime, e di ricorrere a particolari<br />
ingredienti solo per avere particolari<br />
prestazioni funzionali; inoltre non<br />
applichiamo trattamenti termici o fisici<br />
drastici, al di sopra dello stretto necessario,<br />
che hanno solo lo scopo di prolungare<br />
di più la durabilità a scapito dell’integrità<br />
dei prodotti lattiero caseari.<br />
Alcuni esempi di applicazione dei<br />
principi sopra esposti sono le modalità di<br />
selezione del latte e delle materie prime e<br />
i delicati trattamenti di pastorizzazione<br />
per la produzione della linea Alta Qualità<br />
( latte fresco, mozzarella, yogurt ). Granarolo<br />
per prima in Italia ha sperimentato e<br />
poi applicato, a partire dal 1996, il nuovo<br />
procedimento di pastorizzazione ad alta<br />
temperatura, in infusione di vapore, per<br />
un tempo inferiore a un secondo, in cui si<br />
ottiene una elevata riduzione della carica<br />
batterica del latte mantenendo le caratteristiche<br />
sensoriali e nutrizionali, senza sottoporre<br />
il latte a varie manipolazioni e a<br />
intensi stress fisici, che sono usati in altri<br />
processi impiegati di recente da altre<br />
industrie in Europa.<br />
La tecnologia ESL (extended shelf life)<br />
per l’aumento della durabilità si ottiene<br />
applicando inoltre modalità innovative di<br />
confezionamento ultra clean e mantenendo<br />
la distribuzione refrigerata.<br />
Per Granarolo i trattamenti industriali<br />
e le trasformazioni debbono pertanto essere<br />
effettuati in modo delicato e non invasivo<br />
o drastico, valorizzando le caratteristiche<br />
originarie e la genuinità del latte,<br />
ingrediente fondamentale per tutti i nostri<br />
prodotti.<br />
131
Principali riferimenti bibliografici<br />
Alta Qualità<br />
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Parigi<br />
– AA.VV. (1983) – Installations électrique des salles de traite et laitières, Promotelec,<br />
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2001<br />
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of Agricultural Sciences, USA<br />
– Valutazione genetica e scelta degli animali di Antonio Mario Pilla Ed agricole<br />
Bologna<br />
133
134<br />
Alta Qualità
“Parole chiave”<br />
Abbeveratoi 26, 36, 42, 60, 76, 122;<br />
Aerazione 62, 65, 66;<br />
Allevamento dei bovini 9, 76, 81, 90, 129;<br />
Ammuffimento 109;<br />
Animale 54, 70, 81, 86, 101, 105, 119;<br />
Appetibilità 111, 115, 120;<br />
Asciutta 19, 77, 87, 97, 120;<br />
Attacchi 74, 120;<br />
Autocontrollo 13, 84, 101;<br />
Battifianchi 33, 36;<br />
Benessere 12, 17, 37, 75, 79, 83, 105, 113;<br />
Biogas 62, 68;<br />
Body Condition Score 94, 100;<br />
Calore 21, 23, 44, 54, 78, 87, 107;<br />
Clostridi 71, 108, 110;<br />
Compostaggio 62, 68;<br />
Concimaia a piattaforma 64;<br />
Correttori Dietetici 119;<br />
Corsia di alimentazione 23, 30, 39, 116;<br />
Cuccette 17, 29, 35, 48, 54, 75, 91, 116;<br />
Cottura 108;<br />
Cunetta 30, 33, 50;<br />
Dati Cellule 97;<br />
Dati Produttivi 97;<br />
Dati Riproduttivi 98;<br />
deiezioni animali 60, 76;<br />
Digestione anaerobica 68;<br />
Dimensioni animali 19;<br />
Epato Protettori 118;<br />
Feci 60, 91;<br />
Fecondazione 86, 95;<br />
Fessurato 11, 26, 35, 50, 64, 72;<br />
Fieno sciolto 72;<br />
Fienosilo 71;<br />
Alta Qualità<br />
Foraggi verdi 106, 109;<br />
Grassatura 111;<br />
Gravidanza 88, 96, 101;<br />
<strong>Il</strong>luminazione 22, 26, 43, 78;<br />
Inseminazione 28, 47, 86, 87, 98;<br />
Lagoni 62, 65;<br />
Letame 60, 65, 78, 86;<br />
Lettiera 17, 28, 34, 47, 54, 60, 66, 71, 88,<br />
116;<br />
Lieviti 71, 93, 119;<br />
Liquame 28, 38, 47, 60, 65, 68, 78;<br />
Locale latte 30, 39, 44;<br />
Locale mungitura 39;<br />
Mangiatoia 28, 31, 36, 72, 91, 120;<br />
Mangimi 10, 60, 97, 105, 110, 115;<br />
Materiali 24, 36, 43, 64, 66, 128;<br />
Mungitura 10, 23, 31, 39, 45, 52, 73, 97,<br />
116;<br />
Pagliai e fienili 72;<br />
Parto 19, 31, 46, 87, 89, 98, 119;<br />
Patologie 75, 93, 105, 110, 115;<br />
Perossidi 110;<br />
Piedi 38, 46, 88, 94;<br />
Posta 15, 26, 31, 74;<br />
Razze di vacche da latte 81;<br />
Recinzioni elettriche 24;<br />
Rimonta 11, 19, 76, 85, 91;<br />
Riscaldamento 15, 44;<br />
Sfalcio 108;<br />
Sili 24, 52, 71, 107;<br />
Spore 108;<br />
Vitella 26, 90, 102;<br />
Vitellaie 26;<br />
Zona di esercizio 29, 34, 37, 49, 64, 77;<br />
135
Finito di stampare nel mese di marzo 2003<br />
presso la Tipografia Altedo
<strong>Granlatte</strong> Consorzio Cooperativo Soc. Coop a r.l.<br />
Via Cadriano 36<br />
40127 Bologna<br />
Tel. 051.4170711<br />
Fax 051.505191<br />
e-mail: infogranlatte@granlatte.it<br />
www.granlatte.it