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<strong>Centro</strong> <strong>Studi</strong> <strong>sul</strong> <strong>Federalismo</strong><br />

Simona Calissano<br />

“L’Europa in prima pagina.<br />

Il giornalismo europeista e federalista nel secondo dopoguerra”<br />

popoli europei, attraverso la maturazione della consapevolezza federativa e, dunque, la<br />

realizzazione di una nuova civiltà, di una nuova struttura politica e giuridica, fondata sui<br />

comuni valori spirituali e culturali; inoltre la federazione non era da intendersi come un<br />

puro ed astratto ideale. Ciò era ribadito dalle conclusioni della redazione, un richiamo<br />

alla concretezza posto alla conclusione dell’articolo di Campagnolo: non si parlava di<br />

federalismo generico, ma di edificazione degli Stati Uniti d’Europa; bisognava dunque<br />

evitare il rischio di criticare alcuni schematismi per poi scivolare in altri.<br />

Di elevato interesse l’intervento di Mario Alberto Rollier, Politica federalista<br />

alla Costituente 53 , in cui il militante valdese esprimeva un certo ottimismo circa le<br />

possibilità di effettuare un’attiva politica federalista attraverso l’elezione di opportuni e<br />

validi candidati. In particolare, secondo Rollier, si trattava di sostituire nella<br />

Costituzione il principio dell’interdipendenza a quello dell’indipendenza nazionale, in<br />

vista, cioè, della creazione di “un organismo internazionalmente socievole”. A ciò<br />

andava affiancata un’autentica politica federalista nel campo delle relazioni con l’estero,<br />

in modo da cogliere “con la massima spregiudicatezza” tutte le occasioni che<br />

implichino sviluppi in senso federativo. Infine, tale linea politica doveva essere<br />

propugnata nei tentativi di governo mondiale, anche se era altrettanto necessario evitare<br />

gli astrattismi e impegnarsi prima di tutto nell’edificazione di una “comunità<br />

plurinazionale europea” 54 . A questo articolo faceva eco l’intervento di Lo Bue, il quale<br />

spostava l’attenzione a livello internazionale e, segnatamente, <strong>sul</strong> mancato<br />

raggiungimento di un accordo per la situazione dell’Italia alla Conferenza <strong>sul</strong>la pace di<br />

Parigi 55 . Insoddisfatti del misconoscimento, da parte delle grandi potenze, del contributo<br />

apportato dal paese alla lotta di Liberazione, gli italiani oscillavano – scriveva Lo Bue –<br />

tra un atteggiamento “di passiva e malevola rassegnazione” o una posizione di<br />

“nazionalismo offeso e ferito” 56 . I federalisti avevano il dovere di reagire a tali<br />

orientamenti privi di sbocco, dal momento che la reale situazione italiana nell’ambito<br />

53 Cfr. “L’Unità Europea” ed. piem., n. 10 a. II, 20 maggio 1946, p. 1.<br />

54 Alcuni mesi dopo, Andrea Chiti-Batelli (La clausola federalista nel progetto di Costituzione, 28 marzo<br />

1947, pp. 1-2) affrontò direttamente l’argomento delle limitazioni della sovranità inserite nel testo della<br />

Costituzione, cioè dell’articolo 4, provvisorio (poi divenuto l’attuale n. 11). Chiti-Batelli affermava, in<br />

maniera assai critica, che un’interpretazione in senso federalistico del suddetto articolo fosse naturalmente<br />

da escludere; in esso si riscontrava solo una generica previsione dell’adesione a organizzazioni<br />

internazionali, come un’espressione di “buona volontà”.<br />

55 Cfr. “L’Unità Europea” ed. piem., n. 12, 20 giugno 1946, p. 1.<br />

56 Ibidem.<br />

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