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lavoro e politica al femminile lavoro e politica al femminile

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44<br />

zioni sindac<strong>al</strong>i (<strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i la legge<br />

assegna a proposito un ruolo<br />

determinante) vengono definiti i<br />

criteri di individuazione dei soggetti<br />

da collocare in mobilità, e solo in<br />

mancanza di t<strong>al</strong>e concerto secondo<br />

quelli individuati d<strong>al</strong>la legge<br />

(anzianità di servizio, carichi di<br />

famiglia, esigenze tecniche della<br />

produzione aziend<strong>al</strong>e).<br />

La Corte di cassazione, con la sentenza<br />

in esame, dimostra di assegnare<br />

l’adeguato rilievo a t<strong>al</strong>i<br />

aspetti, riconoscendo esplicitamente<br />

la preminenza della tutela<br />

della occupazione e del reddito del<br />

lavoratore (e della sua famiglia).<br />

Secondo la Corte, infatti, lo svolgimento<br />

anche solo s<strong>al</strong>tuario di una<br />

attività lavorativa autonoma in<br />

costanza di trattamento di mobilità,<br />

non fa decadere il lavoratore interessato<br />

dai diritti connessi <strong>al</strong> suo<br />

status poiché “lo svolgimento dell’attività<br />

lavorativa ha lo stesso effetto<br />

di <strong>al</strong>leviare la situazione di difficoltà<br />

del lavoratore fino <strong>al</strong> punto in<br />

cui la copertura obbligatoria risulterebbe<br />

eccedente ai fini della sicurezza<br />

soci<strong>al</strong>e. L’individuazione di<br />

t<strong>al</strong>e soglia margin<strong>al</strong>e di intervento<br />

è, tuttavia, rimessa <strong>al</strong>la discrezion<strong>al</strong>ità<br />

del legislatore” (Cass. n.<br />

6463/2004).<br />

Alla luce di quanto fin qui<br />

osservato, la sentenza in<br />

oggetto denota dunque di<br />

dover individuare un punto di equilibrio<br />

– la soglia della garanzia della<br />

sicurezza soci<strong>al</strong>e – oltre il qu<strong>al</strong>e la<br />

decadenza d<strong>al</strong> trattamento di<br />

mobilità e la cancellazione d<strong>al</strong>le<br />

liste, dichiarata non automatica né<br />

indefettibile, diviene invece opportuna.<br />

La Corte, premesso che <strong>al</strong>la<br />

luce della ratio del principio informatore<br />

dell’istituto della mobilità,<br />

non può giudicarsi il <strong>lavoro</strong> autonomo<br />

incompatibile tout court con<br />

la collocazione in mobilità, in riferimento<br />

<strong>al</strong> rapporto tra la misura del<br />

reddito da <strong>lavoro</strong> autonomo e l’indennità<br />

di mobilità, è opportuno<br />

individuare una soglia oltre la qu<strong>al</strong>e<br />

t<strong>al</strong>e incompatibilità è effettiva e il<br />

disconoscimento delle tutele particolari<br />

della mobilità diventa necessario.<br />

È del tutto evidente che l’individuazione<br />

di t<strong>al</strong>e soglia, fin<strong>al</strong>izzata a<br />

costituire il discrimen premesso,<br />

non può che essere compito del<br />

legislatore.<br />

“<br />

NON PUÒ GIUDICARSI<br />

IL LAVORO AUTONOMO<br />

INCOMPATIBILE TOUT<br />

COURT CON LA<br />

COLLOCAZIONE<br />

IN MOBILITÀ<br />

”<br />

L’occasione appena brevemente<br />

suaccennata, d<strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e è scaturito<br />

il giudizio che ha portato infine<br />

<strong>al</strong>la sentenza della cassazione,<br />

verte sulla interpretazione – sconfessata<br />

d<strong>al</strong>la Corte – che l’INPS<br />

aveva dato <strong>al</strong>l’art. 7 della legge<br />

223/91.<br />

Ai sensi del quinto comma del suddetto<br />

articolo, “i lavoratori in mobilità<br />

che ne facciano richiesta per<br />

intraprendere una attività autonoma<br />

possono ottenere la corresponsione<br />

anticipata dell’indennità”.<br />

Operando una interpretazione decisamente<br />

restrittiva della norma,<br />

l’INPS, ha ritenuto di negare lo status<br />

di lavoratore in mobilità quando<br />

<strong>al</strong>l’esercizio della attività lavorativa<br />

autonoma, già svolto, non sia corrisposta<br />

la richiesta di ricevere l’indennità<br />

anticipata in un’unica soluzione.<br />

Sul punto la Corte di cassazione,<br />

richiamando per<strong>al</strong>tro una precedente<br />

sentenza (la n. 5951/2001),<br />

ha riaffermato il principio per il<br />

qu<strong>al</strong>e d<strong>al</strong> quinto comma dell’art. 7<br />

della legge n. 223/91, deve ricavarsi<br />

la gener<strong>al</strong>e compatibilità delle<br />

tutele connesse <strong>al</strong>la mobilità con lo<br />

svolgimento di una attività lavorativa<br />

autonoma.<br />

Solo una interpretazione in questo<br />

senso, secondo la Corte, è conforme<br />

<strong>al</strong>lo spirito della legge (di tutela<br />

di lavoratori evidentemente svantaggiati)<br />

e di conseguenza, la circostanza<br />

che la legge descriva la<br />

possibilità di ricevere l’indennità in<br />

unica soluzione anticipatamente, e<br />

non preveda – ma nemmeno vieti –<br />

<strong>al</strong>tre soluzioni, riconoscere il diritto<br />

<strong>al</strong>la indennità mensile “ordinaria”<br />

non appare contraria <strong>al</strong>la legge né<br />

tantomeno <strong>al</strong>le ragioni giuridiche<br />

che l’hanno ispirata.<br />

In particolare, la Corte ha avuto<br />

modo di precisare inoltre che “il<br />

verbo intraprendere deve essere<br />

inteso non solo nel senso, letter<strong>al</strong>e,<br />

di iniziare, ma anche in quello<br />

di applicarsi con maggiori energie<br />

e per un maggior tempo che in<br />

passato”.<br />

Tanto più che, proprio <strong>al</strong>la legge n.<br />

223/91, invocata d<strong>al</strong>l’INPS a<br />

sostegno del rigetto delle richieste<br />

del lavoratore, non è del tutto sconosciuto<br />

il principio gener<strong>al</strong>e della<br />

cumulabilità delle posizioni di lavoratore<br />

e trattamento di mobilità.<br />

Si rilevano diverse disposizioni in<br />

tema:<br />

-art. 8, comma 6°: “il lavoratore in<br />

mobilità ha facoltà di svolgere<br />

attività di <strong>lavoro</strong> subordinato, a<br />

tempo parzi<strong>al</strong>e, ovvero a tempo<br />

determinato, mantenendo l’iscrizione<br />

nella lista”;<br />

-art. 9, comma 9°: “i lavoratori di<br />

cui <strong>al</strong>l’articolo 7, comma 6 (c.d.<br />

mobilità lunga), nel caso in cui<br />

svolgano attività di <strong>lavoro</strong> subordinato<br />

od autonomo hanno facoltà<br />

di cumulare l’indennità di mobilità<br />

nei limiti in cui sia utile a garantire<br />

la percezione di un reddito pari <strong>al</strong>la<br />

retribuzione spettante <strong>al</strong> momento<br />

della messa in mobilità…”.<br />

Appare evidente come i principi<br />

appena esposti, pur con i limiti<br />

imposti d<strong>al</strong>la legge, favoriscono le<br />

conclusioni raggiunte d<strong>al</strong>la Corte<br />

di cassazione con la sentenza in<br />

oggetto.

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