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Renzo Lodoli - La Repubblica

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<strong>Repubblica</strong> Nazionale 47 14/05/2006<br />

DOMENICA 14 MAGGIO 2006<br />

che e ritmi già accordati sul prefisso “world”, dedicate al Bangladesh<br />

martirizzato dai diluvi e dalle carestie. E sotto sotto l’idea che la<br />

musica poteva salvare il mondo. I buoni, cioè le rockstar e le popstar,<br />

nella funzione di sollecito spedito agli ambienti della politica, per<br />

scuotere l’inerzia di governi e governanti.<br />

Viene fuori da quel concerto “seminale” la visione secondo cui<br />

“noi” possiamo sottrarre il pianeta e i suoi leader dall’ottusità dei bilanci<br />

pubblici, “noi”, in quanto “we are the world”, noi i bambini,<br />

“the children”, gli ingenui che possono dare scandalo dicendo che<br />

i popoli poveri muoiono di fame. Come in seguito sarebbe accaduto<br />

alla straordinaria parata del Live Aid del 1985, il concerto globale<br />

tenutosi allo stadio Wembley di Londra e al Jfk Stadium di Philadelphia,<br />

al concerto per Nelson Mandela a Londra, il tour musicale<br />

per Amnesty International, e più di recente il Live8. Fino alla sintesi<br />

politica creata dalla figura planetaria di Bono, il capo degli U2, diventato<br />

una specie di leader mondiale nel nome della riduzione del<br />

debito.<br />

E quel “noi” rappresenta un criterio di identificazione che funziona<br />

sempre. Oggi un concerto del tour mondiale dei Rolling Stones<br />

appare come un’occasione sociale per un’élite mondana alla ri-<br />

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Fiorisce in rete il commercio di ticket, poster e souvenir dei grandi concerti<br />

Viaggio nel tempo? Il biglietto costa mille dollari<br />

E tutto<br />

ERNESTO ASSANTE<br />

cerca di memorie dell’intrattenimento; ma nel 1982, anche qui in<br />

Italia, darsi appuntamento al concerto di Mick Jagger, Keith Richards<br />

e soci significava riconoscersi in setta che nutriva una certa<br />

“sympathy for the devil”, e si esaltava per l’energia pazzesca e irripetibile<br />

di Honky Tonk Woman.<br />

In realtà il principio settario, di una tribù che si ritrova con se stessa,<br />

funziona quasi sempre, sia che si tratti di darsi appuntamento<br />

per Bruce Springsteen sia che arrivi a riempire gli stadi il “popolo di<br />

Vasco”. Anzi, sono le stesse star come l’ex ragazzo di strada “born to<br />

run” a cercare una memoria collettiva, il ripristino di una solidarietà<br />

nella tradizione, in cui le canzoni sono lo strumento di una comunità:<br />

ascoltare le note del classico We Shall Overcome, restituite scabre<br />

dalla voce di Springsteen “fonda” un sentimento comune in cui<br />

ci si può riconoscere. E non importa che quel sentimento sia in fondo<br />

generico: lo è anche il progressismo di sinistra del concerto del<br />

a un tratto arrivò il rock. E le cose cambiarono profondamente. I ragazzi non si accontentarono più di ascoltare<br />

i propri idoli alla radio o sui dischi, volevano poter essere al loro fianco, partecipare e condividere la musi-<br />

ca assieme agli altri. Non volevano soltanto un concerto, ma un “evento”, qualcosa che li segnasse profonda-<br />

mente, qualcosa da ricordare, possibilmente per sempre. E se la memoria non bastava, per ricordare un evento bisognava<br />

avere un souvenir, una maglietta, un poster, un cappellino e soprattutto la “prova provata” che consenta a tutti<br />

di dire «io c’ero», ovvero il biglietto del concerto.<br />

I biglietti sono piccoli ma belli a vedersi, spesso sono frutto del lavoro di grafici raffinatissimi, soprattutto quelli degli anni<br />

Sessanta, e consentono di ricostruire il percorso della storia del rock dalle origini ad oggi, dai semplicissimi biglietti di Elvis o<br />

dei Beatles, che non pretendevano altro che di essere “biglietti d’ingresso”, ai multicolorati biglietti degli anni Ottanta e Novanta,<br />

dove anche il piccolo “ticket” serve a illustrare il mondo dell’artista, il suo segno, la sua immagine, la sua musica.<br />

Attorno al desiderio di possedere un souvenir dell’evento rock è nata una vera e propria industria della memoria, che<br />

prospera da qualche tempo attraverso una fitta rete di siti web e un’altrettanto vivace attività di collezionisti che frequentano<br />

le aste, organizzate soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti. I “memorabilia” rock hanno grande successo<br />

e i souvenir dei concerti sono ovviamente tra i pezzi più ambiti e anche i più facilmente abbordabili, in termini economici,<br />

per i fan. Tra i più richiesti ci sono soprattutto quelli dei concerti degli anni Sessanta e Settanta: molti degli acquirenti<br />

(in genere over cinquanta) vi hanno partecipato, senza conservare all’epoca i biglietti e quindi oggi sono disposti a<br />

spendere cifre anche elevate per poter ricomprare un “pezzo” del loro passato. Ma altrettanto ricercati sono i “tickets”<br />

dei concerti delle star dei nostri giorni, soprattutto i “pass” laminati, quei piccoli tesserini che consentono a chi si occupa<br />

della produzione del concerto, o agli addetti ai lavori, di circolare in alcune aree della platea, del retropalco o addirittura<br />

sul palcoscenico stesso, oggetti del desiderio per i fan delle ultime leve.<br />

Il sito più importante e di successo per questo tipo di “ricordi” è senza dubbio Wolfgang’s Vault (www. wolfgangsvault.<br />

com), versione elettronica del grande archivio del più leggendario tra gli organizzatori di concerti rock, Bill Graham, il patron<br />

del Fillmore, leggendario locale di San Francisco, manager e organizzatore di tour di tutte le più celebri stelle del rock<br />

degli anni Sessanta e Settanta. Graham, morto in un incidente in elicottero nel 1991, aveva costruito un gigantesco archivio<br />

di tutta la sua attività, dagli anni Sessanta agli anni Novanta. Alla sua morte l’archivio è passato di mano quattro volte<br />

prima di finire in quelle di Bill Sagan, direttore generale di una compagnia di assicurazioni e grande fan del rock, che lo ha<br />

acquistato nel 2002 per cinque milioni di dollari. Per due anni Sagan e i suoi collaboratori hanno catalogato gli oltre 30mila<br />

pezzi della collezione, tra biglietti di concerti, poster (soprattutto quelli degli anni Sessanta, commissionati da Graham<br />

ai migliori grafici psichedelici dell’epoca), magliette e registrazioni: «Credo che la collezione valga tra i cinquanta e i cento<br />

milioni di dollari», ha dichiarato Sagan, che ha rapidamente iniziato il business vendendo gli oggetti più rari sul suo sito<br />

web: «Non è un hobby e non lo faccio per divertimento. Qui si parla di denaro e di affari».<br />

Del resto le quotazioni per i vecchi biglietti di concerti sono molto variabili, si passa dalle poche decine di dollari alle<br />

diverse centinaia, fino a superare i mille dollari per, ad esempio, il biglietto dell’ultimo concerto dei Sex Pistols o per quello<br />

del festival di Woodstock del 1969. I poster originali valgono molto di più, dai 4525 dollari per quello di Woodstock agli<br />

oltre 9000 per il poster dell’Atlanta Pop Festival. Molto più economico è Right Brain Left Brain (www. rightbrain-leftbrain.<br />

com), che non ha a disposizione gli archivi di Graham ma che offre una ricchissima serie di biglietti di concerti e<br />

di pass che spaziano nei cinque decenni della storia del rock. Quest’ultimo sito vende anche su EBay, dove è possibile<br />

trovare moltissimi biglietti “vintage” offerti da piccoli collezionisti, ma dove è altrettanto facile trovare delle fregature,<br />

biglietti di grandi eventi del passato ristampati oggi.<br />

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LA DOMENICA DI REPUBBLICA 47<br />

Primo maggio, a maggior ragione se ci si accorge che il deposito di<br />

condivisione musicale è limitatissimo, e non si va tanto più in là di<br />

Bella ciao e di Contessa.<br />

D’altronde, la fenomenologia del concerto è ormai codificata.<br />

Tanto nelle più convulse session dei gruppi heavy metal quanto nelle<br />

più popolari manifestazioni del pop contemporaneo, i fan sotto<br />

il palco “pogano”, e gli altri spettatori osservano diversi spettacoli in<br />

uno. E alla fine viene sempre fuori una specie di grande liturgia, laica<br />

eppure fideistica, emblematizzata per esempio dalle periodiche<br />

“reunion” dei Pink Floyd, con le loro «cattedrali di suono», in cui gli<br />

spettatori partecipano a un’esperienza vagamente religiosa, nella<br />

convinzione di condividere una ritualità formalizzata, o comunque<br />

interpretabile scansione per scansione come sequenza mitica.<br />

È l’evento che diviene esperienza condivisa e sta per trasformarsi<br />

in memoria. Mentre di nuovo svanisce o si assottiglia fin quasi al<br />

nulla la dimensione politica, permane quel sentimento che consente<br />

di dire «noi siamo qui», e in seguito «io c’ero». Sono movimenti<br />

collettivi informali, che realizzano un linguaggio condiviso e lo trasmettono<br />

nella memoria: se non è una polis, è un’assemblea che<br />

crea volta per volta le ragioni della propria presenza.<br />

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WOODSTOCK<br />

Il progenitore dei festival<br />

rock, nell’agosto del 1969<br />

ELVIS<br />

Biglietto per settembre ’77<br />

Elvis morì un mese prima<br />

3 BEATLES<br />

Un biglietto dell’ultimo tour<br />

del “Fab Four” nel 1966<br />

PAUL MCCARTNEY<br />

<strong>La</strong> prima volta di Sir Paul<br />

a Napoli nel 1991<br />

12 ELTON E ERIC<br />

Un doppio concerto: John<br />

e Clapton a Parigi nel 1992<br />

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MERCURY TRIBUTE<br />

Il “pass” per il tributo<br />

a Freddy Mercury nel ‘92<br />

NELSON MANDELA<br />

Concerto per la liberazione<br />

di Mandela nel 1990<br />

15 ROLLING STONES<br />

Il biglietto del concerto<br />

italiano del 1982 a Torino<br />

16 BEACH BOYS<br />

Il “pass” per seguire il tour<br />

dei Beach Boys nel 1981<br />

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BYRDS<br />

Il biglietto del concerto<br />

al Fillmore, nel 1968<br />

VASCO ROSSI<br />

Il “pass” per il retropalco<br />

del concerto a Roma, 1990<br />

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