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Renzo Lodoli - La Repubblica

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<strong>Repubblica</strong> Nazionale 50 14/05/2006<br />

50 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 14 MAGGIO 2006<br />

le tendenze<br />

Consumi culturali<br />

Tornarea casa e portarsi dietro un pezzo di felicità. Il filosofo Alain De Botton<br />

pensa che sia questo in fondo il significato di un bell’oggetto di design<br />

o di un palazzo: «Un progetto di senso in un mondo che ne ha sempre<br />

meno». Stendhal diceva che «la bellezza è la promessa della felicità».<br />

Magari uno non se lo ripete come un mantra, però uscendo dal museo<br />

sempre più spesso ci si ferma al bookshop. Per comprare il catalogo della<br />

mostra appena vista, oppure una cartolina che non verrà mai spedita, una t-shirt<br />

che dimostra che «io ci sono stato», un manifesto d’autore che farà la sua figura in<br />

salotto. Souvenir perché sono ricordi di un’esperienza, ma non chincaglierie: fare<br />

shopping in questi negozi è un gesto più delicato e forse più bisognoso d’altri. È una<br />

richiesta di bello. «Un modo di appropriarsi e di tradurre un’esperienza, spinta classica<br />

del turista», spiega Vanni Codeluppi, sociologo dei consumi. «Ma nel caso specifico,<br />

il souvenir del museo ha una griffe dal forte potere simbolico perché trasferisce<br />

nel domestico il coté<br />

alto dell’arte».<br />

Al MoMA Store di New<br />

York, che è un negozio vero<br />

e proprio tanto che sta<br />

fuori dall’edificio museale,<br />

vendono quello che<br />

dentro si può ammirare<br />

esposto sotto le luci, come<br />

la sedia in plastica Selene<br />

di Vico Magistretti<br />

(1970) che si compra per<br />

175 dollari (il modello riprodotto<br />

da Heller). Al Vitra<br />

Design Museum di<br />

Weil am Rhein, in Germania,<br />

prima opera europea<br />

di Frank O. Gehry,<br />

si trovano in vendita i<br />

pezzi di arredamento e<br />

design dei progettisti più<br />

famosi, da Alvar Aalto a<br />

Charles e Ray Eames. Costano,<br />

certo. Però per un<br />

centinaio di euro si portano<br />

via i modellini in miniatura<br />

degli oggetti più<br />

celebri disegnati da Sottsass,<br />

Mendini, De Lucchi,<br />

Pesce, Starck e molti<br />

altri. A dispetto delle apparenze,<br />

non è un acquisto<br />

riduttivo: le opere in<br />

formato mini sono uno<br />

dei sottomercati più fiorenti.<br />

Spesa di qualità, co-<br />

Il brivido di comprare<br />

un pezzo di eternità<br />

LA SCIARPA<br />

IMPRESSIONISTA<br />

Le ballerine<br />

del pittore<br />

impressionista<br />

Edgar Degas<br />

su un foulard<br />

del Metropolitan<br />

a 70 euro<br />

BERE CON STILE<br />

Bollitore firmato<br />

da Frank Gehry<br />

per Alessi e una tazza<br />

d’autore per una<br />

Shopping<br />

colazione da museo<br />

ALESSANDRA RETICO<br />

Gli oggetti di design esposti al MoMA di New<br />

York, le copie dei capolavori del Louvre<br />

o della National Gallery, oppure semplicemente<br />

i cataloghi delle mostre. Dilaga la moda<br />

di concludere le visite con gli acquisti: per portarsi<br />

a casa un po’ della bellezza appena ammirata<br />

me anche quella di prodotti<br />

non griffati e no logo<br />

(eccetto quello del museo<br />

stesso): un cappellino,<br />

una matita, una maglietta<br />

con il quadro dell’artista<br />

preferito o la tazza da tè, la<br />

sacca di tela per fare la<br />

spesa, l’ombrello.<br />

«L’ho comprato al Metropolitan di New York» fa molto chic, e qui sta la forza di quello<br />

che è anche un business. Più estero, bisogna dire, dove la tradizione dello store culturale<br />

è più antica (1890) e dove l’incrocio tra arte e mercato, così come tra fondi privati<br />

e pubblici, non ha lo stigma, la garanzia secondo altri, che ha da noi in Italia. In<br />

termini puramente numerici un paradosso: il nostro Paese, che ha la più ricca rete di<br />

musei al mondo, 4.100 tra musei e gallerie, col merchandising totalizza un giro d’affari<br />

che è appena un terzo di quello del solo Metropolitan. Circa 20milioni di euro nel<br />

2004 (ultimo dato disponibile), lo stesso che guadagna tra braccialetti e statuine il<br />

Louvre, 2 milioni in meno della National Gallery di Londra. Eppure dalla legge Ronchey<br />

nel ‘93, che prevedeva l’introduzione dei “servizi” commerciali nei musei, gli<br />

shop sono aumentati, 96 quelli più importanti.<br />

Nonostante questo il “very made in Italy” fatica a decollare dove nasce davvero:<br />

si spendono appena 9 euro per un ricordo, gli stranieri nei loro store lasciano tra i<br />

13 e 15 euro. In America, per dire, i gadget rappresentano circa il 10 per cento dei<br />

guadagni annuali. Certo, in un Paese che ha avuto Andy Warhol l’arte non poteva<br />

che tradursi anche in consumo, merce, persino giocattolo e intrattenimento. Secondo<br />

Codeluppi, «con l’effetto positivo di alzare il livello della cultura di massa e<br />

democratizzare il sapere». A Pittsburgh, nel museo dedicato all’artista pop, quasi<br />

ti confondi tra opera e riproduzione, esposizione e mercato, tra vero e finto. È quello<br />

che lui voleva, che si mischiasse tutto.<br />

da<br />

museo<br />

L’ECLISSE<br />

DI MAGISTRETTI<br />

Compasso<br />

d’oro nel ‘67,<br />

la lampada Eclisse<br />

di Vico Magistretti<br />

per Artemide<br />

si compra a poco<br />

più di cento euro

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