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ERA DEI MARTIRI

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una cieca denigrazione, come quella dell'antico Celso, né un repertorio di asserzioni<br />

gratuite, ma una discussione calma e penetrante circa le basi concettuali del<br />

cristianesimo per mostrarne le deficienze e le assurdità. Porfirio si mostrava<br />

informato delle sacre Scritture e dei vari metodi con cui erano interpretate dai<br />

cristiani, come pure riconosceva che Gesù era una figura nobilissima e che alcune sue<br />

sentenze erano degne di essere accettate da tutti gli uomini (il che indusse alcuni<br />

scrittori antichi a giudicarlo, senza fondamento, un cristiano apostata); ma<br />

naturalmente, passando alla critica, frantumava per ragioni o storiche o filosofiche i<br />

fondamenti del cristianesimo.<br />

Lo scritto di Porfirio fece una penosa impressione sui cristiani, e ricevette<br />

numerose confutazioni (che ci hanno conservato fortunatamente abbondanti citazioni<br />

in compenso dello scritto perduto): sui pagani fece forse altrettanta impressione, in<br />

senso contrario; ma non raggiunse neppur lontanamente lo scopo propostosi, di<br />

fondere insieme pagani e cristiani per farne una barriera contro la minaccia dei<br />

Barbari. Con tutto il suo acume filosofico Porfirio non si era reso conto che tale<br />

fusione era assurda, e che il vino nuovo non si poteva riporre in otri vecchi.<br />

27. Anche il paganesimo, alla sua volta, subiva un'evoluzione. Era facile ai cristiani,<br />

quando volevano polemizzare contro il politeismo corrente, metterne a nudo le<br />

assurdità e le contraddizioni, come già avevano fatto Tertulliano e Minucio Felice,<br />

anche perché le considerazioni addotte dai polemisti cristiani erano già state avvertite<br />

in parte da precedenti pensatori pagani. Ora, sia per tali considerazioni sia per ragioni<br />

pratiche, l'insieme del politeismo si stava trasformando. Già un cinquantennio prima<br />

di Diocleziano era andata delineandosi una specie di confederazione gerarchica, che<br />

inconsciamente ricollegava1e innumerevoli divinità, riassumendole quasi sotto una<br />

divinità suprema. Insomma - si chiedeva - tutti questi Dei e Dee, così divergenti o<br />

anche così contrastanti fra loro, che cosa rappresentavano nel loro complesso? Erano<br />

un'accozzaglia di reggi tori autonomi dell'universo: oppure esisteva un quid unum<br />

ch'era comune a tutti, e a questo quid unum essi stessi alla loro volta potevano esser<br />

ridotti come a un principio supremo che li riassorbiva? A rigore, non era la questione<br />

monoteistica che veniva proposta: si voleva piuttosto sapere se era possibile<br />

inquadrare tutti quei Dei in una compagine ragionevole, armonica, unitaria, quasi per<br />

costruirne una piramide ben compatta e sotto un unico vertice.<br />

Tutti quei Dei potevano benissimo rimanere, e anzi si poteva far posto pure ad altri<br />

che volessero associarsi; ma tutti sarebbero diventati porzioni naturali della piramide,<br />

e quasi prolungamenti del suo vertice verso il basso.

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