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ERA DEI MARTIRI

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Scegliendo a caso, essi vietano a vescovi, sacerdoti e diaconi, di allontanarsi dalle<br />

loro residenze per fare commercio e frequentare i mercati: proibiscono chierici di<br />

praticare l'usura: né il vescovo né i chierici dovranno tenere in casa donne estranee,<br />

salvo la sorella o la figlia vergine consacrata al Signore: i fedeli battezzati non<br />

compiano atti di idolatria: non dovranno partecipare con denaro ad aleam, id est<br />

tabulam, ossia a giuochi d'azzardo: la cristiana che ha abbandonato il proprio marito<br />

adultero, non ne sposi un altro: la moglie che, assente il marito, ha concepito per<br />

adulterio e poi ha commesso un infanticidio, sia punita gravissimamente per il doppio<br />

delitto: i giovani battezzati che abbiano commesso fornicazione, facciano adeguata<br />

penitenza prima del matrimonio: non si diano le proprie figlie in mogli a sacerdoti<br />

idolatrici; e l'enumerazione potrebbe continuare ancora.<br />

Questi canoni mostrano che numerose erano le deficienze morali dei pastori e dei<br />

fedeli, e certamente erano state occasionate dalla lunga pace di cui godeva il<br />

cristianesimo, come giustamente ha affermato testé Eusebio per le regioni orientali. È<br />

vero che i canoni di Elvira si riferiscono a ciò che avveniva nell'estremo Occidente,<br />

ma confrontandoli con le notizie dateci da Eusebio riguardo all'Oriente, si potrà<br />

concludere che la differenza doveva essere poca, e probabilmente era in favore<br />

dell'Occidente: i canoni di Elvira, infatti, sono ispirati ad una certa severità che non si<br />

ritrova di solito altrove.<br />

In conclusione, nessuna meraviglia che, date queste condizioni generiche, fossero<br />

numerosissimi i cristiani pusillanimi e rinnegati, i quali soccombettero quando si<br />

scaricò improvvisa su essi la persecuzione.<br />

55. Ma il terzo editto del 303 non fu l'ultimo. Si era sullo scorcio di quell'anno: e il 17<br />

settembre cominciava il ventesimo anno dacché Diocleziano era salito al supremo<br />

potere. Venti anni d'impero erano una durata davvero straordinaria per quei tempi,<br />

quando tutti si ricordavano ancora del periodo turbinoso dei «trenta tiranni» (§ l), e<br />

quindi era opportuno celebrare la data con festeggiamenti straordinari, ossia con i<br />

«vicennali». Ma Diocleziano volle unire con questi festeggiamenti il trionfo suo e<br />

quello del collega Massimiano, e stabilì di celebrare tale trionfo in Roma; alcuni anni<br />

prima, infatti, il Senato era andato a Milano ad ossequiarlo e ad invitarlo a celebrare il<br />

proprio trionfo a Roma, ma per allora non se n'era fatto niente, data anche la scarsa<br />

simpatia che il sommo augusto aveva sempre nutrita per la città dei sette colli.<br />

Finalmente questa volta la sua ritrosia fu vinta, e la solennissima celebrazione fu<br />

tenuta il 20 novembre (cfr. Lattanzio, De mortibus persecut., 17).

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