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Catalogo PDF - Tagliacozzo

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artisti, anni in cui l’idea di fare un film insieme<br />

aveva iniziato a prendere forma concretizzandosi<br />

poi nel 2008 con la selezione del materiale su cui<br />

lavorare.<br />

Sono quattro le coreografie che Pina aveva scelto<br />

come base per il documentario - “Café Müller”, “Le<br />

Sacre du Printemps”, “Vollmond” e “Kontakthof”<br />

- e non a caso le prime due sono le stesse che<br />

Wenders vide quella volta a Venezia. Ma nel giugno<br />

2009, a un passo dall’inizio delle riprese, la<br />

coreografa morì improvvisamente, lasciando nelle<br />

mani del regista e dei suoi danzatori la concezione<br />

dell’impianto drammaturgico del film.<br />

Il film è un ulteriore approfondimento da parte di<br />

Wenders dell’opera rivoluzionaria di Pina Bausch.<br />

Il regista, infatti, gira per intero le coreografie<br />

scelte, ma decide di imperniare la sua ricerca sugli<br />

assoli dei danzatori, e per costruirli adotta la stessa<br />

modalità della coreografa, probabilmente la chiave<br />

innovativa di tutto il suo lavoro, di rivolgere loro<br />

delle domande personali, chiedendo di rispondere<br />

con il solo movimento del corpo. Non mancano le<br />

voci dei danzatori, ma esse sono lasciate rigorosamente<br />

fuori campo mentre l’inquadratura fissa<br />

sul primo piano di ognuno ne analizza il ritratto.<br />

Quelle di Wenders sono domande su Pina ovviamente<br />

e gli assoli, dunque, costituiscono le risposte<br />

dei danzatori su di lei, sequenze di grande<br />

impatto emozionale, in cui certamente giocano un<br />

ruolo determinante la colonna sonora molto suggestiva<br />

e il serrato ritmo visivo dato dal contrasto<br />

delle ambientazioni. In uno sfondo di volta in volta<br />

industriale, naturale, metropolitano, teatrale in cui<br />

i corpi bauschiani in abiti da sera dall’inconfondibile<br />

eleganza lottano, desiderano, amano, esprimono<br />

gioia, ma anche dolore, comunicano<br />

insomma un’interiorità. La macchina da presa ne<br />

scruta il movimento in rapporto a uno spazio che<br />

per lo spettatore diviene avvolgente, realizzando<br />

quella compenetrazione fra linguaggio cinematografico<br />

e coreografico che è senza altro una delle<br />

cifre più caratteristiche di questo film. (Annamaria<br />

Corea)<br />

FESTIVAL E PREMI<br />

Deutscher Filmpreis 2011: Miglior documentario<br />

È stato inoltre presentato fuori concorso alla 61ª edizione<br />

del Festival Internazionale del cinema di Berlino il 13 febbraio<br />

2011. In Italia è stato presentato nella sezione<br />

Eventi speciali della 6ª edizione del Festival Internazionale<br />

del Film di Roma.<br />

INTRODUCE IL FILM<br />

ANNAMARIA COREA<br />

(Dottore di ricerca in “Tecnologie digitali e metodologie<br />

per la ricerca sullo spettacolo”, esperta<br />

di danza, Sapienza, Università di Roma)<br />

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