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Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato 4

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BONA FIDES<br />

113<br />

anche i iudicia bonae fidei classici non distinguevano tra i comportamenti<br />

sulla base <strong>del</strong> momento in cui erano stati posti in essere.<br />

Molto più dubbia è la natura e l’operatività <strong>del</strong>la clausola.<br />

A mio avviso l’ipotesi generalmente seguita, che questa clausola<br />

fosse inserita in un iudicium stricti iuris, non può essere condivisa.<br />

Poiché in essa si chiedeva al giudice di valutare l’oportere in relazione<br />

alla fides bona, il suo inserimento avrebbe inevitabilmente trasformato<br />

l’oportere semplice contenuto nell’intentio <strong>del</strong> iudicium stricti<br />

iuris in un oportere ex fide bona, e dunque il iudicium stesso in un iudicium<br />

bonae fidei. Ma noi sappiamo che Q. Mucio aveva elaborato –<br />

in parte recependola dagli editti dei pretori, in parte verisimilmente<br />

integrandola 46 – una lista dei iudicia bonae fidei 47 che sarebbe stata <strong>del</strong><br />

tutto inutile se ogni iudicium, con la semplice inserzione di una exceptio,<br />

avesse potuto divenire bonae fidei: in realtà la distinzione con i<br />

iudicia stricti iuris doveva essere netta già in quest’epoca, e – come avverrà<br />

anche in seguito – impostata unicamente sulla costruzione <strong>del</strong>l’intentio.<br />

Non è dunque pensabile che fosse permesso al convenuto di<br />

chiedere al giudice di valutare qualunque pretesa <strong>del</strong>l’attore – anche<br />

quando formulata in un iudicium stricti iuris – sulla base <strong>del</strong> parametro<br />

<strong>del</strong>la buona fede.<br />

Tuttavia è impossibile non notare che la clausola appare incompatibile<br />

anche con la struttura dei iudicia bonae fidei di età classica:<br />

essa infatti, consistendo <strong>nella</strong> richiesta al giudice di verificare l’insussistenza<br />

di un oportere ex fide bona, costituisce un doppione <strong>del</strong>la ri-<br />

problema <strong>del</strong> danno meramente patrimoniale, Napoli, 2008, 71 ss.); per la fase esecutiva,cfr.Ulp.11<br />

ad ed. D. 4, 3, 7, 3 (su cui cfr. ancora CURSI, op. cit., 61 ss.). Per una<br />

ipotesi di actio quod metus causa relativa alla formazione <strong>del</strong> rapporto cfr. Ulp. 11 ad<br />

ed.D.4,2,9,7 (stipulatio estorta per vim); all’esecuzione <strong>del</strong> rapporto cfr. Ulp. 11 ad<br />

ed. D.4,2,9,3 (stipulatio cui non segue il pagamento).<br />

46 Lo dedurrei dall’uso <strong>del</strong> verbo existimare nel passo citato alla nt. seg.<br />

47 Q. Muc. [inc. sed.] iur. civ. fr. 5 (BREMER, I, 102) = Cic. off. 3,70:Q. quidem<br />

Scaevola, pontifex maximus, summam vim esse dicebat in omnibus iis arbitriis, in quibus<br />

adderetur EX FIDE BONA, fideique bonae nomen existimabat manare latissime, idque<br />

versari in tutelis, societatibus, fiduciis, mandatis, rebus emptis, venditis, conductis, locatis,<br />

quibus vitae societas contineretur; in iis magni esse iudicis statuere, praesertim<br />

cum in plerisque essent iudicia contraria, quid quemque cuique praestare oporteret. Il<br />

passo deve essere letto nel contesto <strong>del</strong> discorso di Cicerone: cfr. FIORI, Bonus vir, cit.,<br />

333 ss.

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