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Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato 4

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BONA FIDES<br />

121<br />

doti di trarre gli auspici, e aveva perciò deciso di metterla in vendita,<br />

trovando come acquirente P. Calpurnio Lanario. Quest’ultimo però,<br />

acquistata la casa, aveva a sua volta ricevuto l’ordine degli auguri e,<br />

essendo venuto a sapere che Claudio aveva messo in vendita la casa<br />

dopo l’intimazione, aveva instaurato un procedimento per la condanna<br />

di Claudio al pagamento di quidquid dare facere oportet ex fide<br />

bona. La sentenza fu pronunciata da M. Porcio Catone Saloniano, padre<br />

<strong>del</strong>l’Uticense, il quale decise che si dovesse tenere indenne l’acquirente<br />

per il danno subìto 66 , «in quanto nel vendere la cosa il venditore<br />

era a conoscenza <strong>del</strong> suo stato e non ne aveva dato conto»: decise<br />

cioè, commenta Cicerone, che è conforme alla bona fides che sia<br />

noto anche all’acquirente il vitium di cui il venditore è a conoscenza.<br />

Il fondamento di questa soluzione è tutto nell’essere, l’actio<br />

empti 67 , un iudicium bonae fidei: la bona fides così come interpretata<br />

dai prudentes permette di superare la regola posta dalla lex decemvirale<br />

68 . È questo, si badi, un superamento che avviene all’interno <strong>del</strong><br />

ius civile: l’interpretatio prudentium costituisce una <strong>del</strong>le fonti <strong>del</strong> ius,<br />

e il testo ciceroniano mostra che l’innovazione giurisprudenziale si<br />

sviluppa non avvalendosi di strumenti pretori, ma interpretando le<br />

regole decemvirali.<br />

65 Così nei codici, seguiti da M. WINTERBOTTOM, M. Tulli Ciceronis de officiis,<br />

Oxford, 1994, 135: a partire dall’edizione di C. LANGIUS (Antuerpiae, 1563), tuttavia,<br />

la maggioranza degli editori ha preferito emendare in Ti. sulla base <strong>del</strong>la frequenza<br />

<strong>del</strong> prenome Tiberius tra i membri <strong>del</strong>la gens Claudia.<br />

66 Rendo così l’espressione damnum praestari oportere sulla scorta <strong>del</strong>le valutazioni<br />

di CARDILLI, L’obbligazione di ‘praestare’, cit., 159 ss.<br />

67 I dubbi circa l’identificazione <strong>del</strong>l’azione sono per lo più superati: cfr. per<br />

tutti CARDILLI, L’obbligazione di ‘praestare’, cit., 158 nt. 139.<br />

68 Nota la stretta connessione tra ratio decidendi e bona fides anche P. STEIN,<br />

Fault in the Formation of Contract in Roman Law and in Scots Law, Edinburgh-London,<br />

1958, 8 s. Il riferimento alla bona fides impedisce di concordare con A. COR-<br />

BINO, Eccezione di dolo generale: suoi precedenti <strong>nella</strong> procedura per legis actiones, in<br />

GAROFALO (a cura di), L’eccezione di dolo generale. Diritto romano e tradizione romanistica,<br />

cit., 27, nell’ipotizzare una responsabilità derivante dalla norma decemvirale<br />

sulle nuncupationes. Sullo stesso piano va posta l’ipotesi di SOLIDORO MARUOTTI, Gli<br />

obblighi di informazione a carico <strong>del</strong> venditore, cit., 92, che la poena reticentiae coincida<br />

con la condanna in duplum e sia diversa dal damnum praestari oportere <strong>del</strong>la<br />

sententia Catonis: lo stesso Cicerone spiega tale poena come praestari oportere di<br />

quidquid … esset in praedio vitii, ossia esplicitamente attribuendole una funzione risarcitoria,<br />

e non penale.

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