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Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato 4

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BONA FIDES<br />

129<br />

determini uno squilibrio informativo tra le posizioni <strong>del</strong>le parti (§<br />

4.3). Se si riflette su questi dati ci si accorge, in primo luogo, che il riferimento<br />

al dolus contenuto <strong>nella</strong> parte finale <strong>del</strong> passo è almeno apparentemente<br />

superfluo e inutilmente restrittivo; in secondo luogo<br />

che la semplice scientia non avrebbe necessariamente dovuto determinare<br />

un risarcimento, posto che la reticenza <strong>del</strong> venditore non<br />

aveva prodotto uno squilibrio tra le prestazioni: l’emptor aveva ritenuto<br />

congruo il prezzo <strong>del</strong> terreno anche senza sapere <strong>del</strong>l’esistenza<br />

<strong>del</strong>la servitù esistente a suo favore, e la servitù era un di più che<br />

avrebbe potuto al limite far aumentare il prezzo.<br />

Probabilmente, il contrasto tra Q. Mucio e i quidam va spiegato<br />

storicamente.<br />

Come abbiamo ricordato, all’epoca di Q. Mucio non esistevano<br />

ancora le formulae de dolo, che saranno create da Aquilio Gallo, cosicché<br />

in un rapporto contrattuale il dolo poteva essere perseguito solo in<br />

quanto assorbito dalla buona fede nei iudicia bonae fidei 88 . In quest’ultimo<br />

caso, però, a livello formulare emergeva solo la bona fides: nel testo<br />

<strong>del</strong>la formula non vi era alcun riferimento al dolo ma si chiedeva<br />

al giudice di verificare se fosse dovuto qualcosa ex fide bona. Perciò all’attore<br />

era sufficiente provare la violazione <strong>del</strong>la buona fede (ad es., in<br />

caso di reticentia dei vizi, la semplice scientia) per ottenere la condanna,<br />

senza dover farsi carico <strong>del</strong>la più complessa prova <strong>del</strong> dolo 89 .<br />

Questa situazione di favore per l’attore trovava però un limite<br />

nel fatto che il danno doveva trarre origine dal contratto: la pretesa al<br />

quidquid dare facere oportet ex fide bona contenuta nell’intentio formulare<br />

si lega indissolubilmente in un rapporto di causalità (ob eam<br />

rem) con la fattispecie descritta <strong>nella</strong> demonstratio, ossia con il negozio.<br />

È perciò possibile che Q. Mucio abbia negato l’actio empti in con-<br />

88 Non disponiamo di alcun dato testuale per affermare con FREZZA, Fides<br />

bona, cit., 22 (= 216) che Q. Mucio avrebbe sanzionato la reticenza «con una azione<br />

non contrattuale (precorritrice <strong>del</strong>le formulae de dolo di Aq. Gallo, così come la sua<br />

eccezione precorreva la exceptio doli)» (su questa clausola e sul suo rapporto con<br />

l’exceptio doli cfr. supra, § 3).<br />

89 Senza però che con ciò il comportamento <strong>del</strong> venditore dovesse essere qualificato<br />

come culpa (così invece CARDILLI, L’obbligazione di ‘praestare’, cit., 166): la<br />

scientia, come abbiamo visto, prescinde da un’analisi dei criteri soggettivi di responsabilità<br />

e determina oggettivamente la responsabilità.

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