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Linguistica Romanza Varvaro - Appunti Unict

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<strong>Linguistica</strong> <strong>Romanza</strong><br />

Corso introduttivo<br />

Alberto <strong>Varvaro</strong><br />

essere in francese e perfino legiferando su usi grafici come la dieresi o<br />

l’accento circonflesso.<br />

Il campo più importante della politica linguistica è sempre stato la scuola<br />

perché è il luogo in cui bisognerebbe insegnare ai giovani come si scrive e si<br />

legge. In Italia, dall’unità (1861) in poi, salvo brevi periodi nelle scuole il<br />

dialetto è stato sanzionato, obbligando i bambini all’uso dell’italiano.<br />

5 LA VARIAZIONE<br />

L’unita linguistica non è la condizione naturale della lingua. La variazione è<br />

del tutto normale non solo tra le diverse comunità ma all’interno di ciascuna<br />

di esse ed è limitata soltanto dalla necessità di comunicare.<br />

Già Dante aveva osservato che in una stessa città non si parla in tutti i rioni<br />

alla stessa maniera e che la lingua del passato era certamente diversa da<br />

quella del presente. I dialettologi dell’800 assumevano che in ogni località<br />

esistono usi linguistici sostanzialmente omogenei e prendevano in esame solo<br />

pochi campioni, ma quando le inchieste sul terreno si espansero fu inevitabile<br />

constatare che non era così. La prima spiegazione fu affidata al passare del<br />

tempo, ipotizzando che la lingua originale fosse quella degli abitanti più<br />

anziani, mentre i giovani la cambiavano col passare del tempo. Furono quindi<br />

presi in esame solo gli abitanti più anziani, dando per scontato che almeno in<br />

una famiglia l’uso linguistico fosse omogeneo. Successivamente risultò invece<br />

che i parlanti studiati differivano gli uni dagli altri nel modo di parlare a<br />

seconda del sesso, dell’età, dell’occupazione.<br />

Ritenendo necessario non rinunciare all’idea di omogeneità linguistica, i<br />

linguisti si convinsero che essa esistesse almeno all’interno di un singolo<br />

individuo. Più tardi fu ripreso il concetto con il termine di idioletto, con cui si<br />

indica l’insieme degli usi linguistici propri del singolo parlante.<br />

Ma essendo la variazione un carattere intrinseco della lingua, di ogni lingua,<br />

anche l’uso linguistico di un singolo parlante risulta incostante e ricco di<br />

variazioni.<br />

Le dimensioni della variazione sono molteplici. Le principali sono la<br />

diatòpica, diafàsica, diastràtica e diacronica. Per variazione diatòpica si<br />

intende quella che si realizza nello spazio. Tale variazione include sia la<br />

differenza tra le famiglie linguistiche, che può essere grandissima, sia quella<br />

tra le parlate dei rioni di una stessa città, che può essere minima. Per<br />

variazione diastràtica intendiamo quella che si realizza all’interno di una<br />

comunità sociale in rapporto al variare delle condizioni sociali stesse. Per<br />

variazione diafasica si intende quella che si realizza in rapporto ai registri<br />

espressivi. Per variazione diacronica si intende quella che avviene nel<br />

tempo, per esempio quella che è avvenuta in italiano tra l’800 e il 900.<br />

6 LA VARIAZIONE DIATÒPICA: I DIALETTI E LE VARIETÀ REGIONALI<br />

La forma più evidente di variazione linguistica è quella diatòpica, che si<br />

realizza nello spazio. Queste varietà vengono detti dialetti. Nella Romània<br />

antica i dialetti sono in linea di principio la continuazione diretta del latino<br />

parlato nella stessa area, trasmesso di generazione in generazione. In ogni<br />

caso è errata la convinzione diffusa che i nostri dialetti siano forme corrotte<br />

della lingua nazionale, al contrario essi derivano direttamente dal latino,<br />

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