notiziario di medicina nucleare ed imaging molecolare - AIMN
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ALLE ORIGINI DELLA MEDICINA NUCLEARE ITALIANA: III Puntata<br />
G.Galli<br />
Albori e pionieri: gli internisti<br />
Sembra che in Italia le prime luci della Me<strong>di</strong>cina Nucleare si siano manifestate in strutture sanitarie non<br />
universitarie. Fin dal 1948 applicazioni sperimentali e cliniche furono condotte da Giocondo Protti<br />
presso il Centro INAM <strong>di</strong> isotopoterapia <strong>di</strong> Roma; G. Protti fu poco dopo chiamato, con il titolo <strong>di</strong><br />
Direttore dei laboratori <strong>di</strong> Biochimicofisica, a reggere la “Sezione degli isotopi ra<strong>di</strong>oattivi” costituita<br />
presso il Centro Tumori dell’Osp<strong>ed</strong>ale <strong>di</strong> Busto Arsizio, <strong>di</strong>retto dal Prof. G. Solaro. Protti andrà in<br />
seguito a <strong>di</strong>rigere la Sezione Isotopi del Centro Oncologico <strong>di</strong> Ancona.<br />
La struttura nata a Busto alla fine degli anni 40, dopo due anni <strong>di</strong> allestimento <strong>ed</strong> il soggiorno in Francia<br />
<strong>di</strong> tre persone per apprendervi le nuove tecniche, rappresenta quasi certamente il primo "Centro <strong>di</strong><br />
Me<strong>di</strong>cina Nucleare" importante e realmente operativo in Italia. E’ descritto in un lavoro <strong>di</strong> G. Protti<br />
apparso sul n. 62 del 1 <strong>di</strong>cembre 1950 <strong>di</strong> Minerva Me<strong>di</strong>ca (un estratto mi è stato gentilmente fornito da<br />
M. Dottorini): lavoro delizioso anche per il linguaggio d’epoca (le “dejezioni” sono sempre con la j e<br />
l’ambiente non viene contaminato, ma “infettato da ra<strong>di</strong>oattività”). La pubblicazione ci dà subito un idea<br />
dell’importanza del Centro, il cui organico <strong>di</strong> “personale stabile con rapporto professionale”<br />
comprendeva, in aggiunta ai me<strong>di</strong>ci che frequentavano il Centro per ricerca: “due fisici (dei quali uno<br />
specializzato in fisica elettronica); un tecnico fisico; un chimico organico <strong>ed</strong> un aiuto chimico; un<br />
biochimico; un polarografista; una biologa isotopista; una biologa genetista; un me<strong>di</strong>co isotopista; un<br />
istologo; una tecnica delle “culture in vitro”; un meccanico elettrotecnico”. Ammazzalo! Vorremmo<br />
averlo oggi nei nostri centri maggiori un organico così!<br />
Mi ha piacevolmente sorpreso l’importanza data già allora alla ra<strong>di</strong>oprotezione. Ricordo benissimo che<br />
qualche anno dopo, quando come ra<strong>di</strong>ologo alle prime armi cercavo <strong>di</strong> supplire durante le ferie alla<br />
retribuzione, assente in tutto il resto dell’anno, dell’ “assistente volontario” universitario, la<br />
ra<strong>di</strong>oprotezione negli ambienti ra<strong>di</strong>ologici degli Osp<strong>ed</strong>ali <strong>di</strong> provincia era semplicemente in mente Dei.<br />
Al centro isotopi <strong>di</strong> Busto invece: “Chi lavora in questa stanza (è la camera calda, locale considerato<br />
“infetto” da ra<strong>di</strong>oattività e quin<strong>di</strong> frequentabile solo dagli addetti) indossa vestaglie esclusive e guanti <strong>di</strong><br />
gomma che toglie quando esce. I piani <strong>di</strong> appoggio sono <strong>di</strong> acciaio inossidabile rivestiti <strong>di</strong> carta bibula<br />
che viene gettata quoti<strong>di</strong>anamente in appositi cestini <strong>di</strong> carta, assieme a quanto <strong>di</strong> non recuperabile può<br />
avere avuto contatto con gli elementi ra<strong>di</strong>oattivi. I cestini vengono poi interrati in apposita buca scavata in<br />
un angolo del parco. Gli operatori sono protetti da schermi <strong>di</strong> piombo dello spessore <strong>di</strong> 10 cm. Per quanto<br />
è possibile, il lavoro viene eseguito con pinze <strong>di</strong> acciaio.” Era anche curato il monitoraggio dosimetrico <strong>di</strong><br />
tutti gli ambienti e dell’unica fogna raccogliente le “dejezioni”.<br />
In quegli anni il Centro <strong>di</strong> Busto collaborava scientificamente con la Clinica Me<strong>di</strong>ca e la Patologia<br />
Me<strong>di</strong>ca dell'Universita' <strong>di</strong> Pavia, cointestatarie <strong>di</strong> alcuni dei bei lavori pubblicati. Anche varie attrezzature<br />
del Centro provenivano da Pavia dove erano state acquistate dalla Clinica Me<strong>di</strong>ca (<strong>di</strong>retta dal Prof.<br />
Introzzi) per esservi installate; ma la Direzione Sanitaria del Policlinico pavese, timorosa del "<strong>nucleare</strong> " e<br />
delle sue implicazioni, s'oppose. Un giovane ematologo della Clinica, D. M<strong>ed</strong>uri (poi me<strong>di</strong>co <strong>nucleare</strong> a<br />
Reggio Calabria: il figlio Guido ne ha seguito le orme specializzandosi nella nostra <strong>di</strong>sciplina) ebbe<br />
occasione <strong>di</strong> parlare della cosa con il Direttore Sanitario dell'Osp<strong>ed</strong>ale <strong>di</strong> Busto, ricoverato a Pavia e suo<br />
paziente; e questi fu ben lieto <strong>di</strong> accogliere le apparecchiatura nel neonato Centro <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Nucleare<br />
del suo Osp<strong>ed</strong>ale. Senza questo non noto episo<strong>di</strong>o (che conosco perché era interno da Introzzi Luigi<br />
Troncone, che mi succ<strong>ed</strong>ette nella <strong>di</strong>rezione della me<strong>di</strong>cina <strong>nucleare</strong> alla Cattolica; lo stesso D. M<strong>ed</strong>uri<br />
mi ha fornito gentilmente dei dettagli) la Clinica Me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Pavia avrebbe avuto il vanto <strong>di</strong> essere il primo<br />
Istituto Universitario italiano ad attivare un Centro <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Nucleare, togliendo l’alloro a qella <strong>di</strong><br />
Genova.<br />
<strong>AIMN</strong> - Notiziario elettronico <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Nucleare <strong>ed</strong> Imaging Molecolare, n.3, 2005 pag. 40/83