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23/08/2012 - 19.59 <strong>Erodoto</strong> e <strong>la</strong> <strong>Magia</strong> <strong>Occulta</strong><br />
raggiungere, nonostante il breve tempo a loro disposizione (soltanto due anni) e le condizioni<br />
spesso avverse in cui si trovarono a operare. I risultati delle loro ricerche furono pubblicati a<br />
Parigi tra il 1809 e il 1822 in nove volumi di testo e undici volumi di tavole in grande formato<br />
sotto il titolo Description de l'Égypte. Dominique Vivant Denon (1747-1825), il futuro direttore<br />
generale del Museum, che aveva guidato <strong>la</strong> spedizione, ne fornì un resoconto dettagliato nel suo<br />
libro Le Voyage dans <strong>la</strong> Basse e <strong>la</strong> Haute-Egypte pendant les campagnes du général Bonaparte.<br />
Questo libro, corredato di incisioni autografe, insieme al<strong>la</strong> Description, fece esplodere una vera e<br />
propria corsa all'Egitto. A partire da questo momento moltissimi europei si diedero da fare per<br />
scoprire opere d'arte sempre nuove, che disegnavano e descrivevano. Alcune costruzioni sono<br />
oggi note solo grazie a queste descrizioni, dato che in seguito vennero abbattute e i loro blocchi<br />
finirono nei forni di calce. Accanto a queste iniziative meritorie sono da annoverare anche le<br />
grandi campagne di saccheggio, che arrecarono danni incommensurabili al patrimonio artistico<br />
del paese. L'aumento di informazioni sull'Egitto fornite dai ricercatori portò infatti a una<br />
richiesta sempre maggiore di antichità egizie in Europa. Nel vecchio continente nacque il<br />
desiderio di costituire grandi collezioni, inducendo molti stranieri e abitanti del paese a<br />
specializzarsi nel commercio di reperti antichi. L'attività conobbe un vero e proprio boom, per<br />
molti diplomatici stranieri diventò una fonte di guadagno assai lucrosa. Tra i nomi più famosi al<br />
riguardo si possono citare Giovanni Anastasi (1780-1857), Bernardino Drovetti (1776-1852) e<br />
Henry Salt (1780-1827). Costoro raccolsero migliaia di oggetti, condussero campagne di scavo e<br />
acquistarono tutto ciò che reputavano degno d'interesse, alienando poi le loro collezioni ai musei<br />
europei. Esse costituirono il nucleo di base delle grandi raccolte di Londra, Parigi, Torino,<br />
Berlino e Leida. Per le imprese più difficili e gli scavi più intensivi, questi diplomatici<br />
incaricarono ingegnosi avventurieri quali Jean Jacques Rifaud (1786-1852) o Giovanni Battista<br />
Belzoni (1778-1823). Quest'ultimo riuscì addirittura a rimuovere <strong>la</strong> parte superiore di una statua<br />
colossale di Ramesse II (Memnone minore) dal suo tempio funerario a Tebe Ovest facendo<strong>la</strong><br />
trasportare fino a Londra. Nacque una vera e propria competizione per vedere chi era più veloce<br />
a raccogliere e trasferire in Europa il maggior numero di oggetti e i più voluminosi.<br />
I primi egittologi: <strong>la</strong> nascita di una vera scienza<br />
Quest'epoca, tuttavia, non era caratterizzata<br />
soltanto dal desiderio di possedere reperti antichi,<br />
bensì anche da un sincero interesse volto ad<br />
approfondire le conoscenze re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong> cultura<br />
egizia. Uno dei motivi che animavano gli studiosi<br />
era <strong>la</strong> ricerca di conferme delle affermazioni<br />
contenute nel<strong>la</strong> Bibbia. Ebbe così inizio l'autentico<br />
<strong>la</strong>voro degli uomini di scienza. Al primo posto va<br />
citato senza dubbio il francese Jean-François<br />
Champollion (1790-1832) che riuscì, dopo i tentativi<br />
falliti eli molti altri, a scoprire il segreto del<strong>la</strong><br />
scrittura geroglifica, basandosi sull'analisi di un<br />
decreto di Tolomeo V del 196 a.c. Redatto in tre<br />
lingue (<strong>la</strong> cosiddetta Stele di Rosetta), Fu possibile<br />
in questo modo sve<strong>la</strong>re in brevissimo tempo i misteri di un mondo da tempo dimenticato. Un'<br />
altra impresa eccezionale del geniale scienziato fu il ritrovamento dei molti frammenti che<br />
componevano il Papiro reale di Torino conservato nel museo piemontese, che egli così descrive in<br />
una lettera del 1824 al fratello: “li papiro più importante, quello di cui rimpiangerò per sempre <strong>la</strong><br />
quasi completa muti<strong>la</strong>zione, e che era un vero tesoro per <strong>la</strong> storia, è una 'tavo<strong>la</strong> cronologica', un<br />
vero e proprio 'computo reale' in ieratico, che nel suo stato originario conteneva un numero di<br />
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