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L'isola di cemento - James G. Ballard.pdf - Autistici/Inventati

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cadeva sul tetto del garage, sotto le finestre della stanza da letto dove aveva trascorso felicemente gran<br />

parte della vacanza. Non era stata una coincidenza se la prima volta che aveva portato Helen Fairfax<br />

nella Francia del Sud erano andati dritti a La Grande Motte, il futuristico complesso alberghiero sulla<br />

costa, a pochi chilometri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Helen aveva o<strong>di</strong>ato in silenzio quell'architettura arida, ano<strong>di</strong>na, con<br />

le sue superfici stilizzate <strong>di</strong> <strong>cemento</strong>, in<strong>di</strong>spettita per l'entusiasmo <strong>di</strong> Maitland. Si era ritrovato a<br />

rimpiangere che con lui non ci fosse Catherine: lei li avrebbe apprezzati, gli hotel e i residence a forma <strong>di</strong><br />

ziggurat, e gli immensi parcheggi vuoti approntati dai progettisti anni prima che i clienti arrivassero a<br />

parcheggiarci le auto, simili ai resti <strong>di</strong> una città abbandonata prima che nascesse. Maitland osservava<br />

dall'ingresso le pozzanghere che ricoprivano il seminterrato invaso dalle erbacce in cui era sprofondato il<br />

pianterreno. Un tempo quel luogo aveva ospitato una piccola stamperia, e ai suoi pie<strong>di</strong> erano sparsi<br />

alcuni cliché <strong>di</strong> rame; Maitland ne prese uno ed esaminò le vaghe immagini <strong>di</strong> un uomo in abito scuro e<br />

<strong>di</strong> una donna coi capelli bianchi. Con le orecchie alla pioggia pensò al <strong>di</strong>vorzio dei suoi genitori; le<br />

incertezze <strong>di</strong> quell'epoca, quando aveva otto anni, sembravano riprodotte nell'immagine in negativo <strong>di</strong><br />

quel cliché per stampa, nei colori a rovescio <strong>di</strong> quei due sconosciuti.<br />

Un'ora dopo, quando la pioggia cessò, uscì dal rifugio. Appoggiandosi alla stampella tornò verso la<br />

scarpata sud; la febbre continuava a salire, e lui fissava le corsie deserte dell'autostrada con un senso <strong>di</strong><br />

ebbrezza. Quando raggiunse il terrapieno e cercò il messaggio che aveva scritto sul cassone bianco,<br />

trovò che tutte le lettere erano state cancellate.<br />

9<br />

Febbre<br />

Le ultime gocce <strong>di</strong> pioggia gli scivolarono lungo il viso. Maitland fissò<br />

quel che restava del messaggio che aveva scritto sul <strong>cemento</strong> umido. Le lettere erano ridotte a sgorbi<br />

neri, e le tracce <strong>di</strong> gomma colavano sul terreno ai suoi pie<strong>di</strong>.<br />

Facendo uno sforzo per concentrarsi, Maitland ispezionò il terreno alla ricerca dei suoi mozziconi <strong>di</strong><br />

gomma. Forse qualcuno aveva cancellato le lettere? Non fidandosi <strong>di</strong> se stesso e della propria capacità<br />

<strong>di</strong> ragionare con chiarezza, Maitland si appoggiò alla stampella <strong>di</strong> metallo. La febbre gli saliva dal petto e<br />

dai polmoni; comprese che quelle macchie arrotondate corrispondevano esattamente all'opera <strong>di</strong> un<br />

tergicristallo. Guardò<br />

<strong>di</strong>sperato l'isola, con le sue deserte scarpate autostradali. Era ancora intrappolato nella macchina, per<br />

caso? Forse l'isola non era che una <strong>di</strong>latazione della Jaguar, ed era stato il suo delirio a trasformare il<br />

parabrezza e i finestrini in quei terrapieni... Forse, mentre lui giaceva con il petto schiacciato contro il<br />

volante le spazzole del tergicristallo si erano guastate e andavano avanti e in<strong>di</strong>etro all'infinito,<br />

reiterando sul vetro fumante qualche loro messaggio senza senso...<br />

Il sole filtrò dal cumulo <strong>di</strong> bianche nubi a est dell'isola, illuminando l'alta scarpata come un riflettore<br />

acceso su un set cinematografico. Un camion procedeva sul raccordo; sopra la balaustra apparve il<br />

cassone rettangolare <strong>di</strong> un furgone per trasporto mobili.<br />

Maitland voltò le spalle al veicolo. All'improvviso non gli importava più<br />

nulla del messaggio e delle lettere cancellate: si spinse senza riguardo fra l'erba alta, con gli steli bagnati<br />

che gli inzuppavano la stoffa dei pantaloni e della giacca. Nella sfolgorante luce solare l'isola e le strade<br />

<strong>di</strong> <strong>cemento</strong> risplendevano con una vibrazione dura, che si trasmise al suo corpo prostrato. L'erba brillava<br />

<strong>di</strong> una luce elettrica, circondandogli cosce e polpacci. Le foglie bagnate gli avviluppavano la pelle, come<br />

se non volessero lasciarlo mai più. Maitland sollevò la gamba offesa sulle macerie <strong>di</strong> un muro <strong>di</strong> mattoni.<br />

In qualche modo doveva riprendersi, finché gli restavano energie sufficienti a camminare.<br />

Di tornare in macchina non se ne parla nemmeno, si <strong>di</strong>sse. L'erba intorno a lui stormì nella brezza, come<br />

a dargli il suo assenso.<br />

"Adesso esplori l'isola... il vino lo berrai più tar<strong>di</strong>." L'erba tremolò tutta eccitata, sud<strong>di</strong>videndosi in onde<br />

circolari, protendendosi in spirali che lo ghermivano.<br />

Affascinato, Maitland ne seguì i movimenti sinuosi, ritrovando in quelle sagome la voce benigna <strong>di</strong> una<br />

smisurata creatura verde, ansiosa <strong>di</strong> proteggerlo e <strong>di</strong> guidarlo. Le spirali ondeggiavano nell'aria ardente,<br />

come un sigillo visivo <strong>di</strong> epilessia. Il suo cervello... la febbre: forse una lesione alla corteccia cerebrale...<br />

"E se trovassi una scala?"<br />

L'erba gli avvinghiava i pie<strong>di</strong>, come irritata che Maitland desiderasse ancora sfuggire al suo abbraccio<br />

verde. Ridendo, Maitland le <strong>di</strong>ede un buffetto rassicurante con la mano libera e ricominciò a camminare,<br />

accarezzando i fili che gli lambivano i fianchi.

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