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L'isola di cemento - James G. Ballard.pdf - Autistici/Inventati

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vagabondo, in<strong>di</strong>cando un sentiero che conduceva a un ripido monticello. Proctor ignorò l'or<strong>di</strong>ne: sapeva<br />

bene che quella scorciatoia avrebbe potuto esporre troppo chiaramente Maitland alla vista dei veicoli <strong>di</strong><br />

passaggio. Scelse invece una via più lunga e più tortuosa, ma ben protetta da cespugli d'ortiche e<br />

macerie.<br />

Maitland accettò la deviazione senza protestare; ormai aveva addomesticato il vecchio bestione, ma fra<br />

loro due vigeva la tacita intesa che Proctor non lo avrebbe mai aiutato a scappare. Si spostò sull'altro<br />

lato della schiena, equilibrandosi con la stampella come un funambolo. La gamba destra, inutile quanto<br />

il fodero <strong>di</strong> una lancia rotta, penzolava inerte al loro seguito.<br />

Ansando e sbuffando, Proctor si <strong>di</strong>resse verso lo spiazzo dello sfasciacarrozze. Senza quell'animale da<br />

soma Maitland trovava <strong>di</strong>fficile spostarsi nell'isola: l'erba e le ortiche, il sambuco e gli arbusti polverosi<br />

erano cresciuti ovunque, innaffiati dalla pioggia torrenziale caduta nei sei giorni successivi al faccia a<br />

faccia con Proctor. Sebbene la coscia ferita cominciasse a guarire, Maitland era molto più debole <strong>di</strong><br />

prima. La combinazione <strong>di</strong> febbri intermittenti e cibi guasti gli aveva fatto perdere <strong>di</strong>eci chili, e Proctor<br />

riusciva a trasportare senza <strong>di</strong>fficoltà quel suo corpo un giorno così aitante. Maitland sentiva le ossa<br />

delle cosce e del bacino sporgere dalla muscolatura: era il suo scheletro che lo mandava a salutare.<br />

Radendosi allo specchio da viaggio <strong>di</strong> Jane Sheppard, premeva e modellava le guance e la man<strong>di</strong>bola:<br />

sembrava che le ossa si stessero riorganizzando in un volto piccolo e aguzzo, dove scintillavano due<br />

occhi stanchi ma indomiti.<br />

A <strong>di</strong>spetto della prostrazione fisica, Maitland si sentiva lucido e fiducioso. Ora che le piogge erano finite<br />

poteva riprendere a far piani per la fuga. Aveva trascorso gli ultimi due giorni <strong>di</strong> nubifragi solo nel<br />

sotterraneo, seduto sulla stufa al cherosene, ben sapendo <strong>di</strong> non avere possibilità contro il fango viscido<br />

della scarpata.<br />

Alzò lo sguardo al terrapieno che cominciava ad asciugarsi. Dopo due giorni <strong>di</strong> isolamento, in attesa del<br />

ritorno <strong>di</strong> Jane Sheppard – che quel mattino era finalmente ricomparsa –, un <strong>di</strong>aframma sottile ma<br />

palpabile lo separava dal traffico che scorreva sopra <strong>di</strong> lui. Si sforzava <strong>di</strong> pensare a sua moglie, a suo<br />

figlio e a Helen Fairfax, richiamando i loro visi alla memoria; ma si facevano sempre più remoti,<br />

allontanandosi come le nuvole lontane sopra White City.<br />

Giunti allo spiazzo dello sfasciacarrozze, Maitland pizzicò Proctor sulla schiena. Grugnendo, il vagabondo<br />

si fece strada fra una gomma e l'altra. Maitland pensò che il confronto decisivo con Proctor e Jane<br />

Sheppard si era svolto appena in tempo. Adesso, dopo un'altra settimana <strong>di</strong> malattia e semi<strong>di</strong>giuno, non<br />

sarebbe più stato in grado <strong>di</strong> tenere loro testa.<br />

"Bene... ora fammi scendere. Attento!..."<br />

Maitland batté la stampella sulla testa <strong>di</strong> Proctor. Per sciocco che potesse sembrare, redarguire il<br />

vagabondo gli dava una certa sod<strong>di</strong>sfazione. Aggiunse un secondo colpo, mirando alla striscia argentea<br />

della cicatrice che correva sul collo <strong>di</strong> Proctor; cercava <strong>di</strong> mantenere vive la rabbia e la suscettibilità,<br />

aizzandosi da solo a inasprire le punizioni. Se si addolciva, Proctor lo avrebbe <strong>di</strong>strutto.<br />

Il vagabondo sollevò la larga schiena curva, depositando al suolo Maitland vicino alla Jaguar; lo guardò<br />

con rispetto, ma gli occhi offuscati stavano all'erta in attesa <strong>di</strong> una mossa falsa. Maitland prese la<br />

stampella sottobraccio e, appoggiandosi con una mano alla testa <strong>di</strong> Proctor, avanzò<br />

verso la coda dell'auto ormai completamente nascosta dall'erba, che aveva cancellato le tracce sul<br />

terreno annerito.<br />

Evitò gli occhi <strong>di</strong> Proctor, atteggiando il viso a una totale inespressività; la sua sola speranza era che<br />

qualcuno, un sorvegliante o un operaio dell'autostrada, fosse sceso a esaminare l'auto, avesse preso il<br />

numero <strong>di</strong> targa e lo avesse riferito a un poliziotto con un po' <strong>di</strong> sale in zucca. Maitland sbirciò<br />

nell'abitacolo dell'auto, ispezionando il se<strong>di</strong>le anteriore e il cruscotto. Nessuno aveva toccato i brandelli<br />

bisunti <strong>di</strong> tappezzeria e le bottiglie vuote. Maitland strinse la piccola grondaia, premendo il palmo della<br />

mano sul bordo affilato per riaversi dalla delusione. Scoprì con sorpresa <strong>di</strong> essere molto più forte <strong>di</strong><br />

quanto credesse. Per vari secon<strong>di</strong> rimase in pie<strong>di</strong> senza l'aiuto della stampella: la gamba destra, pur<br />

rigida all'altezza dell'anca, reggeva il suo peso, e se faceva perno sulla sinistra riusciva praticamente a<br />

camminare. Decise <strong>di</strong> tener nascosta la portata del suo miglioramento: per quello che aveva in mente,<br />

era meglio che Jane e Proctor lo credessero storpio.<br />

"Benissimo... ve<strong>di</strong>amo cosa c'è per te."<br />

Maitland fece cenno a Proctor <strong>di</strong> scansarsi e aprì il bagagliaio. Il vagabondo lo fissava con occhi scaltri,<br />

come nella paziente attesa <strong>di</strong> un errore. A volte sembrava invitare deliberatamente Maitland a

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