L'isola di cemento - James G. Ballard.pdf - Autistici/Inventati
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"Ascoltami, Proctor... voglio che tu mi aiuti a salire la scarpata. Adesso!"<br />
Offrì il braccio a Proctor, ma quello guardò imbarazzato verso le rovine del cinema. "Aiuto mister<br />
Maitland... ma come? Mister Maitland è<br />
malato."<br />
Caparbiamente, Maitland trattenne la collera. "Proctor, tu sei abbastanza forte da trasportarmi.<br />
Aiutami, e non <strong>di</strong>rò alla polizia che sei qui. Se continui a trattenermi ti porteranno via... ti metteranno in<br />
qualche istituto. Non vorrai passare il resto della vita in prigione?"<br />
"No!" Proctor urlò la parola con impeto, quin<strong>di</strong> si guardò intorno sospettoso, come nel timore che<br />
qualche automobilista lo avesse sentito.<br />
"Non prigione per Proctor."<br />
"No," assentì Maitland. Anche quella breve conversazione lo stava esaurendo. "Io non voglio che tu vada<br />
in prigione. In fondo mi hai aiutato, Proctor."<br />
"Sì..." Proctor annuì con enfasi. "Proctor aiutato mister Maitland."<br />
"Bene, allora." Maitland si alzò sulla stampella e vacillò penosamente, sentendosi mancare le forze.<br />
Cercò <strong>di</strong> afferrare Proctor per la spalla, ma il barbone si sottrasse. Allora Maitland zoppicò verso la<br />
scarpata; la corsia <strong>di</strong>retta a ovest era quasi vuota, ma sull'altro lato della carreggiata centrale tre file <strong>di</strong><br />
traffico si accalcavano verso il centro <strong>di</strong> Londra.<br />
"Proctor! Qui... dammi una mano!"<br />
Il vagabondo rimase immobile, scuotendo lentamente il testone sfigurato. "No..." <strong>di</strong>sse infine, fissando<br />
la figura sbrindellata e spettrale <strong>di</strong> Maitland come se non lo riconoscesse più. "Miss Jane..." Prima che<br />
Maitland potesse protestare si era voltato e correva a testa bassa in mezzo all'erba.<br />
Sentendosi rianimare dall'aria fresca, Maitland si strinse lo scialle intorno al petto e continuò da solo<br />
verso la scarpata. Il rifiuto <strong>di</strong> Proctor <strong>di</strong> aiutarlo e il suo chiaro timore della ragazza non lo<br />
sorprendevano: facevano parte anche loro <strong>di</strong> quella congiura del grottesco che lo teneva recluso<br />
sull'isola per quello che era ormai il quinto giorno. Percosse l'erba davanti a lui, identificando nella sua<br />
crescita lussureggiante tutto il male che aveva sopportato.<br />
Il breve tragitto bastò per sfinirlo. Dopo la magra colazione <strong>di</strong> avanzi, tornava già a sentire i morsi della<br />
fame. Ogni giorno trascorso gli aveva sottratto una quota <strong>di</strong> energie. L'erba alta che lo premeva da ogni<br />
lato gli sembrava una folla ostile. Vacillando, Maitland cominciò ad attraversare l'avvallamento centrale,<br />
ma quando arrivò al semicerchio <strong>di</strong> veicoli rugginosi nello spiazzo dello sfasciacarrozze, era così stanco<br />
che faticò<br />
persino a trovare la carcassa della Jaguar.<br />
Il cielo si era rannuvolato, e al nascondersi del sole cadde un piovischio gelido. Maitland si gettò sul<br />
<strong>di</strong>vanetto posteriore che era stato la sua casa nei primi giorni trascorsi sull'isola. Massaggiandosi le<br />
braccia intirizzite concentrò i suoi pensieri su Proctor e Jane Sheppard. Doveva pur trovare il modo <strong>di</strong><br />
dominarli. In qualsiasi momento avrebbero potuto benissimo <strong>di</strong>sinteressarsi <strong>di</strong> lui e lasciarlo morire nel<br />
guscio bruciacchiato della sua auto. Maitland alzò lo sguardo alla scarpata... non solo la salita era<br />
<strong>di</strong>ventata più ripida <strong>di</strong> come se la ricordava, ma il ciglio <strong>di</strong> <strong>cemento</strong> e la balaustra sembravano sei o sette<br />
metri più in alto.<br />
Prima <strong>di</strong> tutto, gli serviva un'esca. Uscì dall'auto, estrasse le chiavi e aprì<br />
il bagagliaio. Nel cartone c'erano le ultime tre bottiglie <strong>di</strong> Borgogna bianco. Ne avvolse una nello scialle,<br />
richiuse il bagagliaio e partì in <strong>di</strong>rezione della tana <strong>di</strong> Proctor.<br />
L'ingresso del rifugio era chiuso col lucchetto. Sotto la pioggia sottile, Maitland si appoggiò alla<br />
stampella per riprendere fiato dopo lo sforzo compiuto per riattraversare l'isola. Rannicchiato vicino allo<br />
scolatoio della scarpata del raccordo, Proctor era occupato a riempire pazientemente un secchio con<br />
l'acqua che gocciolava dalla superficie del cartello <strong>di</strong> segnalazione venti metri più su.<br />
Quando si avvide <strong>di</strong> Maitland tornò verso il rifugio, inoltrandosi fra l'erba come una talpa gigante. Due<br />
gavette tintinnavano appese alla sua cintura. Nella mano destra teneva cinque o sei trappole a molla, da<br />
cui penzolavano intrecciando le code un paio <strong>di</strong> topolini. A quella vista Maitland rammentò il topo ferito<br />
che gli si era arrampicato sulla gamba. Presumibilmente Proctor rimpolpava la sua povera <strong>di</strong>eta con quei<br />
ro<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> campo. In tutti i casi, doveva avere accesso a qualche altra fonte alimentare. Se l'avesse<br />
scoperta, l'isola avrebbe avuto in lui un inquilino meno precario.<br />
"Proctor... ho bisogno <strong>di</strong> cibo. Morirò presto se non mangio qualcosa." Il vagabondo lo guardò con<br />
<strong>di</strong>ffidenza e gli porse i topi, ma Maitland scosse il capo.