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L'isola di cemento - James G. Ballard.pdf - Autistici/Inventati

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sotterraneo. Sedettero insieme sul letto nel tepore della stanza; per un po' lei singhiozzò con le mani sul<br />

viso, mentre i suoi occhi si snebbiavano. Tornando in sé, si rivolse a Maitland con voce angosciata:<br />

"Senti, tu non devi restare qui. Sei pelle e ossa. La tua mente è... ti serve un me<strong>di</strong>co. Telefono subito a<br />

tua moglie, e stasera ti verranno a prendere".<br />

"No." Impassibile, Maitland le prese le mani. "Non chiamarla. Hai capito?"<br />

"D'accordo." Annuì riluttante. "Per questa notte rimani qui, e domani ti aiuterò a salire sulla strada. Ti<br />

portiamo in un ospedale."<br />

"Benissimo, Jane. Staremo insieme." Maitland le cinse le spalle. "Non voglio che nessuno sappia che<br />

sono sull'isola."<br />

Lei appoggiò stancamente la testa al suo petto.<br />

"Proctor vuole andarsene. Mi ha chiesto <strong>di</strong> portarlo con me."<br />

23<br />

Il trapezio<br />

Poco dopo l'alba, il primo sole splendeva sull'isola fra i pilastri <strong>di</strong> <strong>cemento</strong> del cavalcavia. Appoggiato alla<br />

stampella <strong>di</strong> metallo, Maitland procedeva lungo il terreno irregolare dell'avvallamento centrale,<br />

scrutando gli alti terrapieni con l'occhio vigile del guardacaccia in cerca <strong>di</strong> un inafferrabile bracconiere.<br />

Pattugliava l'isola da un'ora, e aveva i pantaloni fra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> rugiada: mentre l'ultimo dei camion notturni<br />

avanzava sull'autostrada prese fiato appoggiandosi alla porta del rifugio <strong>di</strong> Proctor. Alzò lo sguardo verso<br />

la complessa geometria delle ombre formate da segnali stradali, fili, sostegni <strong>di</strong> lampioni e muri <strong>di</strong><br />

<strong>cemento</strong>. Un'auto solitaria procedeva verso ovest, e Maitland alzò la stampella e la agitò; malgrado tutti<br />

i bocconi amari ingoiati nella lotta per fuggire dall'isola, aveva ancora la speranza che improvvisamente<br />

un automobilista si fermasse e lo facesse salire. Maitland lasciò il rifugio incamminandosi verso la luce<br />

che appariva dal tunnel: a cinquanta metri dal recinto <strong>di</strong> rete metallica gli sfuggì un gemito <strong>di</strong> sorpresa,<br />

mentre la stampella cadeva nell'erba umida. Al centro della campata deserta era parcheggiato un mezzo<br />

municipale per la manutenzione. Solo il tetto dell'abitacolo e la piattaforma telescopica erano visibili<br />

sopra la balaustra <strong>di</strong> <strong>cemento</strong>, ma Maitland capì che fra poco dei tecnici si sarebbero arrampicati a<br />

riparare il lato inferiore del cavalcavia, dove alcune lastre <strong>di</strong> <strong>cemento</strong> si stavano staccando. Alla<br />

balaustra era assicurata un'intelaiatura con il posto per un operaio; dal bordo penzolavano dei cavi, e<br />

una bobina scendeva a meno <strong>di</strong> due metri dal terreno.<br />

Incapace <strong>di</strong> credere a ciò che vedeva, Maitland annaspò alla ricerca della stampella; quin<strong>di</strong> emise un<br />

rauco sussurro, riverbero <strong>di</strong> un grido <strong>di</strong> soccorso. Appena visibili sopra la balaustra apparivano le teste<br />

del conducente e dei due operai, che camminavano verso un secondo veicolo per la manutenzione<br />

parcheggiato trecento metri più in là. Tremante <strong>di</strong> emozione Maitland afferrò la stampella e si precipitò<br />

verso la salvezza, ma tre metri <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lui balzò dall'erba alta una figura vestita <strong>di</strong> nero. Quando<br />

Maitland si girò, inciampando su un foglio rugginoso <strong>di</strong> ferro zincato, riconobbe Proctor che correva con<br />

le braccia alzate sopra la testa. Sotto la giacca dello smoking indossava la calzamaglia sdrucita.<br />

Superando con un salto la catasta <strong>di</strong> gomme, si slanciò verso la bobina sospesa a due metri da terra.<br />

"Proctor! Lascia stare!"<br />

Maitland strinse la stampella e zoppicò <strong>di</strong>speratamente battendo il terreno nel tentativo <strong>di</strong> far scappare<br />

il vecchio acrobata; ma già Proctor si librava nell'aria. Abbrancò al volo la bobina, si lasciò penzolare e<br />

cominciò a issarsi, una mano dopo l'altra. Le sue braccia possenti si muovevano come pistoni e i pie<strong>di</strong><br />

arrampicavano, attorcigliati all'estremità<br />

del cavo.<br />

Quasi ammutolito dal terrore, Maitland colpì con la stampella il cavo che oscillava; se Proctor fosse<br />

fuggito, in breve la ragazza lo avrebbe abbandonato. Era sicuro che l'offerta della sera precedente <strong>di</strong><br />

chiamare aiuto non era stata altro che un trucco. Nel momento in cui avesse raggiunto la scarpata<br />

sarebbe scomparsa, seguita poco dopo dal vagabondo. Se restava solo sull'isola, Maitland sarebbe<br />

sopravvissuto al massimo per qualche giorno.<br />

Proctor si arrampicò sulla balaustra e, a conferma dei suoi timori, guardò<br />

verso Maitland con un sorriso furbo sulle labbra.<br />

"Proctor! Vieni giù!"<br />

Sollevandosi sulle mani robuste, Proctor scavalcò la balaustra e scrutò la strada vuota. Salutando<br />

Maitland con la mano, sciolse i cavi che trattenevano l'intelaiatura e abbassò la piattaforma <strong>di</strong> legno sul<br />

suo sostegno d'acciaio; quin<strong>di</strong> afferrò i tiranti assicurati al verricello sul mezzo per la manutenzione,

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