Quasi sospinto dall'erba, Maitland salì sul tetto <strong>di</strong> un rifugio antiaereo abbandonato, dove riprese fiato stu<strong>di</strong>ando l'isola con maggior attenzione. Confrontandola con il sistema <strong>di</strong> autostrade, rilevò che era molto più vecchia dei terreni circostanti, come se quella zona triangolare <strong>di</strong> incolto fosse sopravvissuta per un esercizio unico <strong>di</strong> scaltrezza e perseveranza, e avrebbe continuato a sopravvivere, sconosciuta e negletta, per molto tempo ancora dopo che le autostrade si fossero ridotte in polvere. Alcune parti dell'isola risalivano a molto prima della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale; la zona orientale, sotto il cavalcavia, era la più antica, con il cimitero e le tracce dei muri <strong>di</strong> case terrazzate edoar<strong>di</strong>ane. Lo spiazzo dello sfasciacarrozze e i rottami delle auto si erano sovrapposti a strade e vicoli ancora riconoscibili. Al centro dell'isola c'erano i rifugi antiaerei fra i quali era seduto, e attigua a essi un'aggiunta posteriore, cioè i resti <strong>di</strong> un posto <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a della Protezione civile risalente a poco più <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci anni prima. Spalleggiato dai fili d'erba che gli frullavano intorno come uno stuolo <strong>di</strong> attendenti premurosi, si <strong>di</strong>resse a ovest, verso il centro dell'isola, superando una serie <strong>di</strong> bassi muretti parzialmente sepolti sotto mucchi <strong>di</strong> pneumatici e pezzi <strong>di</strong> cavi d'acciaio. Intorno alle macerie <strong>di</strong> un botteghino, Maitland identificò il pianterreno <strong>di</strong> un cinema postbellico: una topaia miserabile a un solo piano, costruita con blocchi <strong>di</strong> <strong>cemento</strong> e ferro zincato. A tre metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, seminascosti da un cespuglio <strong>di</strong> ortiche, dei gra<strong>di</strong>ni scendevano in uno scantinato. Mentre osservava le rovine del botteghino, gli riapparvero nebulose immagini dell'infanzia, quando andava al cinema locale che programmava immancabilmente film dell'orrore con vampiri. A poco a poco, l'isola si trasformava in un'esatta riproduzione della sua mente: quegli spostamenti su un territorio ignoto non rappresentavano solo un viaggio nel passato dell'isola, ma anche nel suo. La rabbia infantile con cui aveva urlato "Catherine" gli ricordò <strong>di</strong> quando, da bambino, aveva chiamato e chiamato cento volte il nome <strong>di</strong> sua madre, presa a cullare la sorellina nella camera accanto. Chissà perché, non era venuta (al pensiero provava ancora un po' <strong>di</strong> risentimento) costringendolo a uscire da solo dalla vasca vuota, afono <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong> stupore. Troppo esausto per proseguire, Maitland sedette su un muro <strong>di</strong> pietra. Intorno a lui le ortiche si protendevano alte verso il cielo, le foglie seghettate in fila come guglie <strong>di</strong> una cattedrale gotica, o rocce porose <strong>di</strong> una foresta minerale extraterrestre. La fame gli annodò lo stomaco in uno spasmo improvviso, e si vomitò sulle ginocchia. Dopo essersi ripulito, Maitland si avviò lungo i corsi <strong>di</strong> mattoni verso la scarpata meri<strong>di</strong>onale. Perdendo conoscenza per lunghi intervalli, vagò avanti e in<strong>di</strong>etro, lo sguardo sfuocato, a rimorchio dell'estremità logora della stampella. A mano a mano che girovagava, Maitland scoprì che il suo corpo e il dolore nella gamba gli importavano sempre meno. Incominciò a rimuovere quel guscio, <strong>di</strong>menticando dapprima l'arto offeso e poi tutte e due le gambe, cancellando qualsiasi coscienza dei bruciori al petto e al <strong>di</strong>aframma. Sorretto dall'aria fredda avanzò fra l'erba, riguardando con tranquillità quei tratti <strong>di</strong> paesaggio che nei giorni precedenti aveva imparato a conoscere così bene. Identificando l'isola con se stesso, contemplò le auto nello spiazzo dello sfasciacarrozze, il recinto <strong>di</strong> rete metallica e il cassone <strong>di</strong> <strong>cemento</strong> alle sue spalle. Fece dei gesti al loro in<strong>di</strong>rizzo, nel tentativo <strong>di</strong> compiere un circuito dell'isola che gli permettesse <strong>di</strong> lasciare i vari pezzi <strong>di</strong> sé al posto giusto: la gamba destra nel punto dell'incidente, le mani ferite impalate sulla recinzione. Il petto, poi, dove si era seduto, contro il muro <strong>di</strong> <strong>cemento</strong>. In ogni punto una piccola liturgia avrebbe significato un passaggio <strong>di</strong> impegno da verso se stesso a verso l'isola. Parlò ad alta voce, come un prete che celebri l'eucaristia del proprio corpo. "Io sono l'isola." L'aria versò la sua luce. 10 Il rifugio antiaereo Il traffico gli rombava sopra la testa; da una sigaretta caduta fra l'erba a pochi metri dal suo viso si alzava un filo <strong>di</strong> fumo. Maitland osservò la spirale intrecciarsi tra gli alti fili d'erba che si curvavano verso <strong>di</strong> lui, stormendo nel sole del tardo pomeriggio come per incitarlo a sollevarsi. Sedette, cercando <strong>di</strong> schiarirsi la mente. La febbre lo aveva inondato <strong>di</strong> sudore, arrossandogli la pelle ruvida sotto la barba. A ogni lato dell'isola il traffico correva sulle autostrade: raddrizzandosi, Maitland fissò lo sguardo sulle vetture lontane, poi si alzò in pie<strong>di</strong>, penzolando dalla stampella, simile a una carcassa appesa al gancio <strong>di</strong> un macellaio. Alta sopra <strong>di</strong> lui, la superficie illuminata del cartello brillava come una spada ardente nel
uio del cielo. Alla fine Maitland trovò un mozzicone <strong>di</strong> gomma nella tasca della giacca. Sul <strong>cemento</strong> che si stava asciugando scarabocchiò: