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profondamente. La biblioteca è legata in maniera<br />

in<strong>di</strong>ssolubile alla civiltà <strong>del</strong>la parola scritta e questi<br />

cambiamenti la met<strong>to</strong>no profondamente in<br />

<strong>di</strong>scussione, nei presupposti e nelle finalità.<br />

Non ho la pretesa <strong>di</strong> svelarti che cosa prepari il<br />

futuro e se le biblioteche sapranno trovare ragioni per<br />

sopravvivere. Nessuno oggi è in grado <strong>di</strong> farlo, credo.<br />

Ho soltan<strong>to</strong> prova<strong>to</strong> a mettere in fila, uno <strong>di</strong>etro l'altro,<br />

alcuni motivi che rendono ancora attuale – e utile –<br />

frequentarle, per offrire punti <strong>di</strong> vista alternativi agli<br />

stereotipi prevalenti, che rendono <strong>di</strong>fficile nel nostro<br />

paese pensare ad essa come a un servizio <strong>di</strong> utilità<br />

sociale. Ques<strong>to</strong> breve decalogo vuole essere uno<br />

stimolo ad avvicinarti alla biblioteca anche se non sei<br />

un let<strong>to</strong>re accani<strong>to</strong> o se la scuola l'hai finita da un<br />

pezzo, anche se non ami farti prestare i libri o se pensi<br />

che le biblioteche siano importanti ma a te non<br />

servono.<br />

[…]<br />

(pp. 7 – 8)<br />

CAP. 4.<br />

IN BIBLIOTECA SI FORMANO LE OPINIONI<br />

Dove si rappresenta la biblioteca<br />

come palestra per il confron<strong>to</strong> <strong>del</strong>le idee<br />

Il personale che faceva servizio al pubblico iniziava a<br />

scrutare l'ingresso <strong>di</strong> prima mattina, nella speranza<br />

vana <strong>di</strong> non scorgerli oltre la vetrata. Loro erano già lì,<br />

implacabili come esat<strong>to</strong>ri <strong>del</strong> fisco svizzero.<br />

Arrivavano alla spicciolata, si salutavano e<br />

scambiavano qualche parola <strong>di</strong> circostanza, in attesa<br />

che venissero ad aprire. Fingevano noncuranza ma in<br />

realtà erano in tensione da cen<strong>to</strong>metristi. Occorreva<br />

conquistare una buona posizione per sperare <strong>di</strong><br />

sgusciare fra i primi all'interno <strong>del</strong>la biblioteca e<br />

accaparrarsi uno dei giornali <strong>di</strong>sponibili. Bastava un<br />

piccolo errore, un ostacolo o una traiet<strong>to</strong>ria infelice per<br />

andare incontro al sacrificio <strong>di</strong> una lunga attesa o al<br />

rischio <strong>di</strong> restare a bocca asciutta.<br />

Erano ogni giorno gli stessi, pensionati trepidanti<br />

come agenti <strong>di</strong> borsa all'apertura dei mercati. Man<br />

mano che si avvicinava l'orario aumentava la<br />

fibrillazione e più d'uno iniziava a muovere<br />

nervosamente le gambe a piccoli passi. Quando<br />

l'inserviente a cui spettava <strong>di</strong> dare inizio alle danze si<br />

appressava al por<strong>to</strong>ne, un fremi<strong>to</strong> <strong>di</strong> adrenalina<br />

attraversava il gruppet<strong>to</strong> che serrava i ranghi<br />

trattenendo il respiro. Era il momen<strong>to</strong> in cui si<br />

smorzava il brusio, il culmine <strong>del</strong>la concentrazione,<br />

l'istante che precedeva il via.<br />

Poi i car<strong>di</strong>ni <strong>del</strong> por<strong>to</strong>ncino gemevano, la porta si<br />

spalancava lenta e il gruppet<strong>to</strong> lasciava esplodere lo<br />

scat<strong>to</strong> accompagna<strong>to</strong> da un vociare libera<strong>to</strong>rio. In quel<br />

momen<strong>to</strong> nessuno si sarebbe meraviglia<strong>to</strong> <strong>di</strong> sentire le<br />

note <strong>del</strong>la cavalcata <strong>del</strong>le valchirie, il sot<strong>to</strong>fondo<br />

musicale più idoneo a descrivere lo spettacolo <strong>di</strong> quei<br />

settantenni che piombavano come vergini guerriere<br />

sulla sezione perio<strong>di</strong>ci. Non cercavano eroi morenti,<br />

come le creature rese immortali da Wagner, ma<br />

giornali. Si avventavano come furie verso il “Corriere<br />

<strong>del</strong>la sera” o la “Gazzetta <strong>del</strong>lo Sport” (i più ambìti)<br />

prima <strong>di</strong> scapicollarsi verso i tavoli o le poltroncine<br />

per immergersi nella lettura. Potenza <strong>del</strong>la biblioteca.<br />

Libri e biblioteche<br />

22<br />

I più lesti ne arraffano due o tre prima <strong>di</strong> filarsela<br />

al pos<strong>to</strong>, che era tendenzialmente sempre lo stesso in<br />

base a una regola non scritta ma rispettata senza<br />

eccezioni. Li infilavano sot<strong>to</strong> il quoti<strong>di</strong>ano che<br />

sceglievano <strong>di</strong> leggere per primo o fra la gamba e il<br />

bracciolo <strong>del</strong>la poltrona, per non farli scorgere agli<br />

altri. Stratagemma vano, che generava<br />

immancabilmente le prime <strong>di</strong>scussioni <strong>del</strong>la giornata.<br />

Scusi, le spiace darmi “La Stampa”? Ma cosa fa, li<br />

legge tutti insieme?<br />

Che non si potesse fare incetta <strong>di</strong> giornali era<br />

scrit<strong>to</strong> su un cartello ben visibile vicino agli scaffali. Il<br />

<strong>di</strong>vie<strong>to</strong> era però acqua fresca <strong>di</strong> fronte all'entusiasmo<br />

<strong>di</strong> quei pasdaran, pronti a tut<strong>to</strong> pur <strong>di</strong> organizzarsi per<br />

passare la mattinata. Nei rari casi in cui l'esposizione<br />

dei giornali veniva ritardata scattava il parapiglia:<br />

processione al banco <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, rimostranze al<br />

bibliotecario <strong>di</strong> turno e la minaccia <strong>di</strong> andare<br />

dall'assessore – un carissimo amico d'infanzia, manco<br />

a <strong>di</strong>rlo – a raccontare come quei fannulloni fossero<br />

sempre pronti a scansare il loro dovere.<br />

Erano le truppe d'assal<strong>to</strong> che colonizzavano la<br />

sezione perio<strong>di</strong>ci dalle nove <strong>del</strong> mattino a<br />

mezzogiorno per trecen<strong>to</strong>cinquanta giorni all'anno.<br />

Uomini più che maturi in fuga dal tran tran domestico<br />

o dalla solitu<strong>di</strong>ne ma anche desiderosi <strong>di</strong> tenersi<br />

informati. Meglio se gratis. Per loro la biblioteca era<br />

una seconda casa. Forse più accogliente <strong>di</strong> quell'altra,<br />

la prima.<br />

La lettura dei quoti<strong>di</strong>ani era parte <strong>di</strong> un ri<strong>to</strong><br />

articola<strong>to</strong>, al quale non avrebbero rinuncia<strong>to</strong> per niente<br />

al mondo. Si mettevano como<strong>di</strong>, stendevano il<br />

fascicolo sulle gambe e iniziavano a scorrere i ti<strong>to</strong>li in<br />

prima pagina, non senza aver estrat<strong>to</strong> dal taschino gli<br />

occhiali <strong>di</strong> lettura. Qualcuno inumi<strong>di</strong>va il pollice prima<br />

<strong>di</strong> girare le pagine, a sot<strong>to</strong>lineare la voluttà <strong>del</strong> ges<strong>to</strong>.<br />

Altro che giornali <strong>di</strong>gitali!<br />

Inizialmente l'unico rumore che si sentiva era il<br />

crepitio <strong>del</strong>la carta che veniva accarezzata , stesa,<br />

fatta scrocchiare prima <strong>di</strong> essere schiusa, stirata,<br />

scandagliata in profon<strong>di</strong>tà alla ricerca <strong>del</strong>la materia<br />

prima su cui imbastire le consuete variazioni sul tema.<br />

Era l'interlu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una sinfonia che tutti conoscevano a<br />

memoria. Bastava un “Eh già” sussurra<strong>to</strong> a mezza<br />

bocca per dare avvio alle danze e trasformare quel<br />

lembo silenzioso <strong>di</strong> biblioteca in una succursale <strong>del</strong><br />

bar sport.<br />

Il lunedì era il calcio a farla da padrone, con<br />

capannelli <strong>di</strong> persone at<strong>to</strong>rno al fortuna<strong>to</strong> che si era<br />

accaparra<strong>to</strong> con destrezza la “Gazzetta”, trionfo <strong>di</strong><br />

banalità e luoghi comuni in salsa rosa. “Uragano<br />

Milan!” recitava il ti<strong>to</strong>lo spara<strong>to</strong> in prima pagina a<br />

caratteri cubitali.<br />

«Hai vis<strong>to</strong> ieri sera? Che squadrone, quattro gol<br />

uno più bello <strong>del</strong>l'altro! Che spettacolo, eh?».<br />

«Uragano un paio <strong>di</strong> tuberi! Ieri avete avu<strong>to</strong> la<br />

solita fortuna, e poi si sa da che parte stanno gli arbitri.<br />

Sette rigori in sette partite. Mi sa che il vostro<br />

presidente non compra soltan<strong>to</strong> i parlamentari...».<br />

«Figurarsi se ne abbiamo bisogno, siamo primi in<br />

classifica e quest'anno vinciamo il campiona<strong>to</strong>. La<br />

vostra è tutta invi<strong>di</strong>a, cugino».<br />

Il calcio era una sorta <strong>di</strong> mantra, non passava<br />

giorno senza che qualcuno ne in<strong>to</strong>nasse il can<strong>to</strong>. I più<br />

navigati sapevano che si trattava però solo

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