Avis giornale - copertina ottobre 2008 - Avis Ragusa
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SENZA FRONTIERE<br />
IBLEA<br />
IBLEA IBLEA<br />
IBLEA<br />
Forse varrebbe la pena… DECRESCERE…<br />
Le riflessioni che qui riportiamo traducono in maniera semplice il pensiero del Prof. Latouche - docente<br />
all’Università di Parigi Sud - e uno dei massimi portavoce mondiali della teoria della Decrescita.<br />
Iniziamo con due piccoli “aneddoti” tra realtà e fantasia, che ci aiutano a capire meglio i rischi che corriamo<br />
come società che ha assunto come criterio fondante, il consumo a qualsiasi costo.<br />
Latouche oltre ad un’analisi precisa, riesce a intravedere delle soluzioni che ciascuno di noi può mettere<br />
in atto per una crescita sostenibile e una qualità migliore della propria vita.<br />
• Una lumaca, dopo aver aggiunto un numero di spire<br />
sempre più grandi alla delicata struttura del suo<br />
guscio, interrompe all’improvviso questa sua attività<br />
costruttiva. Una sola spira in più aumenterebbe di<br />
sedici volte le dimensioni del guscio. Anziché contribuire<br />
al benessere della lumaca, la graverebbe di un<br />
tale eccesso di peso che qualsiasi aumento di produttività<br />
verrebbe letteralmente schiacciato dal compito<br />
di affrontare le difficoltà create dall’allargamento<br />
del guscio oltre i limiti fissati dai suoi stessi fini.<br />
Ivan Illich<br />
• Un’alga in uno stagno nasce e inizia a crescere<br />
aumentando ogni anno del 100% in volume. In 250<br />
anni l’alga occupa il 12% dello spazio dello stagno.<br />
Ma l’anno dopo improvvisamente i livelli di crescita<br />
aumentano e il sistema stagno è ormai compromesso<br />
e prossimo al collasso! L’acqua pulita non c’è più,<br />
i pesci e qualsiasi forma di flora non ci sono più.<br />
L’alga nella metafora di Latouche è l’umanità: la nostra<br />
società in cui si è troppo insinuata la logica della crescita<br />
a tutti i costi. Lo stagno è il nostro pianeta, la Terra che<br />
stiamo occupando e sfruttando. Razionalmente non si<br />
può pensare di sfruttare ogni risorsa che la natura ci dà,<br />
come se fosse infinita: le risorse non sono infinite, anzi<br />
stanno finendo.<br />
La tecnica con cui la nostra società viene resa dipendente<br />
dal consumo è stata sintetizzata da Latouche<br />
sotto tre aspetti: la pubblicità, l’obsolescenza programmata<br />
ed il credito.<br />
Con la prima abbiamo la maggiore confidenza: continuamente<br />
siamo bombardati di messaggi il cui solo<br />
scopo è di renderci bisognosi di cose per la maggior<br />
parte superflue.<br />
L’obsolescenza programmata: perché gli oggetti prodotti<br />
anni fa duravano di più? Perché aggiustare un qualsiasi<br />
utensile è (spesso) più costoso che comprarne uno<br />
nuovo? Perché i produttori devono vendere, ci obbligano<br />
a spendere, consumare, buttare il vecchio e avere<br />
sempre il nuovo.<br />
Comprare appunto: come comprare se i soldi sono<br />
sempre meno? Beh per quello c’è il credito, meccanismo<br />
a spirale che le banche riescono a generare facendo<br />
spendere alla gente oggi soldi che guadagneranno tra<br />
un anno o due o tre.<br />
Latouche propone per sfuggire a questa situazione la<br />
Teoria della Decrescita: decrescita non intesa come un<br />
tornare indietro all’infinito, prassi che sarebbe altrettanto<br />
folle, ma più che altro come una acrescita, una non-crescita,<br />
uno stabilizzare i consumi, un fare un passo indietro.<br />
La proposta può essere sintetizzata in otto punti, chiamati<br />
le 8 erre: Rivalutare, Riconcettualizzare,<br />
Ristrutturare, Ridistribuire, Rilocalizzare, Ridurre,<br />
Riutilizzare, Riciclare.<br />
I primi due punti devono avvenire nel pensare: l’arricchimento<br />
non come crescita monetaria ma come ritrovamento<br />
di valori che abbiamo dimenticato, di armonia con<br />
la natura, di sviluppo sostenibile.<br />
Occorre ripensare il sistema: ristrutturarlo in modo da<br />
ridistribuire la ricchezza, non permettere più che il 20%<br />
della popolazione mondiale (il Nord) consumi l’86% delle<br />
risorse planetarie; in questo modo sono i paesi più poveri,<br />
quelli del Sud, che stanno aiutando quelli più ricchi e<br />
non il contrario come tanti vanno dicendo.<br />
Occorre tornare a quando la produzione era più localizzata,<br />
a quando non occorreva spedire i gamberetti<br />
dalla Danimarca in Marocco per pulirli e poi tornare in<br />
Danimarca per essere commercializzati; a quando i<br />
pomodori spagnoli venivano consumati in Spagna e<br />
quelli olandesi in Olanda e non viceversa come avviene<br />
ora.<br />
C’è bisogno di ridurre, che non significa necessariamente<br />
mangiare meno, ma mangiare meglio, non affidarsi<br />
a cibi che vengono dalla grande distribuzione.<br />
Ridurre è da intendere anche come lavorare meno, per<br />
vivere meglio, per lavorare tutti, per tornare a godere<br />
della propria vita, della famiglia, della propria città, per<br />
poter concorrere alla vita comunitaria e sociale del posto<br />
in cui viviamo che deve tornare ad essere il centro del<br />
nostro mondo: perché è dove poggiamo i piedi che inizia<br />
il nostro universo.<br />
Uno dei metodi per ridurre i consumi, ovviamente, è<br />
riutilizzare ciò che già abbiamo, non accettare di produrre<br />
indiscriminatamente rifiuti reimpiegare fini ad arrivare<br />
alla sana pratica del riciclo.<br />
Latouche auspica che questo modo di ripensare il<br />
nostro modo di vivere, contagi e fecondi trasversalmente<br />
i partiti, gli amministratori per dare una svolta al sistema.<br />
Luca Ceccacci<br />
(Tratto dalla rivista “Qualevita” Giugno <strong>2008</strong>)<br />
Anno XXIV<br />
N. 2/3 - Ottobre <strong>2008</strong> 25