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Vite parallele - Mario Moncada di Monforte

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l’Occidente è che la <strong>di</strong>ffusa presenza <strong>di</strong> musulmani nei paesi europei e<br />

negli Stati Uniti ne facilita la possibilità <strong>di</strong> operare con la copertura <strong>di</strong><br />

attività formalmente incontestabili e <strong>di</strong> colpire qualsiasi obiettivo anche<br />

delicato.<br />

Un breve inciso è necessario. In queste pagine si mette a fuoco soprattutto<br />

il rapporto degli americani con il mondo islamico perché è a<br />

loro che bin Laden ha <strong>di</strong>chiarato la guerra. Ma non si deve <strong>di</strong>menticare<br />

che, ormai, quando si <strong>di</strong>ce Occidente per i musulmani s’intende anche<br />

Russia: la solidarietà, almeno silenziosa, che questo paese riceve<br />

nella sua guerra <strong>di</strong> massacro plurisecolare del popolo ceceno, è messa<br />

dagli islamici nello stesso conto da pagare.<br />

Nella consapevolezza della fragilità d’ogni ipotesi <strong>di</strong>fensiva, molte<br />

iniziative degli occidentali sono oramai manifestamente isteriche. Forse,<br />

mai la situazione <strong>di</strong> tutti i paesi del mondo è stata a questo livello<br />

<strong>di</strong> insicurezza <strong>di</strong>ffusa e neppure una non immaginabile armonia <strong>di</strong> un<br />

organismo come l’ONU potrebbe impostare con successo “un or<strong>di</strong>ne<br />

mon<strong>di</strong>ale”. Sarebbe già tanto se riuscisse a risolvere con efficacia qualche<br />

specifico problema locale.<br />

La lezione degli ultimi due secoli imporrebbe <strong>di</strong> prendere atto del<br />

fatto che gli unici veri protagonisti della storia sono le impreve<strong>di</strong>bili<br />

masse umane, con i loro movimenti migratori, con la forza dei loro<br />

sentimenti e la <strong>di</strong>sperazione dei loro bisogni.<br />

Nonostante la complessità della situazione e il marasma anche delle<br />

emozioni che attraversano i popoli, il neo-conservatore americano<br />

Robert Kagan, in un recente saggio (Mondadori, 2004), continua a sostenere<br />

il <strong>di</strong>ritto degli Stati Uniti <strong>di</strong> fare la guerra preventiva e il dovere<br />

della Comunità Europea <strong>di</strong> schierarsi al suo fianco, senza pretendere<br />

un’aprioristica <strong>di</strong>fesa legale <strong>di</strong> un qualche or<strong>di</strong>ne ipotizzabile, per<br />

contrastare la forza <strong>di</strong> quelli che chiama nemici dell’or<strong>di</strong>ne mon<strong>di</strong>ale.<br />

Non è detto in chiaro, ma è implicitamente sostenuto che l’importanza<br />

del petrolio per l’economia occidentale è così rilevante che la sua<br />

gestione in ogni caso non può essere lasciata agli Arabi.<br />

Sarebbe bene che Kagan, con tutti i neoconservatori, si rendesse<br />

conto che, fin quando non sarà rilevata l’arroganza <strong>di</strong> questa pretesa,<br />

non ci sarà alcuna speranza che gli Arabi in particolare e gli islamici in<br />

generale, rispettosi della loro <strong>di</strong>gnità, possano essere <strong>di</strong>sponibili a lasciar<br />

vivere in pace l’Occidente.<br />

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