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LUSSURIA:<br />
l’eros senza pienezza<br />
mons. Gianfranco Ravasi<br />
decide a compiere su se stesso un’emblematica evirazione. Sì, <strong>per</strong>ché l’eccesso<br />
conduce a impotenza. Il possesso, a cui prima si accennava, ti <strong>per</strong>mette certo <strong>di</strong><br />
ac<strong>qui</strong>stare quanto vuoi, più o meno, come accade <strong>per</strong> le auto che <strong>di</strong> solito la<br />
pubblicità associa a fanciulle <strong>di</strong>scinte e provocanti: possedere l’una è come avere<br />
l’altra, con una gratificazione sociale e sessuale. Il ricco può ostentare un parcomacchine<br />
e un harem <strong>di</strong> ragazze.<br />
Questa <strong>di</strong>smisura incontinente ha come risultato paradossale la caduta della<br />
potenza sessuale e del desiderio, la saturazione e <strong>per</strong>sino la paura. La donna, sempre<br />
più aggressiva ed eccessiva nella seduzione, spesso non attira ma allontana. E<br />
soprattutto questa esplosione pirotecnica <strong>di</strong> sessualità, che non è mai integrata da un<br />
tessuto <strong>di</strong> passione, <strong>di</strong> tenerezza, <strong>di</strong> vero eros e, naturalmente, <strong>di</strong> amore, alla fine ha<br />
come approdo la solitu<strong>di</strong>ne. Il grande mercato del sesso imban<strong>di</strong>to dalla pornografia<br />
virtuale o cartacea, esaltata da un’offerta esas<strong>per</strong>ata ed estenuante, produce non la<br />
sazietà che colma lo spirito ma la nausea che genera anoressia comunicativa. L’uomo<br />
contemporaneo, libero da ogni vincolo, dopo aver <strong>per</strong>corso tutte le strade della<br />
trasgressione, si ritrova non pieno <strong>di</strong> es<strong>per</strong>ienze ma colmo <strong>di</strong> vuoto e solitu<strong>di</strong>ne.<br />
In una raccolta <strong>di</strong> saggi intitolata suggestivamente La terra desolata dei teenagers<br />
(1990) Raymond Jalbert rappresentava così quelli che definiva “i ragazzi nello<br />
scantinato”, sepolti appunto nell’incomunicab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> un oscuro bassofondo: “Occhi<br />
incollati alla tv, orecchie sig<strong>il</strong>late dalle cuffie, lasciato a se stesso, un estraneo in casa<br />
sua. Ma un giorno dovrà unirsi al mondo <strong>di</strong> sopra e non ce la farà a sopravvivere”. E’<br />
incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e, ma proprio quell’assoluta moltiplicazione <strong>di</strong> contatti sessuali imme<strong>di</strong>ati, ha<br />
prodotto isolamento <strong>per</strong>ché l’uomo e la donna non sono organi sessuali in azione ma<br />
<strong>per</strong>sone che col corpo devono non solo consumare ma comunicare la loro umanità.<br />
La logica della spudoratezza<br />
C’è un quarto elemento che<br />
contribuisce a demolire l’armonia unitaria<br />
tra sesso, eros e amore: è la logica della<br />
spudoratezza. Si ba<strong>di</strong> bene che non<br />
abbiamo parlato semplicemente <strong>di</strong><br />
“impu<strong>di</strong>cizia” che è <strong>il</strong> frutto scontato della<br />
lussuria, incapace <strong>di</strong> conoscere la<br />
delicatezza dello svelamento,<br />
dell’ammiccamento, della finezza. La<br />
spudoratezza è l’ostentazione non solo<br />
della nu<strong>di</strong>tà fisica ma anche <strong>di</strong> quella<br />
intima. Il f<strong>il</strong>osofo Max Scheler giustamente<br />
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Anno XXXV ● N. 231 ● Gennaio 2013