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LUSSURIA:<br />
l’eros senza pienezza<br />
mons. Gianfranco Ravasi<br />
manifestazione. Gli approcci esclusivamente psicologici o neurologici della sessualità,<br />
pur in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>i, non riescono a esaurire la ricchezza e la grandezza del fenomeno<br />
umano e della sua sostanza metafisica e esistenziale. La logica della riduttività<br />
impe<strong>di</strong>sce un’analisi globale, rispettosa della <strong>di</strong>versità e della molteplicità. Essa non<br />
riuscirebbe mai a spiegare, ad esempio, <strong>il</strong> senso della castità che non è un “andare<br />
vestiti tutti d’acciaio”, come <strong>di</strong>ceva John M<strong>il</strong>ton, pur grande poeta inglese.<br />
Un f<strong>il</strong>osofo “laico” ma capace <strong>di</strong> evitare ogni riduzionismo come Salvatore Natoli<br />
nel citato Dizionario dei vizi e delle virtù (1996) scriveva acutamente: “Vi sono uomini <strong>di</strong><br />
Chiesa che <strong>per</strong> primi sviano l’attenzione: proponendo una versione etico-moralistica<br />
della castità, ne impoveriscono <strong>il</strong> valore simbolico, impe<strong>di</strong>scono l’insorgere <strong>di</strong> quello<br />
spaesamento che invita <strong>per</strong>fino gli estranei a domandarsi:… E se vi fosse dell’altro? Vi<br />
sono uomini che lo testimoniano nella loro carne secondo le antiche parole: Perché Tu<br />
hai già preso possesso delle mie viscere. E non sono folli, sono amanti. Amanti <strong>di</strong> Dio”.<br />
Parole folgoranti che inducono anche nel libertino deluso <strong>il</strong> sospetto e che<br />
inse<strong>di</strong>ano una ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> libertà ben <strong>di</strong>versa da quella impugnata da chi si <strong>il</strong>lude che<br />
essa sventoli solo nell’eccesso e non nell’ascesi. A proposito <strong>di</strong> quest’ultima, è riduttivo<br />
concepirla come “rinuncia” <strong>per</strong>ché in greco àskesis è “esercizio” e, <strong>qui</strong>n<strong>di</strong>, è ab<strong>il</strong>ità,<br />
creatività, padronanza <strong>di</strong> sé. Il corpo dell’acrobata e della danzatrice classica sfida la<br />
gravità, si fa lieve, è dominatore <strong>per</strong>ché è dominato, si libra nello spazio in libertà<br />
assoluta <strong>per</strong>ché è controllato. Tutto questo sboccia non dalla corrività bensì<br />
dall’esercizio, dalla fatica che <strong>di</strong>venta bellezza, dalla rinuncia a un piacere <strong>per</strong> aver un<br />
go<strong>di</strong>mento ben più emozionante e sublime.<br />
“A immagine <strong>di</strong> Dio, maschio e femmina li creò”<br />
24<br />
La lussuria tenta, dunque, brutalmente <strong>di</strong><br />
tarpare le ali a un’ascensione verso <strong>il</strong> valore<br />
pieno e “simbolico” della sessualità umana,<br />
nella convinzione che sia l’agitarsi eccitato,<br />
frenetico e scomposto della libi<strong>di</strong>ne la<br />
grande possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento, <strong>di</strong> felicità, <strong>di</strong><br />
appagamento. Thomas Stearns Eliot nel<br />
Frammento <strong>di</strong> un agone (1922) sintetizzava in<br />
modo incisivo la brutalità riduttiva <strong>di</strong> una<br />
certa lettura della <strong>per</strong>sona umana: “Nascita,<br />
copula e morte, tutto <strong>qui</strong>, tutti <strong>qui</strong>, tutto <strong>qui</strong>,<br />
nascita, e copula e morte. E se tiri le somme,<br />
è tutto <strong>qui</strong>”. Ad andare oltre questo<br />
riduzionismo è in particolare la genuina<br />
Anno XXXV ● N. 231 ● Gennaio 2013