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secolo III, a 107. Molti disegni originali di questo artefice si conservano in un libro a parte nella<br />
inestimabile, numerosissima collezione di disegni disposti in 130 grossi volumi della Real Galleria<br />
del granduca di Toscana, come scrive lo stesso Baldinucci, nel decennale VI, parte II, del secolo<br />
III, a 116, nella Vita di Antonio del Pollaiolo, dai quali maggiormente si viene in chiaro che le<br />
stampe che sono nel Dante della Magna sono di Maso Finiguerra. In tutti i sopraddetti disegni,<br />
come pure nelle stampe del Dante predetto, si vede un certo segno che per tutto è lo stesso, ma<br />
questo essendo equivoco non merita di essere molto considerato. [p. 1806.2 – <strong>IV</strong> –<br />
C_019V]Monsù de Piles, nel suo Compendio delle vite dei pittori, edizione II, a 75, scrive che Maso<br />
Finiguerra fu l’inventore della stampa in rame, dice però che un tale ritrovamento seguì nel 1460,<br />
concordando nel resto coi sopramenzionati autori. Giovanni de Bombourg di Lione nel suo<br />
libro intitolato Ricerca curiosa della vita di Raffaello ecc., a 47. Monsù Filibien nel libro II, a 98, non<br />
mette in dubbio che l’invenzione d’intagliare a bulino non abbia avuto l’ origine in Firenze da<br />
Maso Finiguerra, né si dee credere così di leggiero che egli abbia seguitato alla cieca il sentimento<br />
del Vasari e del Baldinucci, ma piuttosto che egli si sia confermato in esso, dopo aver fatto<br />
diligentissime osservazioni e ricerche, come si vede che questo accurato scrittore praticò sempre<br />
nelle sue opere.<br />
Il signor Barone Filippo de Stosch, nell’incomparabile e famosissimo suo museo, tralle<br />
innumerabili sue stampe e tralle più rare ne conserva una pregiabilissima che per alto ha once 15<br />
ardite e once 11 ardite per traverso. In essa vengono rappresentate le sette opere della<br />
Misericordia. In un pulpito dove è un frate che predica si legge: Frate Marco da Monte Santa<br />
Maria in Gallo ecc., e più in basso: Septem Misericordiae opera in aes incisa Florentiae sub inventam<br />
incidendi artem, cuius archetypum Romae in Musaeo F. Gualdi Ariminen, Milit. S. Stephani et Urbano VIII.<br />
P.M. Luci reddita 1632. La maniera del panneggiare la distribuzione delle figure, e l’invenzione<br />
siccome è totalmente simile alla maniera di Maso Finiguerra, non solo a quella dei sopraddetti<br />
disegni, ma ancora alle stampe del Dante della Magna e molto più a quella pare, che è nella [p.<br />
1806.3 – <strong>IV</strong> – C_020R] chiesa di San Giovanni, così è lecito di conietturare senza taccia di<br />
temerario, che l’antichissimo originale di questa stampa fosse intagliato dal soppraddetto Maso<br />
Finiguerra; e tanto maggiormente, che le parole: Sub inventam incidendi artem Florentiae, non si<br />
possono adattare ad altri che al detto Maso. Merita per tanto una somma lode e distinta il<br />
cavalier Gualdo, per aver ravvivato le glorie della città di Firenze nella ristampa di una carta sì<br />
rara, che più non si trova e che viene a provare ciò che vien detto dal Vasari, dal Baldinucci e<br />
dagli altri scrittori, che gli hanno seguitati. Piacemi di riportare in questo fuoco, ciò che il<br />
predetto celebre barone Filippo de Stosch si è compiaciuto di comunicarmi sopra questo<br />
proposito. Altro è, dice egli, intagliare al niello, altro di fare intagliare per istampare.<br />
Dei lavori in niello se ne trovano sino del quinto secolo dopo Cristo, come ciò si vede nelle cose<br />
trovate nel sepolcro di Childerico, parte vedute da me in Vienna e parte in Francia. Si trovano di<br />
questo lavoro da quel tempo in qua indubitate prove. Tali lavori di niello in progresso di tempo<br />
fecero nascere il primo pensiero d’intagliare in rame, il che è cosa facile ma è altrettanto difficile<br />
il fissare il tempo preciso. Secondo le stampe che si trovano si dee giudicare che l’arte di fare<br />
stampe di legno precede di parecchi anni a quella dei rami, poiché lo Speculam Humanae Salvationis,<br />
escito alla luce circa l’anno 1440 (tralasciata la questione se sia del Fust o del Costa) è intagliato<br />
tutto, tanto le figure che i caratteri in un solo pezzo per ogni pagina e fu dopo seguitato da altre<br />
figure in legno, inserite in altri libri. [p. 1806.4 – <strong>IV</strong> – C_020V] Le prime stampe che esistono in<br />
rame sono molto posteriori poiché si trovano nel Dante col commento di Cristofano Landino,<br />
impresso in Firenze per Niccolò della Magna nel 1481 e sono due sole stampe credute di Maso<br />
Finiguerra, cioè quella avanti al primo canto e quella avanti al secondo non avendone<br />
quell’autore fatte altre. E così quel Maso Finiguerra, che lavorò nel 1481, non può esser quello,<br />
che fece le stampe in niello dalla pace che è nella chiesa di San Giovanni. Come pure dopo<br />
qualche anno dee essere stata fatta la stampa: Septem Misericordiae opera (rimodernata dal cavaliere<br />
Gualdo da Rimini l’anno 1632) poiché si sa dal Waddingo, che frate Marco da Monte Santa<br />
Maria in Gallo celebre predicatore di quei tempi, morì l’anno 1496 come ciò si prova dal<br />
suddetto Waddingo, tomo XV, Annales Minorum, pagina 124. Sin qui così ragiona il dottissimo<br />
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