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Antonio Magliabechi, segretario allora di detta Accademia, come attesta Girolamo Ticciati,<br />
scultore egregio e accademico fiorentino, e che in dette notizie scrisse le Vite del Buonarroti, del<br />
Cigoli, del Tribolo, di Benvenuto Cellini, del cavalier Lionardo Salviati, di Anton Francesco<br />
Grazini detto il Lasca e di Ottavio Rinuccini.<br />
Che Michelagnolo fosse eccellentissimo ancora nella poesia si riconosce dal libro intitolato Rime<br />
di Michelagnolo Buonarroti raccolte da Michelagnolo suo nipote, stampato in Firenze appresso i<br />
Giunti nel 1623, dedicate dal medesimo suo nipote al cardinale Maffeo Barberini. Molte sue<br />
poesie originali si conservano nella libreria vaticana. Benedetto Varchi fece una lezione sopra<br />
uno dei suoi sonetti e Mario Guiducci fece ancor esso due lezioni sopra le sue poesie quando<br />
escirono la prima volta e le recitò nell’Accademia fiorentina. L’abate Crescimbeni, a 134 e 135,<br />
dove parla di Michelagnolo Buonarroti intorno alle sue Rime, scrive le seguenti parole: “Produsse<br />
dunque il Buonarroti molte rime di ottimo carattere e di tal peso che sopra uno de’ sonetti di lui<br />
stimò sua gloria di tesser dotta e piena lezione il felicissimo Benedetto Varchi: e con quanta<br />
ragione quel singolar letterato si movesse ad onorare il grande ingegno del quale noi ragioniamo<br />
ben può riconoscersi da una parte di esse rime impresse dopo la morte di lui e più ampiamente<br />
riconoscerassi un giorno dalle altre che ora la mercé dell’eruditissimo abate Filippo Buonarroti si<br />
ritrovano in mio potere”. Aggiunse dunque Michelagnolo alle tre arti del disegno la quarta<br />
corona della poesia, onde un poeta incognito dei suoi tempi scrisse il seguente epigramma che si<br />
conserva in sua casa:<br />
[p. 1840 – <strong>IV</strong> – C_043V] Quis pinxit melius, quis struxit, duxit in aere,<br />
Marmora quis sculpsit, doctius aut cecinit ?<br />
Scrisse ancora in prosa con molta eleganza, come si può vedere a carte 9 delle Lettere di Niccolò<br />
Martelli. Nella prima edizione di Firenze del 1549 delle due lezioni di Benedetto Varchi, a 155 e<br />
156, vi è una lettera di Michelagnolo sopra la quistione quale sia più nobile la pittura o la<br />
scultura. A carte 406 del primo libro delle Lettere scritte da molti signori a Pietro Aretino se ne trova<br />
una di Michelagnolo, la quale si trova ancora ristampata a carte 226 delle lettere di diversi<br />
eccellentissimi uomini raccolte da diversi libri e stampate dal Giolito l’anno 1554 in VIII.<br />
Giorgio Vasari nella Vita di Michelagnolo riporta diverse lettere del medesimo. E il padre<br />
Bonanni nella sua opera intitolata Templi vaticani historia ve ne inserisce alcune altre. Monsignore<br />
Angelo Rocca a carta 417 della sua Biblioteca Apostolica Vaticana: “Huius generis opus tam immensum<br />
tantaque admiratione dignum, Bramante architecto egregio ut alibi dictum est. Julio II iubente coeptum fuit,<br />
deinde ab aliis pontificibus intermissum, sed Paulo III mandante a Michaele Angelo Bonarota, architecto et<br />
pictore eximio et nunquam satis laudato, reformatum est et factum”. Jacopo Gaddi nel Corollario poetico, a<br />
carta 88: “Ut emissum divinum Michaelem Angelum Bonarotam, ingeniosarum artium celeberrimum”. Il<br />
suddetto padre Filippo Bonanni lungamente parla di Michelagnolo nello stesso libro dell’Istoria<br />
del Tempio Vaticano e non solo v’inserisce diverse lettere del medesimo, come di sopra si è detto,<br />
ma ancora due brevi, uno di Paolo III, a 77 e 78 e altro di Giulio III, a 80, 81 e 82, i quali sono<br />
onorevolissimi per più capi. Ma tralasciando tutte le [p. 1841 – <strong>IV</strong> – C_044R] altre cose che sono<br />
in quell’insigne libro, meritano di essere trascelte le seguenti parole che sono a carte 88 e 89:<br />
Haec inter Bonarotae laboribus mors finem imposuit die XVII februarii, anni 1564, qui divino conditori<br />
animam suam commendans, piissime illam afflavit. Post funebrem pompam qua primum in templo sanetorum<br />
apostolorum Romae, deinde Florentiam translatus in templo Sancte Crucis sepultus requievit et apposita hac<br />
sequenti inscriptione in honorando tumulo quem ingeniosa pietas pictorum et sculptorum erexerat, videlicet<br />
collegium pictorum etc.<br />
Giovanni Batista Adriani nel libro XVIII della sua Istoria, a carta 719, scrive quanto appresso: “In<br />
quest’anno del 1564 si fecero solennemente in Firenze e nel tempio di San Lorenzo esequie ed<br />
onoranza funerale a Michelagnolo Buonarroti, cittadino fiorentino, quel gran maestro di scultura,<br />
di pittura e di architettura, e tale che non solamente in questo secolo tutti gli altri maestri gli<br />
hanno ceduto e volentieri onoratolo, ma stimato pari a qualunque degli antichi più celebrati di<br />
Grecia e di altre nazioni, le opere del quale, e in Firenze, e in Roma, dove dimorò buona parte<br />
della vita, sono maravigliose e fanno e faranno sempre fede dell’eccellenza di lui, del quale, per<br />
essere stato una delle glorie della nazione fiorentina, non ho giudicato indegno di esserne<br />
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