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dicisivamente di sì bell’arte, quantunque dal [p. 1825 – <strong>IV</strong> – C_036R] padre maestro Orlandi<br />
venga parlato con molta lode nel presente suo Abcedario Pittorico. Ma forse che di ciò niuno si<br />
maraviglierà se farà riflessione alla sorte di tutti gli eccellenti maestri dei quali niuno fu per<br />
avventura che criticato e combattuto non fusse e che l’impetuoso vento dell’invidia con maggior<br />
forza percuote le alte torri e le cime più elevate degli alberi che i bassi piani e vedrà apertamente<br />
che simiglianti critiche non scemano in veruna maniera la gloria di questo eccellentissimo<br />
artefice, anzi se all’eccelsa gloria e chiara fama che egli sempre per l’addietro godé senza che<br />
alcuna nube gliene oscurasse giammai, io m’ingegnerò che per queste istesse critiche ei divenga<br />
più famoso e più chiaro. E per dir vero, e che altro sono le critiche della volgar gente che eccelse<br />
lodi di coloro che essi prendono a biasimare? E siccome le lodi degli ignoranti furono dai savi<br />
uomini simili a biasimo riputate, così all’opposto in gran lode ridonda il biasimo dei volgari col<br />
quale l’antica e chiara fama dei valentuomini procurano di oscurare. Quindi è che, non senza<br />
ragione, Antistene, filosofo rinomatissimo, sentendosi lodare dal popolo un suo discorso, disse<br />
pieno di timore: “Forse ho io detto qualche sproposito?”. E Aristotile, volendo fare al suo divino<br />
maestro il più degno elogio che fare gli si potesse, scrisse sul suo sepolcro che tale era stata la<br />
virtù di Platone che era nefanda cosa che egli fosse lodato dai malvagi. Viro, quem nefas est a malis<br />
laudari.<br />
Ma con troppo severo paragone per avventura io prendo a difendere questo eccellentissimo<br />
artefice dalle forse poco considerate, anzi che maligne critiche che a torto gli vengono date<br />
dall’autore delle note al poema di Fresnoe. Lasciando dunque stare sì fatte riflessioni, si contenti<br />
l’autore di udire quali lodi vengano dagli altri fatte del divino Michelagnolo e qualora sentirà<br />
come di esso parlino tutti gli autori che della bellissima arte del disegno hanno scritto, conoscerà<br />
se essere stato solo a condannarlo e vedrà apertamente essere egli corso a gloria a censurare il più<br />
eccellente maestro che vanti tal professione.<br />
E primieramente Michelagnolo Biondo nel suo libro della [p. 1826 – <strong>IV</strong> – C_036V] pittura al<br />
capitolo decimo ottavo, parlando del nostro divino artefice, dice di non sapere da qual parte, né<br />
in qual maniera ei debba cominciare a scrivere di questo eccellente maestro, perché se gli altri<br />
pittori son celebrati e esaltati fra i mortali, nondimeno costui solo essere dei pittori la vera gloria<br />
e il perfetto onore. E Raffaello Borghini dice nel suo Riposo che in lui si è veduto tutta la<br />
perfezione della scultura, pittura e architettura, poiché egli solo ha oscurato tutta la gloria degli<br />
antichi e trapassata la fama di tutti i moderni. Simile è il giudizio che ne forma Giovan Batista<br />
Armenini qualora dice che non vi è nessuno che possa accompagnare una così grave maniera di<br />
disegnare, quale è quella di Michelagnolo. Lo Scannelli, poco amico degli autori toscani, tutto<br />
che dedito a celebrare nel suo Microcosmo tre sole scuole di pittura come principali, cioè la<br />
romana, la veneziana e la bolognese, si riduce infine, senza avvedersene, a confessare che la<br />
fiorentina è stata la prima, riflettendo particolarmente alle opere maravigliose del Buonarroti e<br />
dice che la sola Toscana può vantare meritamente un Michelagnolo d’avere illustrato insieme<br />
colla pittura, la scultura e l’architettura al pari e forse sopra di ogn’altra nazione e che in questo<br />
unico soggetto resta il tutto epilogato, considerandosi al fondamento del suo sapere. Io tralascio<br />
l’elogio che ne fa Pietro Bellori nel proemio alle sue Vite dei pittori. Benvenuto Cellini, uomo<br />
libero nel dire il suo parere,<br />
“Che senza alcun ritegno e barbazzale<br />
Delle cose mal fatte dica male”<br />
qualunque volta parla di Michelagnolo lo nomina con altissimi elogi e l’onora coll’eccelso titolo<br />
di divinissimo. Né andò lungi dal vero Paolo Pino nel suo Dialogo della pittura allora che disse,<br />
parlando del Buonarroti e di Tiziano, che se Michelagnolo e Tiziano fossero stati un corpo solo<br />
ovvero al disegno di Michelagnolo aggiunto il colore di Tiziano, si potrebbe dire lo dio della<br />
pittura, siccome parimente sono dèi propri e chi tiene altra opinione essere eretico fetidissimo.<br />
Al che, ripensando io, non mi maraviglio che il Berni tanto se ne innamorasse, né posso rileggere<br />
senza grandissimo piacere quel capitolo ch’ei scrisse a fra’ Bastiano del Piombo, nel quale, colla<br />
sua solita leggiadria, così parla di Michelagnolo:<br />
Che fate voi da poi ch’io vi lasciai<br />
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