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Volume IV - Grand Tour — Grand Tour

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di Raffaello da Urbino, lo nomina col titolo di pittore eccellentissimo e che non solo superò tutti<br />

i pittori dell’età sua, ma di gran lunga ancora tutti i passati. E tanti e tanti altri valenti scrittori che<br />

ne hanno parlato con altissimi encomi, passerò a fare più particolari difese del nostro divino<br />

artefice, non perché ei ne sia bisognoso, essendo tale che sopra agli altri com’aquila vola, ma per<br />

mostrare quale stima io abbia e quale venerazione di un tanto uomo come ognuno dee avere, [p.<br />

1829 – <strong>IV</strong> – C_038R] il quale, per servirmi delle parole del Vasari, il benignissimo rettore del<br />

cielo, volgendo l’occhio suo clemente alla terra, lo fece nascere al mondo, acciocché colla sua<br />

luce cavasse gli uomini dalle tenebre dell’ignoranza, facendolo universalmente risplendere in<br />

ciascheduna arte e fosse abile per sé solo a mostrare che cosa siano le difficoltà nella scienza<br />

delle linee nella pittura, nel giudizio della scultura e nell’invenzione della veramente bella<br />

architettura. Ma proseguendo questa mia difesa mi convien fare una osservazione ed è che il<br />

signor Fresnoe, nel suo Poema in lode della pittura, loda in un sol verso altamente il nostro divino<br />

artefice, dicendo a carte 85: Quidiquid erat formae scivit Bonarota potenter, laddove poi nelle note lo<br />

critica in quella forma che già ho scritto e che vedremo più sotto, il che mi fa credere che le note<br />

non sieno del medesimo autore del Poema, ma del signor de Piles, di cui fidandosi il signor De<br />

Milo, si mosse a criticare il nostro eroe dandole biasimo a torto e mala voce.<br />

Ma lasciando di cercare chi sia l’autore delle suddette note, meglio fia osservare quali siano le<br />

critiche che gli vengono date. Ecco dunque che io le riporto nuovamente con tutta fedeltà nel<br />

suo istesso idioma: “Michelange ecc. Le choix qu il a fait des attitudes n’a pas tousjours esté<br />

excellent, ny agreable. Son goust de dessiner ne se peut pas dire des plus fins, ni ses conturs des<br />

plus elegant. Ses plis, ni ses accomodemens, ne sont pas bien beaux. Il est assez bizzarre et<br />

extravaegant dans ses compositions temeraire et hardy pour prendre des licenses contre les<br />

regles de perspective. Son colori n’est pas fort vray ni plaisant. Il á ignoré l’artifice du clair<br />

oscur”. E il signor De Milo così traduce a capello le sue parole: “Le sue attitudini non sono<br />

sempre riescite eccellenti e leggiadre. Il suo gusto nel disegno non è dei più eleganti. Le sue<br />

pieghe e i suoi accomodamenti non sono né belli, né graziosi, ma è assai stravagante nelle sue<br />

composizioni e talvolta temerario e ardito per prendersi qualche licenza contro le regole della<br />

prospettiva. Il suo colorito non è troppo vero, né troppo piacevole”.<br />

Si sentì egli mai maggior franchezza, per non dire maggiore temerità, nel criticare le divine opere<br />

di un tanto uomo che come un prodigio nelle tre belle arti fu ammirato e venerato da tutto il<br />

mondo. Se bastasse a’ nostri critici la fama universale che egli godé sempre mai per far loro<br />

mutar parere, gli averei convinti abbastanza con ciò che ho detto di sopra, avendo mostrato loro<br />

che non vi è stato alcun professore che, parlando di Michelagnolo, non lo abbia inalzato sopra<br />

alle stelle e reputato il più [p. 1830 – <strong>IV</strong> – C_038V] eccellente artefice che mai fiorisse. Ma<br />

giacché questo non basta loro, venghiamo ad esaminare le loro critiche. Qual fondamento esse<br />

abbiano si può vedere nelle seguenti parole, nelle quali, mentre vogliono dire quel che egli ha di<br />

buono, vengono senza avvedersene a distruggere quanto hanno notato in esso di cattivo. Così<br />

l’autore delle note : “N’à dessiné le plus doctement et à mieux seû tous les attachemens des os, la<br />

fonction et la situation des muscles qu’aucun peintre que nous ayons d’entre les modernes. Il à<br />

une certaine grandeur et severité dans ses figures, qui lui a reussi en beaucoup d’endroits”. E il<br />

signor De Milo: “Nessuno ebbe più di lui l’esatta cognizione di tutte le congiunzioni dei nervi,<br />

muscoli ed ossa e delle loro funzioni. Nelle sue figure però si osserva una grandezza mirabile e<br />

una terribile idea”. E in che dunque consiste il disegnare correttamente se non nell’attaccare e<br />

distribuire ai suoi luoghi l’ossa e i muscoli secondo l’ordine che osserva la natura nella fabbrica<br />

del corpo umano e darle il moto secondo le leggi meccaniche, alle quali esso le sottopose? Come<br />

non si dirà egli esser stato il suo gusto nel disegnare dei più fini, se niuno conobbe meglio di lui<br />

l’attaccamento delle ossa e dei muscoli fra quanti pittori mai fiorirono, tanto antichi quanto<br />

moderni? Come si può mai ravvisare avere egli, come essi dicono, intesa meglio d’ogn’altro la<br />

fabbrica del corpo umano e le sue funzioni, se non dal suo perfettissimo modo di disegnare? E<br />

che si dirà dell’abate di San Piero che ardisce d’asserire che le opere di Michelagnolo hanno del<br />

duro, se non che egli s’intende di disegno quanto egli mostra d’intendersi di religione nel Dialogo<br />

d’Izorif e Ismael? Si sosterrà egli aver male accomodate le pieghe dei panni; si dirà egli essere stato<br />

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