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44 la <strong>Riviera</strong> DOMENICA 17 APRILE 2011 44<br />

BIBLIOTECA MERIDIONALISTA<br />

RAFFAELLO SAFFIOTI<br />

Appelli, Marce, Manifesti oggi non<br />

mancano<br />

Appelli, Marce, Manifesti e movimenti<br />

di protesta oggi non mancano,<br />

ma sembrano insufficienti a produrre<br />

i cambiamenti necessari di fronte<br />

alle sfide del nostro tempo, dal livello<br />

locale a quello globale.<br />

Perché? Questa domanda è necessaria<br />

per la ricerca e<br />

per l’azione.<br />

<strong>La</strong> domanda è sollecitata<br />

dal programma<br />

della Marcia<br />

“per un mondo<br />

nuovo”(Menfi -<br />

Palermo 11-16<br />

apr<strong>il</strong>e / Trappeto<br />

17 apr<strong>il</strong>e 2011). <strong>La</strong><br />

Marcia ricorda la<br />

storica marcia detta<br />

“della protesta e<br />

della speranza” del<br />

1967 “Per la Sic<strong>il</strong>ia<br />

occidentale e per un nuovo mondo”,<br />

guidata da Dan<strong>il</strong>o<br />

Dolci e Lorenzo Barbera.<br />

Ma richiama anche l’opera di Dolci<br />

Verso un mondo nuovo, pubblicata da<br />

Einaudi nel 1964 e in una nuova edizione<br />

nel 1965.<br />

Forse è opportuno proporre qualche<br />

stralcio del capitolo conclusivo:<br />

“Eccolo chiaramente <strong>il</strong> mondo vecchio:<br />

quello che non aveva riconosciuto<br />

la sua sostanziale unità.<br />

E’ avvenuto un salto nelle conoscenze,<br />

nelle tecniche, in certe condizioni<br />

fondamentali. Questa è la buona<br />

novella che possiamo portare al<br />

mondo: le premesse, le condizioni<br />

per realizzare <strong>il</strong> mondo nuovo ci sono<br />

già ora, in ogni punto. Il mondo<br />

nuovo è in ritardo […]. Parti del<br />

mondo nuovo sono già vive, e altre se<br />

ne stanno attuando giorno per giorno:<br />

bisogna che si riconoscano,<br />

incontrino, colleghino, espandano,<br />

rinforzino; che i gruppi autoportanti,<br />

i gruppi di gruppi diventino <strong>il</strong> mondo<br />

nuovo. Sarà diffic<strong>il</strong>e, ma nessuno<br />

pensi che è impossib<strong>il</strong>e […].<br />

E’ chiaro che occorre un salto nella<br />

natura degli uomini. Al cittadino del<br />

nuovo mondo occorre un salto qualitativo.<br />

Come possiamo produrlo?<br />

Ciascuno cresce in quanto diventa un<br />

centro innamorato, centro motore,<br />

centro di responsab<strong>il</strong>ità. Questo è lo<br />

sforzo che dovremmo fare, dal basso,<br />

lievitando, e contemporaneamente<br />

creando le condizioni strutturali per<br />

cui <strong>il</strong> salto sia favorito [...]”. (Dan<strong>il</strong>o<br />

Dolci, Verso un mondo nuovo, Einaudi,<br />

1965, pp. 269-70).<br />

Sono trascorsi 44 anni dalla Marcia<br />

del 1967 e <strong>il</strong> mondo è profondamente<br />

cambiato.<br />

Dalla Marcia del 1967 alla Marcia<br />

del 2011<br />

Cosa direbbe oggi Dan<strong>il</strong>o Dolci?<br />

Cosa direbbe oggi Dan<strong>il</strong>o Dolci?<br />

I trent’anni che vanno dall’anno della<br />

Marcia, <strong>il</strong> 1967, al 1997, anno della<br />

morte di Dolci, segnano <strong>il</strong> processo<br />

evolutivo del suo pensiero e della sua<br />

opera. Per conoscere Dolci e sottrarlo<br />

al pericolo della mitizzazione, è<br />

necessario leggere e studiare le opere<br />

pubblicate in quei trent’anni. L’attività<br />

da lui svolta nell’ultimo periodo<br />

della sua vita rimane quella meno<br />

studiata, forse perché più diffic<strong>il</strong>e e<br />

complessa. Bisogna conoscerla e<br />

Di nuovo in marcia con<br />

Dolci verso un mondo nuovo<br />

difenderla dalle interpretazioni fuorvianti<br />

di presunti “eredi” e “discepoli”.<br />

L’opera Comunicare, legge della vita<br />

(<strong>La</strong> Nuova Italia, 1997) può essere<br />

letta e considerata come <strong>il</strong> suo “testamento<br />

spirituale”, elaborato nell’ultimo<br />

decennio della sua vita.<br />

“<strong>La</strong> breve e inusuale ‘prolusione’ che<br />

egli ha letto a Bologna <strong>il</strong> 13 maggio<br />

del 1996 in occasione del conferimento<br />

della laurea honoris causa in<br />

Scienze dell’Educazione potrebbe<br />

essere considerata come integrazione<br />

del suo testamento spirituale<br />

(“Scuola e Città”, n. 9, 30 settembre<br />

1996).<br />

Il grido di allarme di un profeta<br />

Diagnosi di “uno stato confusionale”<br />

In quell’opera e in quel<br />

discorso c’è la diagnosi acuta<br />

dello “stato confusionale proprio<br />

in senso medico” sofferto<br />

allora come oggi dall’umanità.<br />

Leggiamo in Comunicare,<br />

legge della vita:<br />

“Non dobbiamo temere la<br />

diagnosi”<br />

“Una malattia ci intossica e<br />

impedisce: la vita del mondo<br />

è affetta dal virus del dominio,<br />

pericolosamente soffre di<br />

rapporti sbagliati.<br />

Non un nuovo Golia occorre<br />

denunciare, né estranei nemici<br />

ma, nei più diversi ambiti,<br />

ripensare e rifondare <strong>il</strong> modo<br />

e la qualità dei nostri rapporti,<br />

di ogni genere di rapporto.<br />

Talmente abituati siamo a<br />

questa malattia, che ci è<br />

arduo concepire la salute.<br />

Sappiamo quale mondo<br />

vogliamo?<br />

L’antico virus va tramando<br />

strategie inedite. Una frode sott<strong>il</strong>e<br />

ma vasta degenera <strong>il</strong> mondo, acuta,<br />

sistematica, mentre <strong>il</strong> rapporto esclusivamente<br />

unidirezionale nel tempo<br />

tende a passivizzare l’altro, gli altri, e<br />

a divenire violento. Ove le bombe<br />

non bastano, l’inoculazione, la trasmissione<br />

propagandistica vengono<br />

più e più camuffate da comunicazione.<br />

Malgrado puntuali denunce, finora<br />

inadeguate, questa strategia (condotta<br />

da persone, gruppi, Stati) subdola-<br />

mente tende a strumentalizzare la<br />

gente, rendendola indifesa e acquiescente.<br />

Il bambino, <strong>il</strong> giovane, <strong>il</strong> passante<br />

nella strada diffic<strong>il</strong>mente può<br />

difendersi dalla ingegneria del consenso<br />

finché non sa che esiste, e come<br />

ordisce, sostenuta da apparati e investimenti<br />

smisurati.<br />

I maggiormente pericolosi predatori<br />

e parassiti umani perlopiù ragnano<br />

legalmente e nell’oscuro. Sovente l’usurpatore<br />

e i suoi strumenti vengono<br />

esaltati e incentivati dagli stessi<br />

oppressi. (pp. 15, 17-8, 20).<br />

Nel discorso all’Università di Bologna<br />

leggiamo:<br />

“Come è possib<strong>il</strong>e diagnosticare uno<br />

‘stato confusionale’? Osservando in<br />

quale modo ci si comporta, e in quale<br />

ci si esprime. Guardando l’agire, i<br />

fatti, quando emerge una difficoltà<br />

come si comportano le persone<br />

sane? Cercando di identificare <strong>il</strong> problema<br />

(che significa originariamente<br />

proposta), per poterlo risolvere.<br />

Come invece si comporta <strong>il</strong> neurotico<br />

(persona, gruppo o popolo)? Si scaglia<br />

contro la difficoltà – pur se rappresentata<br />

da persone, gruppi, popoli<br />

– per eliminarla, talora distruggendosi.<br />

<strong>La</strong> guerra è un fenomeno neurotico”(“Scuola<br />

e Città”, cit., pp. 407-<br />

8).<br />

“Stato confusionale ci significa deperimento<br />

pure biologico fino al rischio<br />

dell’autodistruzione” sono le ultime<br />

parole di quel discorso. Oggi, forse,<br />

siamo in grado di capire meglio <strong>il</strong><br />

senso di quelle parole, quanto fosse<br />

giustificato quel grido di allarme. Era<br />

<strong>il</strong> grido di allarme di un profeta.<br />

<strong>La</strong> manomissione delle parole<br />

Nella “Premessa” a Comunicare,<br />

legge della vita, si legge:<br />

“Non soltanto resistere all’inquinamento,<br />

anche culturale, mentale, che<br />

continuamente ci minaccia, è un<br />

grave problema: ma riuscire a disinquinarci<br />

da quanto inavvertitamente<br />

già ci ha penetrati” (pp. IX-<br />

X).<br />

Segue una “Anatomia lessicale-concettuale”.<br />

Leggiamo:<br />

“Il vocabolario è anche uno<br />

specchio: per valorizzarlo,<br />

ad esprimersi e intendere,<br />

occorre imparare a scegliere.<br />

Quale <strong>il</strong> senso delle nostre<br />

parole? Che ci significano?[…].<br />

Occorre riconoscere che<br />

deformare concezioniparole-entità<br />

vitali come<br />

comunicare, interesse, potere,<br />

struttura, valore, economia,<br />

educazione, e così via, è<br />

espressione di macrovirosi<br />

causata dall’uomo a livello<br />

biosferico. Anche la lingua,<br />

ab<strong>il</strong>mente manipolata, può<br />

divenire occasione di penetrazione<br />

virale, strumento<br />

di dominio: .<br />

Fino a Little Boy, la bomba<br />

che vetrifica e polverizza<br />

Hiroshima. Fino al sottomarino<br />

atomico .Peggio<br />

della moneta falsa è la<br />

parola falsa: soprattutto se usata per<br />

insegnarla. Infamando la lingua, infamiamo<br />

noi e la terra” (pp. 3, 5, 10,<br />

11).<br />

“Dobbiamo rassegnarci al suicidio?”<br />

Rispondere ad un appello<br />

Il dovere di quelli che vogliono raccogliere<br />

l’eredità del pensiero e dell’opera<br />

di Dolci, di quelli che vogliono<br />

continuare la sua opera, di quelli che<br />

si considerano suoi amici, è rispondere<br />

alla domanda della “Bozza di<br />

Manifesto” in Comunicare, legge della<br />

vita: “Dobbiamo rassegnarci al suicidio?”.<br />

Bisogna rispondere all’appello rivolto<br />

“a chi più avverte l’immensa portata<br />

di questa problematica per la vita<br />

del mondo, a tutti<br />

coloro cui non<br />

sfuggono gli intimi<br />

nessi tra la<br />

valorizzazione<br />

delle intime risorse<br />

inesplorate, e<br />

la pace – o tra<br />

sfruttamento e<br />

violenza -, soprat-<br />

tutto a chi nei più<br />

diversi contesti<br />

esercita una pur<br />

varia funzione<br />

educativa.<br />

Per scoprire ed esprimere i dirompenti<br />

segreti del comunicare occorre<br />

che germinino ovunque i suoi laboratori,<br />

consolidandosi in comuni fronti”<br />

(pp. 41, 42).<br />

Nell’ultima parte della “Bozza di<br />

Manifesto” è rivolto l’invito a ciascuno,<br />

tra l’altro, dovunque possib<strong>il</strong>e, a:<br />

promuovere, soprattutto con i giovani,<br />

iniziative in cui ognuno possa<br />

esprimersi (…) per riconoscere i propri<br />

bisogni concreti …<br />

organizzare seminari e corsi affinché<br />

si formino, in ogni ambito e a ogni<br />

livello, esperti di come possiamo crescere<br />

in gruppi che favoriscano la<br />

creatività personale e collettiva …<br />

trovare i modi per sperimentare, in<br />

ogni ambiente e a ogni livello, quali<br />

metodologie possano risultare più<br />

efficaci affinché ognuno si interroghi:<br />

fino a qual punto siamo impediti a<br />

costruire civiche strutture comunicanti<br />

…<br />

… suscitare iniziative specifiche, processi<br />

di ricerca-azione-riflessione …”<br />

(pp. 43-4).<br />

Alla fine del discorso all’Università di<br />

Bologna, Dolci disse:<br />

“Per <strong>il</strong> mondo, essenziale nel futuro<br />

sarà come valorizzare ognuno attraverso<br />

maieutiche strutture a diversi<br />

livelli, riguardando dalle evolutive<br />

prospettive della scienza della complessità.<br />

Essenziale problema è riuscire<br />

a concepire strutture maieutiche<br />

di reciproca valorizzazione in cui<br />

tutti, i più semplici e i più tecnici, possano<br />

apprendere a comunicare e a<br />

organizzarsi” (“Scuola e Città”, cit.,<br />

p. 408).<br />

E’ l’opera svolta da Dolci in tutta la<br />

sua vita.<br />

“Sapere concretare l’utopia”<br />

“Sapere concretare l’utopia chiede,<br />

col denunciare, un annunciare capace<br />

di lottare e costruire frontiere che<br />

valorizzino ognuno: l’educazione è<br />

rivoluzionaria se si matura valorizzatrice,<br />

dunque maieutica”.<br />

Queste parole leggiamo nell’ultima<br />

pagina de <strong>La</strong> struttura maieutica e l’evolverci<br />

(<strong>La</strong> Nuova Italia, 1996), che è<br />

una delle ultime opere di Dolci, pubblicata<br />

nel 1996.<br />

Quanto è diffusa la consapevolezza<br />

della diagnosi e della proposta avanzata<br />

dall’ultimo Dolci, soprattutto tra<br />

quanti si richiamano al suo pensiero<br />

e alla sua opera?

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