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Parte prima Il bambino bussò al cancelletto di legno, ch'era in tutto ...

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era dovuto restar solo per qu<strong>al</strong>che istante nella camera ardente: lo impressionava l'immobilità del<br />

vecchio. Come il giorno della veglia funebre, si u<strong>di</strong>va solo il rodere <strong>di</strong> un tarlo nel canterano.<br />

« Posso portarlo a bere, il cav<strong>al</strong>lo? » chiese, tanto per <strong>di</strong>re qu<strong>al</strong>cosa.<br />

« Berrà quando passeremo davanti <strong>al</strong>l'abbeveratoio » <strong>di</strong>sse con m<strong>al</strong>garbo il vecchio.<br />

Ogni volta che andavano assieme a B<strong>al</strong>anotti, l'avvocato faceva bere Zurito <strong>al</strong>l'abbeveratoio <strong>di</strong><br />

Lacuneddas. Lo faceva accostare e Angelo s<strong>al</strong>tava a terra e gli levava il morso perché potesse bere<br />

meglio. Poi glielo rimetteva e rimontava svelto. Ogni volta che Angelo andava con lui <strong>in</strong> campagna<br />

Don Francesco gli reg<strong>al</strong>ava mezzo re<strong>al</strong>e che il ragazzo teneva stretto nella mano, perché nella tasca<br />

dei c<strong>al</strong>zoni c'era un buco, f<strong>in</strong>o a quando non poteva correre a casa per consegnarlo <strong>al</strong>la mamma, che<br />

lo riponeva assieme agli <strong>al</strong>tri, <strong>in</strong> una sua cassetta. Qu<strong>al</strong>che volta, per le feste gran<strong>di</strong>, gli reg<strong>al</strong>ava<br />

ad<strong>di</strong>rittura uno scudo d'argento. Non era per compensarlo dei piccoli servigi, ché, <strong>in</strong> t<strong>al</strong> caso,<br />

sarebbe bastato molto meno ma, come il vecchio aveva spiegato più volte a Sofia, per "amicizia" e<br />

perché si ritrovasse poi un gruzzoletto. Orfano <strong>di</strong> padre, Angelo non aveva nessuno che gli facesse<br />

reg<strong>al</strong>i, <strong>al</strong>l'<strong>in</strong>fuori dell'avvocato; anzi i parenti avevano cercato <strong>di</strong> portargli via con la frode quel poco<br />

che il padre, Giuseppe Uras, gli aveva lasciato morendo: una casa a Norbio e <strong>al</strong>cuni iugeri <strong>di</strong> terra <strong>in</strong><br />

pianura, nella regione detta Acquacotta, a causa <strong>di</strong> una sorgente <strong>di</strong> acqua term<strong>al</strong>e. Solo l'<strong>in</strong>tervento<br />

tempestivo dell'avvocato aveva s<strong>al</strong>vato la piccola ere<strong>di</strong>tà; e per questo Sofia lo venerava come un<br />

santo protettore e cercava <strong>di</strong> ricambiarlo come poteva perché Don Francesco non solo aveva<br />

rifiutato ogni compenso <strong>in</strong> denaro o <strong>in</strong> natura, ma si era accollato anche le spese del processo. «<br />

Protettore sì, ma santo poi no! » <strong>di</strong>cevano le m<strong>al</strong>e l<strong>in</strong>gue <strong>di</strong> Norbio. S'erano fatte molte chiacchiere,<br />

<strong>in</strong> paese, a proposito dell'amicizia del Fulgheri con la vedova Uras, ma col passare degli anni i<br />

pettegolezzi erano f<strong>in</strong>iti <strong>in</strong> nulla, perché era chiaro a tutti che <strong>in</strong> quella amicizia non v'era niente <strong>di</strong><br />

men che onesto. I soli che cont<strong>in</strong>uavano a blaterare erano i due antagonisti maggiori, i due giovani<br />

professori Loru e Todde; ma questo faceva più bene che m<strong>al</strong>e essendo nota la loro m<strong>al</strong>ignità e l'astio<br />

contro Fulgheri. Tutti poi a Norbio sapevano che non era la <strong>prima</strong> volta che l'avvocato patroc<strong>in</strong>ava<br />

gratuitamente la causa <strong>di</strong> un povero e spesso la prendeva su <strong>di</strong> sé senza curarsi del guadagno, o<br />

ad<strong>di</strong>rittura rimettendoci <strong>di</strong> tasca. Era accaduto così anche quando i pastori si erano ribellati <strong>al</strong>la<br />

legge che aboliva lo sfruttamento comunitario delle terre e Mummìa e T<strong>in</strong>cone erano stati arrestati e<br />

processati. Pant<strong>al</strong>eo Mummìa era <strong>di</strong> Norbio e V<strong>al</strong>erio T<strong>in</strong>cone <strong>di</strong> Nuoro, ma Francesco Fulgheri,<br />

fedele ai suoi pr<strong>in</strong>cipi, aveva assunto la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> entrambi. La nuova legge riconosceva il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

proprietà della terra a chiunque avesse chiuso un appezzamento con siepe o muro, e così chi poteva<br />

spendere era <strong>di</strong>ventato proprietario, mentre i pastori, che non avevano <strong>al</strong>tro che un branco affamato,<br />

s'erano dovuti <strong>in</strong>debitare per pagare il prezzo esoso dei pascoli imposto dai nuovi padroni. Fulgheri,<br />

s'era subito messo d<strong>al</strong>la parte dei pastori e aveva scritto e parlato autorevolmente benché senza<br />

successo - contro la legge che sovvertiva un or<strong>di</strong>ne durato nell'isola da secoli. F<strong>in</strong>o <strong>al</strong>lora nelle<br />

comunità la terra era stata <strong>di</strong>stribuita ogni anno, secondo la necessità <strong>di</strong> ognuno e gratuitamente, a<br />

conta<strong>di</strong>ni e pastori. Avveniva <strong>in</strong> t<strong>al</strong> modo una rotazione annu<strong>al</strong>e tra sem<strong>in</strong>a e pascolo. Ma non<br />

sempre la fortuna è d<strong>al</strong>la parte dei giusti, <strong>di</strong>ceva l'avvocato. Anzi si esprimeva <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i <strong>di</strong>versi<br />

chiamando Dio <strong>in</strong> causa: « Dio non è mai d<strong>al</strong>la parte dei poveri e dei giusti » <strong>di</strong>ceva e scriveva<br />

attirandosi l'accusa <strong>di</strong> rivoluzionario e blasfemo; e, quasi a <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> questo apoftegma, i<br />

pastori arrestati, Mummìa e T<strong>in</strong>cone, furono condannati e impiccati, secondo l'uso, nella piazza<br />

pr<strong>in</strong>cip<strong>al</strong>e dei loro rispettivi paesi, T<strong>in</strong>cone a Nuoro, e Mummìa a Norbio: furono anzi queste le<br />

ultime esecuzioni che si ebbero nell'isola <strong>prima</strong> della unificazione del Regno e dell'abolizione della<br />

pena <strong>di</strong> morte. Colpì la fantasia popolare il fatto che i due poveretti, conosciuti come onesti padri <strong>di</strong><br />

famiglia, fossero stati giustiziati per un reato commesso circa quarant'anni <strong>prima</strong>, cioè <strong>al</strong> momento<br />

<strong>in</strong> cui, nel 1820 la famigerata legge delle chiudende era andata <strong>in</strong> vigore. Ma i moti popolari contro<br />

la legge erano durati, per <strong>tutto</strong> quel tempo, con varie pause e riprese, tenendo vivi la paura e l'o<strong>di</strong>o

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